sabato 27 gennaio 2024

PORTA SERGIO MONTELUPO ALBESE 1932

 









PORTA SERGIO "DÈR PILON"

MONTELUPO ALBESE 1932 DI FASCIOLA ANTONIA DI SANTA MARIA di La Morra DECEDUTA NEL 1985 E  DI PIETRO 1895 1951




Conserva il Congedo, l’Attestato di partecipazione alla Guerra del 1915 /18 e le mostrine  del  Papà PIETRO 1895 1951 Artigliere, che partecipò alla GUERRA EUROPEA DEL ‘15/’18. resistette alle peripezie della guerra ma fu distrutto dalla perdita del figlio Teresio che partì diciannovenne per la Campagna di Russia e non tornò. Morì all’età di 56 anni.  

Il nonno, chiamato “CARLUCC” diede il nome alla dinastia dei PORTA del “Pilon” che ancora oggi sono ‘D CARLUCC. Carlo del 1859  con la nonna Sappa Virginia ”GIN”  ebbero 4 figli maschi e tre femmine. Una prozia sposò Settimo Giuseppe 1882 della località “Bolichin “ di Rodello. Era incinta e morì col bimbo che portava in grembo a causa dell’Epidemia di Spagnola. (Sergio dice che quasi tutte le donne incinta che si ammalarono di Spagnola non si salvarono).

Il marito Giuseppe


 era in guerra e quando tornò si rifece una famiglia sposando un’altra sorella Porta e generarono Leone e altre due figlie. Le due prozie andarono avanti una a cento anni e l’altra di Sinio a 101.

                                   

 



Il fratello Teresio, del 1922 partì per la Campagna di Russia che non aveva ancora vent’anni, fu dato in un primo tempo “Disperso” e solo nel 2000 giunse una Comunicazione da ONOR CADUTI che comunicava che era stato preso Prigioniero dai Russi e deportato al Campo 58 di TEMNIKOV. REP. DI MORDOVIA dove morì in data sconosciuta. Fu sepolto in una fossa comune con tanti altri e non fu possibile rimpatriare i resti mortali.

 


 



 

ZIO PORTA MICHELE 1905 FERITO DAI NAZIFASCISTI

https://youtu.be/s2PlthTjsxQ    

 RACCONTO DI PORTA SERGIO

<La gente uscita da Messa , si avviò versò la “Tagliata” dove avevano visto i Partigiani all’Osteria.

I nazifascisti arrivarono e ne fecero una fila lì nella via per controllarli. Mio zio che non aveva fatto il militare e comunque non era più giovane , ebbe sempre una gran paura dei fascisti e tedeschi. A zio Michele prese l’affanno ed essendo in prossimità del peso dove c’è una lunga scarpata, pensò bene di mettersi a correre e andar giù nella riva. I militi, quando videro che correva, iniziarono a sparare. Fece un lungo tratto di corsaed era quasi arrivato ad entrare in un boschetto do lo avrebbero più visto, ma fu colpito, fece ancora qualche passo pensando lo avessero solo preso nel cappotto, poi sentì il sangue in bocca e crollò Un proiettile gli aveva trapassato schiena polmone e torace. Lui era un uomo forte , cadde ma fu ingrado di resistere e quando i Tedeschi lo andarono a prendere, avendolo visto accasciarsi e lo fecero camminare fino dal peso. Quando fu davanti all’osteria lo fecero sederesu una sedia ma continuava a perdere sangue. Gli tamponarono le ferite e lo fasciarono, ma lo tennero esposto quasi a far vedere cosa erano capaci di fare!

Siccome sveniva lo portarono in una camera sopra l’osteria. Il sangue continuò a fuoriuscire e trapassò il materasso e creò un lago sotto il letto. Era ormai in procinto di morire dissanguato eppure i tedeschi volevano portarlo nuovamente sotto perché dovevano incendiare il rione. Arrivò il Parroco Don Castella che li pregò in ginocchio di avere pietà di un morente e riuscì a convincerli. Lo zio Michele rimase lì in fin di vita e sentendosi morire chiese di vedere suo fratello, mio padre. Ricordo che io ero da poco arrivato a casa dopo un lungo giro per evitare le pattuglie appostate “ ar Ciosse e alla Torretta” e sentimmo arrivare un sidecar tedesco che era venuto a prendere mio padre per portarlo dallo zio Michele. Lo zio intanto aveva voluto fare Testamento, ma non potendo scrivere lo lasciò a due testimoni. Mio padre chiese se qualcuno dietro compenso di 500 Lire poteva andare a cercare un medico. Si offrì Giovanni che svolgeva l’attività di “conducente d’auto”. Era ormai sera, ma prima nessuno aveva osato proporre un medico poiché tutti sotto tiro delle armi nazifasciste. Giovanni tornò con il medico Cardone di Lequio Berria che non potè fare altro che consigliare il ricovero all’ospeale. Lo condussero con un altro ferito grave di Lequio Berria. Anche lui scampò ma rimase paralizzato.Mio zio rimase quaranta giorni in ospedale, poi tornò a casa e riprese a lavorare come prima. La forte tempra gli permise di vivere fino ad ottant’anni. Non ebbe neppure un po’ di pensione di guerra perché gli fecero firmare una dichiarazione in cui affermava di essere guarito bene e non aver subito conseguenze per il ferimento.

NOI RAGAZZINI E LA GUERRA

Quando uscimmo dalla Messa quella domenica 16 novembre del ‘44  ci avviammo anche noi verso la Tagliata, ma incontrammo molte persone che scappavano e ci dissero che c’erano i tedeschi, così scappammo anche noi e facemmo un lungo giro per evitare le pattuglie piazzate alle Borgate “Ciosse e Toretta”. Incontrammo anche uomini che andavano a nascondersi e anche un nostro vicino che era nei Partigiani che con un fascio di fucili cercava di nasconderli. con i compagni  vicini di casa, sentivamo il sibilo dei proiettili ma andò bene e rimanemmo al coperto finchè non si sentirono più spari. Nel tardo pomeriggio con un ampio giro risalimmo alla Torretta e da lì giungemmo a casa, proprio quando una moto dei nazisti venne a prelevare mio padre Pietro per condurlo dal fratello morente che lo invocava.

 

     


 

 

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