mercoledì 10 gennaio 2024

BORDIZZO LUIGI LEQUIO BERRIA 1930

 



BORDIZZO LUIGI “CIPRIAN”

           LEQUIO BERRIA 1930

    TESTIMONE DELLA MEMORIA

https://youtu.be/OFZu2puUs9U                  Bordizzo Luigi

 

…………………i buoi non pativano , racconta Luigi’d Ciprian del 1930 che aiutò prima il nonno Gioanin e poi il padre Paoleto nel fare “la calà” (pulire le strade dalla neve) con il Lézon(spazzaneve) dal  1936 fino al 1960 e poi con il trattore. Mettevamo ai buoi una piccola “scuffia” Cappuccio per le orecchie, nessuna coperta perché sudavano e sarebbero rimasti sempre bagnati e a rischio di raffreddarsi ed ammalarsi. Venivano ferrati  affinchè la ghiaia delle strade di una volta non desse fastidio agli zoccoli e- aggiunge- era un piacere vederli andare!

Io il Nonno e mio padre ci mettevamo le fasce da militari e poi  si andava.

L’ultimo anno che andammo ancora con i Buoi, mi ricordo che una notte verso l’una e mezza venne il cantoniere e chiese a mio padre Paoleto di fare la cortesia di attaccare buoi e Lezon e provvedere ancora a pulire le strade fino a Bossolasco, poiché Manera, col trattore, era finito in un campo e non riusciva più a togliersi. Si partì alle Due dopo mezzanotte, tirammo via dal campo il trattore si fece il giro fino alla Croce di Bossolasco , si tornò a casa alle 11 di mattina.

Un problema con i buoi era che non c’era quasi il tempo per farli mangiare. Si partiva da Bossolasco con ra calà fatta e quando eri a Lequio Berria c’erano nuovamente 20 centimetri di neve ed era ora di ripartire!

Nonno Gioanin, che era nato alla Borgata Fontane di Cerretto Langhe, aveva risolto il problema tenendo pronta  da Genio, il socio di Lequio Berria,  con l’altra coppia di buoi anche “ra Ghisa” Pentola di ghisa(lega di ferro e carbonio)con le fave cotte. A queste aggiungeva un Pintone(due litri) di vino e le davamo a mangiare alle bestie che così avevano il tempo di (dé due rumià) dare due ruminate ed erano pronti a ripartire. Il nonno gli offriva ancora un po’ di vino e dovevi vedere come andavano. L’ultimo anno che avemmo l’appalto della calà, si fecero 29 “vire” (viaggi).

Ricordo che ci pagavano 5 Lire al chilometro e quando venne il Cantoniere a portarci i soldi ci diede 220.000 Lire ciascuno. Era una bella cifra che fece piacere a noi ma particolarmente a Genio che era tornato dallo “Sbandamento” dell’otto Settembre e dopo anni di guerra, con solo sua madre a casa non aveva una Lira.

Erano bei soldi ma se pensi che in quell’inverno si fecero 29 viaggi da Lequio Berria ad Arguello a Serravalle, Bossolasco e ritorno, capisci quanto lavoro si fece!

 



LA GUERRA

Nella notte fra l’undici e il dodici Febbraio ’45 venne effettuato un “lancio” consistente nello sgancio verso terra da mezzi aerei tramite paracadute, di materiale che gli Alleati fecevano avere ai Partigiani…….Era Trapelata la notizia del previsto lancio, e già a notte fonda, verso le ore 22,00 ecco apparire l’aereo. Il posto prescelto fu una valletta posta a destra dello stradale che porta a Tre Cunei fra la casa di”Ceron” e quella di “Pelegrin”.

In quella valletta si accesero i fuochi con la paglia che avevano preso da noi. Poi ci fecero andare noi con la nostra coppia di buoi e altre quattro coppie a caricare quei bidoni pieni di sigarette, coperte, armi, e anche soldi. 

….i nazifascisti di stanza in Alba sentirono il rumore dell’Apparecchio e furono avvisati da un traditore che si era intrufolato nel gruppo di Partigiani.

 

Quel lunedì “grasso” 12 febbraio 1945 io e mio fratello eravamo a fare legna sopra la strada che porta a Lequio Berria. Vedemmo arrivare una “camionetta” con quattro o cinque personaggi che cantavano “bandiera rossa”. Arrivati da Gazola furono fermati dal “piantone” partigiano che intimò l’alt chi va là, chi siete? Risposero che erano Garibaldini e lo falciarono. Erano repubblicani avvisati da un traditore di Alba che si era intrufolato nei partigiani.

Dopo aver sparato alle due insegnanti accorse all’udire i colpi, ed aver ucciso la Capello e ferito la Casetta entrarono nel rifugio e uccisero quattro partigiani disarmati per le scale.

Alcuni Partigiani riuscirono a salvarsi, tra cui il Comandante  “Giorgio” Piero Coppa .

I MORTI FURONO: 

I PARTIGIANI MORANDO CELESTINO,

NEGRO MICHELE,

CAPRA ATTILIO

GIACOSA NATALE

la MAESTRA CAPELLO

E OSCHIRI CARLO che con il fratello Ruggero stava transitando con un carro .

 

Al venerdì, i republicani ci obbligarono a riprendere i buoi e con quelli  d"Boton" ed “Varisto” e di un altro arrivammo a Diano che era quasi notte. Loro per strada avevano requisito polli, galline ed altro e facevano festa. Noi con le nostre 4 coppie di buoi passammo la notte al mulino di Diano.

Al mattino ci fecero ripartire per andare ad Alba. Loro per timore di attacchi partigiani passarono sopra, in alto, noi si fece la strada sotto. Al sabato sera dopo aver scaricato volevano che lasciassimo i buoi per macellarli! Fortuna che mio padre conosceva uno della milizia che intercedette e presero altri buoi.

Passata la notte al mulino di Alba, al mattino andammo a caricare una botte di acqua salata, poiché non si trovava più il sale e "tutun tutun" arrivammo in Valgaia da nostri parenti. Ci fermammo per mangiare, visto che eravamo quasi arrivati, con il proposito di rientrare a casa nella notte. Però sentimmo nuovamente mitragliare e allora decidemmo di trascorrere la notte e ripartimmo al mattino.

Così con mezzo metro di neve viaggiammo dal venerdì al lunedì e ringraziammo di aver portato a casa la pelle e i buoi!

Ah! Il  13 Febbraio  una colonna di repubblichini era salita per la strada della Langa, quella che arriva dai Matelotti e passa sulla cresta, videro che nel cortile della cascina Belmondo di Benevello vi erano due uomini, Sandri Oreste del 1923 e il vicino Gallesio Giacinto del 1919 e li uccisero.

DOPO LA GUERRA

Luigi raccontò di fatti accaduti  che, disse “ fan drissé i cavèj “ fanno drizzare i capelli”

< finita la guerra nei nostri paesi si ripresero le belle abitudini di organizzare le Fiere. La gente aveva voglia di fare festa seppure in tutte le famiglie ci fossero stati dei lutti e ci fossero delle sofferenze . Vi erano inoltre dei personaggi senza scrupoli che avevano mantenuto le armi e seminavano terrore.

Un tale che gestiva un’osteria venne seguito da un malvivente che lo aveva visto mettere in tasca il ricavo della giornata. Gli sparò alle spalle e gli rubò i soldi. L’uomo pur ferito  riuscì a raggiungere il cortile di casa e forse a pronunciare il nome di chi gli aveva sparato. Spirò tra le braccia dei famigliari. Avrebbe dovuto sposarsi il giorno dopo!

Chi sparò fu riconosciuto da un uomo giusto, che ritenne di dover recarsi a testimoniare ad Alba. Passò alla bottega dei Tre Cunei acquistò due etti di acciughe e qualche sigaro, poi si avviò per raggiungere il tribunale di Alba. Non arrivò mai. Di lui per tre mesi si persero le tracce. Un giorno di giugno, una nipote, nel recarsi a raccogliere “tortagne” rami per legare i covoni dell’imminente mietitura, effettuò la macabra scoperta: il cadavere dello zio completamente decomposto era appeso ad un albero.

Tutti conoscevano l’autore dei misfatti, ma non osavano parlare. Anzi , qualcuno coraggioso fece denuncia, ma dopo otto giorni il delinquente fu lasciato libero .

Erano tempi in cui chi aveva un’arma e nessun rispetto per gli altri faceva ciò che voleva.

Ancora parecchio tempo dopo i fatti che ti ho raccontato venne quell’uomo da mio padre a  tarda sera, bussò insistentemente e gli fu aperto. Puntò la pistola al petto di mio papà e lo obbligò a dargli una somma di danaro. Mio padre pagò e non potè fare altro.

 

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