https://youtu.be/OFZu2puUs9U Bordizzo Luigi
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buoi non pativano , racconta Luigi’d Ciprian del 1930 che aiutò prima il nonno
Gioanin e poi il padre Paoleto nel fare “la calà” (pulire le strade dalla neve)
con il Lézon(spazzaneve) dal 1936 fino
al 1960 e poi con il trattore. Mettevamo ai buoi una piccola “scuffia”
Cappuccio per le orecchie, nessuna coperta perché sudavano e sarebbero rimasti
sempre bagnati e a rischio di raffreddarsi ed ammalarsi. Venivano ferrati affinchè la ghiaia delle strade di una volta
non desse fastidio agli zoccoli e- aggiunge- era un piacere vederli andare!
Io il
Nonno e mio padre ci mettevamo le fasce da militari e poi si andava.
L’ultimo
anno che andammo ancora con i Buoi, mi ricordo che una notte verso l’una e
mezza venne il cantoniere e chiese a mio padre Paoleto di fare la cortesia di
attaccare buoi e Lezon e provvedere ancora a pulire le strade fino a
Bossolasco, poiché Manera, col trattore, era finito in un campo e non riusciva
più a togliersi. Si partì alle Due dopo mezzanotte, tirammo via dal campo il
trattore si fece il giro fino alla Croce di Bossolasco , si tornò a casa alle
11 di mattina.
Un
problema con i buoi era che non c’era quasi il tempo per farli mangiare. Si
partiva da Bossolasco con ra calà fatta e quando eri a Lequio Berria c’erano
nuovamente 20 centimetri di neve ed era ora di ripartire!
Nonno
Gioanin, che era nato alla Borgata Fontane di Cerretto Langhe, aveva risolto il
problema tenendo pronta da Genio, il
socio di Lequio Berria, con l’altra
coppia di buoi anche “ra Ghisa” Pentola di ghisa(lega di ferro e carbonio)con
le fave cotte. A queste aggiungeva un Pintone(due litri) di vino e le davamo a
mangiare alle bestie che così avevano il tempo di (dé due rumià) dare due
ruminate ed erano pronti a ripartire. Il nonno gli offriva ancora un po’ di
vino e dovevi vedere come andavano. L’ultimo anno che avemmo l’appalto della
calà, si fecero 29 “vire” (viaggi).
Ricordo
che ci pagavano 5 Lire al chilometro e quando venne il Cantoniere a portarci i
soldi ci diede 220.000 Lire ciascuno. Era una bella cifra che fece piacere a
noi ma particolarmente a Genio che era tornato dallo “Sbandamento” dell’otto
Settembre e dopo anni di guerra, con solo sua madre a casa non aveva una Lira.
Erano bei
soldi ma se pensi che in quell’inverno si fecero 29 viaggi da Lequio Berria ad
Arguello a Serravalle, Bossolasco e ritorno, capisci quanto lavoro si fece!
LA
GUERRA
Nella
notte fra l’undici e il dodici Febbraio ’45 venne effettuato un “lancio”
consistente nello sgancio verso terra da mezzi aerei tramite paracadute, di
materiale che gli Alleati fecevano avere ai Partigiani…….Era Trapelata la
notizia del previsto lancio, e già a notte fonda, verso le ore 22,00 ecco
apparire l’aereo. Il posto prescelto fu una valletta posta a destra dello
stradale che porta a Tre Cunei fra la casa di”Ceron” e quella di “Pelegrin”.
In
quella valletta si accesero i fuochi con la paglia che avevano preso da noi.
Poi ci fecero andare noi con la nostra coppia di buoi e altre quattro coppie a
caricare quei bidoni pieni di sigarette, coperte, armi, e anche soldi.
….i
nazifascisti di stanza in Alba sentirono il rumore dell’Apparecchio e furono
avvisati da un traditore che si era intrufolato nel gruppo di Partigiani.
Quel
lunedì “grasso” 12 febbraio 1945 io e mio fratello eravamo a fare legna sopra
la strada che porta a Lequio Berria. Vedemmo arrivare una “camionetta” con
quattro o cinque personaggi che cantavano “bandiera rossa”. Arrivati da Gazola
furono fermati dal “piantone” partigiano che intimò l’alt chi va là, chi siete?
Risposero che erano Garibaldini e lo falciarono. Erano repubblicani avvisati da
un traditore di Alba che si era intrufolato nei partigiani.
Dopo
aver sparato alle due insegnanti accorse all’udire i colpi, ed aver ucciso la
Capello e ferito la Casetta entrarono nel rifugio e uccisero quattro partigiani
disarmati per le scale.
Alcuni
Partigiani riuscirono a salvarsi, tra cui il Comandante “Giorgio” Piero Coppa .
I
MORTI FURONO:
I
PARTIGIANI MORANDO CELESTINO,
NEGRO
MICHELE,
CAPRA
ATTILIO
GIACOSA
NATALE
la
MAESTRA CAPELLO
E
OSCHIRI CARLO che con il fratello Ruggero stava transitando con un carro .
Al
venerdì, i republicani ci obbligarono a riprendere i buoi e con quelli d"Boton" ed “Varisto” e di un altro
arrivammo a Diano che era quasi notte. Loro per strada avevano requisito polli,
galline ed altro e facevano festa. Noi con le nostre 4 coppie di buoi passammo
la notte al mulino di Diano.
Al
mattino ci fecero ripartire per andare ad Alba. Loro per timore di attacchi partigiani
passarono sopra, in alto, noi si fece la strada sotto. Al sabato sera dopo aver
scaricato volevano che lasciassimo i buoi per macellarli! Fortuna che mio padre
conosceva uno della milizia che intercedette e presero altri buoi.
Passata
la notte al mulino di Alba, al mattino andammo a caricare una botte di acqua
salata, poiché non si trovava più il sale e "tutun tutun" arrivammo
in Valgaia da nostri parenti. Ci fermammo per mangiare, visto che eravamo quasi
arrivati, con il proposito di rientrare a casa nella notte. Però sentimmo
nuovamente mitragliare e allora decidemmo di trascorrere la notte e ripartimmo
al mattino.
Così
con mezzo metro di neve viaggiammo dal venerdì al lunedì e ringraziammo di aver
portato a casa la pelle e i buoi!
Ah! Il 13 Febbraio
una colonna di repubblichini era salita per la strada della Langa,
quella che arriva dai Matelotti e passa sulla cresta, videro che nel cortile
della cascina Belmondo di Benevello vi erano due uomini, Sandri Oreste del 1923
e il vicino Gallesio Giacinto del 1919 e li uccisero.
DOPO LA GUERRA
Luigi
raccontò di fatti accaduti che, disse “
fan drissé i cavèj “ fanno drizzare i capelli”
<
finita la guerra nei nostri paesi si ripresero le belle abitudini di
organizzare le Fiere. La gente aveva voglia di fare festa seppure in tutte le
famiglie ci fossero stati dei lutti e ci fossero delle sofferenze . Vi erano
inoltre dei personaggi senza scrupoli che avevano mantenuto le armi e
seminavano terrore.
Un tale
che gestiva un’osteria venne seguito da un malvivente che lo aveva visto
mettere in tasca il ricavo della giornata. Gli sparò alle spalle e gli rubò i
soldi. L’uomo pur ferito riuscì a
raggiungere il cortile di casa e forse a pronunciare il nome di chi gli aveva
sparato. Spirò tra le braccia dei famigliari. Avrebbe dovuto sposarsi il giorno
dopo!
Chi
sparò fu riconosciuto da un uomo giusto, che ritenne di dover recarsi a
testimoniare ad Alba. Passò alla bottega dei Tre Cunei acquistò due etti di
acciughe e qualche sigaro, poi si avviò per raggiungere il tribunale di Alba.
Non arrivò mai. Di lui per tre mesi si persero le tracce. Un giorno di giugno,
una nipote, nel recarsi a raccogliere “tortagne” rami per legare i covoni
dell’imminente mietitura, effettuò la macabra scoperta: il cadavere dello zio
completamente decomposto era appeso ad un albero.
Tutti
conoscevano l’autore dei misfatti, ma non osavano parlare. Anzi , qualcuno
coraggioso fece denuncia, ma dopo otto giorni il delinquente fu lasciato libero
.
Erano
tempi in cui chi aveva un’arma e nessun rispetto per gli altri faceva ciò che
voleva.
Ancora
parecchio tempo dopo i fatti che ti ho raccontato venne quell’uomo da mio padre
a tarda sera, bussò insistentemente e
gli fu aperto. Puntò la pistola al petto di mio papà e lo obbligò a dargli una
somma di danaro. Mio padre pagò e non potè fare altro.
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