CASTAGNOTTI TERESA LEQUIO
BERRIA 1925
LA NOSTRA FAMIGLIA
Il papà
era del 1882 e si chiamava Luigi, rimase orfano di mamma che era molto piccolo
e perse il papà a 13 anni. Vivevano in Laparea poi acquistarono qui, lui e il
cognato, ma aveva il terrore dei debiti.
Noi
eravamo due fratelli e due sorelle. Abbiamo avuto “maleur!” sfortuna, perché il
fratello che si sposò rimase vedovo della moglie che era proprio una brava
donna e rispettava tutti. Anche mia sorella si sposò ma morì che aveva appena
sessantacinque anni.
Nel 1936,
quando nacque l’altro mio fratello, si costruì il portico in Laparea ed io e
Giuseppe tornavamo da scuola ed aiutavamo a fare il “passamano” con i coppi,
avevamo 14 ed 11 anni soltanto!
Mia
sorella in quel periodo si ammalò di “toss aznina ”Pertosse e mio padre si recò
dal Farmacista Borgna di Alba per farsi consigliare su come curarla. Questi gli
disse di farla dormire nei pini all’aria aperta. Si fece così e in pochi giorni
migliorò e poi guarì.
Quando
ero giovane avevamo due pecore e una capra, la mamma e la zia producevano le
robiole, io andavo a piedi a Serravalle a venderle al mercato del giovedì e si
conosceva bene “èr negossiant”(il commerciante). Invece per andare ad Alba
occorreva prendere “la corriera”.
Si
partiva che era ancora buio e si percorreva “rà montà drà Piagera”(la salita
della Pedaggera), per arrivare almeno per le sette!
Quando
non fu più conveniente allevare i buoi, perché”varivo pì gnente”, iniziammo ad
allevare le mucche. Anche con le mucche non avemmo fortuna: ne avevamo tre ma
tutte si ammalarono, una di cuore e la si sentiva respirare a fatica dalle
camere da letto dei piani sopra.
Un’altra ebbe una gravidanza isterica e non partorì, l’ultima la vendemmo a
Bosio qui di Lequio perché io avevo male alle mani e non potevo più mungere. Tenevamo
anche polli e conigli, ma solo per noi, quelli non li vendevamo. Portavamo invece
a vendere le uova.
Da noi
cucinavano la mamma e la zia, poi mamma si ammalò che era ancora giovane e
quando morirono lei e la zia dovetti iniziare io. Si preparavano soprattutto
minestre di verdura, frittate e d’inverno la polenta. quando si cucinava un
pollo ce n’era per due o tre giorni. Mio padre da anziano mangiava solo più
polenta e “panada”(pane nel brodo).
I BIGATT
BACHI DA SETA
Si
allevavano i bachi da seta e ricordo che era la “magna” zia che li accudiva. Li
teneva in cucina e così, noi,si stava fuori .L’umidità e il freddo procurava
forti mal di denti alla zia che quando aveva tanto dolore diceva a Giuseppe,
mio fratello< cor, cor, vame a caté i “cachet”(involucro di ostia contenente
una medicina in polvere analgesica). E lui correva e andava da “Cico” che aveva
la bottega e vendeva anche i “cachet”.
DOTTOR
CARDONE
Il
medico, Dottor Cardone veniva sempre in casa per curare la mamma che si ammalò
e morì ancora giovane. Voleva farmi conoscere un uomo di Diano d’Alba affinchè
mi sposassi, ma io pensai che non potevo lasciare “a rabèl” (senza aiuto) i tre
uomini di casa, così rimasi con loro e nonostante questi mi avesse scritto che
voleva conoscermi, gli dissi subito di no, ed ora siamo solo più Giuseppe ed
io. I nipoti ci vogliono bene, ma hanno le loro famiglie e così noi siamo soli.
LE Vijà
IN CASA
Da noi
venivano in molti a far la “vijà” perché siccome avevamo tanta legna non
andavamo nella stalla e ci riunivamo in cucina dove c’era “èr fornèl” il
camino. Mi ricordo di “Folin” e di Gioanin “Sbardasach” il manovale simpatico
che sapeva fare i giochi con le carte ed era capace a “marché”a “trèi sèt”,
giocava con la zia che anche lei era brava. Noi bambini eravamo affascinati da
quei segni che si facevano e dai racconti. Sbardasach raccontava che aveva
svolto il servizio militare in Croazia e ci riferiva delle abitudini dei
Croati. Raccontava che contrariamente a noi avevano l’abitudine di piangere
quando nasceva un bambino e fare festa quando moriva qualcuno, perchè la
nascita,per loro, rappresentava l’inizio delle tribolazioni e la morte l’inizio
della serenità. Era un “servitò” di casa e personaggio molto simpatico. Molti
che erano stati in America a cercare fortuna raccontavano del viaggio in nave e
delle loro esperienze in Argentina e richiamavano la nostra attenzione . Folin
fu uno di quelli che andò in America e tornò con sufficienti soldi da comprare
dei pezzi di terra che ora sono diventati gerbidi poiché gli eredi non li hanno
coltivati e se ne sono andati via dalla campagna.
I SOLDI
DI “SBARDA SACH”
Gioanin
Sbardasach si era sposato ma non ebbero figli. Con il lavoro di una vita
acquistarono un piccolo terreno che vendettero e misero il ricavato alla Posta.
Morirono entrambi ed essendo “dr’ospidal” non avevano parenti legalmente
autorizzati ad ereditare, così nessuno, nemmeno il “prete” potè prelevare i
soldi dalla posta.
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