lunedì 15 gennaio 2024

FALCO GIUSEPPE CARAGLIO 1921

 

FALCO GIUSEPPE CARAGLIO 1921

ALPINO CUNEENSE BATTAGLIONE “SALUZZO”

RACCONTO AI BAMBINI DELLA SCUOLA PRIMARIA DI FEISOGLIO 25 maggio 2023 

    


 



  https://youtu.be/iOjs6dTojtI     

 

 

link vodeo

1                                             https://youtu.be/ddNTRZ2GlFU

 

2                                             https://youtu.be/Q5D75TtHcsU      

 

3                                             https://youtu.be/Y2U43_YXIWM       

 

4                                               https://youtu.be/b9CaDrEUBNc               

 

 

        5                                https://youtu.be/uer_5wikxaI     

 

Mi chiamo Falco Giuseppe classe 1921 partimmo a Luglio 1942 da San Damiano Macra, zaino in spalla destinazione Busca dove salimmo sui vagoni del treno che trasportavano bestiame. Dopo 14 giorni di viaggio arrivammo in Russia. Qui il treno si fermò poiché le rotaie della ferrovia russa erano più strette. Ci fecero scendere e marciare lungo le rotaie. Vidi che vi erano molte donne che lavoravano a posare delle rotaie sotto il controllo di soldati tedeschi che puntavano loro i fucili. Passammo nei pressi di una grande fossa dove erano ammassati i caduti italiani del 1941. Sempre a piedi , arrivammo in un grande piazza dove vi era la stazione on il treno russo. In quella piazza vi erano parecchi camion tedeschi con dei soldati che caricavano uomini e donne russe stipandoli dentro ai cassoni con le sovrasponde. Li pungolavano con le baionette dei fucili e questi emettevano delle urla pietose. Una madre sporse un bambino ma fu colpita mortalmente con il calcio di un fucile , così lei rimase a terra e il camion partì con il bambino con le braccia tese verso la mamma. Qualcuno disse che li portavano ai forni crematori ma erano supposizioni, non si sapeva nulla di preciso. Dopo un po' di marcia, arrivammo ad un grande campo dove era accampato il Battaglione Borgo San Dalmazzo. Fummo uniti anche noi e il Cappellano Don Testa celebrò una Messa. Al termine, il Generale Battisti ci fece un discorso su come avremmo dovuto comportarci noi Alpini.

Da lì partimmo alle due dopo mezzanotte e ci fermammo verso mezzogiorno. Si procedeva così, ma con un carico leggero, per noi Alpini, abituati a marce di montagna, non era faticoso. Cosa infastidiva di più era la polvere che alzavano i mezzi dei tedeschi che trasportavano i viveri per i soldati al fronte. Dopo parecchi giorni di marcia fummo caricati su dei camion tedeschi e portati ai loro "capo-saldi".             

Qui lavorammo a tagliare piante per creare delle barriere anticarro. Si saliva anche sopra degli alti alberi per osservare con il binocolo se arrivavano dei russi. Anch'io feci quell' esperienza e ricordo che si vedeva a distesa, a dx e a sx, solo campi di grano tagliati. Una volta ricevetti una scarica di mitragliatrice, fortunatamente i proiettili mi fischiarono sopra la testa. Da quella volta non salii più a fare la vedetta! Con dei tronchi di case disabitate costruimmo dei dormitori sotterranei che ci riparavano del freddo e dai russi che erano a non più di 70/80 metri. Su dei ponti di barche ci trasferirono dove il  fiume Don fa una leggera curva. Qui iniziammo a costruire delle difese anti carro che però non terminammo perché giunse il gelo  .

 ARRIVANDO IL GELO RIMANEMMO FERMI.

Il 14 gennaio 1943 il nostro Ufficiale ci disse di scrivere una lettera e di lasciarla dalla branda, e il giorno dopo saremmo andati di pattuglia in una “boschina”. Io, avendo compreso che era pericoloso scrissi.< Cara mamma, domani vado di apttuglia in una “ boschina, spero di tornare, ma se non torno e il destino non vuole, morirò per la patria, mi daranno una pensione e “sciao”.

Il giorno 15 i russi spararono due colpi di cannone e noi rispondemmo con uno.

Il giorno 16 i russi passarono sopra di noi con un apparecchio e buttarono giù dei volantini con su scritto: <arrendetevi italaiani che sarete traditi dai tedeschi>

Il giorno diciassette partimmo per la ritirata e procedemmo per 26 ore senza mai,mai fermarci. Ci fermammo in un paese disabitato e ci riposammo un po’. Ripartimmo ed arrivammo il giorno 21 in un vallone dove c’erano i Btg. Borgo San Dalmazzo, Dronero e Saluzzo. Arrivammo verso le 9,00 e dopo un’ora chiamarono la 3° batteria della 18° Cpn. Presentarsi. Era la mia! Ci fu dato una pagnotta e una scatoletta di carne, poi ci diedero ordine di raggiungere una collinetta a 250 metri ed appostarci per vedere se arrivassero i russi e di venire a riferire. Rimanemmo là tutto il giorno, poi quando stava per calare il sole vedemmo dei russi. Scendemmo ad avvisare ed un giovane Ufficiale con un’ottantina di soldati ci disse di andare con loro ad indicare dove fossero i russi. Giunti lassù trovammo i russi nascosti dietro a dei cespugli. Iniziarono a sparare ed io feci appena in tempo a sganciare e lanciare due bombe a mano

Che sentii l’ordine di ritirarci, I nostri mortai iniziarono a sparare ma i colpi finivano alti e lunghi. I russi capendo che i colpi passavano sopra le loro teste, presero ad inseguirci e fu l’inferno. Sentivo proiettili fischiare e vedevo cadere i miei compagni. Chi era ferito urlava aiuto, ma molti erano colpiti a morte. Io, correndo mi dicevoche a breve sarei stato colpito. Non so come, arrivai dalla postazione dei nostri mortai e comunicai cosa era successo. Arrivò l’ordine “ Ragazzi, si salvi chi può, distruggete le armi e scappate!”

Io dissi, questa è la fine del Battaglione Dronero.

Io non volevo, ma sentendo quellle parole mi tolsi le giberne e gettai il fucile, attesi di capire la posizione dell’aereo russo che ci mitragliava e partii, superai la diciassettesima e la diciannovesima compagnia del Btg. Dronero

MARCE NEL GELO INSOPPORTABILE

Procedevo rapido e superavo molti soldati, dopo un po’ mi trovai a camminare con il Btg Borgo ed un Ufficiale mi chiese a quale btg. Appartenessi ed alla risposta che ero del Saluzzo mi disse: Avanti, sbrigati! > poi più nessuno mi disse nulla. Al mattino del giorno successivo vidi una colonna di camion tedeschi e notai che su uno l’autista era morto congelato riverso sul motore. Salivo sui camion fermi e abbandonati per cercare da mangiare e trovai dei “macaron di pasta” e me li misi in tasca, così procedevo mangiando qualcosa.

Trovai un gruppo di soldati che si erano tolti gli scarponi perché avevano i piedi gonfi e tra questi riconobbi Caporal Magg.dei Conducenti Muli , era di Valera di Caraglio come me. Lui era andato sul dorso del mulo!, ma quando scese   non stava più in piedi perché aveva piedi e gambe congelati,  e rimase nella neve.

RIBA GIUSEPPE DI GIUSEPPE

CARAGLIO (CN/I) il 27/12/1917

Contadino FFAA Regie

DIV ALPINA CUNEENSE 1^ RGT CAPORALE MAGG.

URSS il 31/01/1943

 In quel momento, un Ufficiale della colonna disse: < chi può camminare vada avanti , e chi non riesce passerà poi qualcuno a caricarli.> Io andai avanti ed ebbi ancora dei problemi, ma non so da chi fui protetto e superai tutte le difficoltà. Il giorno dopo mentre camminavo, arrivò un carro armato russo che procedeva nella pista. Mi buttai nella neve e quando il carro passò mi rialzai e guardai quella fossa di neve che mi aveva protetto.Continuai a camminare nella pista di neve sempre con la testa bassa perché altrimenti il gelo ti congelava, procedendo così nella tormenta pensavo di essere solo ed invece sentii una voce che mi diede l'alto là. Io prontamente dissi che ero un Alpino Italiano e questi mi rispose avanti. Entrai in un'isba dove vi erano dei russi sdraiati a terra e una russa con la testa bassa. Dopo un po' di incertezza feci un passo avanti e lo sguardo andò ad un pane che era su di un'asse.La russa vedendo che guardavo affamato quel pane, mi fece capire di non toccarlo perché mi avrebbero ucciso. Studiai una strategia e chiesi dell'acqua. La Russa uscì a prendere acqua ed io afferrai quel pane, poi uscii rapido e misi a correre senza voltarmi. Quando fui abbastanza sicuro di essere lontano mi voltai ed iniziai a mordere il pane. Più avanti entrai in un'isba e trovai della farina da setacciare. Ne misi un po' nel tascapane e andando avanti mangiavo farina che bagnavo con la neve. Intanto nella pista trovavo sempre più corpi morti. Un giorno trovai uno con una pistola ed un pollo.Con modi gentili ma puntandomi la pistola volle scambiare il mio pane con il suo pollo. Mi disse che era un ufficiale e mentre facevamo lo scambio disse che vi erano tanti morti della Julia e me li indicò. Mi girai a guardare e quando mi voltai l'ufficiale con la pistola era scomparso. Procedetti rosicchiando quel pollo come fa la volpe. La fame era tanta.Dopo qualche giorno che camminavo trovai un tedesco con un mucchietto di grasso e burro. Gli chiesi due volte se potevo prenderne un po' e non rispondeva niente, allora pensando non avesse capito mi chinai e con la baionetta presi un po' di burro, ma non feci in tempo di metterlo in bocca che fui colpito dal tedesco con il calcio del fucile alla schiena e rimasi in "coma" nella neve.

INCONTRAI CATTIVERIA E GENTILEZZA

Rimasi svenuto fino alla sera, poi mi risvegliai e ripresi a camminare.

Sentii arrivare un carro armato che mi sparò, sentii sibilare il proiettile, e mi gettai nella neve. Rimasi per un po’ affondato nella neve, poi piano,piano mi tirai su, mi guardai attorno ma non vidi più il carrarmato e ripresi a camminare.

Dopo due giorni vidi atterrare un enorme aereo tedesco che scaricò due fusti di carburante . Mi avvicinai sperando scaricassero anche qualcosa da mangiare ma mentre ammiravo la grande elica, questa iniziò a girare e il vortice mi fece volare come una piuma e mi scaraventò a una trentina di metri lontano. L’aereo decollò e ne vidi altri due che scaricavano pacchi, ma sapendo che i tedeschi da alleati erano diventati nemici nostri, non mi avvicinai e continuai a camminare.

Procedetti tutto il giorno e verso sera , in lontananza visi dei militari fermi. Quando li raggiunsi sentii che si diceva che i russi avevano bloccato la testa della colonna. Dopo un po’ arrivarono dei mezzi tedeschi che con dei lanciafiamme sfondarono dove i russi avevano bloccato la colonna e con delle bombe incendiarie bruciarono il paese. Era tutto un fiammeggiare, quando sentii arrivare un aereo che sganciò una bomba , cadde a non più di 40 metri da me che mi ero buttato con la faccia nella neve. Dopo qualche minuto mi sollevai e decisi di andarmi a riparare nella buca creata dalla bomba. Rimasi un po’ poi mi diressi verso il paese ormai distrutto ed entrai in un capanno che aveva resistito al fuoco. Capii che era un ovile e vi era un soldato tedesco e tre morti. Non parlando la stessa lingua, ci guardammo soltanto e ci intendemmo . Portammo fuori sulla neve i cadaveri e ci sdraiammo dentro.

Proseguendo trovai un isba e vidi una bambina russa alla quale dissi: detka, the mozhesh dat mne kartoshku? Bambina, puoi darmi delle patate?

Lei si mise a piangere, ma corse via e tornò con cinque patate. La ringraziai e ripresi a camminare mangiando tre patate e conservandone due.

Quando fu quasi notte, trovai una casa con 15 o più soldati, feci per entrare ma un tedesco con un un brutale “rauss” mi chiuse la porta in faccia. Mentre mi allontanavo vidi entrare in quell’isba un militare con la pistola spianata, dopo poco sentii uno sparo. Mi allontanai un po’ e dopo essermi arrotolato bene nel pastrano mi rannicchiai nella neve per dormire.

FATICA E SOFFERENZA                   

Al mattino, essendomi tolto gli scarponi, per il gelo sentii i piedi gonfi decisi di farmi dei calzari con la coperta. Mentre trafficavo venne ad aiutarmi una donna russa e intanto mi fece capire che quel fuoco che vedevo era stato appiccato dal tedesco amico del morto. Per vendetta aveva incendiato paglia e foglie del portico E procurato la morte dei venti soldati che erano dentro. Mi rimisi velocemente in cammino per allontanarmi da quel posto e giunsi ad un'altra casa che stava bruciando. Vi erano dei bambini disperati e allora mi feci portare dei secchi d'acqua presi da una “Tampa” lí vicino e riuscii a spegnere quell'incendio. I bambini non finivano più di abbracciarmi e baciarmi per ringraziarmi . Anche la mamma piangeva e ringraziava. Dopo altri giorni di marcia trovai altre colonne di soldati e si arrivò ad un campo dove veniva data una pagnotta ad ogni soldato. Compresi che si era fuori dalla "sacca".

TORNAI DALLA RUSSIA

Camminai ancora per molti giorni con i piedi gonfi e semicongelati ma riuscii a tornare a casa. A luglio 1943 ero a casa ma dovetti ancora nascondermi perché vi erano le spie che ti mandavano i nazisti a prelevarti.

Un giorno mia madre mi disse di preparare un po’ di pane e cuocerlo poiché solo con il pane della tessera non ci sfamavamo e soldi per comprarne non ne avevamo poiché io da un anno non avevo più neppure avuto la misera “deca” del militare. Ero intento a preparare il pane, quando arrivò uno, che era stato in galera e collaborava con i fascisti, a chiedere da mangiare. In realtà era venuto per cercare i giovani come me! Un vicino lo mandò via malamente, ma il giorno dopo tornò con i tedeschi e chiese dove fosse il figlio che preparava il pane. Madre fu pronta a dire che non era suo figlio ma uno di passaggio che si era offerto di aiutarla. Io riuscii a rimanere nascosto in un buco dietro casa.

Dopo un mese, ridotti in miseria, decisi di andare alla Caserma "Leutrum" a Cuneo dove i nazifascisti torturavano, e uccidevano i partigiani o chi presumevano fossero collaboratori dei partigiani. Pur sentendo le urla dei torturati, mi feci coraggio ed entrai nell’uffficio dell’addetto alle paghe dei soldati e dissi che ero stato in Russia e che da un anno non ricevevo deca. Mi fu risposto che dovevo già essere contento di essere tornato vivo, e di andarmene se non volevo essere Deportato in Germania. Tornai a casa disperato e trovai un amico di Caraglio che mi diede lavoro a pulire le piante da frutta. Se trovavo della frutta anche un po’ marcia mi sfamavo con quella!

 

 

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