GIACHINO
Giovanni 1912 di Chiarle Rosa di Benevello e di Cesare nato a Treiso
SOLDATO
FANTERIA 43 Rgt.
CATTURATO
FRONTE GRECO (LAMIA)10 10 1943
INTERNATO
STALAG XIII D NORIMBERGA Stalag XIII-D Norimberga Langwasser era
un campo di prigionia della Seconda Guerra Mondiale dell'esercito tedesco
costruito su quello che era stato il campo di raduno del partito nazista a
Norimberga, nel nord della Baviera.
LIBERATO
IL 21 MARZO 1945
RIENTRATO
IL 17 06 1945
Guerra 1940-43
1940 - Il 10 giugno la Divisione risultò
dislocata lungo il confine italo-francese a difesa del
settore di Val Maira nell'Argentera, tra Rocca Peroni e Monte Maniglia. In un
primo tempo mantenne un atteggiamento difensivo e il 22 giugno attaccò le
posizioni nemiche della conca di Meyronne e del nodo stradale di Condamine,
aggirando da nord le difese di Viraysse. Le posizioni fortificate di Bec du
Lievre e Tête Dure della divisione e il 23 venne occupato Malboisset, venne
raggiunta la sponda sinistra del torrente Ravin e la periferia del villaggio di
Larche.
1941 - Ricevuti ordini al riguardo, la
Divisione venne trasferita in Albania nei primi giorni di febbraio e a
partire dal 12 febbraio fu in linea sul fronte greco-albanese nel settore
Kalivaci-Dunica, in zona Valle Shkumini. Il 20 febbraio la Divisione ebbe il
battesimo del fuoco partecipando alla battaglia difensiva combattuta su tutto
il fronte greco-albanese. I ripetuti violenti attacchi nemici
contro i capisaldi del Monte Kosica e in Valle Kalicavi si infransero contro le
forti posizioni occupate dai reparti della divisione. Il 10 aprile, nel corso
dell'offensiva finale, la divisione, dopo essersi attestata in zona
Vlocishta-Vashtenija, attaccò le posizioni di Bregu i Mucit-Pleu i Kieve e
occupò le posizioni antistanti di Curi Gamjas e Hasnati e il 14 Leminoti e
Leshunica. Il 17 raggiungse Erseke e si attestò sul confine a difesa dei passi
Q. Manashibit e Monte Messii e a sbarramento della valle di Ponte Perati. In
seguito si trasferì in Tessaglia nella zona di Larissa.
1942 - A partire dal mese di agosto, la
divisione venne dislocata in territorio d'occupazione in Tessaglia
e schierata a difesa delle coste e del territorio tra Larissa, Volo, Timawos,
Partorià, Lamia.
1943 - Nel corso dell'anno viene schierata
più a sud rispetto alle precedenti posizioni e si stabilì tra Lamia, Amfiklia,
Levadeia, Tebe, a difesa dei canali d'Atalanti e d'Euripo tra l'Attica e
l'isola Eubea e del territorio attorno alla Piazza di Atene.
Racconti
del figlio Marco Giachino
<Mio
papà Giovanni, del 1912 come tanti giovani, assolse il servizio di Leva a 22
anni, poi fu richiamato e combattè nella Campagna di Francia, quindi inviato in
Albania e Grecia dove fu preso prigioniero dai tedeschi. mi sono rimaste la borraccia e la gavetta che papà portò
a casa come ricordo.
Sul fondo
del coperchio della gavetta, che usava per mettere cosa trovava da mangiare,
bucce di patate e pane nero secco e ammuffito, con un chiodo aveva scritto (oh
mamma che fame!).
La nonna
Rosa faceva da mangiare con quello che c'era, e abitando in campagna si
aggiustava. Preparava la minestra, pensava a suo figlio Giovanni e diceva:
<Se sapessi dov’è gli porterei un po’ di minestra!>
Il giorno
che arrivò a casa la nonna non lo conobbe, talmente era magro e scuro in faccia
per il freddo e il fumo del fuoco a cui si accostava quando riusciva! Mi
raccontò la zia Ersilia sorella di mio papà che nonna Rosa faceva la pasta con
un uovo per mio papà per “tirarlo su”! poiché era talmente debole che faceva
fatica a camminare.
Tornò
a casa dalla prigionia in misere condizioni a trentatre anni, sposò
mia mamma Esterina Sandri(vedova di Bonelli Giuseppe Caduto in Russia e papà di Franca) formò una bella famiglia, e svolse ancora tanto
lavoro ma il fisico non ce la fece, a sessant’anni nel 1972, ci lasciò!
Ai tempi
che i partigiani giravano e i nazifascisti uccisero mio zio Sandri Oreste con
Gallesio Giacinto vicino alla Cappella della Madonna di Langa, mio nonno Cesare aveva
una mula che aveva battezzato “Linda” e per la famiglia era tutto, un giorno i repubblicani dissero a mio nonno che serviva a loro. Un po’
timoroso il nonno acconsentì, e con le lacrime agli occhi gliela consegnò,
anche se in cuor suo temeva di non vederla più. Le mise la cavezza e il giogo e
la consegnò. Nella stalla c'era il cane da caccia di nonno “Fier”: era un cane
ma gli mancava solo la parola, aspettò che fossero tutti in casa e partì. Nonno
Cesare disperato lo cercò, ma non lo trovò. Per qualche giorno non tornò, e poi
successe una cosa speciale: Fier ritornò con la
mula. Nonno mi raccontava che Fier aspettò che i soldati dormissero e
con i denti tagliò la corda della mula e insieme tornarono alla cascina.
Dopo qualche giorno che le bestie erano a casa ritornarono i soldati e videro che la mula era nella stalla e il cane coricato sulla finestra della stalla, ma solo un milite disse a mio nonno Cesare:< sappiamo dov’è e se ci serve, verremo a riprenderla. Successe che rimasero bloccati con qualche mezzo di trasporto nel fango, e tornarono a prendere la mula ma questa volta la utilizzarono e la riportarono.
L’EBREO
CARLO CASSIN NASCOSTO ALLA CASCINA MOGLIE
In quel
periodo, in cascina, i nonni tenevano nascosto un Ebreo: Carlo Cassin, era un
ragazzo di 20 anni che con il loro aiuto si salvò dai lager. Il pericolo era
che se qualcuno avesse fatto la spia i nazifascisti avrebbero bruciato casa e
stalla! Questo ragazzo rimase molto tempo in casa dei nonni. Era un uomo
semplice che aveva tanta paura di essere ucciso o di essere condotto nei lager.
Finita la guerra si incamminò per la sua strada e dopo tanti mesi scrisse a mia
zia Ersilia che era arrivato in Francia e qui si sistemò. La sua vita continuò
in Francia, si sposò ma non ebbe figli. Divenne anziano oltre i 90 anni e a zia
scrisse sempre per Pasqua e Natale i cartoncini degli auguri. Zia li conservò
per sempre e mantenne la corrispondenza.
Una mia
cugina di Torino, che ai tempi in cui Carlo era nascosto qui nella borgata “Moglie”
era una ragazzina e giocavano con lui, decise di andare in Francia con suo
marito Beppe in occasione del loro anniversario di matrimonio. Chiese a zia
Ersilia l'indirizzo che metteva sempre e partirono per la Francia, dopo qualche
giorno li contattarono con un telegramma e lui li accolse a braccia aperte. Era
molto anziano e cagionevole di salute, li portò al ristorante per non
disturbare la moglie anche lei malata. La cugina Adriana ci raccontò tutto di quel giorno. Carlo fu molto
felice della visita e per prima cosa che gli chiese di zia Ersilia della quale
sapeva che a causa di un’iniezione sbagliata che le effettuarono a Torino,
aveva avuto grossi problemi e camminava con le stampelle. Quando vide la foto
di zia si mise a piangere, si raccomandò
di ringraziare e con le poche parole che parlava in italiano disse:< lei mi
ospitò e con tutta la famiglia mi ha protetto,
a loro devo tutto e li ricorderò sempre con infinito amore> Con grande lucidità e memoria ricordò tutti i
giorni passati nascosto nel fienile. Fu un incontro memorabile a cui seguirono
ancora parecchie lettere a mia zia e a mio padre. Quando non si seppe più nulla
e neppure arrivò il cartoncino degli auguri di Natale zia triste fin dal
profondo del suo cuore dovette comunicare a mio papà: < se Carlo Cassin non
ha scritto sicuramente sarà mancato!> e così fu! Nella mia famiglia umile ma
con forti valori tennero sempre nel cuore ricordi di amicizia e solidarietà
Mi
ricordo il Natale di casa mia 1963 -1964
La tradizione si andava nel bosco nostro e si cercava il pino ,qualche volta
non sempre era un bel pino,ma con gli addobbi si copre tutto.
MIio papà
era una persona umile e scherzava sempre la battuta gli veniva spontanea,lui
cercava sempre la “topa” (ceppo) per mettere l'albero di Natale. Era un pezzo
di legno che papà modellava come un artigiano ,questo era tutto per sistemarlo
sul frigo di casa nell'angolo della grande cucina. Zia Ersilia apriva la
scatola di cartone dove tutti gli addobbi erano custoditi Le palline di vetro
quelle erano per tanti anni, qualche giro di filo argentato e la classica punta
di vetro sempre bella,ricordo che una punta è durata tantissimo poi zia Ersilia
me ne comprò una con le luci e anche le luci per l'albero. Mia mamma pensava a
farci qualche regalino per Natale e risparmiava con zia come le formichine. Riuscivano
a farci sorridere il giorno di Natale, erano regali utili un paio di guanti un
maglioncino una sciarpa o qualcosa per la scuola e mandarini e noccioline. Io e
mio fratello Mario siamo stati fortunati ad avere dei genitori contadini umili
ma grandi con il cuore. Mio papà aveva l'abitudine di fare sempre sorprese, una
volta eravamo a tagliare la legna sopra la casa nel bosco, e mia mamma chiamò papà di andare a casa, ma lui era sofferente per
l'asma residuo della guerra,e ci disse, andate voi a casa che avete le gambe
buone io vengo giù con il trattore e la legna, lui sapeva chi c'era a casa per
quello volle tardare.
Ci avevano portato il televisore,non ci sembrava vero, ma questo era mio papà ,
Abrigo
Franco aveva un negozietto di elettrodomestici a borgo Moretta,una persona
umile e molto bravo,io ero super contento di guardare la televisione per la
prima volta a casa nostra. Zia ersilia si mise a fare un centrino all'uncinetto da
mettere sotto la televisione, e quando arrivò mio papà Abrigo gli disse (te
Giuvanin sai sempre Cun fé a fé cheicos. Tu giovanni sai sempre come fare a far
qualche lavoro! E lui rispose: manca il respiro ma non la volontà!
Mio papà
aveva solo un sogno vederci grandi, e con la sua pompetta per l’asma tirava
avanti.
UN
RICORDO PARTICOLARE
Eravamo nel
1967, il sabato si andava al mercato ad Alba e si portavano anche i vicini di
casa. Loro la macchina non l'avevano.
Mamma e
zia andavano al mercato a vendere le tume o polli e conigli e fare la spesa della settimana.Tornando a casa papà passò da
Abrigo Franco alla Moretta con la scusa di prendere lampadine e filo. Natale
era 2 giorni dopo e il giorno di Natale alle 8 di mattina arrivò un furgone, mamma
uscì fuori e chiese chi cercava, forse qualcuno della collina.
Abrigo disse: (Giuvanin u ielu nan?O bèn, tant cosa che port u rè per èr fumre! Na lavatriz!
(Giovanni non c'è?, o ben tanto quel che porto è per le donne! una lavatrice. Mamma e zia furono sorprese e felici. Mentre commentavano: u podiva
cò diro! (poteva anche dirlo) papà arrivò e rispose: se te lo dicevo non era più
un regalo! Fu un Natale bellissimo.
Il mio papà nel 1972 fu ricoverato per l'asma e dopo qualche giorno il vento me
lo ha portato via a 59 anni.Avevo 15anni e la vita senza un papà è dura,ma la
vita ci ha dato una mamma guerriera e zia Ersilia e Mario. lui era quasi
ventenne e la strada prese il suo cammino in salita ma sereni ,mio Pap quei
ragazzi grandi li a goduti poco ma con tanta soddisfazione .
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