CAREGLIO MARIA CAVALLO CORTEMILIA 1930
DI ERNESTO 1901 CASTINO
Nata nel
1930 a Cortemilia in una famiglia di ben undici componenti rimasi poco perché i
miei effettuarono il primo spostamento da Mazoè A Ponte Levice, poi “oma scapà”
siamo venuti via per andare ar Fontane di Torre Bormida, con il padrone che era
ar Mirin dèr Géré, infine ci trasferimmo al Mulino di Arguello. Fu lì che
conobbi Sergio di PianPonga e ci sposammo ad Arguello. Io dico “purtroppo
incontrai Sergio e lui dice “se r’èissa nèn piate mi, r’avria piate gnun!” (se
non ti avessi sposata io, non ti avrebbe sposata nessuno!)
Al tempo
dei partigiani, avevo 15 anni ed avevo un “moroz” (fidanzato) partigiano, che
mi portava a ballare ed aveva appese al cinturone tutte “bombe a mano”. Mi
osservava mentre “filavo” al chiarore del lume a petrolio, e poi mi chiedeva di
andare a ballare con lui. A me è sempre piaciuto ballare e così andavo. Avevo
una sorella gemella ma non chiedeva mai a lei. Il suo nome di battaglia , mi
aveva detto che era “Aquila” ed era molto più grande di me, avrà avuto più di 25
anni! Ero propi “lorda” (incosciente!). Lui ed i suoi compagni portavano della
carne dei vitelli o maiali e ci chiedevano di cucinargliela. Se fossero venuti
i repubblicani ci avrebbero uccisi tutti, ma che fare, eravamo obbligati! Andò sempre
bene. Dormivano nella stalla e quando se ne andarono, siccome avevano avvisato
che vi erano i nazifascisti a Cravanzana, andammo a vedere e trovammo stellette
e proiettili che se fossero state viste dai tedeschi ci avrebbero fatto
bruciare tutto.
Una volta
vennero i nazifascisti e presero mio padre Ernesto del 1901 nato a Castino. Lo
fecero andare davanti a loro fino a Cortemilia e lo tennero e interrogarono per
un giorno, poi lo lasciarono tornare a casa. Raccontava impaurito che aveva
compreso il significato della parola “Kaput” (morto).
Vi era
sempre pericolo poiché a volte arrivavano i repubblicani improvvisamente e
buttavano tutto per aria, controllavano e ci spaventavano.
Ricordo
che vicino a casa nostra vi era un grande prato e una sera i Partigiani
accesero tre fuochi per segnalare agli aerei alleati dove fare i lanci.
Lasciarono cadere un paracadute con un bidone attaccato e si fermò proprio
dietro casa ricoprendo un cespuglio. Al mattino arrivarono i partigiani e lo
portarono via.
Furono
tempi brutti, poiché sia i partigiani che i tedeschi uccidevano con una
facilità estrema. I tedeschi a Torre Bormida ne uccisero più di venti, e li buttarono tutti in una fossa. I
partigiani se individuavano una spia anche, la uccidevano. E noi eravamo sempre
preoccupati, anche se i miei fratelli erano tutti giovani. Mia sorella del
1925, quando sentiva che arrivavano andava a nascondersi in un armadio. Io le
dicevo che era il modo per farsi ammazzare, ma lei aveva paura!
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