mercoledì 17 gennaio 2024

CAREGLIO MARIA CORTEMILIA 1930

 






CAREGLIO MARIA CAVALLO CORTEMILIA 1930 

DI ERNESTO 1901 CASTINO

Nata nel 1930 a Cortemilia in una famiglia di ben undici componenti rimasi poco perché i miei effettuarono il primo spostamento da Mazoè A Ponte Levice, poi “oma scapà” siamo venuti via per andare ar Fontane di Torre Bormida, con il padrone che era ar Mirin dèr Géré, infine ci trasferimmo al Mulino di Arguello. Fu lì che conobbi Sergio di PianPonga e ci sposammo ad Arguello. Io dico “purtroppo incontrai Sergio e lui dice “se r’èissa nèn piate mi, r’avria piate gnun!” (se non ti avessi sposata io, non ti avrebbe sposata nessuno!)

Al tempo dei partigiani, avevo 15 anni ed avevo un “moroz” (fidanzato) partigiano, che mi portava a ballare ed aveva appese al cinturone tutte “bombe a mano”. Mi osservava mentre “filavo” al chiarore del lume a petrolio, e poi mi chiedeva di andare a ballare con lui. A me è sempre piaciuto ballare e così andavo. Avevo una sorella gemella ma non chiedeva mai a lei. Il suo nome di battaglia , mi aveva detto che era “Aquila” ed era molto più grande di me, avrà avuto più di 25 anni! Ero propi “lorda” (incosciente!). Lui ed i suoi compagni portavano della carne dei vitelli o maiali e ci chiedevano di cucinargliela. Se fossero venuti i repubblicani ci avrebbero uccisi tutti, ma che fare, eravamo obbligati! Andò sempre bene. Dormivano nella stalla e quando se ne andarono, siccome avevano avvisato che vi erano i nazifascisti a Cravanzana, andammo a vedere e trovammo stellette e proiettili che se fossero state viste dai tedeschi ci avrebbero fatto bruciare tutto.

Una volta vennero i nazifascisti e presero mio padre Ernesto del 1901 nato a Castino. Lo fecero andare davanti a loro fino a Cortemilia e lo tennero e interrogarono per un giorno, poi lo lasciarono tornare a casa. Raccontava impaurito che aveva compreso il significato della parola “Kaput” (morto).

Vi era sempre pericolo poiché a volte arrivavano i repubblicani improvvisamente e buttavano tutto per aria, controllavano e ci spaventavano.

Ricordo che vicino a casa nostra vi era un grande prato e una sera i Partigiani accesero tre fuochi per segnalare agli aerei alleati dove fare i lanci. Lasciarono cadere un paracadute con un bidone attaccato e si fermò proprio dietro casa ricoprendo un cespuglio. Al mattino arrivarono i partigiani e lo portarono via.

Furono tempi brutti, poiché sia i partigiani che i tedeschi uccidevano con una facilità estrema. I tedeschi a Torre Bormida ne uccisero più di venti, e li buttarono tutti in una fossa. I partigiani se individuavano una spia anche, la uccidevano. E noi eravamo sempre preoccupati, anche se i miei fratelli erano tutti giovani. Mia sorella del 1925, quando sentiva che arrivavano andava a nascondersi in un armadio. Io le dicevo che era il modo per farsi ammazzare, ma lei aveva paura!

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