CASTAGNOTTI
GIUSEPPE LEQUIO BERRIA 1922
Giuseppe
partì militare e andò a Cuneo dove rimase per circa un anno, il 31 Dicembre del
’42 fu inviato in Russia con il II Battaglione di Complemento a dar manforte
alla Cuneense già in grave difficoltà.
Dal 29 al 31 Dicembre 1942 con 4 tradotte
i 2 battaglioni complementi partirono per il fronte russo sganciandosi dal
Reggimento il quale con tutto l’organico di comando rimase in Italia. Il I°
battaglione comandato dal Ten.Col. Scippacercola giunse a Rossosch il 10
Gennaio 1943 ed in attesa di essere incorporato dal 1° Reggimento alpini fu
sistemato nel villaggio di Sukowka Babka circa 12 chilometri nord-est di
Rossosch.Il giorno 15 ricevette l’ordine di mettersi a disposizione del comando
piazza di Rossosch , si trasferì quindi nella periferia della città in attesa
di dare il cambio il mattino seguente al battaglione sciatori Monte Cervino e
di sostituire nei compiti difensivi i distaccamenti salmerie che dovevano
rientrare ai rispettivi reparti in vista dell'imminente ripiegamento. Le compagnie
arrivarono quando era già sera e divampavano incendi provocati dai furiosi
scontri della giornata. Al battaglione avrebbero dovuto essere anche fornite
armi di reparto in quanto la dotazione armamenti si componevano solamente di
fucili e pistole individuali e poche bombe a mano. All’alba del giorno seguente
(16 gennaio 1943) una intera brigata di carri armati sovietici irruppe nella
città. Secondo gli ordini ricevuti il Ten. Col. Scippacercola inviò la 604 Cp
(Cap.Filippo Dominoni) e la 401 Cp (Cap. Amedeo Peirone) verso il campo
d’aviazione della città. Le due compagnie mentre erano ancora in marcia vennero
sorprese dai carri armati che le distrussero sino all’ultimo uomo. I rimanenti
reparti: plotone comando (Ten. Marcello Merlo), 601 Cp (Cap. Adolfo Mazzini),
602 Cp (Cap. Gianfranco Clerici) si avviarono per dare il cambio al Monte
Cervino ma incapparono anch’essi in una formazione di carri russi. Pur essendo
privi di armi automatiche e anticarro gli alpini tentarono una disperata
difesa. Molti furono uccisi, altri feriti o prigionieri; da questa tragica
situazione emerse la figura di Don Rinaldo Trappo cappellano del battaglione
che riunì 147 superstiti tra cui il Ten. Col. Scippacercola ferito e li portò
in salvo ripiegando prima su Popowka e poi su Podgornoe. Di questi superstiti
solo 46 riuscirono a tornare a casa, gli altri caddero nei successivi
combattimenti.
Il II°
battaglione al comando del Maggiore Giuseppe Allemandi partì da Garessio il 31
dicembre 1942 quando i russi avevano già sferrato l’offensiva a sud del corpo
d’armata alpino.Nelle prime ore del giorno 16 Gennaio le tradotte che trasportavano
il battaglione furono fermate alla stazione di Karkow e bloccate appena in
tempo per sfuggire all’orribile sorte toccata al I° battaglione.
Giuseppe fortunatamente fece parte di questo battaglione che fu fermato <nella Russia Bianca>. Ricorda che non si riusciva “a gavesse rà frègg!”(togliersi il freddo). Anche lui e i suoi commilitoni, ospitati dai locali impararono a dormire sulle stufe poste al centro delle Isbe(case russe).Nelle stalle, nonostante ci fosse qualche animale vi era un freddo tremendo: “rà buza apèna fata a zrava!”(lo sterco appena prodotto gelava!). Ricorda che gli scarponi rimanevano gelati al suolo e ti bloccavano i movimenti. Vide dei soldati che si chinavano e non si alzavano più, sembravano vivi ma li toccavi e risultavano congelati. Fu un’esperienza terribile, il grande gelo, la fame e la guerra. Anche se la permanenza in Russia durò poco lasciò in Giuseppe ricordi indelebili. Si vede ancora nei suoi occhi la sofferenza e la paura provata. Anche con il treno in movimento si avvertiva il fragore dei cannoni e il rombo dei carri armati!
Quando giunsero a Dobbiaco, dopo un
viaggio interminabile, Giuseppe e i suoi commilitoni, furono sistemati in una
scuola. Rimasero alcuni giorni, poi decisero di fuggire per rientrare a casa.
Sceglievano strade di campagna e si fermavano a chiedere qualcosa da mangiare e
un posto per dormire presso le cascine che incontravano. Furono sempre aiutati
e trovarono chi consigliò loro di liberarsi del vestiario militare indossando
abiti civili che fornirono. Il viaggio durò un mese di cammino a piedi, poiché non
osavano salire su dei treni dove avrebbero potuto rischiare di essere arrestati
e deportati. A casa Giuseppe dovette ancora provare il terrore di essere
prelevato dai nazifascisti sempre alla ricerca di giovani renitenti o
Partigiani, e così si nascondeva e bisognava essere attenti ai rastrellamenti
che a Lequio avvenivano sovente a causa dei delatori e dei Partigiani che erano
di casa a Lequio Berria.
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