sabato 20 gennaio 2024

MARRONE SERGIO DI GIUSEPPE 1913

 










MARRONE SERGIO FIGLIO DI GIUSEPPE 1913 LEQUIO BERRIA

https://youtu.be/CQGR9WausZ4          

Sergio Marrone figlio di Giuseppe, Alpino Reduce di Francia, Albania(a recuperare i cadaveri dei compagni) Grecia, Africa e Russia per sette lunghi anni con Bosio Cesare padre di Angelo e Gian Paolo, mi ha permesso di recuperare una testimonianza che possiede una rilevanza notevole sia perché è raccontata da un figlio molto attento ai racconti del padre quando scambiava ricordi con l’amico Cesare, sia perché ha saputo memorizzare fatti che i due Alpini si rivelavano tra loro, ma che in età avanzata avevano quasi perso.

Picozza realizzata da Giuseppe (quando era in Albania) con un bossolo fuso

Cesare abitava nella frazione Aure di Arguello, ma per le vijà (veglie), accompagnato da moglie e figli si recava dall’amico Giuseppe alla Cascina “Fojach” per mangiare due castagne e bere un bicchiere di vino raccontandosi ricordi della loro lunga vita militare. Le donne rammendavano o filavano o sferruzzavano, e i figli dopo avere giocato un po’ a carte, incuriositi dal parlottare dei padri avvicinavano i balòt sui quali sedevano e ascoltavano facendo domande. Raramente ottenevano risposta, ma almeno sollecitavano i due Alpini a continuare i ricordi.

Durante il ripiegamento dal Don i due Alpini di Lequio Berria  procedettero con il resto della Colonna per un po’ di giorni poi si confidarono e decisero di staccarsi e di andare in un'altra direzione, convinti che il grosso della colonna stesse dirigendosi verso il nemico. La considerazione si rivelò esatta poiché chi seguì la grande colonna finì nella Sacca e fu preso prigioniero o peggio ucciso. Girovagarono per circa un mese in condizioni terribili per quel territorio che è l’attuale Ucraina. Durante il procedere, con temperatura di -30 ° e senza nulla di cui nutrirsi né abbeverarsi se non neve, trovarono una pagnotta di pane, forse persa da qualche slitta anche in ripiegamento. Cesare estrasse il coltello e cercò di tagliare quel pane congelato, gli sfuggì la lama e si procurò un taglio ad un dito. Non avendo medicazioni e con il gelo il dito si necrotizzò e andò in cancrena, ma Cegio, così era chiamato in famiglia, aveva una tempra eccezionale, pur con la febbre tenne duro. Con l’amico Giuseppe continuarono la loro marcia nella neve e nel gelo, un giorno videro del fumo uscire da un comignolo e cautamente si avvicinarono, temevano vi fossero dei russi. Dopo aver controllato compresero che non vi erano pericoli, l’ isba era abitata da una donna con due figlie. Le tre donne subito furono spaventate, poi vedendo che i due militari non avevano armi né cattive intenzioni e tranquillizzate dalle medagliette che Giuseppe donò, erano le medagliette della Madonna che il Cappellano aveva distribuito loro, li fecero entrare e attivarono il fuoco della stufa con piante secche di meliga. Ricevettero qualcosa da mangiare  e sostarono la notte, quindi al mattino ripartirono procedendo senza alcun riferimento, cercando di evitare la direzione da dove giungevano gli spari.   Marciarono per tre mesi in condizioni difficilissime senza potersi lavare né rasare, finché giunsero alla stazione ferroviaria di Gomel dove trovarono ancora dei presidi italiani e furono rimpatriati, condotti in Ospedale a Rimini rimasero una quarantina di giorni. Giuseppe avendo subito un congelamento a una falange venne amputato della stessa, invece Cesare fu curato per la ferita alla mano. Il figlio di Cesare, Angelo e la zia Dilia mi raccontarono che Cesare dovette rimanere più a lungo in Ospedale perché fu colpito da infarto. Fortunatamente essendo ancora ricoverato fu salvato.

IL nonno, Marrone Giovanni di Francesco 1881 Lequio Berria partì per la grande guerra quando già aveva i due figli Giuseppe nato nel 1913 e una bimba appena nata nel 1915. Combattè per due anni nella zona dell’Adamello dei Sette Comuni. Quando tornò i bimbi non riconoscendolo fuggirono a nascondersi.


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