Nacque ad Alba in Corso Langhe, dove il padre svolgeva il lavoro di calzolaio. Il Papà era originario di Cissone e dopo essere andato ad imparare il mestiere a Roddino, aveva aperto un suo laboratorio con alcuni garzoni ad Alba. Lui, del 1895, sposò Candida Rapalino di Benevello e vissero in Corso Langhe finchè il lavoro di ciabattino fu abbastanza redditizio. Producevano scarpe belle e anche zoccoli durante tutto l’anno e quando vi erano fiere, si caricavano i sacchi di scarpe in spalla e andavano a venderle. Quando Valerio ebbe 5 anni, verso il 1931, il papà decise di ritornare a vivere a Cissone, lì si tirò avanti allevando una mucca, tre pecore, qualche animale da cortile e coltivando la poca terra. Il padre continuò pure a riparare scarpe e a trasformare vecchie scarpe in zoccoli adattando i sèp (suole di legno di salice). Certo, furono tempi duri, poiché era una famiglia di nove figli (di cui Valerio era il più grande) e si viveva in due camere sopra la stalla e il fienile, ma tutti collaborarono, Valerio con le sorelle più giovani andava al pascolo e a procurare il mangiare per i bachi e gli animali.
Quando ebbe 14 anni, Valerio andò a Serravalle Langhe da Manera, il falegname, per imparare il mestiere, ma non imparò nulla poiché si svolgevano più che altro riparazioni di attrezzature di campagna: botti, carri, carriole, zappe ecc.
In quel Croton di falegnameria vide però un mandolino rotto che gli rimase impresso in testa e gli fece scattare il desiderio di costruire strumenti musicali. Cinquant’anni dopo realizzò un mandolino uguale a quello visto.
Tutti gli
strumenti costruiti furono opere ispirati da altrettanti pezzi, alcuni unici,
come la chitarra di cui vide una foto risalente al 1918 presso una famiglia di
Diano d’Alba, e poi viole, violini, violoncelli, ghironde. Ogni volta che
vedeva uno strumento gli sorgeva il desiderio di costruirlo e allora procedeva.
Ha il ricordo della storia della costruzione di un’altra chitarra che vide
presso un Albergo di Lequio Berria: La vide, si incuriosì, la osservò attentamente
e ne realizzò una copia che possiede ancora con tutti gli altri strumenti
realizzati in tanti anni di lavoro. Sì perché, Valerio fu sempre gelosissimo
dei suoi strumenti e non ne ha venduto nessuno. Ne prestò e
ancora oggi ne concede a dei musicisti per concerti, ma vengono
sempre restituiti, non sono in vendita. Afferma: <quando non ci sarò più
saranno esposti in un museo.>
Fu interessante la storia per la costruzione di un violino: a Dogliani vi era una conoscente che ne possedeva uno, ma era gelosissima e non gli permetteva di toccarlo. In un’occasione lasciò il violino sul tavolo e lei si assentò. Ne approfittò subito, aveva il giornale sotto il braccio, lo aprì e con la matita fece una copia del contorno del violino e disegnò alcuni pezzi. Richiuse il giornale e il gioco fu fatto, quei disegni furono sufficienti a permettergli di realizzarne uno uguale.
A
vent’otto anni realizzò il primo violino grazie ad una famiglia di Pradleves
che gli concesse di osservarne e studiarne uno che possedevano, non venne
proprio perfetto ma rimase legato da grande affetto poiché ricorda quella
famiglia di persone di cultura ma semplici. Anche un violoncello che realizzò su copia di
quello di un’amica tedesca contadina e violoncellista, lo gratificò molto. Lo
concede a lei che lo ha utilizzato in parecchi concerti e si è complimentata
per il pregio e musicalità dello strumento, e sempre lo restituisce.
UNA GHIRONDA
Per
realizzare una Ghironda dovette faticare molto, più che altro perché la visionò
presso dei “montagnin” suonatori di Dronero ma con dei sotterfugi poiché si
avvicinava solo quando questi si allontanavano dallo strumento. Tuttavia si
fissò nella mente quei 100 pezzi e riuscì a produrli ed assemblarli con grande
soddisfazione. Un'altra ghironda la costruì ideandola per essere suonata come
una tastiera e tuttora funziona.
Per costruire gli strumenti dedicò sempre, non meno di cento ore per terminarli, ma sempre provò grande soddisfazione, e glielo si legge negli occhi mentre racconta.
Un'altra
grande gratificazione la ebbe dal restauro dell’Organo della Confraternita dei
Battuti di Dogliani del 1742. Trovò l’organo in condizioni pietose, i topi
l’avevano reso inservibile costruendo parecchi nidi e avevano rosicchiato le
canne, ne trovò ben 160 sparse per la Chiesa! Con pazienza rese nuovamente
suonabile il meraviglioso e prezioso strumento. Fu collaudato e approvato ma
non comprese mai perché non sia stato utilizzato in qualche occasione. Valerio
seppure stanco volle ancora ricordare l’interessamento che don Conterno, il
parroco di Dogliani ebbe per il restauro e onorarlo ricordando la sua
brillantezza nel retribuirlo per l’attività svolta. Gli chiese il conto con
insistenza e lui non glielo portava mai, quando si decise a presentarglielo lui
lo guardò e sorridendo alla richiesta di ottocento mila lire, rispose con Lire due milioni e quattrocento e un solenne ringraziamento.
Ciao
Valerio, ad attenderti in Cielo avrai trovato la tua cara sorellina Alfonsina
che veniva a portarvi il cibo quando vi nascondevate durante i “rastrellamenti”
a Cissone, e gli amici Renato Salvetti Partigiano René Deportato a Mathausen,
con Pini Segna Partigiano “Rudy” che scampò fortunosamente alla “fossa”
fattagli scavare per metterlo alla prova! Quante cose avrete da raccontarvi! Grazie per
quanto avete narrato! Io mi ricorderò di voi nelle mie preghiere, e voi
ricordatevi di me!
ALFONSINA GABUTTI MOLINARI
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