sabato 20 gennaio 2024

FLORI GIACINTO DIANO D'ALBA 1910 NEVIGLIE

 

ARTIGLIERE CAPORAL MAGG. FLORI GIACINTO

nato a DIANO D’ALBA nel 1910  DI SOLA TERSILLA E CARLO

REDUCE DI RUSSIA

Svolsi il Servizio Militare di Leva e fui congedato, il 6 Dicembre 1940 fui richiamato e assegnato al R.M.V.(reparto comando) del XXIII Gruppo 105/28 del 2° R. Artiglieria di Corpo d’Armata con sede ad Acqui Terme (Alessandria). Il 24 Giugno 1942 Partii CON L’A.R.M.I.R.PER LA RUSSIA.

Giacinto raccontò:

il 15 Gennaio 1943  le truppe russe occuparono Rossosk con mezzi corazzati  e truppe avanzando da sud-nord da Kantemirowka (in mano russa dal 16 dicembre 42) e avanzando contemporaneamente in direzione nord-sud sul fronte di Voronesh dove avevano travolto le divisioni tedesche-ungheresi. In tal modo attuarono quella manovra a tenaglia che si chiuse su Popowka-Podgornoje e chiuse l’intero Corpo d’Armata Alpino.

Il 15 Gennaio 1943 alle 14.00 il Corpo d’Armata Alpino diede ordine al 23°gruppo di riportarsi sulle posizioni di Kolubaja Krinitza, e così ripiegammo la sera stessa iniziando un’azione di disturbo con i pezzi rimasti  efficienti al fine di proteggere il ripiegamento delle truppe del Corpo alpino.


A mezzogiorno del 16 gennaio iniziammo a ripiegare su Annowka presso il Quartier Generale della Cuneense e vi giungemmo soltanto nella notte fra il 16 e il 17. Nella mattinata del 17, mancando il carburante, ricevemmo l’ordine di rendere inefficienti i pezzi, i trattori e gli autocarri. RIPIEGAMENTO DEL CORPO D’ARMATA ALPINO E I COMBATTIMENTI PER USCIRE DALLA SACCA (16- 26 gennaio 1943)

Così, appiedati, in serata iniziammo con la Cuneense il ripiegamento verso ovest, alla ricerca di una via d’uscita, dopo aver spartito i pochi viveri rimasti: ricevemmo due scatolette e due gallette a testa. Il gruppo restò compatto sino Podgornoje, qui forze nemiche valutate all’incirca in due reggimenti, appoggiate da numerose batterie, da mortai di ogni calibro e katiusche, sferrarono violenti attacchi nella zona di congiunzione tra la “ Tridentina” e la “ Vicenza”, ma si mantennero le posizioni nonostante le gravi perdite.

 


L’Edolo nei giorni 15 16 e 17 spezzò la furia selvaggia del nemico senza perdere un metro di terreno, lo contrassaltò e lo mise in fuga, impadronendosi di molto materiale e stroncando sul nascere un attacco di carri già pronti a scattare. Dolorose le perdite, ma evidenti i risultati conseguiti con l’impedire al nemico di rompere la fronte del Corpo Alpino e puntare nel cuore delle sue retrovie tagliando le linee di arroccamento ferroviario rotabile: Podgornoje – Rossosch

Il Vestone respinse il solo giorno 15 ben sette attacchi.

 Tanto valore degli Alpini non bastò a conservare le posizioni tenute a prezzo di tanto sangue. Eventi verificatisi su altri settori costrinsero le superiori autorità ad ordinare il ripiegamento della “Tridentina” nel solco di Podgornoje. Il ripiegamento venne eseguito su tre colonne sotto la protezione di una forte retroguardia.

L’accanito combattimento notturno di Podgornoje e molti altri generarono un totale scompiglio per cui anche il XXIII gruppo si frantumò in nuclei isolati.

Il ripiegamento proseguì per Postojali dove vi fu il primo tentativo dell’armata italiana di rompere l’accerchiamento russo e aprire un varco alla ritirata.

Il 18 Gennaio, il comando del corpo d’armata degli Alpini, inviò il Battaglione Verona nel paese di Postojali che si trova a circa venticinque chilometri da Podgornoje. Era un punto nevralgico per la manovra di ripiegamento dell’armata. Il comando lì voleva riunire tutte e tre le Divisioni che ripiegavano dal Don. Il Verona ebbe un compito di estrema importanza: occupare Postojali e sistemarsi in difesa per aprire la strada della salvezza per migliaia di compagni. Dopo la lunga marcia dal Don, il Battaglione Verona, il 18 Gennaio venne sistemato in un paesino, e nonostante tra gli Alpini ci fossero casi di congelamento con vesciche ai polsi come scottature provocate dal vento della steppa che era riuscito a penetrare negli inadatti cappotti, nel tardo pomeriggio le cinque compagnie furono caricate sui mezzi verso Postojali. Gli Alpini vennero avvisati della probabile presenza di nuclei partigiani, ma la notizia risultò infondata, il Verona si trovò ben altre forze a contrapporsi. Quando furono in vista del paese: una doppia schiera di isbe si scatenò la furia dell’armata rossa. Gli Alpini, al grido di <Verona avanti> procedettero nell’ampia cittadina fortemente presidiata e caddero in 144 insieme ai compagni del sesto Reggimento.

Ricordo di essere transitato per Postojali, per Olchovaja , senza soste nei giorni seguenti percorremmo le seguenti tappe: Schebekino, Belgorod, Sejetino, Golodscino, Pissarewka,Storaja, Riabina, Kutusoje, Tschenandino, Mali Grunj, Stupki, Welka Paulowka, Gladiasch, Lipowaja Dalina, Sassulse, Mals Burij, Melojo Sribnoje, Perowolotschana, Priluki.

Da Priluki ci trasferirono in treno a Gomel e poi a Klintsy.

Arrivati a Schebekino nella mattinata del 31 gennaio, trovammo un posto di ristoro con gli infermieri della sussistenza che ci aspettavano. Ad ogni camion in arrivo, fosse tedesco o italiano, accadevano scene indicibili di uomini ormai diventati bestie, tutti cercavamo di salirci sopra, alpini, tedeschi, ungheresi, chiunque aveva ancora un briciolo di energia per farsi largo in mezzo alla calca dei disperati.

I tedeschi, dal canto loro, permettevano solo ai propri commilitoni di salire.

Così, con altri procedemmo a piedi per altri venti chilometri fino Belgorod.

Nella marcia da Annowka a Veprik furono percorsi a piedi ben oltre mille km.: marciammo senza soste, assetati ed affamati in territorio controllato dai russi. Non si poteva riposare e neppure si potevano medicare i feriti congelati e con la dissenteria che consumava ancora di più i nostri corpi già scarniti e dilaniati dal freddo che si manteneva su punte di oltre i 30° sottozero. Per molti giorni mangiammo solo neve e poche patate congelate  che si aveva la fortuna di recuperare. Ci nutrimmo della carne dei muli e cavalli che cadevano sfiniti e rimanevano a disposizione sulle piste. A Klintsy il nostro gruppo arrivò ridotto Al 20% dei suoi effettivi.

 

 

 

 

 

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