martedì 22 ottobre 2019

AGOSTO GIACINTO DI GIOVANNA E LORENZO SOMANO 1923



https://youtu.be/tVN4Yyx6N4E               QUANDO TORNAI DALLA PRIGIONIA SEPPI DI MIO FRATELLO

 

https://youtu.be/vJp0bUObO4I                       Vidi una tradotta di Ebrei

 


AGOSTO GIACINTO DI GIOVANNA"CINET" SOMANO 1923
BRUTTI RICORDI DI SCUOLA
Giacinto, figlio di Abbio Giovanna (andata avanti a 102 anni)e di Lorenzo, nacque alla Borgata Sant’ Antonio, dove vive tuttora. In famiglia erano sette e ricorda che si percorrevano a piedi i due chilometri per arrivare alla scuola nel paese di Somano. Prima di andare a scuola si recava al pascolo con le pecore. La maestra non era di quelle comprensive e quando vide Giacinto, che stanco, si addormentò, gli diede una solenne dose di “patéle” (botte) e la punizione: da scrivere cento volte ”a scuola non si dorme!”. Lui eseguì il “penso”, ma non svolse il problema e così dovette sorbirsi un’altra dose di botte. Inutile dire che Cinto non ha un bel ricordo della maestra.
A MANGIAR PANE A CASA D’ALTRI
A 11 anni, Giacinto fu mandato “ a mangé ‘r pan à cà djàtri!”(a mangiar pane a casa d’altri!). Non avevo mai sentito questo modo di dire elegante, usato per spiegare che le bambine e i bambini di un tempo, già in tenera età venivano messi a servizio: (da sèrvènte e sèrvito’).
Lavorò alla Cascina Campolungo a Bonvicino, e il papà riceveva duecentocinquanta lire all’anno, questo fu negli anni 1934/35, quindi fu trasferito alla Cascina degli Ebrei ai Garombi di Monchiero dove riceveva ben cinquecento lire all’anno. Andò anche a Monforte dove il ”padron” padrone si chiamava Costantino ed aveva un figlio. Qui si stava abbastanza bene, certo che gli controllavano se prendeva un pezzetto di pane in più di quello assegnato! Effettuò ancora uno spostamento, in una cascina di Novello, il padre percepiva ben mille lire all’anno per il lavoro prestato da Giacinto. Cinto ricorda che “ era gente alla grande!” possidenti ma solo da lavoro! Questi “padroni” erano aderenti al Fascio e pertanto mandavano Cinto alle esercitazioni Pre-militari che si tenevano il sabato, ma appena aveva effettuato la presenza, lo facevano ritornare al lavoro. Giacinto, consapevole dei suoi diritti disse ai “padroni”: <…io vi denuncio, poiché il regolamento prevede che si partecipi all’esercitazione!> A malincuore dovettero lasciarlo ad effettuare il corso del sabato fascista!
Possedevano tante vigne e Cinto era addetto a irrorare le viti “dé r’eva”. Doveva pompare con la macchina in spalla quell’acqua scura con il “ramital” che sostituiva il verderame (antiperonospera). I due figli giovani erano al Servizio Militare e così per giorni e giorni doveva girare per le vigne con quel carico d’acqua e ricorda che le cinghie si piantavano nelle spalle fino a scorticarlo. Gli portavano il pranzo dove lavorava, così con l’ultimo boccone era già pronto a non perdere tempo e a riprendere il lavoro.
La “padrona” era brava!, <oh sì sì, rosari ne diceva tanti!>, gli diceva- < oh poverino sei stanco, sa che ti riempio la “macchina” così ti aiuto!!” Giacinto con un sorriso: < eh già, così non mi fermavo mai!!>
DURA E FATICOSA LA VITA
Dormiva in una camera con un letto nel quale ci rimaneva poco. Alle quattro <sonava in dèsvijarin fastidioz!grrrr!>(suonava la sveglia!) E lui assonnato diceva<smorta lolì che reu sèntì!!>(spegni quell’affare che ho sentito!) e scendeva ad iniziare la lunga giornata da “sèrvito”. Avevano una stalla in campagna con una dozzina di bestie e altrettanto in paese, pertanto al mattino”sgurava ra stàla an campagna”(pulivo la stalla in campagna) e al pomeriggio puliva la stalla in paese! Aggiunge< jéra sèmpre ‘ntra buza!> (ero sempre nello sterco!).
Fu dura, ma a sollevarlo da quelle fatiche arrivò la Naja.

“LA NAJA” SOLLIEVO PER GIACINTO!
Arruolato un anno prima, per esigenze di guerra, fu inquadrato nell’Artiglieria Divisionale. Inviato a Rimini per alcuni mesi, dice che apprezzò la vita militare poiché in confronto al lavoro trascorreva come una vacanza: Colazione, un po’ di istruzione “ avanti marsch, dietro front ecc.” , manutenzione dell’arma e poi si attendeva il rancio. Cinto ‘d Cinèt si chiedeva perché la chiamavano naja!
Dopo l’addestramento andò a Nola e quindi fece la Campagna di Grecia “per spezzare le reni ai greci! Come disse Mussolini”. Si disse che le donne greche erano cattive – ricorda Cinto- ma lui le comprendeva perché vi era una massa di gente che razziava tutto(italiani tedeschi!)
DA BARI CON LA NAVE CAMPIDOGLIO
Giunti in mezzo al mare vi fu un Capitano che, senza apparente motivo, diede l’ordine di indossare i salvagente e di buttarsi in mare. Sulla nave vi erano 1400 militari che come Giacinto rimasero perplessi e preoccupati alla sola idea di buttarsi in mare. La maggior parte non sapeva nuotare e inoltre un tuffo in quelle condizioni significava morte sicura. Dopo un po’ di trambusto si notò che il Capitano e un tenente discutevano e guardavano in mare. Da una scialuppa che era stata calata con due uomini a bordo ne risalirono cinque probabilmente artificieri. Dopo un breve periodo in cui furono fermati i motori si riprese la navigazione e tutto  fu tranquillo fino all’arrivo a Valona. Giacinto si fece l’idea che quel Capitano era stato un po’ esagerato a emanare il comando di abbandonare la nave. Se i militari avessero ubbidito se ne sarebbero salvati ben pochi. Questa è una delle tante riflessioni che Giacinto ci trasmette e ci aiutano a comprendere quanti pericoli superò a causa della guerra e di comandanti che non avevano a cuore la vita di tanti giovani militari.
LICENZA PER LA MORTE DEL PAPÀ

Mentre era in Grecia, ricevette la comunicazione della morte del papà. Ebbe un mese di Licenza, poi al termine dei trenta giorni si presentò al Maresciallo dei Carabinieri di Bossolasco e gli disse che quasi quasi non sarebbe rientrato. Il Maresciallo si infuriò e, Giacinto si convinse a ripartire. Rientrò a Nola, quindi fu portato all’aeroporto di Bari dove risultarono in cinque in più. Il Comandante mise in riga i militari e sorteggiò con una conta casuale i cinque che dovevano rimanere a terra per partire il giorno dopo. Tra questi vi fu anche Giacinto. I cinque esclusi si scocciarono per il rinvio di partenza, ma quando il giorno dopo il Comandante disse loro che erano stati fortunati perché l’aereo del giorno prima era stato abbattuto, lo ringraziarono e sperarono che il volo per loro andasse bene. Fu così e Giacinto, quando l’aereo atterrò , ringraziò il buon Dio per essere scampato, ma non sarà la prima né l’ultima volta che lo ringrazierà!
Giunto a Patrasso decise di non raggiungere Missolungi dove avrebbe dovuto tornare al Presidio.(La sua Divisione, la “Casale” nel 1942/43 fu dislocata nella zona compresa fra il golfo di Arta e quello di Patrasso, con presidi ad Agrinion, Amphilokia e Missolungi. Durante tutto il periodo che rimase in detto territorio, partecipò ad operazioni di rastrellamento ed anti-partigiane a Agrinion, Katoki, Mussura, Krisovitza, Scutera, Sariadafino.) Giacinto ricorda che per raggiungere Missolungi, situata in una zona paludosa dove regnava la Malaria e per questo occorreva assumere il CHININO ogni giorno, avrebbe dovuto prendere un traghetto e viaggiare tre ore.
Rimase a Patrasso ed ebbe il conforto del consiglio di un Capitano che, quasi sapesse che fine avrebbero fatto alcuni Presidi, compreso quello della Divisione Acqui, gli disse di non rimanere e infatti dopo pochi giorni arrivò l’ordine di disarmarsi e di consegnarsi ai tedeschi!
Giacinto, ancora oggi non riesce a comprendere come ben nove Divisioni italiane e sei tedesche non riuscirono a tenere testa a un piccolo esercito come quello greco. Commenta:<Certo la guerriglia era peggio della guerra vera e propria, con i pastori albanesi e la popolazione che collaboravano, ma fiutai l’intrigo quando ad Atene vidi con i miei occhi portar via il Generale senza sparare un colpo e noi soldati fummo abbandonati nelle mani dei tedeschi.!> I soldati furono disarmati e, caricati sulle tradotte, deportati in Germania.
GERMANIA: CAMPI DI LAVORO
In un primo tempo, i prigionieri furono internati a Coblenza, Giacinto giunse con altre migliaia di soldati il sabato e il lunedì; con altri 500 prigionieri fu prelevato per essere condotto a lavorare in una fabbrica a Trier. Vi era un civile addetto a suddividere ulteriormente il gruppo e Giacinto fu inserito in un gruppo di una trentina di internati militari.
Ogni mattina e ogni sera un “CHEF” (CAPO) aveva il compito di trasferire, a piedi, i lavoratori dal Campo al luogo di lavoro.


UNA CAREZZA E UN SORRISO
Il percorso per giungere alla fabbrica passava davanti a delle case. Un giorno Cinto, che aveva 21 anni e dice “ero un giovinastr!”, vide una ragazzina, che guardava transitare quella squadra di giovani. Senza pensarci su, uscì dai ranghi e andò a dare una carezza e un sorriso a quella fanciulla. Potevano esserci conseguenze, e invece non successe nulla. Il giorno dopo il nonno della ragazzina si presentò al campo e chiese di prelevare il giovane Agosto Giacinto. Fu l’inizio della “Prigionia fortunata” di Giacinto. Accolto in quella casa ”cascina” dove non vi erano altri uomini se non il nonno anziano e tanto lavoro da svolgere, Cinto trovò una famiglia. Ebbe del vestiario pulito e conduceva una vita come appartenente alla famiglia. La domenica si recava alla Messa e nel giro di un mese ebbe un Documento che gli permetteva di circolare liberamente. Nella casa vi era una motocicletta e fu autorizzato ad utilizzarla per spostarsi nella zona. In quella cascina Cinto lavorava con i cavalli alla produzione di Patate, barbabietole da zucchero e anche tabacco. Nei primi tempi faticò un po’ a comunicare con la ragazza, ma questa era buona e intelligente e lo aiutò. In uno dei primi giorni gli fece comprendere che vi erano da raccogliere le patate, e lui capì e si avviò nel campo dietro la casa. Era intento a raccogliere patate quando giunse una squadra di SS che pensando stesse rubando le patate gli puntò il fucile per arrestarlo, ma la donna vide la scena e chiarì con i militari, poi commentò: <SS no god, solo capaci ad ammazzare!>.  

IN GERMANIA DAL 14 SETTTEMBRE1943 AL 6 GIUGNO1945.
Intanto a novembre 1944 il Comune di Somano vennene invaso dal terrore  del grande Rastrellamento effettuato dalle imponenti forze nazifasciste. Queste attaccarono i Partigiani Autonomi(della I Divisione) e i Garibaldini(6° Divisione).I Partigiani arretrarono ma i nazifascisti seminarono paura e morte tra i contadini e i Partigiani caduti nel rastrellamento.
Il 16 Novembre, la colonna “Dal Piaz” del raggruppamento “Cacciatori degli Appennini” al comando del col. Aurelio Languasco invase la zona di Somano e dintorni incendiando e saccheggiando abitazioni. Gli uomini di Somano e delle frazioni cercarono di nascondersi, ma in qualche occasione furono sorpresi dai militari che avevano ordine di sparare senza intimare l’alt o valutare chi fossero i fuggitivi. Fu il caso del fratello di Giacinto, Carlo, di appena 14 anni sorpreso a fuggire  tornò a nascondersi tra le braccia della mamma ma fu ucciso senza pietà nonostante le implorazioni della madre.. In quel giorno, a Somano furono  uccisi anche Agosto Giovanni del 1892, Bassignana Giovanni del 1901, e Occelli Carlo di Bonvicino del 1915 tutti contadini che per timore di essere deportati correvano a nascondersi. Caddero anche, sotto i colpi dei nazifascisti il Partigiano della Form. Mauri I Divisione Maffeo Duilio “Carlo” Brigadiere dei Carabinieri originario di Torino  e  il Partigiano Garibaldino Cornero Luigi “Biulot” del 1921.