MOSSIO CARLO ARGUELLO 1940
Mio padre fu da mezzadro alla Masseria di Arguello dal 1939, quando tornò da “richiamato” fino al 1948, anno della alluvione, e ci trasferimmo ad Alba.
Io sono nato nel 1940 e ricordo che nel periodo
della guerra passavano sia i Partigiani che i militi della Repubblica.
Dopo la guerra zio Luigi andò ad Alba e zio
Pietro prese il forno e la bottega di Arguello, così papà rimase da solo a
lavorare e prendeva sempre dei Servitò ad aiutarlo. Ricordo bene un tale che di
nome faceva Franco e poi ebbe per parecchi anni suo nipote, figlio di zia
Marcellina e barba Rico, era Beppe detto “Sivorin”. Dormivo con luipoichè
avevamo tre camere da letto. Una dove dormivano papà e mamma, una per la nonna
Paolina e la zia Aurelia,e le mie sorelle e quella dei servitò dove dormivo
anch’io.
Beppe era una “sagoma” ma non aveva tanta
voglia di lavorare e così faceva sempre disperare mio papà. Era un artista,
sempre zufolava o cantava o faceva musica con una canna, una zucchettà due
cucchiai, con il manico della scopa sul pavimento ecc. A volte andava a qualche
festa e poi non tornava neppure al lunedì, lasciando in difficoltà il papà che
aveva o il fieno o da tagliare il grano. Tuttavia Nando, mio padre dopo tante
sgridate lo perdonava sempre.
I GIROLON
Ricordo personaggi che passavano alla cascina e
si fermavano poco. Non erano mendicanti, chiedevano se vi erano delle sedie da
impagliare o attrezzi da riparare o molare. Qualcuno aiutava a pulire la stalla
e in cambio otteneva un piatto di minestra, un bicchiere di vino e da dormire
sul fienile o nella stalla.Si fermavano poco, non più di un giorno o due.
ÈR frascà
La cascina della Masseria era situata sul
percorso dove si passava per raggiungere Cravanzana. Siccome ai primi di
Settembre passavano tante persone che si recavano o tornavano dalla Fiera di
Cravanzana, Il papà organizzava una Frascà (un gazebo dove i viandanti potevano
sostare per bere un bicchier d’acqua o di vino.Sul percorso vi erano altre
frascà ed anche solo Dòz (fontanelle di sorgente dove si prendeva una foglia di
“lapass” Lapazio, la si piegava e la si utilizzava per bere
LE VIJÀ
Soprattutto in autunno ed inverno, i vicini
venivano a vijé. Ci si metteva principalmente nella stalla, che era il posto
naturalmente più caldo.Gli uomini giocavano a carte e qualcuno raccontava
storie della guerra o di “masche”. Le donne sferruzzavano e le ricordo anche in
cucina sedute dentro il fornèll “camino” spento posto dietro alla stufa di
ghisa di quattro piazze. Prima che arrivasse la corrente elettrica si accendeva
un lume a petrolio o un’acetilene, ma non lo si teneva molto acceso sia per
risparmiare sia perché ad una certa ora si andava a letto poiché al mattino
verso le cinque ricordo che il papà scendeva per “Ciadlé èr bestie” e la mamma
e la zia andavano a prendere l’acqua alla “tampa”.
Nella tampa, le donne andavano a lavare i panni
e sciacquare la lessija (bucato) ma si mettevano a mollo le canne di canapa che
poi venivano battute e sfibrate per ottenere filamenti che venivano “pettinati”
con gli appositi pettini e quindi “filati” per essere lavorati ai ferri come la
lana o per corde e cordini o ssere portati dagli artigiani che avevano i telai
e tessevano i lenzuoli Nella tampa mettevano anche i “gorèt” rami di salice
affinchè si ammorbidissero e poi li utilizzavano per legare le viti.
DA CHIERICHETTO
Da ragazzino venivo in paese per “Servire messa
“ e al pomeriggio della Domenica partecipare al Vespro. Era Parroco Don Odello
che scherzosamente diceva “ chi non ha mai visto Torino e Arguello non ha mai
visto niente di bello. Era un povero Prete che con la Perpetua Lena avevano
anche poco da mangiare. Per recuperare qualcosa da mangiare andava ad aiutare
nella vigna il Parroco di Lequio Berria che aveva molto più”Beneficio
parrocchiale”.
Quando a fine anno presentava ai parrocchiani
il Bilancio delle entrate ed uscite della Chiesa terminava dicendo: questo è il
Bilancio e se non ci credete andate dal Vescovo e riferitegli che DON ODELLO
PARROCO DI ARGUELLO MANDA IL PAESE A RABELLO!.
RAGAZZINO AL PASCOLO E A SCUOLA
Andai a scuola nella costruzione che era di
fianco alla Chiesa di San Frontiniano. Avevo un maestro molto severo che una
volta essendo andato a scuola senza aver svolto i compiti mi chhiuse nella
scuola. La mamma non vedendomi tornare
venne a vedere dove fossi, ma nel frattempo io ero uscito dalla finestra
e ci incontrammo all’Arditao. Una volta non si prendevano provvedimenti , e
ricordo che beccai anche due scapaccioni dalla mamma. Presi gli schiaffoni e
andai al pascolo con le pecore.
Una volta mi mandarono a prendere del latte di
mucca in paese per la sorellina Lucia. Tornando a casa, giocherellavo con la
bottiglia di vetro piena di latte e mi cadde rompendosi. Immaginando la
sgridata che avrei subito a casaprovvidi ad
organizzarmi. Vidi la mia compagna di scuola Rita dèr Grop che pascolava
pecore e capre sotto casa e le chiesi di procurarmi una bottiglia , Lei ben
felice di aiutarmi corse a casa e tornò con una bottiglia che io riempii
mungendo le sue caprette. Mi pare di ricordare che il latte di capra non
piacque a Lucia, ma non fui scoperto ed evitai botte e sgridata.
AL BONOM
Nel 1948 ci trasferimmo ad Alba e andammo ad
abitare al borgo chiamato “Bonòm” situato poco distante dal torrente Cherasca. Anche
qui le scorribande i giochi e le
birbonate non mancarono.
Nascondevo i fumetti sul buffet della cucina e
una volta, per prenderne uno lanciato un po’ indietro, mi appesi e rovesciai il
buffet frantumando tutto il contenuto, fortunatamenteio riuscii ad evitaredi
rimanervi sotto e anche la nonna Paolina seduta di fianco non fu colpita. Mamma
Marina mi corse dietroma riuscii a fuggire. Tornai quando le acque si furono
calmate ma non evitai le sgridate di papà e mamma.
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