lunedì 18 settembre 2023

FENOCCHIO MICHELINO NEVIGLIE 30 APRILE 1920

 




           FENOCCHIO MICHELINO NEVIGLIE 1920 NEIVE 2004


 


GENEALOGIA DEI FENOCCHIO DI TREZZO TINELLA NEVIGLIE NEIVE

 

DE FENOCHIJS DOMENICO 1700 ?  E VITTORIA

 

GENERANO NEL 1728

 

DE FENOCHIJS CARLO CHE SPOSA DOMENICA NEL 1771

 

GENERANO NEL 1772

 

FENOCCHIO GIUSEPPE CHE SPOSA CLARA

 

GENERANO NEL 1793

 

FENOCCHIO FELICE CHE SPOSA MANZONE MARGHERITA NEL 1822




 

GENERANO NEL 1823

 

FENOCCHIO GIUSEPPE ANTONIO


 

e NEL 1825 FENOCCHIO LUIGI + APRILE 1903 

SPOSA MARCARINO MARGARITA

RIMANE VEDOVO

SPOSA CANOBIO AGNESE di NN di Benevello

 

Fenocchio Luigi e Marcarino Margherita

Concepirono a Neviglie :                           nel1840 Margherita Rosa

Nel 1862 MariaLuigia

Nel 1867 MariaMargherita

La mamma morì in giovane età.

 

Luigi sposò in seconde nozze

CANOBIO AGNESE DI GENITORI IGNOTI

Il 14 settembre 1870

mamma Agnese da alla luce il primogenito

Al quale viene imposto il nome di GIORGIO Muore in tenera età

 

IL 29 MARZO 1874

NASCE GIOVANNI (+ NEL 1875)

 

IL 4 GENNAIO 1877

NASCE MARIATERESA (+NEL1877)

 

IL 23 LUGLIO 1878

 NASCE ANNA MARIA (+NEL 1879) padrino è FENOCCHIO ANTONIO DI TREZZO E MADRINA MARCARINO ANNAMARIA

 

IL 4 SETTEMBRE 1880

NASCE ANTONIO (+1886)

 

IL 12 GIUGNO 1884

NASCE GIUSEPPE (NONNO PINOTU)

 

IL 4 MARZO 1888

NASCE FELICE ( COME IL NONNO PATERNO + NEL 1888)

 

L’11 SETTEMBRE 1891

NASCE LUIGI (+1892)

 

Nonno Pinoto UNICO SUPERSTITE DEI FIGLI DI LUIGI E AGNESE  

nel 1912 sposa Arossa Maddalena (Mdlinin)di Arossa Pinin   ( figlio di Arossa Michele di Raimondo ) 1863 1957e Borra Vittoria (Nonna Vittoria(Toiina)

AROSSA GIUSEPPE BORRA VITTORIA





FENOCCHIO GIUSEPPE Nonno Pinoto

 







AROSSA MADDALENA                  

 FENOCCHIO MICHELINO  NASCE ALLA CASCINA “TONINET” NEVIGLIE

IL 30 APRILE 1920

Da MADDALENA AROSSA E GIUSEPPE

 

Carmelina Agnesina Michelino Ernestin Luigi

NELLA FOTO MANCA VITTORIO DEL 1915

 

 

              STORIA DI MICHELINO MIO PADRE

 


Quel mattino Michelino si alzò di buon' ora. Il giorno prima aveva aiutato Il fratello Vittorio ad approfondire il pozzo in fondo al cortile dei Toninètt. Era sceso anche Teresio dallo Stofagn e avevano lavorato a estrarre il tufo che Vittorio spaccava nel pozzo. Quando aveva la tinozza piena dava una voce e loro tiravano con la corda che scorreva alla “tiora” . Intanto che il fratello picconava loro due se ne stavano a chiacchierare e Michelino aveva confidato a Teresio che il giorno dopo sarebbe andato a “giustesse”(lavorare) da “caglié”(ciabattino) a Neive. Lavorare la terra, sia all’aperto che nei pozzi non faceva per lui, era attratto dal lavoro manuale e aveva capito che il suo destino era nella meccanica. Osservava la macchina a fuoco che portavano per battere il grano e il trattore testa calda che lo trainava e sognava il lavoro in una officina. Sapeva che a Neive vi erano i fratelli Rivetti che riparavano dalle biciclette alle moto ai camion e trattori.

Andò nella stalla dove c’era il papà Pinoto e gli disse che sarebbe andato a Neive. Il padre senza smettere di lavorare con il tridente gli rispose:< dillo a tua madre>. Madlinin stava mungendo la capretta e le pecore nello Stabbio sotto la scala. Le disse:< Io vado a Neive a cercarmi un lavoro, mi dai la mia parte?> Laconica, Madlinin :< Dove dormi stasera?> - <Ho già parlato con Gioaninèt di Moretta e vado da lui> M.<Stasera vieni a dormire a casa e per la parte, togliti pantaloni e camicia poi puoi andare> Michelino comprese, salì in cucina, prese un pezzo di pane e una mezza toma li avvolse in un foglio di Gazzetta d’Alba e li mise nella borsa di stoffa che gli era servita da cartella. La mise a tracolla e si avviò. Sentì lo sguardo del padre e della madre che erano usciti per vedere cosa avrebbe fatto. Non si voltò, sarebbe tornato alla sera.

Prese il sentiero che attraversava il prato delle fotografie e giunse nell’aia della Cascina Raimond dove vivevano i nonni Pinin e Toina con Barba Michlin e magna Pinota. Nonna Toina stava scopando l’aia, si fermò e gli chiese dove andasse così presto. Michelino si spiegò e la nonna sorridendo chiamò nonno Pinin. Questi gli diede due soldi e < se ne avanzi comprami una sigala>. Gli diedero indicazioni e gli consigliarono di parlare a loro nome con Loizin, era il loro caglié di fiducia.

Rincuorato dalle parole e dai soldi dei nonni riprese il cammino spedito. Attraverso il Tinella in Moretta e fece il sentiero che passava sotto le cascine Valera, German e Soch. Era un po’ preoccupato per come doveva presentarsi ma sereno per le decisioni prese. Al ponte del Diavolo cominciò a sentire i rumori del paese, la sega di Giaco ‘d Rivètt era già in funzione e nel cortile di Dogliotti c’era un camion pronto a partire col carico di ghiaccio. Si era fermato una volta, con suo padre tornando dal mercato, a vedere la fabbrica del ghiaccio. Ebbe il tempo di attraversare la strada e il ponte che giunse Giacon Tognin con il cavallo nero e il tombarèll, a cassetta c’era il figlio Carlucio. Li salutò con una mano e questi risposero con uno schiocco di frusta. Percorse Via De Revello e vide la stazione ferroviaria, transitò un treno che buttò fuori un gran sbuffo di fumo. Quando Michelino fu al passaggio a livello ebbe modo di vedere i macchinisti neri come “spacia fornèi”(spazzacamini), entrando in galleria azionarono il fischio del vapore e il suono si perse tra il fumo e lo sferragliare. Il ferroviere Pin aprì le barre azionando la manovella e attraversò passando a salutare Marietta Revello cugina di suo padre, che aveva il commestibile di fronte al negozio di coloniali di Edera. Dopo averle spiegato perchè era venuto a Neive,Maireta gli preparò un sanguiss con salame che ripose nella sacca. Salutò anche madama Talina del bar e Monsù Oreste Imass e finalmente arrivò da Loizin Gallarato. Stava mettendo fuori il banchetto e lo scagnetto. Dentro il laboratorio si vedeva un mucchio di scarpe e zoccoli. Michelino salutò e con astuzia esordì < si potrebbe imparare il mestiere di ciabattino?> Loizin prese la forma e gliela passò dicendogli < vuoi solo imparare o anche guadagnare?> M.< Certo che se guadagno qualcosa è anche meglio> L.<Bene, allora all’opera, siediti e togli la suola a quegli zoccoli, e gli mise in mano un cacciavite e un martello per togliere i chiodi> Iniziò così il lavoro da calzolaio, era una postazione ideale. Al di là del corso Vittorio Emanuele c’era Piazza Garibaldi con in fondo la stazione e la vinicola l’ala era subito oltre la strada, ma soprattutto c’era la visuale sull’officina Rivetti. Tuttavia per ora avrebbe imparato un primo mestiere, se poi era destino, e se lo sentiva, sarebbe diventato Meccanico.

 

 


1934

 Il CIABATTINO DA GALLARATO (Louisin)


Il lavoro non mi dispiace, anche se guardo con invidia Ilario e Mario che trafficano nell’officina del fratello Pinoto. Vedo che riparano i camion e le macchine e mi piacerebbe poter imparare quel mestiere : Meccanico. Un giorno o l’altro chiedo a Pinoto se mi prende da apprendista!

 

Ecco che arriva quel “blagheur” (saccente) di Guido, oh! oggi ha le braghe bianche . Se mi chiama nuovamente “cu bass”(sedere basso), gli faccio un bello scherzetto.

Guido-Ciao cu bass a vala?  

 Michelino – scapiss ca va ben, ansette pura an sro scagnett.

Gli ho messo un pò di pece, così si sistema le braghe bianche . Dopo vedremo se mi deride ancora.

 

APPRENDISTA MECCANICO DA TOSO PIETRO

 

Qui di lavoro non ce n’è molto, in compenso si ride perchè Pietro scherza sempre. Gli ho chiesto perchè il cesso che guarda sulla strada ferrata ha solo un pezzo di tenda fino a metà e lui mi ha risposto con la sua voce stridula: -Piciorin! da sota it conoso pà! (stupidino, da sotto non ti conoscono!)

 

APPRENDISTA MECCANICO DA RIVETTI PINOTO

 

Finalmente imparo qualcosa , in officina arrivano moto(BSA, mi hanno detto che la sigla significa :Bisogna Saper Andare! macchine( Topolino e Balilla ) e camion(Ro e Trero)Sovente si va a riparare qualche camion o trattore a testa calda delle macchine trebbiatrici.Con Ilario(il più giovane dei Rivetti sono già amico(mi ha confidato che vuole fare l’aviatore.) Io preferisco stare in terra.



 

BARBIERE AI TONINET

Ai Toninet faccio il barbiere e sono riuscito a convincere mio papà a comprarmi una vecchia poltrona da barbiere. I clienti non mancano e oggi che è sabato farò la barba a mio padre.

Pinoto: bèica ‘d nèn taieme e lassme i barbiz!

Michelino: (i baffi non mi sono mai piaciuti! Glieli accorcio un pò, anche se so che mi sgriderà)

                  guarda che bella rasatura ti ho fatto.

Pinoto : A che farinello mi hai tagliato i baffi neh? Allora non ti pago.

 

VENDITORE DI SMENS ED BIGATT E COMPRATORE DI PELLI DI CONIGLIO


 

Siamo del 1938 e in attesa di partire militare cerco di fare qualche soldino girando con la bicicletta a vendere a once le uova di baco da seta e intanto compro qualche pelle di coniglio. Le vendo poi a mio fratello Luigi, lavora da Bocchino ad Alba (in conceria).Girando con la trebbiatrice ho conosciuto parecchie cascine e così le madame mi tengono le pelli e comprano “la smens”.


Non vedo l’ora di partire militare! Ma spero non mi mandino al fronte. MIO PADRE MICHELINO 



DA CODROIPO 8 SETTEMBRE 1943

Qui non si stava male. Certo mi mancava Anna!

Nella libera uscita conobbi Pietro Rossi e Bepin Geronazzo, colleghi del reparto autieri, avevano le ragazze che abitavano nelle campagne dei dintorni. Le famiglie erano veramente ospitali con noi militari. Aiutavano anche i “disertori”.

All’otto Settembre si seppe dell’armistizio e con altri decisi di fuggire dalla Caserma. Il Capitano ci riunì nel cortile e ci avvisò che chi disertava non doveva poi tornare indietro e sapere che rischiava di essere catturato dai Tedeschi e deportato.

Rimanere in caserma, voleva dire fare la fine del topo, scappare era probabile essere catturati. Qualcosa bisognava rischiare! La famiglia di Maria mi aveva fornito un pantalone e un maglione neri decisi di indossarli e di scavalcare il muro. Non avevo più pensato che i cani del Capitano non dicevano nulla ai militari in divisa, ma con i civili si inferocivano! Infatti mi presero di mira, unico in abiti borghesi. e mentre uscivo dalla caserma mi strapparono i pantaloni, fortunatamente senza ferirmi. Per non dare ulteriormente nell’occhio passai da Maria di Pietro e me li cucì. Con altri riuscii a lasciare quel paese e quella gente a cui mi ero veramente affezionato.

Utilizzare la ferrovia era troppo pericoloso, già pieno di Tedeschi, e allora ritenemmo meglio tenere la campagna.

Eravamo in tanti che scappavamo dalle caserme e ci aiutavamo a schivare sia i Tedeschi che i Partigiani. Questi ultimi in parecchi casi furono comprensivi e inoltre avevano altro da fare: tenere d’occhio i Tedeschi che nella loro ritirata si erano ulteriormente incattiviti e ne combinavano di tutti i colori.

E proprio vero che il mondo è piccolo! In un boschetto da dove si vedeva il fiume che dovevamo attraversare, incontrai Sandro Ternavasio, anche lui sbandato. Ci salutammo calorosamente ma entrambi ci dicemmo che si era in troppi a tenere lo stesso percorso ed eravamo a rischio di visibilità! Salutammo gli altri e ce andammo io e Sandro da soli! Il problema fu come attraversare il fiume senza essere visti dai tedeschi che controllavano il ponte e il guado. Provammo a fermare un contadino con un carro di fieno trainato da un cavallo e gli chiedemmo se sapeva indicarci dove attraversare il fiume senza essere visti e lui senza tante parole ci fece segno di nasconderci sotto il fieno. Fu un’ottima idea! Ad un incontro ravvicinato con dei tedeschi tememmo controllassero il carico, ma il contadino fu abile nel dare indicazioni ai tedeschi che cercavano un posto per mangiare e così la scampammo. Con tanta paura, arrivammo nell’aia del contadino ma, boia fauss, mi accorsi di aver perso le scarpe che avevo tolte perché facevano male. Non tornai indietro a cercarle e per fortuna il contadino si rivelò un’anima buona, avendo notato che cercavo le scarpe me ne diede un paio delle sue, un po’ grandi e malandate ma mi condussero fino a casa.

Bisogna proprio dire che la provvidenza esiste.

Quando fece notte ripartimmo e ringraziammo quella famiglia. Mi commossi pensando ai miei e alla famiglia di Anna. Tuttavia bisognò andare e non lasciarsi scoraggiare.

Durante una pausa in un rifugio confidai a Sandro il “voto” che volevo assolvere: Se riuscivo a tornare a casa sano e salvo sarei andato a piedi in pellegrinaggio a Bra al Santuario della Madonna dei Fiori. Sandro apprezzò l’idea e si unì al mio PROPOSITO. Passammo attraverso molte peripezie, ma riuscimmo ad arrivare, Sandro a Neive, ed io ai Tuninèt. A casa non ci fu tempo di festeggiare, dovetti subito collaborare con altri per preparare nascondigli poiché si seppe che spesso transitavano truppe nazifasciste sia in Val Tinella che a Neviglie ed in Moretta. Correndo tanti rischi tornai a lavorare da Pinoto Rivetti e fui chiamato in molte occasioni a riparare le auto e i camion dei Partigiani, e andai a far le stagioni “drè ra macchina da bate! (macchina per trebbiare). Riuscivo anche ad andare a salutare la mia cara Anna. Ci andavo in bici o con qualche moto da provare! Si era tutti tristi e preoccupati! Tra mille pericoli, paure e morti si giunse al termine della guerra!

Nell’ autunno 1945 con Sandro combinammo di assolvere quel voto fatto durante la fuga di ritorno dal Friuli! Non fummo completamente di “parola” poiché anziché andare a piedi a Bra, ci andammo in bicicletta. La Madonna parve comunque gradire poiché mi aiutò a metter su famiglia e a condurre una vita tutto sommato soddisfacente!

 

                 Settembre 1945 Michelino e Sandro vanno in pellegrinaggio a Bra Madonna dei fiori


 

 

 

 Mio fratello Vittorio andrà sul fronte Greco,mio fratello Luigi è in Africa .




    
                     
A SIENA NEI CARRISTI

 


Appena arrivati  in caserma , veniamo schierati per definire gli incarichi. Il Tenente chiede: chi sa fare il barbiere ? E io alzo la mano . Poi chiede : chi sa fare il meccanico di camion? E io alzo la mano. Poi chiede :chi sa riparare le motociclette? E nuovamente io alzo la mano. Questo si spazientisce e mi dice :Tu vuoi fare il furbo! e mi affida ad un sergente dicendogli di mettermi alla prova. Il lavoro in officina pesante è tanto e ho già adocchiato l’officina leggera dove si riparano le moto. Un Sergente dell’officina leggera vedendomi interessato ai motori mi ha chiesto se con le moto ci so fare poichè ha bisogno di un meccanico. E’ fatta , sono assunto nel reparto officina mototocicli. Il reparto Si trasferisce a Carmagnola e poi a Sommariva del Bosco.

 

 


 

 MILITARE A SOMMARIVA BOSCO

 Sommariva è un paesone di pianura. Non è male, ci siamo sistemati in uno stabile lungo il viale delle scuole e dal cortile si vedono ragazze che tornano dal lavoro.  Ho notato una brunetta che passa svelta e non guarda mai anche se chiamata . Questa sera quando sono in libera uscita la aspetto e provo a parlarle. Ho atteso inutilmente ,non è passata. Andrò in quella cascina dove “spogliano la meliga”, c’è allegria e se lavoro un po’ rimedio da bere e qualcosa da mangiare.

Sono in tanti e si fa la “vijà’” come da noi, c’è un tale che chiamano Mini e ha una gran bella voce.

 Continuo a “svacé” (osservare) ma quella brunetta “ non passa più”.


Ho saputo però dove abita e domani provo ad andare davanti la casa. Bene c’è una “Topia” e una donna nel cortile .Sarà sua mamma? Parto da lontano: Salve madama , non mi offre un grappolo d’uva?

Domenica : certo, ho due figli militari lontano e spero qualcuno dia da mangiare anche a loro.

Michelino..- ha solo due figli?

                                Luigi, Bastianin, Mario 

                                           Nonna Domenica, mamma Anna

                                                  

D._ No, ho altri due ragazzi e una ragazza, Mario Luigi e Anna , i due militari sono Bastianin e Felice, uno in Russia e uno in Africa.

M.-Io sono di Neviglie vicino ad Alba e ho anche tre fratelli e due sorelle, i miei sono contadini ma io sono meccanico, e se lei permette qualche sera accompagno Anna a casa.

D.- AH! se lei è d’accordo va bene.

-Ecco Anna che arriva , lo chieda a lei. Ho dato un grappolo di uva a questo soldato che si chiama Michele e viene da Alba.

E’ fatta, la mamma l’ho conosciuta e domani l’aspetto dalla Filatura e le parlo.

Anna è molto bella ,ma ha due occhi tristi a causa dei fratelli lontani. Spero di conquistarla e farla sorridere, ma sarà dura.

                

Nonno Mini

Ho visto Mini, il cantore che ho conosciuto nell’aia dove si spogliava la meliga, e anche lui ha girato nella vietta che porta alla casa dei Borri “ Tre dì” .Hanno questo soprannome poichè il “Cé” il bisnonno si taglio due dita con la FAUSSIJA( Falce).O boia!, Mini è il padre di Anna.

Sono proprio una buona famiglia! Il padre Mini è della congregazione dei Battuti e porta la Croce pesante e si mette le catene alla Processione che si tiene dal Santuario alla Parrocchiale.

Stasera vado ad aspettare Anna, ma il riso del rancio è troppo caldo e finisce che faccio tardi,è meglio se metto un po’ di acqua fredda. Certo che sa già di poco e così sa di niente ! ma devo sbrigarmi se voglio vederla.

IN FUGA CON LA SERTUM DEL CAPITANO



Ieri ne ho combinata una delle mie. Sono andato a provare la Sertum del Capitano e ho fatto fuga fino a casa a Neviglie , ma tornando sono caduto e mi sono scorticato tutte le ginocchia. Al rientro l’ufficiale di picchetto mi ha denunciato e così ho avuto 3 giorni di R (Rigore) cioè devo andare a dormire in cella e rasarmi a zero. Porca miseria ho già le ginocchia rigide che fan male e inoltre devo dormire sul tavolaccio. Ma è ancora andata bene, se lo veniva a sapere il Capitano mi mandava a Gaeta ( carcere militare ) per diserzione .                                    .

Accidenti, ho saputo che tra poco il nostro gruppo Officina si trasferisce a Codroipo, così rischio di non vedere Anna per un bel po’. Io e un mio amico ,anche lui in prigione, abbiamo deciso di scardinare la porta della cella per andare a salutare le ragazze poichè domani si parte, che Dio ce la mandi buona!

 A CODROIPO

          Qui non si sta male. Certo mi manca Anna.


 Nella libera uscita ho conosciuto Pietro Rossi e Bepin Geronazzo, sono colleghi del reparto autieri e hanno le  ragazze che abitano nelle campagne dei dintorni. Le famiglie sono veramente ospitali con noi militari.Aiutano anche i disertori . Si comincia sentire aria di destabilizzazione.Il Capitano ci ha riuniti nel cortile e ci ha avvisati che chi diserta non deve poi tornare indietro e deve poi saper che rischia di essere catturato dai Tedeschi.

          Certo che, se rimaniamo in caserma abbiamo capito che facciamo la fine del topo, se scappiamo è probabile che siamo catturati. Qualcosa bisogna rischiare! Una famiglia mi ha fornito un pantalone e un maglione neri e mentre uscivo dalla caserma i cane lupo del Capitano mi hanno strappato il pantalone. Fortunatamente non mi hanno ferito. La ragazza di Pietro Rossi, Maria, me li ha cuciti e così son riuscito a partire.

          Utilizzare la ferrovia è troppo pericoloso, è pieno di Tedeschi,e allora è meglio tenere la campagna. Siamo in tanti che scappiamo dalle caserme e ci aiutiamo a schivare sia i Tedeschi che i partigiani. Questi ultimi comunque sono comprensivi e inoltre hanno altro da fare: devono tenere d’occhio i Tedeschi che nella loro ritirata sono incattiviti e ne combinano di tutti i colori.

          E’ proprio vero che il mondo e piccolo! In un boschetto da dove si vede il fiume che dobbiamo attraversare, ho incontrato Sandro Ternavasio ,anche lui sbandato. Il problema è ora come attraversare il fiume senza essere visti dai tedeschi che controllano il ponte e il guado. Proviamo a fermare un contadino con un carro di fieno trainato da un cavallo e gli chiediamo se sa indicarci dove possiamo attraversare il fiume senza essere visti e lui senza tante parole ci fa segno di nasconderci sotto il fieno. E’ una bella idea! Speriamo non venga in mente ai tedeschi di controllare il carico. Con tanta paura è andata, arriviamo nell’aia del contadino ma ,boia fauss , mi accorgo di aver perso le scarpe che mi ero tolte perché mi facevano male, Certo non torno indietro a cercarle. Il contadino è veramente un’anima buona, ha notato che cercavo le scarpe e me ne ha dato un paio di sue.

          Bisogna proprio dire che la provvidenza esiste.

          Quando fa notte ripartiamo e ringraziando quella famiglia mi commuovo pensando ai miei e alla famiglia di Anna. Tuttavia bisogna andare e non lasciarsi scoraggiare.

          Se riesco a tornare a casa sano e salvo andrò a piedi in pellegrinaggio a Bra al Santuario della Madonna dei Fiori, anche Sandro si è unito al mio “ voto”, verrà con me a Bra.

Arrivo a casa


Settembre 1945

          Sono tornato , e sono subito andato a Sommariva da Anna a chiederle di sposarmi. La mamma Domenica mi ha chiesto se ho già casa e quando le ho detto che inizialmente avremmo abitato ai Tuninetti con i miei ha commentato: “io ho vissuto con la suocera e piuttosto  che Anna  faccia la stessa esperienza  preferisco vederla portare via morta!”

          Vuol dire che mi organizzo. Ecco che ho trovato una camera ammobiliata in via De Revello da Giannuzzi(er comissionè. La bottega per adesso è in società con Sandro Ternavasio a casa sua. Lavoro ne abbiamo, ripariamo biciclette e facciamo rimessaggio per chi viene al mercato.

          Comunque penso già a mettermi per conto mio, a maggio ’46 ci sposiamo.

          Il 12 Maggio dopo esserci sposati rientriamo a Neive e siccome c’è la festa del paese stiamo in bottega fino a tardi ad aspettare  chi è andato a ballare venga a ritirare le biciclette. L’incasso è stato buono.


       MAMMA ANNA RACCONTA

Il 12 Maggio del 1946 io e Michelino ci sposammo. Dai Toninèt arrivarono in macchina a Sommariva del Bosco Michelino e sua sorella Agnesina. L’automobile era una Balilla guidata da Lucio Revello. Dopo esserci sposati nella Chiesa Parrocchiale  partimmo per andare al pranzo di nozze che si tenne ai Toninet. Facemmo il viaggio con Felice e Agnesina che erano i testimoni di nozze e una damigiana legata sul portapacchi.

Arrivati ai Toninet ,trovammo gli amici e parenti di Michelino che avevano preparato la porta nuziale. Formata da un intrico di nastri e rami, Michelino dovette aprirla con le mani e poi attraversarla portandomi in braccio tra gli applausi .

Il pranzo fu preparato nella casa dei nonni.

Il matrimonio fu celebrato di sabato e alla sera a Neive vi era la Festa di Maggio. Michelino ,a quel tempo, aveva l’Officina per la riparazione biciclette da Oreste Imasso ed effettuava anche il servizio

Posteggio Biciclette per le persone che andavano a ballare. Il ballo terminò verso l’una dopo Mezzanotte e io mi sdraiai sul sofà nel retrobottega .Faceva freddo e Michelino accese una stufetta a gas. Quando tutti ebbero ritirato la bicicletta ci recammo a dormire nella camera ammobiliata che mio marito aveva affittato dalla “Bongioana” in via De Revello a Neive. Successivamente , il falegname “Gilio” ci costruì la cucina formata da un tavolo di legno smaltato bianco con pietra di marmo di Carrara e un mobiletto anche in legno per il fornello a gas, e la camera da letto in legno di ciliegio con letto ,armadio con specchio ovale e porte con formelle scolpite e cassettiera con specchiera. Quando fu pronta la sistemammo nella camera affittata dai Sig.ri Strazzarino in fondo alla piazza Garibaldi.

 

 

 

          Ci spostiamo come camere da Imasso e spero di riuscire a rilevare la bottega di Aldo Gaio che si trova in Corso Scagliola di fronte al Bar Trattoria di Madama Talina e  del figlio Gigi sposato con Dina del

"Fratin."

                                                                       



                            Qui sul corso, nella casa di Giordano ci sono due camere e un retrobottega con il servizio. Di fianco alla officina abbiamo la cucina: un sofà di velluto rosso , un tavolo bianco con la pietra di marmo e un buffet pure bianco che ci ha costruito il falegname Virgilio. E’ il padre di Delia la pettinatrice che ha il laboratorio di fianco alla nostra cucina.

         Siccome ho trovato due camere da Strazzarino Pinotin e Felicina nella casa in fondo alla piazza, ho commissionato a Virgilio una camera da letto. A Maggio arriva il nostro primo figlio, speriamo sia maschio!



Stamane abbiamo provato la scossa del nostro amore: Anna stava cucinando al fornello elettrico, le sono arrivato dietro e le ho dato un bacio, soltanto che io ero scalzo e lei sul legno , mi ha dato una “patèla di scossa” che pensavo di star secco! Sarà meglio che isoli bene il fornello.

 La casa di Giordano        Dove abbiamo l’officina è casa di Monsù Giordan èr "Granatin", è’ sul corso, prima del passaggio a livello ed è una grande casa con a fianco l’Ala ( la tettoia per il mercato del bestiame)


e dietro la Piazza Italia, il lato verso la ferrovia si affaccia sulla Leja di ippocastani che porta alla Stazione ferroviaria .E’ circondata da un marciapiede e ospita la Pettinatrice Delia , la Banca Cassa di risparmio di Cuneo, la Panetteria con il forno di Degiovannini Pino e Pina , la Barberia di Bosca (er barbè cit) , la giornalaia Teresa con il marito Postino Giovanin Novo. Sulla piazza e di fianco all’ala vi è la macelleria e il mattatoio  di Boella Dante che ha sposato la figlia di Giordano, Valentina .

Al di là del corso, vicino al passaggio livello vi è la casa di Revello Lucio e Maria con la Salumeria e panetteria ,a fianco la macelleria di Felicin Revello e Ginota. Felicin ha anche il servizio pubblico con la macchina 1100 Fiat

 






 

 


 




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 





 

 

Continuando, e praticamente davanti alla nostra officina al di là della strada c’è la Trattoria e Bar da Talina, quindi c’è la casa di Imasso e poi quella di Louisin il Ciabattino con di fianco la casa di Grasso , la casa di Cento  il Magnin, vetraio e ferramenta  e fino a via Mazzini dove termina la casa di Rivetti Pinoto .

Di  fianco all’ala e di fronte a Pinoto  vi è la casa di Rivetti Mario e Ilario con l’officina auto e camion.

 


LA MIA OFFICINA DA GIORDANO

 

Mi sono accordato con Aldo Gaio per rilevare la sua bottega . Gli darò sessantamila lire come buonuscita e per rilevare il banco da lavoro e la “stagera”. Certo che è una bella cifra , ma la posizione li vale . Con la vendita delle biciclette spero di poter restituire presto quanto mi ha prestato mio papà Pinoto. Pover uomo è ancora scioccato dalla perdita dei soldi dovuta al fallimento della banca Strazzarino.

Stamattina mi è successa bella, è arrivato Gaio per avere la seconda parte di quanto gli devo e ha avuto il becco di chiedermi un aumento. Non ci ho più visto, gli ho mollato un pugno e gli ho detto che non gli avrei dato altro. Mi son pentito , ma ormai è fatta. Madama Talina che ha seguito la scena è venuta a sgridarmi per ciò che ho fatto e comunque mi ha detto “  sta tranquil ! mi e rò vist niente”.

 





Il banco da lavoro è bello robusto , ci sono già un pò di chiavi e altre ne comprerò.

Ho fatto venire Steo Cafot perché prenda le misure per una stagera con tanti cassetti per i ricambi cicli e moto e per un banco sul quale fare salire le moto per le riparazioni. Mi farà anche lo scagnetto  sul quale metto la bacinella per provare le camere d’aria . Al soffitto ho fissato un’asta con i ganci per appendere i copertoni delle biciclette , e ho attaccato due cavi per sollevarle  appendendole al manubrio e alla sella e poterle riparare. In vetrina metto qualche pezzo di ricambio( campanelli, manopole, retine per le bici da donna, catarin frangenti, clips per i pantaloni, dinamo,  le camere d’aria) qualche pompa , qualche piccola torcia e le pile “superpila 100 ore” per i trifolao.

Per i ricambi mi servo da Marengo di Asti , il negozio dove ho già comprato qualche bicicletta. Sono andato in treno ad Asti e per risparmiare sul trasporto sono tornato a casa in bicicletta, certo è faticoso , ma la fatica se ne va quando vedo il guadagno.

 



 Ho venduto altre due biciclette e per guadagnare qualche cosa in più andremo con Anna a ritirarle a Novi Ligure, direttamente in fabbrica.


                MERCOLEDÌ TRENTA APRILE 1952


 

La macchina di Lucio e Felicin ‘d Revel era un 1100 “Musone del 1947”. I fratelli Revello  avevano il servizio pubblico, cioè trasportavano le persone a pagamento.

A quei tempi mio padre vendeva e riparava biciclette e motociclette. La giardinetta arriverà, d’occasione e marchiata Santucci per portare radio e macchine da cucire.

Lunedì 28 Aprile 1952 nella notte mia madre capì che avevo deciso di uscire a vedere com’era fatto il mondo. Lo disse a Michelino che di buon’ora si vestì con “il toni polid” e lasciò Anna e Jucci per avvisare Felicin di venire da Strassarin a caricare la mamma per destinazione la Casa di Cura di Alba.

Prima di scendere avvisò Pierina ‘d Vaca che “Anna a rà dì co rè ora”.(Anna ha detto che è ora!).”

Pierina intese e percorse il ballatoio della casa per tintinnare ai vetri della camera da letto sopra la Drogheria Strazzarino e aiutare Anna e Jucci a prepararsi. Mia sorella aveva già 5 anni e sapeva che in attesa della mia nascita sarebbe andata ai Toninetti dai Nonni Madlinin e Pinoto.

Michelino quel mattino avvisò Madama Talina di mandare comunicazione tramite telefono pubblico a Giuseptinina, telefono pubblico di Sommariva del Bosco, per nonna Menica. Non aprì la bottega, ma prese il Guzzino e caricò Jucci, la accompagnò ai " Toninèt".


                 

Tornò verso le nove e si avviarono con Lucio verso Alba. La mamma era preoccupata ma felice di alleggerirsi nel vero senso della parola giacchè con il mio fardello era aumentata di ben 10 Kilogrammi.

Ricoverata, era molto più tranquilla e pur tra i dolori trascorse una notte serena anche perché confortata da Nonna Menica giunta ad Alba in treno accompagnata da Luigi, il più giovane dei Borri.

Il Dottor Vecco il martedì visitò la mamma e sentenziò “se ai sucéd niente prima, doman et doma na man e èt foma caté,valo bin?” ( Se non succede niente prima, domani ti aiutiamo e ti facciamo partorire, va bene?)

Non si sapeva se ero maschio o femmina, tuttavia vi era una grande attesa per sto secondogenito/a di Anna e Michelino.  Ai Toninèt Madlinin  bisbigliava che secondo lei non era il caso che Anna andasse a “comprare” ad Alba: <Ra sgnora a vor andé a caté a r’ospidal! Angelina rà levatriz andavla pì nén ben!? >- commentava acida.


Invece Nonno Pinoto silenzioso seduto sullo scalino elevava una preghiera perché tutto andasse bene. Ogni volta che una donna aveva un parto gli tornava alla mente sua madre Agnese che perse ben dieci degli undici figli prima che raggiungessero l’anno di vita. Lui era l’unico sopravvissuto.

 Jucci stava volentieri ai Toninèt ma da quando era arrivato Luigi di Agnesina sposata allo "Stofagn" con Teresio Vola, si sentiva un po’ trascurata.

Mercoledì 30 Aprile 1952 San Mariano, alla Casa di Cura, verso le undici, una infermiera che in seguito si fece Suora, disse a Anna che le avrebbe messo una maschera per addormentarla, di respirare a fondo e di stare tranquilla. Quando ebbe smaltito l’anestesia ancora nel torpore, Anna sentì il Dott.Vecco che diceva “Chielsì dandua a lè sòrti?”reggendo per i piedi un bambolotto urlante. Il Dottore rispose a mia madre che in Italiano chiese :”Il bambino sta bene?”

Dottor Vecco:”Prima d’l’andurmia a parlava Piemontèis adess Italian. <Sì sì a lè in bel masciòt ed 5 chilo e 4 eto!”

Intanto al bar da Talina era arrivata la notizia che Anna aveva avuto un maschietto .Talina attraversò la strada e battendo sulla spalla di Michelino che stava riparando una bici appesa ai cavi, disse burlona: <N’atra matota!> Michelino un po’ deluso ma felice  commentò”reu capì che dovreù travajé finché rabelrò i patin!>( ..ho capito, dovrò lavorare finchè sarò vecchio!>

Talina: <Ma no,schérss o rè in matotin! > scherzo si premurò di dire.

Mio padre rincuorato, andò a cambiarsi e corse con la giardinetta, che gli aveva prestato l’amico Irmo, vicino ad Anna che gli aveva regalato il maschietto, quello che sperava sarebbe stato il bastone della sua vecchiaia.  

 

 LA RAPINA ALLA BANCA E L'INSEGUIMENTO IN LAMBRETTA

 

Gigi dèr Cafè

 

Sono intento a riparare una bicicletta quando sento il Ragioniere Albesano (Direttore della Banca) che urla : “ran robà an banca ! “ Esco e gli dico di salire sulla Lambretta che li inseguiamo.


Sono andati verso Castagnole, noi andiamo fino a Boglietto ma non vediamo nessuno e così torniamo indietro. Io sono in canottiera e quando arrivo da Talina c’è quel burlone di Gigi Rabellino che mi dice : “Ti hanno sparato Michelino? “ rispondo “no perchè?” “Hai la canottiera bucata, ma ,tranquillo, non c’è sangue!” Boia di un Gigi , scherza sempre.

 IL DISTRIBUTORE DI BENZINA E LE MOTOCICLETTE



Nel 1948 arriva Palmo Chiola ,cognato di Cortevesio e mi chiede di impiantare un distributore di Benzina. Acconsento con piacere perché vuol dire aumentare il lavoro che da rimessaggio  vendita e riparazione biciclette si è ampliato alla vendita e riparazione scooter e moto.

Mi hanno impiantato un distributore della Petrol Caltex,per ora va più miscela che benzina.

Infatti circolano più moto e lambrette che automobili.

Ho preso contatti per avere la concessionaria di alcune marche di moto. Ho venduto un Rumi a Valerio Giacosa e un Paperino a Pippo Barberis ma devo procurarmi le moto Parilla ,MV,MiVal,Guzzi e Gilera.I giovani vogliono sentire i motori cantare e andare veloci.

Valerio vuol cambiare il Rumi perchè dice :” Non ne ho visti altri, devono aver costruito solo quello!”

Pippo con il Paperino (trasmissione a rullo)quando scendono due gocce di pioggia deve pedalare come un forsennato perchè il rullo slitta sul copertone.

MV e Gilera sono le più richieste perchè vincono le gare motociclistiche, ma Parilla e MiVal sono più concorrenziali. Anche il Guzzino è una moto che piace anche se con le marce al serbatoio è poco sportivo.






 Ho conosciuto i rappresentanti di provincia  delle marche che cercavo, sono:

per la GILERA i Sig.ri BEDINO di Fossano

per la GUZZI il SIG. VASQUEZ D’ACUNO di ALBA

per la PIAGGIO,i Concessionari sono i fratelli ERMINIO E MARIO BERCHIALLA DI ALBA.

 

 




                   LA VENDITA DELLE RADIO


Ho conosciuto IRMO SANTUCCI DI ALBA. E’ un Perito Elettrotecnico che mi ha proposto di vendere radio. Inizialmente lo accompagno nelle  famiglie che conosco e lui porta una radio e la presenta e la lascia in prova. Anche questa è un’esperienza che mi piace , Irmo ha la capacità di ammagliare con le parole soprattutto le signore. Così , se si riesce a convincerle di provare per una settimana la radio in genere convincono i mariti e gli suoceri o padri ad acquistarla.

Per ora andiamo in moto e mettiamo la radio dentro un sacco, ma se le vendite continuano così Irmo mi procura una Giardinetta furgonata FIAT.

 Mi ha spiegato che con un minimo impegno posso riuscire a far piazzare nelle famiglie della zona la radio. In tempo di guerra erano pochi ad averla ma ora possono essere in molti ad essere interessati. Mi ha detto se vogliamo fare un tentativo presso qualche famiglia, la lasciamo in modo che possano ascoltarla e se poi decidono la acquistano .La proposta mi piace, poiché è una tentata vendita e non devo tirare fuori danaro prima né avere magazzino come faccio con le biciclette. Inoltre, mentre vado a proporre la radio posso vendere anche la bicicletta o la moto o la vespa.

Abbiamo caricato la radio sulla Vespa di Teresio e siamo partiti alla volta della Cascina Chiappa dei Ferrero di Trezzo Tinella. E’ una grande cascina proprio sotto il Pilone del Chiarla. Ci abitano i Ferrero ai quali ho già venduto una Moto Gilera. I cani in cascina non mancano ma Irmo li tacita.

Ecco esce Osvaldo, il figlio più giovane che corre ad avvisare: iè Michelino ‘d Neive con natr monsù, i son an Vespa.(C’è Michelino di Neive con un altro signore, sono in Vespa.

La mamma ha un foulard in testa e sta accendendo la stufa. Ci saluta e ci invita ad entrare, intanto dalla stalla arriva il padre con l’altro figlio Carlo. Nella cucina c’è fumo e bruciano gli occhi, la signora si scusa dicendo che oggi la stufa non ha tiraggio. Presento Irmo e proponiamo di lasciare una radio in prova, Giovanin,l o zio, è sordo ma ha capito subito che vogliamo vendere qualcosa e dice ridendo che non hanno soldi. Irmo gli dice che vogliamo far provare la radio e che se piace prendiamo poi in cambio un vitello. Ridendo tutti dicono: alora o s po’ fesse! I ragazzi sono incuriositi, ma anche gli adulti sembrano accondiscendenti a provare la radio. Irmo lascia parlare me in piemontese e intanto prepara la radio e il baffo per l’antenna. Quando è pronta fa girare la manopola da Osvaldo, che non aspettava altro e si accende l’occhio magico, dopo un attimo di attesa

Ecco il notiziario. Lo zio felice commenta : ra sènt fina mi. LA SENTO ANCH'IO!) Certo, astutamente Irmo ha alzato il volume  e ha cambiato lunghezza d’onda mettendo della musica. Spiega ai ragazzi che possono sentire le canzoni di Sanremo e agli adulti che il gazzettino del Piemonte porta le notizie del giorno.

Sembrano interessati e orgogliosi di essere i primi ad avere la radio alla Chiappa, però vogliono sapere quanto costa . Irmo spiega che il pagamento non è un problema, per ora:  voi potete  tenerla e ascoltarla ,se ci sono dei problemi passate da Michelino e io vengo a vedere. Quando sarete soddisfatti parleremo del pagamento.

Va ben – dice il Capofamiglia – lasséra. Se masnà ravo piasì dra radio.(lasciatela, sti bambini avevano piacere della radio.

Beviamo un bicchier di vino, salutiamo i Ferrero e ci avviamo versio la Frazione Fiori. Qui mi fermo da Badellino a chiedere se vogliono avere una radio in prova e dopo avere spiegato le condizioni riceviamo un altro assenso. Irmo ed io siamo  soddisfatti, due tentate vendite in un giorno, è un buon inizio.

Mentre torniamo Irmo si complimenta con me sia per la capacità di convinzione che per l’abilità di guida e commenta: certo che se tutte le vendite fossero facilitate da un buon bicchiere di vino sarebbe meglio e più piacevole lavorare!

 

 RADIO A TOMLIN GIACORIN E TERESINA DELPIANO

 Son salito alla borgata Rivetti Soprana per vendere una radio ai Delpiano . Ho avuto l’indicazione da Italo . Ho messo un Telefunken con scatola  in un sacco di Juta e con la vespa di Teresio, il marito di mia sorella Agnesina prendo la strada del mulino, dove saluto Carlin Ross e Giovanni che stanno scaricando un carro di grano da macinare. Passando davanti alla fornace intravedo il mulo che trascina il carrello con l’argilla e alcuni lavoranti e penso a mio padre e alle fatiche da scarriolante. Inizio la salita e apprezzo il motore al quale ho appena rifatto la frizione. Devo fare attenzione poiché le rotaie create dai carri sono un’insidia per le ruotine (3-50-8) della Vespa .In Rivetti , vedo Monsù Pietrin, dicono sia ricco sfondato ma taccagno e ho avuto prova della sua tirchieria poiché è già venuto parecchie volte per acquistare una bicicletta ma non si decide e mi dice : AH! Spètt chi calo! e io : son già an tèra! Lui se ne va con la sigala spenta che trema tra le labbra.

Quando arrivo in Rivetti soprana vado nel cortile da Italo e mi fermo sul marciapiede ,esce la mamma e:- Noi ce l’abbiamo già la radio ma se vuoi venderla qui c’è tota Delpiano.

E’ una signorina sulla sessantina, non sembra una contadina, ha una retina in testa dalla quale spuntano alcuni bigodi e qualche becco d’oca, si vede che si è fatta la permanente da sola. Ha due begli occhi azzurri e un sorriso intrigante,  la camicetta bianca con la gonna nera lasciano intuire un qualcosa di signorile.

Eh ! mi piacerebbe avere la radio e non doverla andare a sentire dai vicini ma non so se i miei fratelli sono d’accordo.

Dove sono sti fratelli?

Tomlin è nella stalla e Giacorin sta arrivando con la mucca.

Allora possiamo parlarne.

Saluta contenta la signora Maria, e rablanda lèst i socrèt (Trascinando svelta gli zoccoletti) mi fa strada sul marciapiede verso casa loro.


Il loro pezzo di casa si affaccia sulla strettoia della strada che porta alla Longoria. Aldilà della strada c’è la stalla,  vi esce Tomlin con i pesanti zoccoli di legno e cuoio, è un omone ma dal viso simpatico  e dice alla sorella : accompagnalo in casa che aiuto Giacorin a staccare la mucca e veniamo.

Mi fa entrare tenendomi la porta senza serratura e con la carrucola che fa scorrere il cordino con il sacchetto di sabbia, appena dentro grazie al meccanismo la porta si chiude. La poca luce filtra da un finestrino e mi permette di vedere il soffitto con i travi in legno intonacati .Il pavimento è pure di legno con grandi assi, c’è profumo di lilla misto all’odore di fumo e cariso della stufa che troneggia davanti al camino.

Tota Delpiano : Mi scusi per l’ardriss!(disordine) Ma qui sa , siamo in campagna e i miei fratelli hanno pochi riguardi.

A conferma di quanto detto entrano prima Giacorin e poi Tomlin, il primo con i gambali infangati e il secondo con gli zoccoli “Ambusà” sporchi di sterco.. Sembrano Cric e Croc . Giacorin va  nel vano che ho capito essere il cucinino, poiché intravedo il lavandino di pietra e il secchio con la ”cassa”(mestolone per l’acqua), prende una bottiglia di vino e una di acqua con la macchinetta, è acqua”viscì”(con la bustina di idrolitina  o salitina M-A.)

Tomlin il più grosso : bèivti dèr vin o dr eva?

Michelino -Assaggio volentieri il vostro vino.

Giacorin : Ro pistoma con i nostri pè , nevei Teresina? Rivolgendosi con delicatezza alla sorella che sta seduta sul sofà alto con le sbarre e i pomi di ferro.

Con le gambe penzoloni dall’alto sofà , Teresina sembra una bambina disciplinata che attende di essere interpellata dai grandi. Annuisce all’affermazione del fratello e con un sorriso mi dice : A l’è bon? Capisco che hanno origine montagnina.

Quando tiro fuori dalla scatola la radio si fanno tutti e tre intorno al tavolo e all’unisono : Che bela!

Quando poi la sposto sul sofà per inserire la spina e accendo e si illumina l’occhio magico sento che c’è un grande silenzio, poi l’uccellino del gazzettino del Piemonte rompe il silenzio e Giacorin:

Bèn ,vist ca fonssiona ,Teresina pia i sod.

Teresina: mi sei pa andoa ca son! (Io non so dove sono!). Con un sorriso Tomlin lentamente sale la scaletta di legno che porta alle camere da letto e nonostante io dica che a pagare c’è tempo lui non mi ascolta  e torna con il portafoglio a fisarmonica con la catena attaccato, si siede e lo posa sul tavolo tenendovi una mano sopra. Avete imparato a farlo funzionare ? Io non ci capisco nulla e non voglio saperne niente.

Da oggi i Delpiano sono i miei migliori clienti. Me ne vado da quella semplice casa apprezzando il legame di  tre fratelli anziani dediti al lavoro e rispettosi del ruolo di ognuno.

AI "FIORI" DA TONIN 'D MARTIN

Cappellina“anverderamà” (Macchiata di verderame),tabacco in bocca, foulard sudato, panciotto con catena e orologio, ha un bastone in mano per toccare la mucca che è ancora attaccata alla carretta carica di erba. <Ciao Michelino, sei venuto a riprenderti la radio? La moglie e i figli non te la danno mica più!> Rispondo< No No, sono venuto a farvi vedere questa moto!> - < ..ma ne abbiamo già una!> Michelino:< eh, i figli sono tre!> <Ah, devo sempre spendere, non sono mica la banca d’Italia!> Uno dei figli, mentre stacca la mucca dice: <abbiamo bisogno di un’altra moto, una per portare la mamma al mercato e una per portare te!> Il padre< non sappiamo ancora come andrà la vendemmia e poi sarebbe meglio comprare un “Gas” (fornello) alla moglie. Tu, Michelino li vendi i “Pibigas”?>

  Michelino <Se vuoi ti porto il fornello e il mobiletto per il gas>

Tonin <Bene, allora vieni in casa, beviamo “na stissa” (un goccio) e ne parliamo.> I figli mi strizzano l’occhio e mi fanno segno di entrare. Loro intanto rimirano la moto. Il padre con voce stentorea < Ciadlé se bestie prima co vèna neut!> (Date da mangiare alle bestie, prima che venga notte!). La camera è affumicata e buia, la moglie sta  mescolando nella pentola del minestrone che è mezza dentro la stufa. Il profumo non è male, ma temo che stasera a cena mangeranno solo minestra. Sul tavolo c’è un fiasco una toma e un pezzo di salame.

Tonin < Sa! fèti sina con noi?> (Fai cena con noi?)

Michelino < no grazie, la moglie e la bambina mi aspettano per cena>

Tonin<Allora bevi un bicchier di vino> La padrona di casa, timidamente interviene: <offrigli almeno un pezzo di toma!> Tonin <prenditelo Michelino, con noi devi essere dezgenà (a tuo agio)> Mentre assaggio il formaggio chiedo a Maria se le robiole le produce lei. Maria< ne faccio poche, ma gliene do una> e subito mi prepara il pacchetto <per sua fomra!> Ringrazio, anche se so che Anna non la assaggerà perché è “schinfioza”. 


 

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