mercoledì 20 settembre 2023

 DESTEFANIS NINO Lequio Berria 1927





https://youtu.be/E4UTf8I_Zps  

 https://youtu.be/uoB8QuMAI_Y

     

 < Io sono Pasquale Destefanis nato nel 1927 a Lequio Berria, ma sono conosciuto come Nino d’an Beria. Dove abitavamo, appunto alla cascina in loc. Berria. Si era al confine con Benevello e infatti io andai per alcuni anni a scuola a Benevello. 

LA MAESTRA ”FASCISTONA” MI PUNÌ

https://youtu.be/QaUOMN3duvY  

Iniziai le scuole a Lequio Berria e frequentai la prima rimanendo promosso. In seconda iniziai con una Maestra che morì. Al suo posto arrivò la Maestra Grillone che era una "fascistona" e fu nominata Segretario delle donne fasciste. Come prima cose volle che tutte le mamme prendessero la Tessera del fascio.  Io andai a casa e lo dissi a mia madre, ma mio padre disse: < no, no non prendi nessuna tessera!> Inoltre la Maestra incontrò mio padre che andava a prendere il pane da Cico ed ebbe la conferma che nella mia famiglia non ci sarebbe stata nessuna adesione al "fascio".                              Da quel giorno la maestra  promise di farla pagare a me. Ogni cosa che succedeva incolpava me. Addirittura mi disse  che sarei rimasto in seconda finché non fossi andato militare!. Più volte mi incolpò di "lasciar copiare" il mio compagno  che, siccome andava al pascolo due volte al giorno, non aveva tempo di fare i compiti e così li copiava da me. Una volta, pescò Settimo, il mio compagno che copiava dal mio quaderno e colse l'occasione  per colpirmi con la "bacchetta" fino a spezzarla e a farmi venire tanti gonfiori in testa. Inoltre mi trattenne a scuola  affinché si riducesse il gonfiore. Tuttavia arrivai a casa tardi ma con la testa gonfia. Impaurito, fui costretto a riferire alla mamma che era stata la maestra. Mi accompagnò dal Medico Cardone che essendo un grande uomo, aveva partecipato alla Guerra di Spagna, minimizzò e disse di mettermi un po' di acqua fresca. Lei comprese che era meglio ascoltarlo e con mio padre decisero di tenermi a casa dalla scuola.  L'anno scolastico terminò e sulla pagella risultai respinto a causa dei tre mesi di assenza ingiustificata. Mio padre si rivolse alla Direttrice Didattica Baudana di Serravalle Langhe e per mettere tutto a tacere mi iscrissero alla seconda classe a Benevello. Io ero piccolino e vissi quella situazione senza capire molto, ma col tempo compresi che papà aveva agito nel modo migliore. Erano tempi in cui occorreva saper "ingoiare rospi" per proteggere la famiglia. Un altro esempio di intelligenza di mio padre, lo ebbi quando un partigiano mi mise in mano una pistola affinché uccidessi un anziano perché ritenuto una spia. Mi invitò a restituirla, e al partigiano disse: <ricordati che le persone muoiono da sole, non c'è bisogno di ucciderle o peggio farle uccidere da un ragazzo!> Papá aveva visto la morte di persona nella guerra del 15/18  e soprattutto respingeva le idee di chi voleva la guerra e non la Pace.


Mio padre era Michele d’an Berria nato a Benevello nel 1889. Partecipò alla Grande Guerra e ferito fu "Grande Invalido". Dopo la guerra si fece notare per le sue idee da ”Libertario” contro le tasse, soprattutto la “tassa di famiglia applicata col metodo Deduttivo” che riteneva ingiusta come “il focato(focàtico (o fuocàtico)  [dal lat. mediev. focatĭcum, der. del lat. focus «focolare, fuoco»]. – In epoca medievale, l’imposta diretta personale riscossa per fuoco o famiglia, in genere in misura uguale qualunque fosse il numero dei componenti della stessa o il loro reddito. Il termine è rimasto in uso in alcuni comuni fino ai nostri giorni, per indicare tradizionalmente l’imposta di famiglia applicata in luogo dell’imposta sul valore locativo.

“la luz” (la tassa sulla luce che entrava dalle finestre) e per questo le case di un tempo avevano piccole finestre.

Per queste sue contestazioni fu dichiarato “comunista” e anche perseguitato. Mio Padre fu una persona intelligente e si fece consigliare per le coltivazioni sia della nocciola che della vite dal grande Prof. Ferraris

 

 Capostipite dei  Destefanis fu un Capitano di Ventura distintosi in battaglia, nel 1350 ebbe un Feudo a Montelupo Albese, poi un ramo si trasferì a Benevello e da altre parti. 




STORIA DI MICHELE E ANDREA ALLA GRANDE GUERRA

Nino e Candido


DESTEFANIS ANDREA DI CANDIDO

        Benevello       27 Gennaio 1887 Caporale Maggiore

        34 Reggimento Fanteria

        Morto 8 Giugno 1915

Monte Sabotino Ferite Riportate In Combattimento

Il padre di Nino Destefanis, Michele, era nato nel 1889 e fu arruolato nel 34° reggimento Fanteria Brigata Livorno. Quando giunse con la sua compagnia all’accampamento tra San Martino di Quisca  e San Floriano del Collio trovò Destefanis Andrea di Candido del 1887 CADUTO Martedì 8 Giugno 1915, suo grande amico e vicino di casa. Furono felici di essersi trovati ma entrambi sapevano che era un brutto momento. Andeirin era già sotto le armi da qualche mese e si fece raccontare dei suoi di casa, poi non ci fu molto tempo per le confidenze. Il 26 Maggio iniziarono gli attacchi della Brigata. L’obiettivo era la conquista del M.Sabotino, il piano italiano di Cadorna, aveva individuato nella valle dell’Isonzo la sola via percorribile verso il cuore dell’impero asburgico, così  trincea dopo trincea, pietra dopo pietra, l'esercito italiano arrivò davanti al campo trincerato di Gorizia, formato dalle colline del Calvario (Podgora), dell'Oslavia e del pilastro roccioso del Sabotino. Il VI corpo d'armata sferrò ripetuti sanguinosissimi attacchi nel corso della Terza e Quarta battaglia dell'Isonzo (ottobre-novembre 1915), senza riuscire a intaccare la linea di resistenza nemica. Il Comando italiano alla fine comprese che l'assalto frontale portato dalla pianura a ondate sempre più numerose, verso la montagna, era soltanto una carneficina.

Purtroppo per Michele e Andeirin(Andreino), come per tanti altri loro commilitoni fu terribile la sopravvivenza in quelle condizioni.

 Gli austriaci sparavano, ben riparati nelle grotte scavate nella montagna e i Fanti dovevano procedere sotto quel fuoco sapendo che non sarebbero mai riusciti ad arrivare a stanare gli “Schutzen” ( bersaglieri tirolesi, erano una milizia volontaria adibita alla difesa territoriale.) Eppure bisognava andare avanti, ripari non se ne scorgevano e i rari massi che potevano proteggere erano presto occupati . A ogni assalto si conquistava una roccia, ma si avanzava di pochi metri. Le granate esplodevano in continuazione, i proiettili sibilavano e in continuazione compagni venivano feriti. I loro lamenti erano coperti dal tuonare delle bombarde e dalle voci degli ufficiali che intimavano di procedere. Michele e Andeirin stavano sempre insieme, sia quando dovevano cambiar postazione sia nei rari momenti di riposo dietro a qualche riparo. I giorni erano tutti uguali, il terrore di non arrivare al giorno dopo rendeva taciturni e pensierosi. Qualcuno andava fuori di testa e o tentava di arrendersi o si nascondeva, ma sempre faceva una brutta fine. Andrea e Michele avevano una buona intesa e riuscirono a infondersi coraggio solo con degli sguardi. Andeirin, seppur più grande di qualche anno soffriva maggiormente la lontananza da casa e ogni tanto estraeva il suo libretto, col "craion" matita annotava poche parole e lo riponeva nel  tascapane. Quel martedì fatale si ripararono dietro a un masso, in attesa che arrivasse l’ordine di assaltare all’arma bianca. Siccome il fuoco di copertura era sospeso Andreino confidò a Michele l’intenzione di scrivere alla sua futura sposa. Aggiunse di essere felice poiché la famiglia di lei aveva dato “èr contènt”( concesso la mano della figliola). Michele più grande di qualche anno, poiché “richiamato alle armi”, lo incoraggiò a scrivere e anzi, vedendo che il libretto della carta da lettera era ormai sgualcito, gli porse il suo ancora nuovo poiché era arrivato da poco al Battaglione. Andreino ringraziò e inizio a scrivere ma una granata proveniente dall’artiglieria italiana cadde proprio dov’erano i due compagni. Andreino fu disintegrato e Michele fu sbalzato a dieci metri. Accorsero i barellieri e constatando che Michele pur ferito gravemente respirava ancora, lo sollevarono per condurlo all’infermeria da campo, lasciando i poveri resti di Andreino. Dovendo attraversare un pendio scoperto, attesero un po’ e valutarono se Michele spirava per abbandonarlo e mettersi al riparo. Furono coscienziosi e lo condussero in salvo. Si ritrovarono, portantini e Michele, tutti feriti all’Ospedale a Firenze. Gli raccontarono cosa era successo al M.Sabotino e Michele seppe che il suo giovane compaesano era Andato Avanti. Gli toccò il gravoso compito di portare le notizie della morte di Andreino alla famiglia e alla fidanzata.

Candido ed io, ci siamo commossi ad ascoltare il racconto di Nino e lo abbiamo ringraziato per aver mantenuto e riportato la memoria del padre e del giovane soldato alla Grande Guerra. Essendo venuti a conoscenza di quei fatti siamo diventati a nostra volta Testimoni e ci auguriamo che chi avrà modo di leggere o ascoltare storie di vita e di morte nella Guerra si senta in dovere di essere Testimone portatore di idee di Pace. Onore e Memoria per Michele Destefanis e Andeirin Destefanis.    

 La Brigata LIVORNO fu dislocata nel maggio, alle dipendenze della 4a divisione, tra San Martino di Quisca (oggi San Martino, sl. Šmartno) e San Floriano del Collio: da qui il 26 maggio reparti del 34° condussero un primo attacco verso il Monte Sabotino (la cui conquista fu fondamentale, per farne una testa di ponte verso la città di Gorizia). Tra il giugno e l'agosto la “Livorno”, sempre impegnata nella zona compresa tra Plava (sl. Plave) e la Valle del torrente Peumica, prese parte alle prime due battaglie dell'Isonzo, durante le quali condusse vane sortite contro il Sabotino e nel settore di Oslavia. Allo stesso modo, durante la III battaglia, combattuta nell'ottobre, alcuni reparti del 33° e del 34° supportarono gli uomini della “Pavia” nella presa del «Dentino» del Sabotino, che però per via del contrattacco avversario venne subito abbandonato.

UNA BRUTTA STORIA CON "Donà"

Nino racconta:

<Mio padre, Destefanis Michele collaborava con i Partigiani Badogliani e finchè furono a Lequio diede loro una mano. Ricordo che quando giunsero da Val Casotto dopo aver percorso il Belbo arrivarono in Berria e Poli venne da mio padre per farsi indicare il sentiero per salire a Manera, e poi andare a Govone. Io e mio padre accompagnammo il “reparto” di Poli, lo chiamo così poiché erano inquadrati come dei militari e bene armati con mitragliatrici e casse di munizioni non fiatavano, fino alla Località Castellengo , da dove si vede Manera e gliela indicammo.

Quando a Lequio arrivarono i Garibaldini, mio padre si dissociò dai partigiani poiché lui non voleva sentir parlare né di fascisti né di comunisti. Comunque questi lo consideravano molto e lo rispettavano.

Un giorno gli fu ordinato di recarsi in “loc. Vori di Lequio Berria” poiché Donà aveva catturato una “spia” e voleva fucilarlo. Mio padre andò subito e si trovò a dover testimoniare che quell’uomo non era una spia. Ricordo che lo accompagnai e a Donà, che era il capo squadra dei Garibaldini e voleva a tutti i costi ucciderlo, mio padre disse: < guarda che le persone muoiono da sole!> Di fronte a tale saggia testimonianza Donà non se la sentì di condannarlo a morte e l’anziano morì in seguito di morte naturale. Donà invece, mi pare sia poi stato processato e condannato a morte dai suoi partigiani, perché aveva compiuto atti contrari alle regole dei Garibaldini.

SOBRERO  DONATO 03/10/1912  CRAVANZANA 

AIUTANTE MECCANICO   AUTOCENTRO 

Nome di battaglia DONATO Qualifica ottenuta NON RICONOSCIUTO  DIV GARIBALDI

Prima formazione 99° BRG GARIBALDI 

Dati sul retro della scheda CONDANNATO A  MORTE DAI PARTIGIANI

 

 

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