GAI GIUSEPPE Arguello 29 03 1913
di Montanaro Margherita Rosa e Gioacchino.
Graziella
Gai: <Ti scrivo i nomi in ordine: in
alto in piedi il più piccolo è mio papà Gai Giuseppe. Il fratello Domenico
e Gai Carlo. Nella seconda fila:
Seduti il primo mio nonno Gioacchino, Il fratello Carlo vicino la moglie Bosio
Rosina. Con l'ombrello Filippetti Delfina “Finin” “figlia dr’Ospidal”
Graziella Gai: <Gepin, mio
papà, ultimo nella foto di famiglia, quando ebbe cinque anni rimase orfano
della mamma che morì di Spagnola. Dopo pochi giorni, sempre a causa della
influenza chiamata “Spagnola”, morì anche una sorellina di otto anni”.
“Finin” Filippetti Delfina Santo Stefano1898
Arguello 1970, la prima nella foto, fu adottata dallo zio Carlo (fratello di
mio papà) e da Bosio Rosina sua moglie originaria di Aure di Arguello.
Finin, che morì quando io avevo 18 anni mi raccontò che di Spagnola, nella borgata della Cerrata di Arguello, morirono la Nonna Margherita che era incinta, una sua figlia, due figli di Bosio Rosina e Carlo(detto Galon) e altri due cugini.
Finin le raccontò che quando morì la ragazzina ( sorella del
padre) lei era andata alla Farmacia a prendere dei medicinali e quando fu
vicino a casa le dissero che la piccola era deceduta. Dalla rabbia scagliò nel
forno quei medicinali e pianse tanto!”
Si racconta che a causa dell’Epidemia di Spagnola il paese di Arguello
che prima della guerra del ‘15/’18 contava circa 600 abitanti, dopo l’epidemia
ne aveva solo più 300!
L’ultimo di Arguello a morire
di “spagnola” fu il Parroco Don Quaglia Giuseppe nato a Canale nel 1877 e dal 1907
ad Arguello.
GAI
GIUSEPPE 29 03 1913 ARGUELLO DI MONTANARO ROSA E GIOACHINO
3 LUGLIO 1933 ASSEGNATO
ALLA FERMA MINORE DI I classe (MESI 12)
NEL RGT.34° FANTERIA
QUALIFICA “ZAPPATORE” CONGEDATO IL 5 DICEMBRE 1934
-18 AGOSTO 1935 RICHIAMATO ALLE ARMI
CAMPAGNA DI GUERRA AFRICA ORIENTALE 1935/36 CON IL 41 °
FANTERIA
-4 LUGLIO 1940 RICHIAMATO DALLA LICENZA STRAORDINARIA
ILLIMITATA IL
-18 LUGLIO 1940 DESTINATO AL III RGT FANTERIA MOBILITATO
-15 AGOSTO 1940 GIUNTO IN TERRITORIO DI GUERRA
-12 OTTOBRE 1940 PARTITO DA TERRITORIO DICHIARATO IN STATO
DI GUERRA
CESSA DI ESSERE MOBILITATO perché RIENTRATO AL DEPOSITO 43°
FANTERIA
-17 OTTOBRE 1940 RICOLLOCATO IN CONGEDO ILLIMITATO
-17 OTTOBRE 1940 PARTITO DA TERRITORIO IN STATO DI GUERRA
-17 OTT 1940 RIENTRATO AL DISTRETTO DI MONDOVì
-24 12 1940 RICHIAMATO ALLE ARMI PER EFFETTO CIRCOLARE
-25 GENNAIO 1941 GIUNTO AL 43° REGGIMENTO FANTERIA E
MOBILITATO
-25 01 1941GIUNTO IN ZONA DI GUERRA
-5 02 41 PARTITO PER L’ALBANIA COL 43° RGT FANTERIA
MOBILITATO E IMBARCATOSI A BARI
-IL 9 02 41 SBARCATO A DURAZZO
-12 GIUGNO 41 GIUNTO IN ZONA D’OCCUPAZIONE INVIATO IN
GRECIA COL 43° FANTERIA
-24 NOVEMBRE 41 PARTITO PER L’ITALIA VIA TERRA, PER LICENZA
STRAORDINARIA GG 30 +VIAGGIO
-8 DIC 41 GIUNTO IN PATRIA
-9 01 42 Giunto a Mestre per rientro al Corpo concessi gg
19 di proroga licenza per sosp.partenza
Grecia
-22 01 42 Presentatosi base marittima di Bari concessi
altri 20 gg di proroga per sosp. Partenza Grecia
-14 02 42Presentatosi base marittima di Bari
-14 02 42Giunto in territorio di guerra
-10 03 42 Imbarcatosi a Bari
-13 03 42 Sbarcato a Corinto
-17 03 42 Giunto presso il 43° fanteria mobilitato in zona
guerra
-9 settembre 1943 Catturato dalle truppe tedesche
Internato in vari Stalag zona di Brandeburgo
-8 Maggio 15 giugno 1945 Liberato dalle truppe alleate
-7 giugno 1945 Rimpatriato dalla Prigionia
Rientrato a piedi il 25 Giugno 1945
il 21 agosto 1945 Collocato in congedo illimitato
“Eravamo in Albania, quando l’8 Settembre ‘43 i tedeschi ci fecero
consegnare le armi e ci caricarono su dei camion. Noi si capiva nulla poichè i
comandanti non c’erano più e non sapevamo dove ci avrebbero portati! Quando
fummo in Italia non so se a Trieste a Gorizia o a Bolzano, ci fecero salire su
dei carri bestiame con la scritta “Cavalli 8 uomini 40” e con un viaggio
lunghissimo, in treno, senza mangiare e senza la possibilità di scendere
per i nostri bisogni, ci portarono dove non so, ma so che faceva un gran
freddo. Durante il viaggio dall’unico finestrino qualcuno leggeva dei cartelli
che indicavano la città ma erano scritti in una lingua che non conoscevamo! Nel
Campo dove ci condussero si dormiva dentro a delle baracche e si usciva
incolonnati per andare a scavare delle fosse che secondo me dovevano servire da
trincea anti-carro. I bombardamenti aerei avvenivano molto sovente e allora noi
ci buttavamo in queste fosse, sperando di non essere colpiti. Tra fame, freddo
e botte delle guardie che ci sorvegliavano con i cani. Verso fine Aprile i
tedeschi ci incolonnarono e ci fecero marciare per alcuni giorni. Poi avvenne
che capitammo in una città che fu bombardata e rasa al suolo.( N.d.r.:
probabilmente Dresda. Vedi libro MORIRE NELLA NEVE DI LUIGI ROGGERO La Morra Reduce
di Russia e poi Reduce della prigionia in Polonia dove descrive con grande
precisione luoghi e fatti di prigionia e dopo). Cercammo di metterci al sicuro
e per fortuna io fui tra quelli che mi salvai, ma molti miei compagni rimasero
colpiti o sepolti dalle macerie. Finito il bombardamento arrivarono i Russi
(eravamo a maggio del 1945)e anche questi volevano incolonnarci per portarci
chissà dove, allora io e altri miei amici ci fingemmo morti e attendemmo che i
russi se ne andassero, i tedeschi erano già spariti, e ci avviammo nella
direzione opposta a dove erano andati quei militari. Viaggiammo sempre a piedi,
senza capire dove andavamo, chiedendo qualcosa da mangiare nei cascinali che
trovavamo e devo dire che se ne avevano qualcosa ci offrivano. Certo a volte si
capiva che non avevano di che mangiare neppure loro!
Un giorno incrociammo dei militari che non erano nè tedeschi, nè
russi e facendoci coraggio andammo loro incontro con le mani alzate dicendo che
eravamo italiani. Anche questi non capivamo che lingua parlassero ma si fecero
capire e ci condussero in un campo dove almeno c’era da mangiare e potemmo
darci una lavata e spidocchiarci un po’! Dopo un po’ di tempo di caricarono su
dei camion e finalmente ci portarono in Italia. In questo campo ci
disinfestarono e ci diedero qualche vestiario meno stracciato ma sempre usato e
non della nostra taglia. Eravamo sempre dei derelitti sia nelle condizioni
fisiche che di vestiario. Quando fummo un po’ in forze, ci dissero che potevamo
tornare a casa. Io, con altri invece che prendere dei treni, preferimmo andare
a piedi. Anche perchè ci avevano detto che le linee erano interrotte e c’era
più rischio ancora.”
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