sabato 16 settembre 2023

 GALLIANO PACE MARIA GORZEGNO 1938

 


Angelo e Luigia

Maria Galliano nacque a Gorzegno nel 1938 da mamma Luigia e  papà Angelo. 

DA GORZEGNO AL CARDIN DI BORGOMALE

                                Maria e Beppe

Io e i fratelli Beppe, Aldo e Piero siamo nati tutti al Brichètt della borgata Gisuole di Gorzegno, in famiglia vi era anche lo zio Tonin che era ancora da sposare. Quando lui si ammogliò, il nucleo di nonno Angelo 1905 e Luigia 1912 si trasferì al Cardin di Borgomale.

Io ho conosciuto solo la nonna materna che era una Cagnasso.

La nonna materna, partorì otto figli, e la ricordo “Propi struza!” (consumata). Perse un figlio di Otto anni e uno di vent’anni, fratelli di Beppe 1925 2021 (Testimone

della Memoria Reduce della prigionia.) Beppe visse tanti anni a Monesiglio. Quando tornò dalla prigionia, fui la prima che lo vidi e corsi ad avvisare mia mamma. Era con abiti stracciati ed irriconoscibile.


Si andava a scuola a Gorzegno e ricordo che quando , nel 1941 iniziai la classe prima eravamo 21 bambini. Quando dovetti frequentare la quinta, misero la scuola in due camere di proprietà dei  Galliano che denominavano “cà ‘d Majan”. In quella casa,  viveva la “Levatrice” e il Medico.

Io preferii terminare a Gorzegno con la mia Maestra Bonetto originaria di Gorzegno.

Terminate le scuole feci la baby sitter, per circa otto mesi, al bimbo della sorella della maestra Bonetto, poi andai a Torino come commessa in un negozio di alimentari.

Nel 1952, mi avvisarono che la famiglia si era trasferita alla Cascina “Cardin “ di Borgomale. Da Torino presi la Corriera e arrivai a Borgomale. Eravamo dopo San Martin e c’era una nebbia che non si vedeva ad un passo. Mi portarono i gambali e salii al “Cardin”. Subito non ebbi una buona impressione, poi quando uscì il sole apprezzai il luogo  e Borgomale, tant rè vej che son sposame e son ancora sì!

RICORDI DELLA GUERRA

https://youtu.be/6rNlJ0FXjQ4

La cascina Gisuole  del Brichètt di Gorzegno, dove siamo nati tutti noi Galliano, è situata in un posto strategico dal quale si vede Torre Bormida e la galleria di Gorzegno. Per questo, nel periodo della guerra 1943/45 si appostarono i Partigiani, poi i repubblicani e infine i nazifascisti. Sulle Mappe era indicato come Brich Santa Margherita, forse perché in passato vi fu una Chiesetta dedicata alla Santa. Quando si seppe che stavano per arrivare i nazifascisti, i giovani di leva fuggirono con i Partigiani o si nascosero. 

https://youtu.be/gtZ6NXjA0MM                                     

Mio padre Angelo, già avanti con gli anni rimase con noi e si finse malato ungendosi la gola di olio e camomilla. Zio Tonin, più giovane, si preparò un nascondiglio in uno spazio scavato tra due pezzi di casa. Davanti vi era il porcile, il pollaio e il granaio. Sopra la buca - nascondiglio fu messo un' asse con della terra e fu seminata dell'insalata che crebbe rapidamente. Lo zio si sistemò nella buca e si portò persino il "Topin" vaso da notte. Il mangiare lo portavamo io e la mamma passandolo attraverso un foro dal pollaio. La mamma si raccomandava di non dire assolutamente nulla perché mi disse: znon ro mazo! (Altrimenti lo uccidono!) Ma io, anche se a volte mi chiesero se avevo visto "ribelli" non svelai mai nulla. I nazifascisti rimasero parecchio tempo con i cannoni e le mitraglie piazzate e quando si spostarono, obbligarono un anziano zio, fratello del nonno a caricare il carro trainato dai buoi e a trasportare i materiali fino a Monesiglio. Quando se ne andarono, zio Tonin potè uscire dalla tana. Da noi ci fu solo un' uccisione. Di quell'uomo vi rimase per un pó la sua "porila" nel posto dell'uccisione, la vedevamo quando si andava a scuola. Subito dopo la guerra andai con mio padre a salutare un sua zia a Murazzano e passando per San Benedetto Belbo ebbi modo di vedere le case incendiate dai nazisti. Portai per molto tempo il ricordo della desolazione delle case incendiate e l'odore persistente di bruciato.

 


Un piatto di Tajarin vale un quadro al nonno!


TRATTORIA DELLA PACE di BORGOMALE

https://youtu.be/njhg82Bi8js    

 https://youtu.be/rb5TzTypBf4   

https://youtu.be/sLah-ASypVY       

LUIGI PACE E CORINO Virginia DI SAN BOVO (ZIA materna del Maestro Filippa di Mango) furono i FONDATORI della TRATTORIA-BOTTEGA “PACE”.

Bisnonno Luigi che con il fratello e la famiglia gestivano la “Piola” del paese di Borgomale situata dove oggi vi è la sede dell’associazione Alpini, spostò l’Osteria qui lungo la provinciale. Cominciò con il costruire due camere e la stalla. Andava con “rà soma” asina a prelevare le pietre in Belbo. Nella stalla vi è ancora la Trapa, dalla quale facevano scendere il fieno dalla cascina. Piano piano aggiunse altre due camere, il forno e il “pastino” dove preparava la pasta del pane.

Mia “Madona” suocera Busca Claudina (1906 proveniva dalla “Priosa), portò avanti la tradizione e ricordava che metteva la sua figlia primogenita Elena, dentro una cesta e aiutava il marito Michele 1905 a produrre il pane. Un tempo di pane bisognava farne tanto poiché venivano da Manera, dal Vilé, da in “Grazie” e ogni famiglia ne prendeva almeno sette od otto chili! Portavano il grano al mulino, e il mugnaio ci portava la farina. Quando prelevavano il pane lo si segnava sul libretto e poi “is rangiava èr cont nà vota a r’ann” si aggiustava il conto una volta all’anno. Una volta  dissi “ar nonu vej”: < ma, e se facessimo i conti due volte all’anno!?>. Poiché soldi non ve ne erano mai e il nonno mi disse: < Eh ma son abituà parèj! (sono abituati così!) guarda, prendi questi 5000 Lire della mia pensione e compra cosa serve per la bottega! Ma non cambiamo sistema!>

LA BOTTEGA


Quando sposai Aldo, c’era <na botega ch’a fava sgiaj!> un negozio che faceva pena! Non vi era altro che salame crudo e cotto che veniva tagliato con il coltello, una scatola di acciughe, un po’ di zucchero e caffè! Io ero abituata al negozio di Torino in cui lavoravo! E così una volta andai a comprare l’affettatrice, poi il frigo, le scaffalature, insomma attrezzai il negozio ed iniziai a tenere un po’ di tutto.


Inoltre, siccome noi avevamo un camioncino 1100 FIAT, e la gente di campagna non aveva ancora la macchina, veniva e con il foglietto di cosa le occorreva mi chiedeva: < ..voi che andate ad Alba prendetemi queste cose!> Così io, prendevo loro tutto ciò di cui avevano bisogno: < Boton, organza, friza, boton dra camiza…!> Piano piano mi organizzai un bel negozio che portai avanti finchè una ventina di anni fa iniziarono ad aprire i Supermercati. Allora compresi che la gente, ormai attrezzata di moto ed auto si recava maggiormente a comperare nei grandi centri e così decisi di chiudere e tenni solo più l’Osteria.

LA PIOLA DIVENTA TRATTORIA PACE

Nei primi tempi mi arrangiavo da sola e con l’aiuto della suocera cucinavo e servivo ai tavoli. Poi aumentando il lavoro, chiesi a mio marito Aldo di aiutarmi, poiché, sì che mia suocera “a cudiva” seguiva il cibo in cottura, ma occorreva preparare tajarin, raviore e i secondi di carne. Così dai tavolini con quattro persone, passai a preparare per dodici, ventiquattro e oltre fino ad avere sempre il salone pieno! Qualce tavolo lo dovevamo aggiungere anche nel Bar dove alla sera venivano a giocare a carte. Avevo fino a cinque partite e una anche in cucina. Ricordo che avevo mio figlio Bruno nella culla e uno un po’ brillo finì con un braccio nella culla e lo svegliò!



LE SQUADRE A CARTE BOCCE E BALON

Qui nel bar avevamo sempre cinque o sei partite e a quei tempi tutti avevano la sigaretta o la sigala o ra “fuma” in bocca! La saletta era sempre piena di fumo ed io anche se reclamavano che faceva freddo aprivo le finestre. Se qualcuno reclamava, senza mezzi termini dicevo loro di andare a fumare fuori.

L’addetto alle “consumazioni era “mè msé” mio suocero “ch’oi chidiva” era attento affinché chi perdeva pagasse qualcosa, o caramelle o bibita o vino. Gli avventori erano furbi e cercavano di allungare le partite! A volte prendevano una bottiglia di vino e poi cantavano anche mentre giocavano. Ho ricordi di allegria ma anche di fatti poco piacevoli! Qualcuno beveva troppo e poi si addormentava! Una mattina ne trovai uno addormentato al tavolino vicino alla stufetta. Gli uomini erano andati a lavorare e non riuscivo a svegliarlo né a farlo andare a casa. Passarono due uomini e chiesi loro di portarlo di peso sotto il fico che avevamo nel cortile. Pur col freddo rimase ancora un bel po’, ogni tanto ne cantava un pezzo e poi si riaddormentava, finchè barcollando prese la strada di casa. Una volta il nostro vicino         ” Mania” per fargli passare la sbornia gli mise la testa sotto l’acqua gelida della “pompa” fontana pubblica. Io gli urlai che lo avrebbe ucciso, ma Mania che sapeva che “Cagatreno” aveva l’abitudine di picchiare la moglie mi rispose ” è una bestia grama e così si tranquillizza!

Un’ altra volta, due ubriaconi vennero alle mani. Io benchè più piccolina mi misi in mezzo e ne trascinai uno oltre la strada, ordinandogli di andare a casa, all’altro che era Castino gli intimai di sedersi e gli dissi che se si azzardava a muoversi schiaffeggiavo anche lui. Mi ubbidirono e uno di là e uno di qua dalla strada ogni tanto cantavano ! passata la sbronza vergognosi si avviarono. Purtroppo una volta erano molti che si ubriacavano e qualcuno aveva la “ciuca grama!”
























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