GALLIANO PACE MARIA GORZEGNO 1938
Maria Galliano nacque a Gorzegno nel 1938 da mamma Luigia e papà Angelo.
DA GORZEGNO AL CARDIN DI BORGOMALE
Maria e BeppeIo e i
fratelli Beppe, Aldo e Piero siamo nati tutti al Brichètt della borgata Gisuole
di Gorzegno, in famiglia vi era anche lo zio Tonin che era ancora da sposare.
Quando lui si ammogliò, il nucleo di nonno Angelo 1905 e Luigia 1912 si trasferì
al Cardin di Borgomale.
Io ho
conosciuto solo la nonna materna che era una Cagnasso.
La nonna
materna, partorì otto figli, e la ricordo “Propi struza!” (consumata). Perse un
figlio di Otto anni e uno di vent’anni, fratelli di Beppe 1925 2021 (Testimone
della Memoria Reduce della prigionia.) Beppe visse tanti anni a Monesiglio. Quando tornò dalla prigionia, fui la prima che lo vidi e corsi ad avvisare mia mamma. Era con abiti stracciati ed irriconoscibile.
Si andava
a scuola a Gorzegno e ricordo che quando , nel 1941 iniziai la classe prima eravamo
21 bambini. Quando dovetti frequentare la quinta, misero la scuola in due
camere di proprietà dei Galliano che denominavano
“cà ‘d Majan”. In quella casa, viveva la “Levatrice” e il
Medico.
Io preferii
terminare a Gorzegno con la mia Maestra Bonetto originaria di Gorzegno.
Terminate le scuole feci la
baby sitter, per circa otto mesi, al bimbo della sorella della maestra Bonetto,
poi andai a Torino come commessa in un negozio di alimentari.
Nel 1952,
mi avvisarono che la famiglia si era trasferita alla Cascina “Cardin “ di
Borgomale. Da Torino presi la Corriera e arrivai a Borgomale. Eravamo dopo San
Martin e c’era una nebbia che non si vedeva ad un passo. Mi portarono i gambali
e salii al “Cardin”. Subito non ebbi una buona impressione, poi quando uscì il
sole apprezzai il luogo e Borgomale,
tant rè vej che son sposame e son ancora sì!
RICORDI DELLA GUERRA
La cascina Gisuole del Brichètt di Gorzegno, dove siamo nati tutti noi Galliano, è situata in un posto strategico dal quale si vede Torre Bormida e la galleria di Gorzegno. Per questo, nel periodo della guerra 1943/45 si appostarono i Partigiani, poi i repubblicani e infine i nazifascisti. Sulle Mappe era indicato come Brich Santa Margherita, forse perché in passato vi fu una Chiesetta dedicata alla Santa. Quando si seppe che stavano per arrivare i nazifascisti, i giovani di leva fuggirono con i Partigiani o si nascosero.
Mio padre Angelo, già avanti con gli anni rimase con noi e si finse malato ungendosi la gola di olio e camomilla. Zio Tonin, più giovane, si preparò un nascondiglio in uno spazio scavato tra due pezzi di casa. Davanti vi era il porcile, il pollaio e il granaio. Sopra la buca - nascondiglio fu messo un' asse con della terra e fu seminata dell'insalata che crebbe rapidamente. Lo zio si sistemò nella buca e si portò persino il "Topin" vaso da notte. Il mangiare lo portavamo io e la mamma passandolo attraverso un foro dal pollaio. La mamma si raccomandava di non dire assolutamente nulla perché mi disse: znon ro mazo! (Altrimenti lo uccidono!) Ma io, anche se a volte mi chiesero se avevo visto "ribelli" non svelai mai nulla. I nazifascisti rimasero parecchio tempo con i cannoni e le mitraglie piazzate e quando si spostarono, obbligarono un anziano zio, fratello del nonno a caricare il carro trainato dai buoi e a trasportare i materiali fino a Monesiglio. Quando se ne andarono, zio Tonin potè uscire dalla tana. Da noi ci fu solo un' uccisione. Di quell'uomo vi rimase per un pó la sua "porila" nel posto dell'uccisione, la vedevamo quando si andava a scuola. Subito dopo la guerra andai con mio padre a salutare un sua zia a Murazzano e passando per San Benedetto Belbo ebbi modo di vedere le case incendiate dai nazisti. Portai per molto tempo il ricordo della desolazione delle case incendiate e l'odore persistente di bruciato.
TRATTORIA
DELLA PACE di BORGOMALE
LUIGI
PACE E CORINO Virginia DI SAN BOVO (ZIA materna del Maestro Filippa di Mango)
furono i FONDATORI della TRATTORIA-BOTTEGA “PACE”.
Bisnonno Luigi
che con il fratello e la famiglia gestivano la “Piola” del paese di Borgomale
situata dove oggi vi è la sede dell’associazione Alpini, spostò l’Osteria qui
lungo la provinciale. Cominciò con il costruire due camere e la stalla. Andava
con “rà soma” asina a prelevare le pietre in Belbo. Nella stalla vi è ancora la
Trapa, dalla quale facevano scendere il fieno dalla cascina. Piano piano
aggiunse altre due camere, il forno e il “pastino” dove preparava la pasta del
pane.
Mia
“Madona” suocera Busca Claudina (1906 proveniva dalla “Priosa), portò avanti la
tradizione e ricordava che metteva la sua figlia primogenita Elena, dentro una
cesta e aiutava il marito Michele 1905 a produrre il pane. Un tempo di pane
bisognava farne tanto poiché venivano da Manera, dal Vilé, da in “Grazie” e
ogni famiglia ne prendeva almeno sette od otto chili! Portavano il grano al
mulino, e il mugnaio ci portava la farina. Quando prelevavano il pane lo si
segnava sul libretto e poi “is rangiava èr cont nà vota a r’ann” si aggiustava
il conto una volta all’anno. Una volta dissi “ar nonu vej”: < ma, e se facessimo i
conti due volte all’anno!?>. Poiché soldi non ve ne erano mai e il nonno mi
disse: < Eh ma son abituà parèj! (sono abituati così!) guarda, prendi questi
5000 Lire della mia pensione e compra cosa serve per la bottega! Ma non
cambiamo sistema!>
LA BOTTEGA
Quando sposai Aldo, c’era <na botega ch’a fava sgiaj!> un negozio che faceva pena! Non vi era altro che salame crudo e cotto che veniva tagliato con il coltello, una scatola di acciughe, un po’ di zucchero e caffè! Io ero abituata al negozio di Torino in cui lavoravo! E così una volta andai a comprare l’affettatrice, poi il frigo, le scaffalature, insomma attrezzai il negozio ed iniziai a tenere un po’ di tutto.
Inoltre,
siccome noi avevamo un camioncino 1100 FIAT, e la gente di campagna non aveva
ancora la macchina, veniva e con il foglietto di cosa le occorreva mi chiedeva:
< ..voi che andate ad Alba prendetemi queste cose!> Così io, prendevo
loro tutto ciò di cui avevano bisogno: < Boton, organza, friza, boton dra
camiza…!> Piano piano mi organizzai un bel negozio che portai avanti finchè
una ventina di anni fa iniziarono ad aprire i Supermercati. Allora compresi che
la gente, ormai attrezzata di moto ed auto si recava maggiormente a comperare
nei grandi centri e così decisi di chiudere e tenni solo più l’Osteria.
LA PIOLA
DIVENTA TRATTORIA PACE
Nei primi tempi mi arrangiavo da sola e con l’aiuto della suocera cucinavo e servivo ai tavoli. Poi aumentando il lavoro, chiesi a mio marito Aldo di aiutarmi, poiché, sì che mia suocera “a cudiva” seguiva il cibo in cottura, ma occorreva preparare tajarin, raviore e i secondi di carne. Così dai tavolini con quattro persone, passai a preparare per dodici, ventiquattro e oltre fino ad avere sempre il salone pieno! Qualce tavolo lo dovevamo aggiungere anche nel Bar dove alla sera venivano a giocare a carte. Avevo fino a cinque partite e una anche in cucina. Ricordo che avevo mio figlio Bruno nella culla e uno un po’ brillo finì con un braccio nella culla e lo svegliò!
LE
SQUADRE A CARTE BOCCE E BALON
Qui nel
bar avevamo sempre cinque o sei partite e a quei tempi tutti avevano la
sigaretta o la sigala o ra “fuma” in bocca! La saletta era sempre piena di fumo
ed io anche se reclamavano che faceva freddo aprivo le finestre. Se qualcuno
reclamava, senza mezzi termini dicevo loro di andare a fumare fuori.
L’addetto
alle “consumazioni era “mè msé” mio suocero “ch’oi chidiva” era attento affinché chi perdeva pagasse qualcosa, o caramelle o bibita o vino. Gli avventori erano
furbi e cercavano di allungare le partite! A volte prendevano una bottiglia di
vino e poi cantavano anche mentre giocavano. Ho ricordi di allegria ma anche di
fatti poco piacevoli! Qualcuno beveva troppo e poi si addormentava! Una mattina
ne trovai uno addormentato al tavolino vicino alla stufetta. Gli uomini erano
andati a lavorare e non riuscivo a svegliarlo né a farlo andare a casa.
Passarono due uomini e chiesi loro di portarlo di peso sotto il fico che
avevamo nel cortile. Pur col freddo rimase ancora un bel po’, ogni tanto ne
cantava un pezzo e poi si riaddormentava, finchè barcollando prese la strada di
casa. Una volta il nostro vicino
” Mania” per fargli passare la sbornia gli mise la testa sotto l’acqua
gelida della “pompa” fontana pubblica. Io gli urlai che lo avrebbe ucciso, ma
Mania che sapeva che “Cagatreno” aveva l’abitudine di picchiare la moglie mi
rispose ” è una bestia grama e così si tranquillizza!
Un’ altra volta, due ubriaconi vennero alle mani. Io benchè più piccolina mi misi in mezzo e ne trascinai uno oltre la strada, ordinandogli di andare a casa, all’altro che era Castino gli intimai di sedersi e gli dissi che se si azzardava a muoversi schiaffeggiavo anche lui. Mi ubbidirono e uno di là e uno di qua dalla strada ogni tanto cantavano ! passata la sbronza vergognosi si avviarono. Purtroppo una volta erano molti che si ubriacavano e qualcuno aveva la “ciuca grama!”
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