mercoledì 29 novembre 2023

PORELLO PAOLO ALBARETTO TORRE 1915

 




Porello Paolo          Albaretto Torre 1915 2014

 

Nato ad Albaretto Torre nel 1915,  ho sempre vissuto qui. Lavorai la terra  “è ro sèmpre rumà antsa tèra”(ho sempre raspato in questa terra!) Andai a scuola fino in terza classe, poiché le altre classi non c’erano ancora. Ricordo che avevo una Maestra già un po’ anziana che dormiva appoggiata alla cattedra e pretendeva facessimo silenzio. Noi invece facevamo un gran baccano, allora lei aveva una canna lunga e ci batteva sulle mani.

Partii militare e feci dieci mesi di Naja, poi fui congedato per motivi di salute e rimasi a casa sei mesi in convalescenza. Fui poi nuovamente richiamato e rimasi otto mesi in Francia. Tornai a casa ma dopo alcuni mesi dovetti nuovamente partire, nonostante fossi sposato e avessi già dei figli. Complessivamente rimasi quattro anni sotto le armi.

Nel  periodo tra il 1943 e il 1945 la nostra cascina ospitò, a fasi alterne i Partigiani e i nazifascisti. Siccome è situata su un’altura ed è possibile godere di una buona visuale, prima si insediarono i Partigiani. Dormivano sulla Travà( fienile)e nella stalla, ve ne erano una ventina. Poi vennero i tedeschi e spararono ai Partigiani mentre scappavano. Qualcuno fu ucciso nelle rive e fu sepolto là poiché non si riuscì di recuperarli per l’impervietà dei luoghi. Si insediarono i tedeschi e fortunatamente, dando loro da mangiare ci lasciarono abbastanza tranquilli. Certo che la paura era tanta, poiché c’era sempre il timore che i Partigiani attaccassero.

Una volta i partigiani arrivarono con uno che avevano fatto prigioniero, lo malmenarono un po’, quindi lo portarono nella vigna lì sotto, gli fecero scavare la fossa e a un certo punto si sentì uno sparo, l’avevano ucciso? Il nonno mi disse che l’avevano solo spaventato, ma io di nascosto ero andato a vedere e avevo visto che l’avevano sotterrato con le scarpe fuori.  

Rà Bolina   

Era una donna che abitava in fondo alla collina. Si dice avesse dei libri e faceva vedere le masche. Sentii qualcuno che diceva: ”Cula bestia grama a rà fane voghe èr masche!” Una volta, raccontava mio nonno, successe che in pieno inverno qualche vicino trovò  gli alberi di pesco  fioriti. Pare fosse stata la Bolina che per dispetto avesse fatto fiorire gli alberi in Inverno così da rovinare il raccolto.

Si diceva anche che la Bolina fosse l’artefice della luce che girava attorno alla torre di Albaretto spaventando le persone. Ricordo di averla vista anch’io e non si riusciva a capire cosa fosse.

Ribotte e baldoire

Furono tempi duri, ma sovente ci radunavamo e facevamo festa. Tutte le famiglie macellavano il maiale e per quella occasione le donne facevano èr raviore. Poi si ballava e si cantava. Vi erano dei personaggi che sapevano tenere l’allegria. Da Lequio Berria arrivava Vigin dèr Possèt con Condo dèr Papa e cantavano molto bene, qui avevamo Giovanin dei Cavallotti che era un gran cantore, era il padre di Renzo Promio anche lui una gran bella voce!

Le "Vijà"

Per le veglie ci radunavamo nelle stalle o anche negli Scao(essicatoi per castagne) se non si avevano gli animali. Ci mettevamo nei luoghi in cui era possibile ripararci dal freddo.

Bate èr gran con ò ribat(trebbio di legno)


Mi ricordo che per due annate trebbiammo il grano con il Ribat. Si preparava r’éra(l’aia) foderandola con una poltiglia a base di acqua e busa(sterco di stalla), quando era essicata si rovesciava il grano e si passava con il Ribat(trebbio) trainato dal bue. Noi ragazzi avevamo l’incarico di tenere la pala sotto la coda del bue per raccogliere lo sterco ed evitare di sporcare il grano.

Dai sètmin!

Ai miei tempi si andava dai settimini(guaritori) quando vi erano dei problemi di salute sia per le persone che per le bestie. Ne ricordo uno a Levice, uno a Motta di Costigliole, ma il più “feroce” rinomato era quello di Cessole. Io andai qualche volta da un guaritore a Serralunga. Questo si faceva portare un pezzo di tela o stoffa di un vestiario del malato, lo scrutava bene, lo rigirava tra le mani poi te lo consegnava e ti diceva di posarlo sulla parte malata. eh! Chèicun o vařiva! (qualcuno guariva!)

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