venerdì 17 novembre 2023

CAVALLO SERGIO CERRETTO LANGHE 1923

 

CAVALLO SERGIO CERRETTO LANGHE 1923

Nacqui nel 1923 alla Cascina Pian Ponga e ogni giorno si veniva a scuola e a Messa a piedi a Cerretto Langhe. A quei tempi il paese si dice contasse fino a mille abitanti e a scuola eravamo una cinquantina di bambini

                        




La mia mamma si chiamava Placidia e il papà Giuseppe, erano entrambi di cognome Cavallo. Il padre era della leva del 1886 e partecipò alla Grande Guerra del 15/18.



 A Pian Ponga eravamo noi con la famiglia di sette persone e quella del fratello di papà anche di cinque figli e i due genitori. La mamma veniva dal “Castello” di Cerretto e aveva altre due sorelle, una sposò Vigin dèr Caval e l’altra sposò Pace Vitale che veniva da Cravanzana e furono i genitori di Dario.

PARTII SOLDATO

Aiutai i miei in campagna fino alla chiamata al militare. Nel 1943 da recluta andai a Fossano e fui inquadrato nel 34° Reggimento Fanteria con la prima Compagnia Fucilieri, poi ci condussero a Brindisi, da qui si risalì la penisola per andare a Gorizia e poi in Jugoslavia, Albania  per arrivare in Grecia, quindi con dei battelli all’isola di Rodi. Ci fecero effettuare questo lungo giro poiché in Sicilia erano già sbarcati gli americani.

Arrivammo a Rodi verso l’otto di agosto e dapprima fummo alleati con i tedeschi, all’otto Settembre diventammo loro prigionieri. Da alleati combattemmo contro i greci poi “jè girasse èr vele” (cambiò il vento) e fummo dichiarati Prigionieri politici”, era il 12 Settembre 1943. Ricordo che qualche militare fuggì gettandosi in mare e altri fuggirono in barca. Io con molti altri fui disarmato e imprigionato, in seguito fui condotto per un po’ di tempo in prigionia in Grecia, poi in Germania a Bathorn (campo di lavoro).

 

 

 

 

 

STALAG VI BATHORN*

 

BATHORN rientrava nella costellazione di lager (tra i quali, Gross-Hesepe, Oberlangen, Wesuwe, Fullen e altri; vedi immagine 1) posta attorno a quello di Meppen, cittadina allora di circa diecimila abitanti, collocata a 80 km da Osnabrück.

CON L’INSIEME DEGLI 8 CAMPI, TRA IL 1941 E LA FINE DELLA GUERRA, LO STALAG VI-C REGISTRò TRA GLI 8500 E GLI 11.000 FRANCESI, 1500 BELGI E TRA 300 E 600 POLACCHI. MA LA GRANDE MASSA DEI PRIGIONIERI FU QUELLA DEI SOLDATI DELL’ARMATA SOVIETICA: SI SA CHE FURONO CIRCA 14.000 PRIMA DELL’INVERNO 1941/42 E SOLAMENTE 2200 DOPO. Le condizioni di vita dei campi furono molto dure, e i soldati sovietici furono trattati con maggior rigore ancora. FURONO ANCHE PARTICOLARMENTE MALTRATTATI GLI 11.000 SOLDATI ITALIANI INTERNATI DOPO L’OTTO SETTEMBRE 1943.CI SARANNO NUMEROSE VITTIME. A BATHORN I PRIGIONIERI Più NUMEROSI DELL’OCCIDENTE FURONO I FRANCESI,QUASI 2000 AL 19 SETTEMBRE 1941. LA MAGGIOR PARTE FURONO IMPIEGATI NELLE CASCINE DEI DINTORNI, DOVE LE LORO CONDIZIONI MIGLIORARONO NETTAMENTE.

Pour l’ensemble des 8 camps, entre 1941 et la fin de la guerre, le Stalag VIC enregistre entre 8.500 et 11.000 Français, 1.500 Belges et entre 300 et 600 Polonais. Mais la grande masse des prisonniers est celle des soldats de l’armée Soviétique : on sait qu’il sont environ 14.000 avant l’hiver 1941-1942, et seulement encore 2.200 après… Les conditions de vie dans les camps sont très dures, et les soldats soviétiques sont traités avec la plus grande rigueur. Sont aussi particulièrement maltraités les 11.000 soldats italiens internés après septembre 1943. Il y aura de très nombreuses victimes.

A Bathorn, les prisonniers les plus nombreux de l’Ouest sont les Français, soit près de 2.000 au 19 septembre 1941. La plupart sont employés dans les fermes avoisinantes, où leurs conditions s’améliorent nettement. Ils peuvent recevoir des colis de France et organiser dans le camp des activités culturelles. La mortalité chez les prisonniers d’Europe de l’ouest reste très faible, comparée à celle de ceux de l’Est.

Le Stalag Bathorn est libéré le 5 avril 1945 par les troupes canadiennes.

Molti prigionieri furono destinati al lavoro in miniera, io venni destinato a scavare fosse in aperta campagna, per seppellire i prigionieri russi. Ne portavano sei o sette avvolti in coperte e li gettavano nelle fosse che noi avevamo scavato. Ah quante ne scavai e quanti russi sotterrai! Vi erano due campi di prigionia, uno era quello di noi italiani, ma eravamo pochi, invece in quello dei russi erano migliaia e ne morivano parecchi ogni giorno.

 

R’OMA VIST ÈR MASCHE

Da mangiare, al giorno, ci davano una gavetta di brodaglia e una fetta di pane di segale spessa neppure un dito. Molti morirono di stenti, io fui portato ad una piccola stazione di campagna e consegnato ad una famiglia affinchè la aiutassi a  lavorare i campi. Era una famiglia con solo padre madre e una giovane ragazza, intorno vi erano altre piccole cascine ma gli uomini giovani erano tutti in guerra. Si lavorava e si mangiava quel poco che riuscivano a darmi perché avevano poco anche loro”povri diao”(poveri diavoli). Tuttavia erano brava gente e non fui mai maltrattato. Uscivo poco poiché avevo timore che chiunque potesse farmi fuori. Noi prigionieri eravamo malvisti e non capendoci con la lingua era difficile comunicare e per un nulla potevi ricevere una schioppettata!

Anche da casa non si potevano avere né inviare notizie, poiché le poste non funzionavano, fu un periodo davvero triste. Si viveva alla giornata e non si pensava neppure “ao l’indoman”(al giorno dopo) altro che al “futuro”!

MI IMPROVVISAI SARTO

Per tutto il periodo della prigionia rimasi in divisa militare, ma lavorando nei campi strappai i pantaloni. Mi ingegnai di realizzarmene un paio: presi una coperta e dopo aver preso le misure sui vecchi pantaloni tagliai con le forbici la stoffa della coperta mi cucii i nuovi con i quali tornai a casa. 

Fummo liberati il 5 Aprile 1945 dalle truppe canadesi e tenuti per un po’ nelle tende, ci rifocillarono poiché eravamo proprio in pessime condizioni e ci fecero rientrare.

 

 

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