DELLAFERRERA ROMANA
I FATTI DI CASCINA “MASSERIA SOTTANA” DI RODDINO Marzo 1945
Marzo 1945 nazifascisti
alla cascina "Masseria" Roddino d'Alba
DELLA
FERRERA GIOVANNI di Giuseppe RODDINO il 15/05/1907
Contadino
Ferito a Roddino “cascina Masseria Sottana”
Deceduto
all’Ospedale di ALBA il 29/03/1945
DELLA FERRERA Marì Roddino 1930 di Luigi e Boschis
Giuseppina
ferita
alla “Cascina Masseria Sottana” il 29/03/1945
DELLA
FERRERA SEGHESIO ROMANA
Mio
zio Giovanni era del 1907 e stava rientrando dal lavoro, era quasi dalla porta
della stalla dove era già entrato mio padre e si girò a guardare chi c’era, era
una colonna di nazifascisti, senza preavviso ricevette una fucilata che gli
perforò l’intestino in dodici punti. Cadde tra le braccia di mio papà e ricordo
urlava come una ”bestia”. Fu condotto all’ospedale di Alba ma non si salvò,
lasciò una bimba di 2 anni e una moglie di 26 anni.
Mezz’ora
dopo fu ferita anche mia sorella Marì di appena 14 anni. Era nascosta dietro
casa e uscì per rientrare ma fu colpita da un tedesco. Fortunatamente il
proiettile la prese di striscio ed entrò ed uscì senza ledere organi vitali.
Prima furono visitati da un medico della colonna nazifascista che prima derise
mia madre Giuseppina perché parlava un italiano scorretto, e poi incolpò i
partigiani per quanto era successo! Constatò la gravità di due feriti e disse
di portarli in Ospedale. Furono caricati su di un “carton” trainato da un
cavallo e portati in Ospedale. Zio Giovanni urlò per il male durante tutto il
viaggio e spirò dopo poco tempo, mia sorella fu visitata ma prima di essere
ricoverata chiesero Lire 10.000, Mia madre che era al seguito andò da parenti
che abitavano ad Alba e si fece prestare i soldi poiché era venuta via di casa
frettolosamente! Senza la “caparra” non l’avrebbero ricoverata e l’avrebbero
lasciata priva di cure, funzionava così! Mamma ricordava sempre che una volta
ricoverati vide i soldati tedeschi che piantonavano il camerone e continuamente
facevano scattare le armi per impaurire!
Mamma
era preoccupata anche per chi aveva lasciato a casa e così dopo che furono
entrambi ricoverati si avviò a piedi e tornò
casa. Per spiegare in che tempi di diffidenza si viveva le racconterò
ancora: per il gran camminare, si ruppero le scarpe, era prima di Monforte,
vide una donna davanti a una casa e le chiese se poteva prestarle anche solo un
paio di ”patin” (ciabatte), ma questa le rispose che non aveva nulla e pur
vedendola con le pantofole rotte la fece continuare scalza. Mia sorella dopo
otto giorni tornò dall’ospedale e guarì
dalla ferita esterna ma si ammalò di esaurimento nervoso e ne patì fino a
venticinque anni. A chi inneggia a Mussolini e a quei tempi, io dico che se
avessero vissuto quanto abbiamo visto noi forse avrebbero un’altra opinione.
MIO
PADRE LUIGI 1901 E I PARTIGIANI
Papà Luigi e famiglia ospitarono per una
decina di giorni una ventina di partigiani slavi, poi per altri otto giorni un
gruppo del Partigiano “il Rosso” di Barolo. Si fermavano da noi perché la
cascina Masseria Sottana” era in una posizione nascosta, ma quando facevano
baldoria andava mio padre a fare da sentinella al bivio in alto per vedere non
arrivasse nessuno!
Successe
che lasciarono una radio “ricetrasmittente” nascosta sotto un “tino” e delle
armi. Quando quel 29 Marzo 1945 spararono allo zio e a mia sorella effettuarono
anche una vera e propria razzìa in cascina e trovando la ricetrasmittente e le
armi sul carro con i buoi portarono a Dogliani anche mio padre poiché lo
considerarono avente a che fare con i partigiani. Sul carro misero di tutto: un
sacco di salami damigiane di vino, formaggi , il baule con lenzuola e “fardèll”
della mamma, misero a soqquadro la casa e presero tutto. Papà fu portato a
Dogliani, fatto procedere davanti ai buoi. Trattenuto, e come ho detto, appeso
con le braccia legate dietro, fu interrogato con violenza per ore. Lui non disse
nulla dei partigiani. Quando a notte inoltrata lo rilasciarono, non so per
quale miracolo, con i polsi e tutto il corpo dolorante si accasciò sul carro,
furono i buoi che da soli lo riportarono a casa. La mamma ritrovò la casa
sottosopra e vide arrivare i buoi con il papà.
Furono
segnati per tutta la vita da quei fatti. Ai polsi gli rimasero le cicatrici
della corda che lo aveva tenuto appeso e nell’animo rimase la rabbia per quanto
dissero in seguito quelli che lui aveva coperto! I repubblichini volevano
sapere dei partigiani, ma lui pur sapendo che si nascondevano nella Rocca di
Roddino non disse nulla e si lasciò torturare. Al termine della guerra alcuni
partigiani da strapazzo invece di ringraziarlo gli dissero che se avesse
parlato lo avrebbero ucciso loro!
Tuttavia
, il papà raccontava di essere stato fortunato poiché i repubblichini gli
dissero che chi lo aveva interrogato non sapeva del ritrovamento delle armi e
della radio poiché lo avrebbe ucciso!
LA BATTAGLIA DELLA PEZZEA
https://youtu.be/W4_q6r8F4lE La battaglia della Pezzea
essere passati dalla nostra cascina, procedettero per
andare verso Bossolasco. Giunti in prossimità della
frazione Pezzea furono presi di mira dai Partigiani. I
tedeschi risposero al fuoco e stavano per avere la
meglio. I partigiani di Lulù che avevano la base in
quella frazione, furono in difficoltà poiché si rendevano
conto di non farcela. Vi fu Un anziano reduce della
guerra del 1915/18 che disse al mitragliere dell’arma i
nceppata: <sa gaute da lì!> togliti di lì, e prese il suo
posto. Si mise a sparare all’impazzata sotto gli occhi
stupiti dei partigiani e costrinse i nazifascisti a
tornarsene indietro.
Gianni aggiunge: <eh già, lo raccontavano sempre i
partigiani di Lulù, Cecu Prato “Bimbo”, Remo, Arturo.... che furono presenti.>
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