martedì 28 novembre 2023

DELLAFERRERA SEGHESIO ROMANA RODDINO

 

DELLAFERRERA ROMANA 

I FATTI DI CASCINA “MASSERIA SOTTANA” DI RODDINO Marzo 1945





https://youtu.be/NSYH5pJn2fE                     

Marzo 1945 nazifascisti alla cascina "Masseria" Roddino d'Alba


DELLA FERRERA GIOVANNI di Giuseppe RODDINO il 15/05/1907

Contadino Ferito a Roddino “cascina Masseria Sottana”

Deceduto all’Ospedale di ALBA  il 29/03/1945

 

 

dellaferrerad DELLA FERRERA  Marì Roddino 1930 di Luigi e Boschis Giuseppina

ferita alla “Cascina Masseria Sottana” il 29/03/1945

 

DELLA FERRERA SEGHESIO ROMANA


Mio zio Giovanni era del 1907 e stava rientrando dal lavoro, era quasi dalla porta della stalla dove era già entrato mio padre e si girò a guardare chi c’era, era una colonna di nazifascisti, senza preavviso ricevette una fucilata che gli perforò l’intestino in dodici punti. Cadde tra le braccia di mio papà e ricordo urlava come una ”bestia”. Fu condotto all’ospedale di Alba ma non si salvò, lasciò una bimba di 2 anni e una moglie di 26 anni.

Mezz’ora dopo fu ferita anche mia sorella Marì di appena 14 anni. Era nascosta dietro casa e uscì per rientrare ma fu colpita da un tedesco. Fortunatamente il proiettile la prese di striscio ed entrò ed uscì senza ledere organi vitali. Prima furono visitati da un medico della colonna nazifascista che prima derise mia madre Giuseppina perché parlava un italiano scorretto, e poi incolpò i partigiani per quanto era successo! Constatò la gravità di due feriti e disse di portarli in Ospedale. Furono caricati su di un “carton” trainato da un cavallo e portati in Ospedale. Zio Giovanni urlò per il male durante tutto il viaggio e spirò dopo poco tempo, mia sorella fu visitata ma prima di essere ricoverata chiesero Lire 10.000, Mia madre che era al seguito andò da parenti che abitavano ad Alba e si fece prestare i soldi poiché era venuta via di casa frettolosamente! Senza la “caparra” non l’avrebbero ricoverata e l’avrebbero lasciata priva di cure, funzionava così! Mamma ricordava sempre che una volta ricoverati vide i soldati tedeschi che piantonavano il camerone e continuamente facevano scattare le armi per impaurire!

Mamma era preoccupata anche per chi aveva lasciato a casa e così dopo che furono entrambi ricoverati si avviò a piedi e tornò  casa. Per spiegare in che tempi di diffidenza si viveva le racconterò ancora: per il gran camminare, si ruppero le scarpe, era prima di Monforte, vide una donna davanti a una casa e le chiese se poteva prestarle anche solo un paio di ”patin” (ciabatte), ma questa le rispose che non aveva nulla e pur vedendola con le pantofole rotte la fece continuare scalza. Mia sorella dopo otto giorni tornò dall’ospedale  e guarì dalla ferita esterna ma si ammalò di esaurimento nervoso e ne patì fino a venticinque anni. A chi inneggia a Mussolini e a quei tempi, io dico che se avessero vissuto quanto abbiamo visto noi forse avrebbero un’altra opinione.

MIO PADRE LUIGI 1901 E I PARTIGIANI

 Papà Luigi e famiglia ospitarono per una decina di giorni una ventina di partigiani slavi, poi per altri otto giorni un gruppo del Partigiano “il Rosso” di Barolo. Si fermavano da noi perché la cascina Masseria Sottana” era in una posizione nascosta, ma quando facevano baldoria andava mio padre a fare da sentinella al bivio in alto per vedere non arrivasse nessuno!

Successe che lasciarono una radio “ricetrasmittente” nascosta sotto un “tino” e delle armi. Quando quel 29 Marzo 1945 spararono allo zio e a mia sorella effettuarono anche una vera e propria razzìa in cascina e trovando la ricetrasmittente e le armi sul carro con i buoi portarono a Dogliani anche mio padre poiché lo considerarono avente a che fare con i partigiani. Sul carro misero di tutto: un sacco di salami damigiane di vino, formaggi , il baule con lenzuola e “fardèll” della mamma, misero a soqquadro la casa e presero tutto. Papà fu portato a Dogliani, fatto procedere davanti ai buoi. Trattenuto, e come ho detto, appeso con le braccia legate dietro,  fu interrogato con violenza per ore. Lui non disse nulla dei partigiani. Quando a notte inoltrata lo rilasciarono, non so per quale miracolo, con i polsi e tutto il corpo dolorante si accasciò sul carro, furono i buoi che da soli lo riportarono a casa. La mamma ritrovò la casa sottosopra e vide arrivare i buoi con il papà.

Furono segnati per tutta la vita da quei fatti. Ai polsi gli rimasero le cicatrici della corda che lo aveva tenuto appeso e nell’animo rimase la rabbia per quanto dissero in seguito quelli che lui aveva coperto! I repubblichini volevano sapere dei partigiani, ma lui pur sapendo che si nascondevano nella Rocca di Roddino non disse nulla e si lasciò torturare. Al termine della guerra alcuni partigiani da strapazzo invece di ringraziarlo gli dissero che se avesse parlato lo avrebbero ucciso loro!

Tuttavia , il papà raccontava di essere stato fortunato poiché i repubblichini gli dissero che chi lo aveva interrogato non sapeva del ritrovamento delle armi e della radio poiché lo avrebbe ucciso!


LA BATTAGLIA DELLA PEZZEA


https://youtu.be/W4_q6r8F4lE                     La battaglia della Pezzea

 I nazifascisti, in quel giorno 29 marzo 1945, dopo 

essere passati dalla nostra cascina, procedettero per 

andare verso Bossolasco. Giunti in prossimità della 

frazione Pezzea furono presi di mira dai Partigiani. I 

tedeschi risposero al fuoco e stavano per avere la 

meglio. I partigiani di Lulù che avevano la base in 

quella frazione, furono in difficoltà poiché si rendevano 

conto di non farcela. Vi fu Un anziano reduce della 

guerra del 1915/18 che disse al mitragliere dell’arma i

nceppata: <sa gaute da lì!> togliti di lì, e prese il suo 

posto. Si mise a sparare all’impazzata sotto gli occhi 

stupiti dei partigiani e costrinse i nazifascisti a 

tornarsene indietro.

Gianni aggiunge: <eh già, lo raccontavano sempre i partigiani di Lulù, Cecu Prato “Bimbo”, Remo, Arturo.... che furono presenti.> 

 




 

 

 


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