SEGHESIO GIANNI 21/12/1928 DOGLIANI
Nome di battaglia “IAN”“
PARTIGIANO
1° DIV LANGHE
Seghesio Gianni 1928 di Carolina Navello 1901 di San Quirico di Dogliani e di Valentino del 1899. Nel ’44 a soli 16 anni seguì il fratello Lorenzo Partigiano “Renzino” del 1925. Il fratello Renzo fu arruolato nel Corpo dei Vigili del fuoco e inviato a Livorno. Con l’otto settembre fuggì, tornò a casa, e si aggregò al gruppo partigiano che si era formato a Mombarcaro. In seguito si unì alla squadra di Lulù.
Si rimase
per due mesi con “Genio Stipcevic”, poi, siccome non avevano armi una notte il
gruppo si trasferì a Rocca Ciglié e si rimase in quell’inverno 1943/44 a preparare
i detonatori per gli atti di sabotaggio. Ricordo un “ciabot” pieno zeppo di
“plastico” e una Chiesetta che fungeva da magazzino dei paracadute dei lanci.
Il gruppo era addetto al recupero dei materiali dei lanci. Nel cuore della
notte, quando avveniva il lancio vi erano già i mezzi pronti ed in due ore si
recuperava tutto e lo si nascondeva. Quando venimmo via da Rocca Cigliè ci
nascondevamo nelle borgate e cascine, d’inverno si dormiva nella stalla e col
bel tempo sulla “travà” fienile”.
Quando il
gruppo di Partigiani : ODERDA “ORIS”-
SEGHESIO “RENZINO” -GALLO “MARIO”ED IO SEGHESIO GIANNI “JAN” avemmo l’incarico
di trasferire il corpo di “Lulù” dovemmo attraversare con l’auto su di un
traghetto che aveva una sola barca e quindi molto instabile. Io e Balilla,
seduti sui parafanghi dovemmo stare immobili senza fiatare! Arrivammo alla
frazione “Manzoni” di Monforte e lo consegnammo. Il giorno dopo fu sepolto
provvisoriamente nel Cimitero di Monforte. A fine guerra gli fu celebrato il
funerale e traslato al Sacrario di Chiusa Pesio, da lì lo venne a prelevare il
papà. Ricordo il papà che assomigliava molto al figliolo “..in citinot mair”(un
piccolino ,magro”).
COL GRUPPO DI PIERINO FERRARA “IL BIONDO”
Nel periodo che fui con il gruppo partigiano di Pierino
“il biondo” originario di Albisola marina, ricordo un fatto per cui fummo
redarguiti. …eravamo in quattro o più con un carro trainato da un cavallo che
trottava come un metronomo. Si andava verso Trinità sulla statale Fossano
Mondovì quando avvistammo due (birocin)Calessi con un tedesco ciascuno sopra,
uno lo prendemmo, ma l’altro lo lasciammo andare perché nell’abitato di Trinità
fummo fermati da un centinaio di persone che ci pregavano di lasciarlo andare
poiché temevano “rappresaglia”. Lo lasciammo andare ma quando arrivammo alla
base il Capo gruppo “Pierin il biondo” ci fece una solenne sgridata. Tuttavia
noi eravamo abituati ad essere bistrattati dai capi che dipendevano proprio da
Mauri,(ci davano degli incapaci perché non sapevamo “marciare”), ma preferivamo
essere comprensivi nei confronti della gente che rischiava poi l’incendio delle
case.
GIOVANI
PARTIGIANI
Gianni
ripensa all’incontro commemorativo del 27 gennaio ad Arguello e riflette sui
ragazzi presenti:<Alla vista di quei ragazzi di 14 anni mi son tornati alla
mente i miei compagni che di 13 -14 anni svolgevano attività di staffette o di guardia
in condizioni incredibili e con grandi rischi, poiché i Muti o i tedeschi se ti
beccavano non stavano a chiedere i documenti. Partiva una raffica ed era
finita.
Vi
erano tedeschi, russi vestiti da tedeschi, slavi con i quali non ti capivi o
anche i repubblicani che sparavano a tutto ciò che si muoveva. Lo zio di mia
moglie fu ucciso perché aveva guardato chi passava in strada.
A
PROPOSITO DI RUSSI
A proposito di russi, una volta io e mio fratello venimmo a
casa per darci una lavata, e mentre lui era sopra, io rimasi sotto a
sorvegliare. In un un attimo sentii dei passi e mi trovai di fronte due russi
vestiti da tedeschi che chiedevano “grappa”. Mi si gelò il sangue perché
“renzino” mio fratello era sopra con le armi e loro messomi da parte stavano
salendo la scala. Richiamai la loro attenzione con una fiasca di grappa e
questi vennero da me a prenderla e uscirono! La scampammo, ma che paura! Se fossero
saliti e visto le armi avrebbero sicuramente sparato! In fretta e furia
prendemmo la strada della campagna e tornammo col gruppo.
JAN VICO DI CHERASCO- MELO- RENZINO-
FLAVIO-
LULU’- LIPO GABETTI che era il meccanico del gruppo.
Lulù requisì a un abitante di Dogliani una “Citroen a
trazione “anterieur!”(ricorda la pronuncia di “Loulou” Era
tenuta benissimo e il proprietario si era raccomandato
che se si fosse guastata gliela avrebbe riportata a
riparare senza “pasticciarla” Ci teneva molto!
Balilla
era del 1930 era di Farigliano ed io “Jan” del 29 !
Dice:
<ma noi ragazzi non avevamo divise. Eravamo tutti anonimi. Se succedeva
qualcosa gettavamo via l’arma e non potevano dirci nulla.> Da Farigliano
venivamo a Dogliani dove c’erano i repubblicani ma nonavemmo mai problemi.
Furono i capi che vollero fossimo vestiti normalmente per poterci muovere
indisturbati. Si andava ad Alba e in altri paesi e città a prendere o portare
messaggi e certo facevamo attenzione ma non successe mai di essere fermati.
Quando
fu ucciso “Lulù” eravamo partiti per un’azione nei dintorni di Fossano, avevamo
un “1100 tagliato, una campagnola , due o tre moto e un “birocc” (calesse).
Mentre eravamo in viaggio giunse la notizia del tragico incidente.
“DEMIS”
CHE MI SVELÒ IL NOME DI LULÙ
Io fui
uno dei primi che seppi il nome di “Louis Chabas “ poiché ero amico di “Demi”
il francese amico di Lulù. Un giorno aveva un foglietto con su scritto “Louis
Chabas” e me lo mostrò, io gli chiesi: < chi è?> e lui: “Lulù!” Una sera,
mentre si andava a ballare, perché si faceva anche festa neh!? Gli dissi<Ehi
Louis Chabas!> lui stupito, si arrabbiò e volle sapere chi me lo aveva
detto! Poi gli passò, ma si era infuriato. Era molto geloso della sua identità e
non voleva che nessuno lo sapesse.
Lorenzo Seghesio “Renzino”
Benevagenna: strada dove fu ucciso “Lulù”
Il 9
Febbraio 1945, Lulù e la sua squadra, tra i quali eravamo anche mio fratello ed
io, era diretto a Fossano per far saltare con la dinamite un viadotto
ferroviario. Quella sera si fermò per cenare a Benevagenna e stava per
rimettersi in viaggio quando in lontananza, sotto i portici, notò delle ombre
che si muovevano. Prese un mitra e andò avanti per vedere chi ci fosse. Renzino, mio fratello e un altro partigiano lo seguivano a breve distanza.
Chi va
là! Intimò una voce dall’ombra. Sono Lulù e si proiettò la lampadina in volto
per farsi riconoscere. Era sicuro che fossero Partigiani e che lo avrebbero
riconosciuto. Ma quella sera indossava una divisa da tedesco e come risposta
partì una raffica di mitra. Anche noi corremmo in avanti pensando che Lulù ci
precedesse, ma fummo tutti ingannati dalle ombre in fuga. Sapemmo dopo che gli
sparatori allontanatisi erano partigiani di <Giustizia e Libertà> in
marcia di trasferimento; non conoscevano quei posti e non avevano mai visto
Lulù. Tornati indietro trovammo Lulù anncora con la lampadina accesa e colpito
a morte alla gola e alla fronte. Lo portammo a Monforte e i giornali il giorno
dopo diedero la notizia con un lungo articolo dal titolo “LA MORTE DI UN
BANDITO
AGGUATO A
DOGLIANI
Un paio
di mesi prima, Lulù era stato attirato in un agguato nei pressi di una scala predisposta
all’albergo reale di Dogliani da militi fascisti della legione. Non ebbe sospetti
poiché i fascisti indossavano abiti borghesi. Ma quando uno di questi si
avvicinò puntandogli il mitra, ebbe una razione fulminea. Anziché alzare le
mani come gli era stato intimato, si butto sull’avversario e gli strappò
l’arma. Con questa si aprì poi la strada fra i fascisti che lo avevano
circondato e si allontanò scomparendo.
RICORDO
DI AZIONI
Ricordo
che Lulù era già stato ucciso e noi Partigiani andammo ancora a Dogliani ad
effettuare un’azione contro i repubblicani che alloggiavano all’Albergo
“Fiorito”. Avevamo ricevuto tante armi
“lanciate” dagli americani! Nonostante fosse quasi finita, soprattutto i
capi erano ricercati da quella”gineuira fascista” che aveva nome “FARINA,
LANGUASCO,I MUTI”. Eravamo stanchi di nasconderci e di correre pericoli, ma
vedevamo che i tedeschi se ne andavano e allora cercavamo di produrre ancora
“disturbo”.
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