lunedì 27 novembre 2023

SEGHESIO GIANNI PARTIGIANO "JAN" DOGLIANI 1928

 

SEGHESIO  GIANNI 21/12/1928  DOGLIANI 


https://youtu.be/1x3mWZKennA






 Nome di battaglia “IAN”“ 

PARTIGIANO  1° DIV LANGHE

Seghesio Gianni 1928 di Carolina Navello 1901 di San Quirico di Dogliani e di Valentino del 1899. Nel ’44 a soli 16 anni seguì il fratello Lorenzo Partigiano “Renzino” del 1925. Il fratello Renzo fu arruolato nel Corpo dei Vigili del fuoco e inviato a Livorno. Con l’otto settembre fuggì, tornò a casa, e si aggregò al gruppo partigiano che si era formato a Mombarcaro. In seguito si unì alla squadra di Lulù.

                                       Lulù 

 Si rimase per due mesi con “Genio Stipcevic”, poi, siccome non avevano armi una notte il gruppo si trasferì a Rocca Ciglié e si rimase in quell’inverno 1943/44 a preparare i detonatori per gli atti di sabotaggio. Ricordo un “ciabot” pieno zeppo di “plastico” e una Chiesetta che fungeva da magazzino dei paracadute dei lanci. Il gruppo era addetto al recupero dei materiali dei lanci. Nel cuore della notte, quando avveniva il lancio vi erano già i mezzi pronti ed in due ore si recuperava tutto e lo si nascondeva. Quando venimmo via da Rocca Cigliè ci nascondevamo nelle borgate e cascine, d’inverno si dormiva nella stalla e col bel tempo sulla “travà” fienile”.

https://youtu.be/tdZwrWe5hQA                                                  

Quando il gruppo di Partigiani :  ODERDA “ORIS”- SEGHESIO “RENZINO” -GALLO “MARIO”ED IO SEGHESIO GIANNI “JAN” avemmo l’incarico di trasferire il corpo di “Lulù” dovemmo attraversare con l’auto su di un traghetto che aveva una sola barca e quindi molto instabile. Io e Balilla, seduti sui parafanghi dovemmo stare immobili senza fiatare! Arrivammo alla frazione “Manzoni” di Monforte e lo consegnammo. Il giorno dopo fu sepolto provvisoriamente nel Cimitero di Monforte. A fine guerra gli fu celebrato il funerale e traslato al Sacrario di Chiusa Pesio, da lì lo venne a prelevare il papà. Ricordo il papà che assomigliava molto al figliolo “..in citinot mair”(un piccolino ,magro”).

 

COL GRUPPO DI PIERINO FERRARA “IL BIONDO”

Nel periodo che fui con il gruppo partigiano di Pierino “il biondo” originario di Albisola marina, ricordo un fatto per cui fummo redarguiti. …eravamo in quattro o più con un carro trainato da un cavallo che trottava come un metronomo. Si andava verso Trinità sulla statale Fossano Mondovì quando avvistammo due (birocin)Calessi con un tedesco ciascuno sopra, uno lo prendemmo, ma l’altro lo lasciammo andare perché nell’abitato di Trinità fummo fermati da un centinaio di persone che ci pregavano di lasciarlo andare poiché temevano “rappresaglia”. Lo lasciammo andare ma quando arrivammo alla base il Capo gruppo “Pierin il biondo” ci fece una solenne sgridata. Tuttavia noi eravamo abituati ad essere bistrattati dai capi che dipendevano proprio da Mauri,(ci davano degli incapaci perché non sapevamo “marciare”), ma preferivamo essere comprensivi nei confronti della gente che rischiava poi l’incendio delle case.

 

 

GIOVANI PARTIGIANI

Gianni ripensa all’incontro commemorativo del 27 gennaio ad Arguello e riflette sui ragazzi presenti:<Alla vista di quei ragazzi di 14 anni mi son tornati alla mente i miei compagni che di 13 -14 anni svolgevano attività di staffette o di guardia in condizioni incredibili e con grandi rischi, poiché i Muti o i tedeschi se ti beccavano non stavano a chiedere i documenti. Partiva una raffica ed era finita.

Vi erano tedeschi, russi vestiti da tedeschi, slavi con i quali non ti capivi o anche i repubblicani che sparavano a tutto ciò che si muoveva. Lo zio di mia moglie fu ucciso perché aveva guardato chi passava in strada.

A PROPOSITO DI RUSSI

A proposito di russi, una volta io e mio fratello venimmo a casa per darci una lavata, e mentre lui era sopra, io rimasi sotto a sorvegliare. In un un attimo sentii dei passi e mi trovai di fronte due russi vestiti da tedeschi che chiedevano “grappa”. Mi si gelò il sangue perché “renzino” mio fratello era sopra con le armi e loro messomi da parte stavano salendo la scala. Richiamai la loro attenzione con una fiasca di grappa e questi vennero da me a prenderla e uscirono! La scampammo, ma che paura! Se fossero saliti e visto le armi avrebbero sicuramente sparato! In fretta e furia prendemmo la strada della campagna e tornammo col gruppo.


 

 

 

JAN VICO DI CHERASCO- MELO- RENZINO- 

FLAVIO- 

LULU’- LIPO GABETTI che era il meccanico del gruppo. 

Lulù requisì a un abitante di Dogliani una “Citroen a 

trazione “anterieur!”(ricorda la pronuncia di “Loulou” Era 

tenuta benissimo e il proprietario si era raccomandato 

che se si fosse guastata gliela avrebbe riportata a 

riparare senza “pasticciarla” Ci teneva molto!


Balilla era del 1930 era di Farigliano ed io “Jan” del 29 !

Dice: <ma noi ragazzi non avevamo divise. Eravamo tutti anonimi. Se succedeva qualcosa gettavamo via l’arma e non potevano dirci nulla.> Da Farigliano venivamo a Dogliani dove c’erano i repubblicani ma nonavemmo mai problemi. Furono i capi che vollero fossimo vestiti normalmente per poterci muovere indisturbati. Si andava ad Alba e in altri paesi e città a prendere o portare messaggi e certo facevamo attenzione ma non successe mai di essere fermati.

Quando fu ucciso “Lulù” eravamo partiti per un’azione nei dintorni di Fossano, avevamo un “1100 tagliato, una campagnola , due o tre moto e un “birocc” (calesse). Mentre eravamo in viaggio giunse la notizia del tragico incidente.

“DEMIS” CHE MI SVELÒ IL NOME DI LULÙ

Io fui uno dei primi che seppi il nome di “Louis Chabas “ poiché ero amico di “Demi” il francese amico di Lulù. Un giorno aveva un foglietto con su scritto “Louis Chabas” e me lo mostrò, io gli chiesi: < chi è?> e lui: “Lulù!” Una sera, mentre si andava a ballare, perché si faceva anche festa neh!? Gli dissi<Ehi Louis Chabas!> lui stupito, si arrabbiò e volle sapere chi me lo aveva detto! Poi gli passò, ma si era infuriato. Era molto geloso della sua identità e non voleva che nessuno lo sapesse.

 

 

 

 

 

 

 

 SEGHESIO RENZO "Rènsin"

 

 MIO FRATELLO ED IO CON LULÙ

 

Lorenzo Seghesio “Renzino”       

Benevagenna: strada dove fu ucciso “Lulù”


Il 9 Febbraio 1945, Lulù e la sua squadra, tra i quali eravamo anche mio fratello ed io, era diretto a Fossano per far saltare con la dinamite un viadotto ferroviario. Quella sera si fermò per cenare a Benevagenna e stava per rimettersi in viaggio quando in lontananza, sotto i portici, notò delle ombre che si muovevano. Prese un mitra e andò avanti per vedere chi ci fosse. Renzino, mio fratello e un altro partigiano lo seguivano a breve distanza.

Chi va là! Intimò una voce dall’ombra. Sono Lulù e si proiettò la lampadina in volto per farsi riconoscere. Era sicuro che fossero Partigiani e che lo avrebbero riconosciuto. Ma quella sera indossava una divisa da tedesco e come risposta partì una raffica di mitra. Anche noi corremmo in avanti pensando che Lulù ci precedesse, ma fummo tutti ingannati dalle ombre in fuga. Sapemmo dopo che gli sparatori allontanatisi erano partigiani di <Giustizia e Libertà> in marcia di trasferimento; non conoscevano quei posti e non avevano mai visto Lulù. Tornati indietro trovammo Lulù anncora con la lampadina accesa e colpito a morte alla gola e alla fronte. Lo portammo a Monforte e i giornali il giorno dopo diedero la notizia con un lungo articolo dal titolo “LA MORTE DI UN BANDITO

AGGUATO A DOGLIANI

Un paio di mesi prima, Lulù era stato attirato in un agguato  nei pressi di una scala predisposta all’albergo reale di Dogliani da militi fascisti della legione. Non ebbe sospetti poiché i fascisti indossavano abiti borghesi. Ma quando uno di questi si avvicinò puntandogli il mitra, ebbe una razione fulminea. Anziché alzare le mani come gli era stato intimato, si butto sull’avversario e gli strappò l’arma. Con questa si aprì poi la strada fra i fascisti che lo avevano circondato e si allontanò scomparendo.

 

RICORDO DI AZIONI

Ricordo che Lulù era già stato ucciso e noi Partigiani andammo ancora a Dogliani ad effettuare un’azione contro i repubblicani che alloggiavano all’Albergo “Fiorito”. Avevamo ricevuto tante armi  “lanciate” dagli americani! Nonostante fosse quasi finita, soprattutto i capi erano ricercati da quella”gineuira fascista” che aveva nome “FARINA, LANGUASCO,I MUTI”. Eravamo stanchi di nasconderci e di correre pericoli, ma vedevamo che i tedeschi se ne andavano e allora cercavamo di produrre ancora “disturbo”.

 

 

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