venerdì 1 dicembre 2023

VEGLIO EVELINA CISSONE LEQUIO BERRIA 1925

 


                        VEGLIO EVELINA  1925 CISSONE 

                          POZZETTI DI LEQUIO BERRIA

https://youtu.be/AZp8OpapvzU               da piccola

https://youtu.be/lSOr69L2e9M                            al pascolo e a lavare



<Io sono Veglio Evelina nata a Cissone nel 1925 in Borgata Pianezza da Lucia e Giovanni. In famiglia eravamo dieci figli: 

Carlin,Giusepin,Genio,Emma,Nina,Angiolina,Talina, Ernestina e i due fratelli che morirono di polmonite.  Ricordo che nei tempi di guerra a casa eravamo solo io e mia sorella, le più piccole, poiché gli altri erano tutti da “servitò” e da “servente”. Noi eravamo troppo giovani e nessuno  ci assumeva” on piava”!

Il papà morì giovane, aveva solo 52 anni! ma lo ricordo poiché sistemava il pane molto in alto affinchè non lo prendessimo!”diceva: “fèi mach dij toch” fate solo dei pezzi!(il pane non va sprecato!). Noi bambini avevamo sempre fame e la mamma per toglierci di casa ci mandava al pascolo con le cinque pecore e una capra, e noi ci toglievamo un po’ di fame mangiando di tutto, dai fiori ai frutti che si trovavano. Per andare a scuola dovevo attraversare “tre rian” ruscelli.

La mamma per distrarci ci faceva lavorare e con la bella o la brutta stagione ci mandava anche a lavare alla “tampa” pozza d'acqua, che era dove abitava una zia. Con le robe da lavare in una “cavagna” cesta, più grande di me, si percorreva un bel pezzo di strada e in inverno,  si rompeva il ghiaccio e poi si lavavano i panni. Con me veniva una nipote ancora molto piccola, che dopo un po’ piangeva perché le si gelavano le mani e così io, più grande lavavo anche le sue. Era faticoso, ma “guai a parlé”guai a parlare, non potevi rifiutarti, perché ti facevano stare senza mangiare! E noi r’avo sempre fam! e noi avevamo sempre tanta fame.

Quando mi ammalai di polmonite e avevo la febbre alta, la mamma adottò un rimedio drastico: prese un lenzuolo bagnato e mi avvolse per fare abbassare la febbre, io guarii ma due miei fratelli morirono!

In tempo di guerra venivano  i tedeschi e ci prendevano le galline che la mamma allevava con grande fatica. Ricordo che sempre piangeva! Si stava sempre alla finestra per vedere se arrivavano e la mamma non ci lasciava neppure cantare perché si doveva sentire il loro arrivo per andare a nasconderci, o in cantina o nell’ovile. Si diceva che prendevano anche i bambini e allora ci dovevamo nascondere e stare in silenzio.

Verso i 14 15 anni andavo a lavorare nei filari e si faceva solo una pausa per mangiare “na mnestra marija” una minestra cattiva! poi si tornava nella vigna. Per mettere un po’ di sale in quella minestra mio padre andava con il cavallo e il carro fino in Vaccheria  a caricare una o due damigiane di acqua salata, così la mamma aggiungeva un “cassù” mestolo di acqua salata che insaporiva la brodaglia. Il nonno dei Pozzetti prima che nascessi io andava addirittura in Liguria a caricare l’acqua salata!

MARIUCCIA POZZETTI SIBONA - A proposito di damigiane, quando si abitava ai “Pozzetti” mio padre portava due damigiane di vino , di sua produzione a Torino e per mimetizzarle si faceva accompagnare dalla “Bolana”. Era una “madama” energica che vestiva con quei gonnelloni dell’ottocento e ricopriva così le due damigiane. Arrivati al “Dazio” alle porte di Torino, quando gli addetti al controllo tentavano di sollevare la veste della Bolana, questa schiaffeggiava le mani del Daziere e cominciava ad urlare improperi del tipo:”sporcacion, stà ‘ndrè!” e così questo terminava il controllo e faceva segno di andare. Mi ricordo che da bambina, vidi alcune volte questa scena e ancora adesso mi vien da ridere!

Furono tempi tristi in cui si fece tanta fatica e tanta fame. Una volta io e mia sorella fummo incaricate di portare a vendere il ”bèro” l’agnello alla fiera di Monforte. Noi, ragazzine, non riuscimmo a vendere facilmente l’animale e così arrivammo a casa tardi, e  fummo punite dalla cognata, la moglie del fratello più grande: non ci diede nulla da mangiare né da bere! “grama neh” cattiva neh ! Certo che il mangiare era poco anche per la sua famiglia, ma qualcosa poteva anche darcelo!

Mia madre, con il latte delle cinque pecore e una capra, produceva delle buone “tome” robiole che portavamo a vendere e forse qualcuna si mangiava anche.

Che alleva pecore e capre è ormai rimasto il solo Sergio do Riao che vive da solo in fondo alla valle al bivio di Roddino Cissone e Dogliani.


Quando fui più grande, mentre andavo al forno a Roddino conobbi Lorenzo che era del 1916 e quando ebbi 18 anni lo sposai eravamo del 1943, così andai ad abitare alla cascina Pozzetti dove si lavorava tanto ma si stava in armonia. Purtroppo il mio primo figlio, Luciano a un anno morì “dèr mar dèr grip”(difterite)

Ricordo anche i nomi di due miei nipoti che morirono in guerra: Giovanin Boero figlio di mia sorella Adelaide e Severino Costa figlio di mia sorella Talina entrambi erano di Cissone e non sono tornati! 



BOERO  LUIGI GIOVANNI DI ADELAIDE e di ALESSANDRO CISSONE (CN/I) il 14/03/1918

Contadino FFAA Regie DIV. ALPINA CUNEENSE 1^ RGT SOLDATO

GLAZOV (URSS) il 27/01/1943

OSPEDALE 1149 27 01 1943 GLAZOV BELAJA KOLUNIZA URSS

 GLAZOV Repubblica dell'Udmurzia, a nord della Tataria sulla linea n° 3779 ferroviaria Kirov-Perm . 5882 Vi morirono 47 italiani.

BELAlA KHOLUNIZA Regione di Kirov, versante europeo degli Urali. Circa 80 Km. n° 1149 a nord del capoluogo. La stazione di riferimento era Slobodskoj. Vi morirono 295 italiani.


COSTA SEVERINO DI  NATALINA VEGLIO E VINCENZO

CISSONE 13 01 1920

CONTADINO

FF AA REGIE SOLDATO

DIV. ALPINA CUNEENSE 1°RGT.

URSS 31 01 1943

                                 


Mariuccia , la figlia,  conserva e mi mostra, un bel quadro dei bisnonni. Racconta che sono CORSINI GIUSEPPINA E POZZETTI LORENZO, suoi  bisnonni  e nonni di suo padre che fu anche Lorenzo. La nonna le raccontò della nonna bis Giuseppina che fu una “Dama di carità” eccezionale. Quando veniva a conoscenza di famiglie della zona che erano in difficoltà le andava ad aiutare o inviava cibarie e vestiti dai figli e dal marito. Era una possidente ma, ricordava la nonna”à rè mangiasse tut, fina ra cassina per giuté ra povra gènt”. Lorenzo Pozzetto entrò in Seminario da ragazzino e vi rimase finchè fu Chierico, aveva già il Talare con i bottoni rossi quando conobbe Giuseppina  se ne innamorò e la sposò!

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