Andai ad ascoltare Felice, un Ribelle, poi Partigiano "Felix" e subito scoprii che avevamo nel cuore amici comuni di Neive, Trezzo, Barbaresco, Rocchetta Belbo e così ricordammo il Comandante Gino, il Comandante Paolo, la staffetta Rossello Renzo ”Foco”, Alina della Canova, Modesto Masoero e Marcelin Masoero dei Currà di Neive. Andammo più indietro nel tempo e ricordammo Talina dr’Osto ‘d Neive, sorella della maestra Rita Gallina e il figlio Gigi dèr Cafè, grande giocatore di Balon, i fratelli Donetti(i fèracaval(maniscalchi) e forti Gigador da Balon.
Ci
soffermammo emozionati quando gli dissi che ero il figlio di Michelino, mi disse<èr
mecanich co travaiava da Pinoto ‘d Rivèt? (il meccanico che lavorava da Pinoto Rivetti?>
<propi chièl!>risposi io, e gli tornò in mente che gli consigliò di
acquistare la sua prima moto , un Guzzi sport 15 con il sidecar.
Partigiani di Mango
Glielo
fece comprare a centoquarantasettemilalire 147.000 L. Ricordò che andò a dirlo
a suo padre e gli disse anche che Michelino di Neviglie figlio di Pinoto dei
Toninèt gli avrebbe fatto fare lo sconto da 150 a 147.000. Il papà Maggiorino
approvò e così portò quella magnifica moto a Mango in Riforno. Fu grato a
Michelino per il consiglio di acquistare quel mezzo anziché una macchina, e lo
tenne fino al termine della guerra , quando lo sostituì con un camioncino più
adatto per i suoi commerci.
Il
ragazzo del 1923, nato a Riforno dove papà Maggiorino aveva stalla e cascina e
commerciava in bestiame, e la mamma Carmelina Cane gestiva la Tabaccheria, mi
racconta con foga e capisco che gli fa piacere perché conosco le persone di cui
ricorda, tuttavia mi chiede: <tra fassni tropo lunga? (mi dilungo
troppo)preoccupato di annoiarmi! Ma quando gli dico che lo ascolto volentieri e
di stare tranquillo che apprezzo i suoi racconti, diventa “desgenà” e non si
ferma più.
Il
giovane Manghese conosceva tutti a Neive ed era conosciuto in quanto figlio del
Negossiant Magiorin che lui seguiva sempre nei suoi affari prima di diventare
falegname. Col padre andava ad acquistare le vacche e le conducevano alla
stazione di Neive per caricarle su di un carro merci e trasportarle ad Alba o
ad altri mercati. Il padre era amico e scambiava affari con Pinoto Giletti del
Casasse e padre di Alfredo del 1922. Ebbi il triste compito di comunicargli che
Fredo era mancato lo scorso anno. Ne fu dispiaciuto e mi seppe dire che “o jera
da mairé “ e lo aveva incontrato al Mercato di Neive non tanto tempo fa.
FELICE
MARINO OTTO SETTEMBRE 1943
Con Fredo
si trovarono a Cuneo al Comando di Divisione, lui del ’22 era andato in Russia
ma nel lavorare a dei Camminamenti si ammalò per un’infezione ad una mano e
finito in Ospedale fu tra i primi ad essere rimpatriato dopo la ritirata. Il
figlio di Magiorin lo aiutò a rimanere al Comando di Divisione grazie ad un
Maresciallo di Mango che non andò in Russia avendo già due figli in tenera età.
L’otto Settembre 1943 con la Divisione si trovarono a San Michele Appiano di
Bolzano, quindi con il Comando li fecero salire al Passo della Mendola. Il
Comandante era il Segretario Comunale di Roccavione che aveva già combattuto
nella Grande Guerra. Il nove Settembre videro due autoblindo con bandiera
bianca che venivano a parlare con il Gen. Fassi, un fascistone che si sentiva
spesso con Mussolini. Felice era al Comando di Divisione del II Alpini e lo
sentiva sempre!
Il
Generale fece radunare gli Alpini e disse loro che essendo malvestiti, e male
armati conveniva accordarsi con i tedeschi che li avrebbero condotti in
Germania . Là sarebbero stati vestiti e armati e avrebbero combattuto per “ la
vittoria finale”. A quelle parole il Capitano di Roccavione disse ad un
gruppetto di Alpini: “ eh sì “ la vittoria finale!” avete voglia di
scappare?>
Felice e
compagni risposero che erano pronti a seguirlo. Disse loro di non dar
nell’occhio e silenziosamente preparare lo zaino. Felice mise dello zucchero
nella gavetta e così evitò di far rumore con forchetta e cucchiaio. Nella notte
partirono e attraverso la Val di Non raggiunsero Malé. I valligiani li aiutarono
fornendo loro polenta latte e formaggio e li consigliarono di mollare le divise
e tener pronti i documenti da presentare ai tedeschi. Senza questi correvano il
rischio di essere “deportati” in Germania.
Felice aveva
solo una fotografia, ma si presentò all’ufficio Comunale e gli fu
immediatamente rilasciata la carta d’Identità.
dopo 20 giorni di
viaggio giunse a casa
Procedettero,
passarono a Brescia e Cremona e
raggiunsero il fiume Po. Qui ebbero il consiglio di raggiungere Pavia per
attraversare il fiume, poiché il tragitto da sponda a sponda era più breve.
Così fecero e dopo aver dormito in un cascinale lungo il Po furono trasportati
a tre alla volta su di un “navetto” che faceva acqua, ma riuscirono. Il Tenente
di Lodi, Staffini li salutò.
Andarono
avanti e raggiunsero Valenza dove seppero che ad Alba il 43° Fanteria era stato
consegnato ai nazisti dal colonnello. Tuttavia furono consigliati di andare non verso
Alessandria, bensì verso Cantalupo per correre meno rischi. Una donna , avendo
saputo che dovevano andare verso Cuneo indicò un uomo della zona che era
Capotreno proprio su quella linea. Questi li fece salire sulla Locomotiva nel
vano carbone, così da poter essere avvisati dal macchinista con un “fischio del
vapore” in caso di pericolo. Dei sei, Felice fu il primo a scendere a
Castagnole Lanze. Qui risalì la Val di Bera, passò a Neive e arrivò in piena
notte a casa in Riforno. Chiamò Mamma Lina e fu accolto festosamente!
a casa , prime
decisioni e base alla Madonna della Rovere.
Il giorno successivo all’arrivo Felice si informò circa gli amici che erano anche tornati a casa e con loro decise di nascondere le armi che i militari sbandati provenienti dalla Francia avevano abbandonato. Le avvolsero dentro sacchi del cemento e le nascosero dnentro un muro a secco di un terreno di famiglia in Località “Brich drà Riana”. Così Bombe e armi furono messe al sicuro da eventuali requisizioni e pronte per essere utilizzate. Felix contattò il Prof. Oreste Gallina di Mango del 1894
Antifascista e che era stato Capitano nella Guerra del ‘15/’18. Aveva un buon aiuto in Carletto Morelli. Tramite Talina del Bar di Neive che era la sorella della maestra Rita di Mango, ebbero informazioni sui giovani di Neive che ben istruiti e sollecitati da Giovanni Negro erano già molto attivi. Presero i contatti con Poli il cui padre “Pinin” era amico del papà di Felice. Conosciuta la situazione in zona scelsero di rimanere nei propri posti che conoscevano bene e potevano utilizzare sia come nascondigli che come luoghi di operazione. Decisero di mettere la “base “ alla Madonna della Rovere. Il sito permetteva di controllare la valle e inoltre era ben visibile dalla cascina Riforno. Con la sorella Elia avevano escogitato un metodo di comunicazione che si rivelò sicuro ed efficace. Se venivano stesi abiti rossi significava PERICOLO, lenzuola bianche TUTTO TRANQUILLO, coperte scure ATENSSION CH’IV MASSO (GRANDE PERICOLO). Elia andando ad Alba per la “Levata” dei Sali e tabacchi prendeva informazioni e comunicava.
Felice
collaborò con Romano Scagliola”Diaz” di Neive, con i Ribelli di Mango e con il
gruppo di Poli.
Fu come
un fratello con Piero Ghiacci “Pierre”.
Quando
Piero doveva effettuare delle “missioni” andava a prendere Felice che era un
ottimo conoscitore del territorio, avendo sempre condotto a piedi gli animali ai
Mercati di Nizza e Alba.
Dopo il
Rastrellamento del 16 agosto si fece un po’ di Resistenza alla “Torretta”, poi,
con tante armi e giovani che chiedevano di aggregarsi, ma con poche munizioni
furono costretti a ritirarsi a San Bovo di Castino. Il 18 Agosto il Comandante
Mauri raggiunse San Bovo e formò la Brigata Belbo, vi mise a capo il Maggiore
Temple. Felice ricorda che Temple divenne amico di Pinin papà di Poli e che essendo stato in Australia conosceva
bene la lingua inglese. Temple propose subito a Pinin e Poli di costruire un
Campo di aviazione, fondamentale per la Brigata Belbo.
LA
RICETRASMITTENTE PARACADUTATA
Da San
Bovo la Brigata Belbo si trasferì alla Cascina Lodola di Castino. Felice
ricorda che il psto piacque molto al Comandante Temple e ancor di più quando fu paracadutata un
piccola radio ricetrasmittente e si
riuscì a farla funzionare giorno e notte proprio alla Lodola.
IL CAMPO
DI AVIAZIONE
Verso
Settembre 1944 il Maggiore Temple riprese con Poli il discorso per la
realizzazione del Campo di aviazione. Poli lo caricò sulla moto e lo portò
sulla strada per Cortemilia e verso Vesime. Quando furono alla Cascina
Cavallero, Temple fece fermare Poli e gli indicò il terreno dove avrebbero
realizzato il Campo di aviazione.
Trovato il sito nei giorni seguenti scese Felice per parlare con persone di Vesime che conosceva e tutti collaborarono per spostare un portico che ingombrava e con l’aiuto di tanti uomini e anche donne si realizzò un campo di 380 metri.
Si fece
venire un “apparecchio” pilotato da
“Giacomino” che atterrò e poi nel decollò passò a non più di tre metri dai
comignoli delle case di Vesime. Ciò fece capire che occorreva prolungare il
campo. Si trovò il modo di fornire di tubi di cemento un rio e il campo fu
prolungato di ben 280 metri.
Il campo
iniziò a funzionare e fu molto utile poiché atterrarono dei “Bimotori” che
trasportarono feriti e materiali. Soprattutto al piccolo ospedale di
Cortemilia, dove venne ad operare anche il Prof. Dogliotti, arrivò la
Penicillina che servì a guarire non solo i Partigiani. Felice dice che
consigliava alle mamme che avevano bimbi con la Brochite di andare dagli
Ufficiali a richiedere il medicinale. Ricorda che questi si intenerivano e
iniettavano il miracoloso medicinale!
Il nome in codice era Excelsior. fra l´ottobre e il novembre del 1944 gli uomini della seconda divisione autonoma Langhe, al comando di Piero Balbo e Neville Darewski, l´ufficiale britannico del SOE (Special Operation Executive) conosciuto come maggiore Temple, idearono e realizzarono il campo d´aviazione di Vesime. Lo fecero grazie all´aiuto dei contadini e degli abitanti della zona come il geometra Pasquale Balaclava, che concretizzò materialmente il progetto. Situato sulla sponda destra della Bormida di Millesimo, in prossimità del ponte di Perletto, sorse per favorire l´arrivo delle missioni alleate e il trasporto di feriti e di salme nell´Italia libera: una di queste fu quella del povero Temple, morto in un incidente assurdo (schiacciato contro un muro dalla fiancata di un camion) avvenuto a Marsaglia1l 15 novembre 1944
Fu collaudata il 17 novembre con l´atterraggio
dell´aereo inglese Lysander. Seguì, il 19 novembre, quello di un B-25 Mitchell.
Successivamente messo fuori uso dai tedeschi, che lo fecero arare, riprese
ancora a funzionare nel marzo-aprile del 1945. Altri velivoli vi giunsero e
ripartirono: tre Lysander e un C-47 Dakota. Dopo la fine della guerra
l´air-field, che era lungo circa 1100 metri e la cui esistenza venne
documentata dalle macchine fotografiche di due sergenti inglesi (le immagini
sono all´Imperial War Museum di Londra), ritornò a ospitare mais, granoturco,
un pioppeto. Rimase vivo, tuttavia, nella memoria della gente. Non a caso la
costruzione del campo sarebbe stato definito da Bill Pickering, coraggioso
agente del Soe che agì nel´Astigiano, «uno dei più audaci progetti nella storia
della seconda guerra mondiale».
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