domenica 17 dicembre 2023

OLIVERO ILMA 1931 TORRE BORMIDA

 


OLIVERO ILMA 12 LUGLIO 1931 TORRE BORMIDA
Nata in Loc. “Patriot- a ra Grela” poi vissi 3 anni a “la Villa di Cherasco”

Grazie al nonno che viveva a Castino, mio papà seppe che era in vendita  la cascina del “Tornin” a Cravanzana e il 30 Aprile 1938 ci trasferimmo qui dopo aver venduto a Cherasco.

Iniziai le scuole a Villa di Cherasco e poi frequentai fino alla quarta. Con la guerra, a maggio del ’40 i bambini non andarono più a scuola e anche io  rimasi a casa.

NONNO MICHLIN 1881 NONNA 1890

Mio nonno Gavarino Giovanni detto “Michlin” del 1881 partecipò alla Guerra Europea e fu ferito. Tornato a casa avviò un ‘ottima attività di “strop” (gregge e allevamento di bestiame). Lui allevava pecore e buoi e quando venivano venduti, come da contratto veniva diviso a metà il ricavato. Purtroppo con la svalutazione dovuta alla guerra, i proprietari dei capi li acquistarono e il nonno rimase con un po’ di soldi svalutati. Il tracollo segnò l’uomo e ne subì una forte depressione. A sessant’anni si ammalò di tumore e pur operato a Cuneo non sopravvisse.

Mia mamma, Virginia si sposò a sedici anni e nel 1927 partorì il primo figlio, nel ’29 nacque la sorellina Secondina che morì a 18 mesi in seguito alle ustioni che si procurò rovesciandosi addosso il caffè della caffettiera che era sulla stufa.

La mamma ne parlava malvolentieri di quel fatto, ma si capiva che era rimasta turbata per sempre. Aveva un “Ricciolo” della sua piccola e lo teneva gelosamente in un “tubicino” alla catenina.

Anche il  fratello Francesco a 28 anni morì in un incidente con il camion . Si era sposato la Domenica ma il datore di lavoro di Cossano gli chiese di sostituire un collega indisposto. Portò anche la moglie e partirono per la Toscana con un carico di Cioccolato. Al ritorno con un carico di paglia si schiantò contro un altro camion nei pressi di Cecina, lui morì sul colpo, la moglie fu illesa poiché nella cuccetta.

PERIODO DELLA GUERRA

Con lo “sbandamento” dell’otto Settembre, arrivarono tanti militari (dalle Caserme) e la nostra era la prima cascina dove si fermavano, ricordo che la nonna e la mamma preparavano loro da mangiare. Da noi si fermò un militare “Polizzi Giovanni del 1911 di Licata Prov. Di Agrigento” rimase con noi fino al termine della guerra. Un altro militare rimase solo pochi giorni poi si trasferì a Torre Bormida e rimase presso un’ altra famiglia. Giovanni anche quando ritornò a casa continuò a scriverci e a ringraziare per l’ospitalità.

Seppur bambina ricordo quando venivano i partigiani e le partigiane e si fermavano a dormire sulla cascina.

Quando vennero i tedeschi bruciarono per rappresaglia il mulino di Cravanzana e poi anche le cascine della zona Vernea di Castino dove aveva la Cascina anche il nonno! Ben l’unica che non bruciarono fu proprio quella deli nonni perché la nonna vedendo che bruciavano tutto mise fuori tutte le masserizie. I nazifascisti le chiesero perché avesse messo tutto fuori e lei con forza e coraggio:< se bruciate tutto almeno salviamo qualcosa!> Il Comandante non la fece bruciare, e pensare che in un Ciabot vicino alla casa vi erano gli Alpini della Monterosa con il Capitano Franco. Io ero affascinata da quel gruppo che in quel casotto si facevano da mangiare e alla sera si mettevano nel prato dietro e cantavano i cori alpini. Ricordo che la nonna a volte preparava per loro gli gnocchi cuocendo sulla stufa di ghisa a due buchi.

Ai bei ricordi si uniscono anche fatti terribili. Quegli alpini a volte portavano nella sede dei fascisti catturati e li fucilavano e poi seppellivano nel nostro terreno. Una volta mio papà vide arrivare una donna scalza con il rosario in mano e sospinta da Partigiani armati, fu fucilata. Mio padre quella sera non mangiò, tanto era rimasto scosso da quella visione.

UN BRUTTO RISCHIO

Una volta ero andata dai nonni a prendere una capra allo “strop”. Tornando, quando fui nello “rian” (avallamento del rio) mi trovai davanti un uomo che era stato preso prigioniero dagli Alpini della Monterosa ed aveva un barbone nero. Non sapendo che intenzioni avesse tirai la capra e imboccai la strada che portava alla “Cà rossa” dove mi confidai con quella donna. Quando fui a casa non dissi nulla del pericolo vissuto e i miei lo seppero dalla donna. Mi vergognavo a raccontare il fatto, ma erano altri tempi e noi si aveva paura di niente. Io andavo dalla nonna, rimanevo fino a notte e con lei si faceva la torta sulla stufa “ed doi buch” e poi al buio prendevo il sentiero, quando ero da “Bèrtromé”Bartolomeo,  scendevo per la scorciatoia nello “rian” e indovinavo il sentiero senza vedere nulla perché era già buio! Tolto quel periodo della guerra in cui arrivarono dei forestieri, prima ci si conoscevamo tutti sulla “Langa”.

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