mercoledì 20 dicembre 2023

CAVALLOTTO FILIPPO LEQUIO BERRIA 1925

 



CAVALLOTTO FILIPPO LEQUIO BERRIA 1925

https://youtu.be/I-JDnafiWnk         

 Nato nel 1925 in una Cascina sotto la frazione Garabelli di Borine, Filippo “Lipo” Cavallotto ricorda che aveva tre anni e aiutava già la nonna. Andava a prendere una piccola “fascina” di legna e le scopava la casa, lei in cambio gli dava due soldi e gli preparava “ra corniéla” con “ra cognà”(treccina ripiena di Cotognata: mostarda di mosto fichi, mele, pere cotogne, noci, nocciole)  quando si andava a cuocere il pane. A quei tempi si mangiavamo trenta chili di pane alla settimana!

 

INCIDENTE AL NONNO

Il nonno, che proveniva da Cerretto, “ o rava tacò èr capèl ao ciò” (aveva sposato la proprietaria della cascina) portava la legna e le fascine ai panettieri di Alba. Con i figli andava a tagliare legname nei boschi, lo preparava e con i buoi lo andava a prendere in seguito. Con il cavallo e il carro lo consegnava ad Alba. Una volta, mentre “oi dava ao torn” ( mentre tendeva le funi del verricello), in località Sciapairon,  rimase impigliato con il mantello “ar Vapor”(Cavalletto a piramide rovesciata per l’appoggio del carro) e toccò le gambe del cavallo che si avviò e fu fermato solo in Valgaia. Il nonno fu trascinato sotto il carro e si conciò veramente male, tanto da non poter più effettuare le consegne di legna. Aveva  anche impiantato le viti e produceva dell’ottimo vino. Venivano ad acquistarlo da Alba con i cavalli con “i ciochin” (con i campanelli) e si sentivano già quando erano ai Tre Cunei! I cartonè(carrettieri) si portavano il “barlèt” (barilotto da 5 litri) per averlo gratuitamente, questa era l’usanza. Si produceva dell’ottimo vino anche perché erano buone le posizioni dei vigneti. Una volta si beveva molto vino, ricorda che un muratore disse  alla nonna: Tanto mi piace il vino che andrei volentieri dentro la botte(caréra).

ALLA VISITA DI LEVA

Da Lequio erano in 20 della Leva del 1925. Li fecero andare alla visita nel 1943 perché c’era la guerra. Fu dichiarato abile e partì solo Lui. Ascoltò il Podestà che gli disse: < Vai tranquillo alla visita di leva che hai da vedere che siccome sei Mugnaio o ti lasciano a casa oppure ti mettono nella Sussistenza!> Invece andò alla Visita il sette Luglio e otto giorni dopo ricevette la cartolina Precetto. Fu inviato in Francia e vi rimase tre mesi e mezzo. Qui a casa non sapevano dove fosse finito e se fosse vivo o morto. Non poteva scrivere a casa e inoltre non aveva documenti perché avevano preso loro tutto.

https://youtu.be/HJdZrmUSMhE                 

 L’otto Settembre 1943 con l’Armistizio furono radunati e chiesero loro cosa volevano fare. Erano un gruppetto di amici, alcuni di Dogliani altri di Serralunga e si consultarono, decisero di accettare di andare a lavorare, pensando che così  avrebbero avuto qualcosa da mangiare e invece capirono subito che erano prigionieri. Ricorda che il giorno dei Santi vi erano due giorni di festa e siccome erano affamati entrarono in un forno dove producevano e vendevano pane e chiesero di acquistarne ma non lo ebbero poiché non avevano la Tessera Annonaria. Usciti dalla “boulangerie”, dopo pochi passi si sentirono chiamare da un signore francese che offrì loro un “filone di pane.

La situazione si faceva sempre più critica e qualcuno li avvisò di stare attenti perché sarebbero stati inviati in Germania. Infatti  si vedeva sparire la gente e si diceva li avessero trasferiti in Germania. Allora decisero di fuggire, partirono alle due dopo mezzanotte, salirono su di un treno senza sapere dove si andava poi si incamminarono verso le montagne con l’intento di rientrare in Italia.

https://youtu.be/IshDiv2QwLk   



 Fu una esperienza terribile, salirono verso il “Colle delle Munie”2542 m. attraverso quelle montagne che, dice Filippo:-< noi non avevamo mai viste.!> Partirono in cinque ma due  compagni  non riuscirono a sopravvivere a quel gelo e alla fatica. Furono costretti ad abbandonarli assiderati in un capanno di alta montagna dove si erano riparati per alcune ore. Trovarono un montanaro che  indicò un sentiero  per valicare il Colle delle Munie ma finirono in un burrone dove vi erano solo neve e sassi e a un certo punto  avevano solo più la testa fuori! Non sa come fece a uscirne vivo ma riuscì a raggiungere Chiappera e poi la casa a Lequio Berria dove lo avrebbero atteso altre peripezie.

      QUANDO TORNAI A CASA

FILIPPO:< Quando tornai, il 17 novembre venne una nevicata di mezzo metro, e ancora mi trovai in grande difficoltà. Dovevo nascondermi, ma anche aiutare mio padre nella attività. Noi compravamo il grano dai "partcolar" contadini della zona che ne avevano un po' di più e temevano glielo requisissero . Lo compravamo, ma dovevamo portarlo in Belbo da Bonino padre e figlio che erano commercianti non solo di grano ma anche di uova ed altro. Con loro eravamo d'accordo che noi si portava il carico in Belbo e poi da lì se ne prendevano responsabilità loro. Purtroppo erano tempi in cui si rischiava molto ed era pericoloso girare con carichi di roba che faceva gola a molti. Una notte, poiché a viaggiare di notte non ci fidavamo, feci venire uno col carro e i cavalli e partimmo scendendo verso la borgata Pianfré. Dopo un po' che viaggiavamo, a causa della pioggia che aveva reso fangosa la strada, rimanemmo piantati e i cavalli non c'è la facevano a procedere. Andammo a chiamare Filipin Castagnot che era un'ottima persona e venne subito con le due mucche che riuscirono a rimuovere il carro. Poi i cavalli non si fermarono più. Giunti in Belbo però, i Bonino non c'erano e dovetti andare di corsa a casa loro. Però non li trovai e dovetti tornare dal carro ad aspettarli.  Dopo poco arrivarono col camion e si potè trasferire il carico. Terminato, partii per tornare, ma incontrai il padre che veniva ad avvisarmi di non tornare perché vi erano i posti di blocco sia a Cerretto che a Lequio. Consegnai i soldi al papá e gli dissi  di nasconderli, poi mi rifugiai in uno rian sotto Cravanzana. Feci in tempo ad accucciarmi sotto un grande castagno, che vidi arrivare una colonna di S.S., contai 41 militi e mi passarono a non più di due metri nel sentiero.




Un altra volta ero con due miei amici di Cravanzana PAGLIERI E RABINO, a casa di Rinaldo, e si decise di ascoltare i loro famigliari(Condino che aveva fatto l'altra guerra)

Condino e moglie genitori di Rinaldo

che consigliavano di andarci a nascondere nello rian sotto Cravanzana dove non passava mai nessuno. Cosí si fece. Mentre si scendeva, siccome io avevo un po' più di esperienza, consigliai ai due amici che se avessero incrociato i repubblicani o i tedeschi avrebbero dovuto alzare le mani e arrendersi. Loro dissero che avevano capito, poi ci dividemmo. Io andai da una parte e loro dall'altra. Dopo neppure mezz'ora, sentii degli spari. Li avevano visti dalla strada che sale a Cerretto e li avevano uccisi. Dopo questo terribile fatto decisi di tornare a casa, e alle due di notte, in mezz'ora raggiunsi Lequio.   Scelsi di nascondermi là. 
Avevamo uno "stanssiòt(piccola camera) senza finestre, si entrava dietro un armadio. Entrai là dentro e feci spingere l’armadio contro la porta. Mia sorella mi passava da mangiare da sotto l’armadio e così rimasi là dentro finchè non fummo sicuri che non ci fosse più stato pericolo. Vennero alcune volte i republican e tedesch a cercarmi ma non mi trovarono.

 Fu anche grazie a mia sorella Paolina che andava ad aiutare Gina dr’ostu (dell'Osteria). Republican e tedesch andavano a mangiare da lei e Gina disse loro che la ragazza, mia sorella, che doveva aiutarla, aveva paura! Loro dissero di chiamarla e rassicurarla. Così Paolina andò e noi ci lasciarono tranquilli! 

 

I lavori di un tempo

Lipo rammenta che un tempo, in Langa, vi erano persone che si massacravano col lavoro. Andavano a “Piché”(arare il terreno (marna) con il picco poiché non vi erano altre attrezzature. Il terreno morbido”cotura”, dove poter usare la zappa era poco e così rompevano il tufo con il picco. La paga era di due lire al giorno con il mangiare, polenta a colazione e pranzo. Erano anche molti i “manuà”(manovali) che andavano a “sié”(falciare) tutta la giornata mentre il padrone andava alla Fiera. Ricorda che erano molti i proprietari che avevano il “sèrvitò” o il Manovale e afferma: “comandavo lor! Ra tassa ‘d famija ra favo paghé ai cit!”(Comandavano loro! E la “tassa famiglia” la facevano pagare ai contadini o artigiani che tribolavano a tirare avanti!” Con molta semplicità Filippo mi ha fornito un quadro socio-economico degli anni quaranta. Grazie Lipo.

Il Mulino marca Zarelli

Il mulino Cavallotto fu costruito nel 1910 dal nonno di Lipo e toccò al padre che era il più grande dei quattro fratelli. Nel 1929 il nonno procedette al sorteggio dei beni e fece scegliere i biglietti con le quattro parti per i figli.A scegliere i biglietti fu lui, cioè il nipote che portava il nome del capostipite, nonno  Filippo. Mise quattro “bièt antèr capèl” foglietti nel cappello con scritto su ognuno una  parte di averi e così i quattro figli ebbero la loro eredità.

Negli anni della guerra si macinava di notte per evitare i controlli e poter accantonare il macinato in nero.

Orgoglioso del suo Mulino afferma che nonostante l’età e il lavoro svolto è tuttora “ancèrmà”(Robusto).

 


 

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