giovedì 28 dicembre 2023

FENOGLIO TERSILLA SERRAVALLE LANGHE 1924 / 2004

 

 





                        FENOGLIO TERSILLA 

                      02/02/1924 SERRAVALLE

                         LANGHE (CUNEO)

                 ANDATA AVANTI 01/01/2004

Nome di battaglia  “TROTTOLINA” 

PARTIGIANO

C.DO 99° BRG. GARIBALDI. DIV LANGHE 

Dal 01/08/1944 Al 07/06/1945


                   


https://photos.app.goo.gl/n7qmr7pmv3suHniC6      

“TROTTOLINA” Maestra FENOGLIO OPPEDISANO TERSILLA del 1924 di Serravalle Langhe, raccontò alla Maestra MARIA TRAVERSA CAVALLOTTO di Cerretto Langhe, che allorché decise di collaborare con i Partigiani era studentessa al Collegio di Nizza Monferrato e per tenere i collegamenti con la sede dei Garibaldini a Villa di Serravalle Langhe, percorreva a piedi, tutta la Valle Belbo pur con grande disagio e pericolo. Chiese ai capi partigiani se poteva indossare i pantaloni per i viaggi di trasferimento, ma questi le consigliarono di non farlo poiché sarebbe stato più pericoloso in quanto una donna con i pantaloni avrebbe immediatamente dato nell’occhio e individuata come “Ribelle”. Così continuò i suoi viaggi vestita con la gonna sopportando anche l’inclemenza della pioggia e della neve.

 

LORENZO FENOGLIO COMANDANTE “RENZO”

RACCONTÒ DI “TROTTOLINA


     

<Ogni paese dell’alta Langa aveva i suoi tre o quattro partigiani in banda. Di Serravalle, in banda, eravamo io, Nandin, e Trottolina, unica donna. Lei con Margherita Vincenti iniziò l’attività partigiana svolgendo un lavoro di volantinaggio ad Alba. Si infiltrava tra i repubblichini, ascoltava i loro discorsi, i loro programmi, e riferiva. Nanni Latilla comandava il Raggruppamento Divisioni Langhe, e aveva come commissario politico Remo Guerra, un ex operaio, funzionario del Partito Comunista. Il lavoro di trottolina era quello della staffetta, teneva i collegamenti con la Langa e anche con Torino. Tutte le settimane partiva da Villa di Serravalle,


dove aveva la sede il nostro comando, e a piedi raggiungeva una cascina di Canelli. Da lì il plico proseguiva poi per il Monferrato. Quel lavoro di staffetta la entusiasmava perché l’obiettivo era un’umanità nuova, un mondo giusto, pulito.

Non sentiva mai la fatica, anche se a volte tornava con i piedi che sanguinavano a forza di camminare. Riusciva anche a vincere la paura, riusciva a mai drammatizzare il rischio di finire un giorno o l’altro al muro, fucilata. Quando rientrava al comando tutti la accoglievano con affetto, Remo Guerra la abbracciava, Nanni Latilla si metteva sull’attenti e le faceva il saluto militare...

Per noi non era una donna ma una sorella. Niente scherzi di cattivo gusto, non uno che la sfiorasse. Era circondata da un ambiente di famiglia. Un ex repubblichino, un calabrese, «Alioscia», che poi cadde prigioniero dei fascisti e venne fucilato, le diceva : <tu sei la nostra sorellina>. 


Era credente e tutte le sere diceva le preghiere e il Rosario, tutte le domeniche andava a Messa e tutti, anche i comunisti rispettavano i suoi sentimenti religiosi. Mi diceva: < sono uomini eccezionali i comunisti, ammiro soprattutto la loro dirittura morale, la loro ossessione dell’ideale dell’umanesimo. Sono sicura che con loro sono dalla parte giusta.>

Come me Trottolina aveva un grande rispetto per i contadini perché avevamo capito che ci avevano sfamati, e infatti non avemmo alcuna spia tra i contadini.

Come suggerisce il titolo di una raccolta di storie di Partigiane piemontesi, la resistenza femminile in Italia è in gran parte una "resistenza taciuta," che solo negli ultimi anni ha cominciato ad affiorare. Per capire le ragioni di questo silenzio occorre leggere il racconto-intervista di "Trottolina," una delle tante staffette che assicuravano i contatti tra i vari distaccamenti partigiani stanziati nelle Langhe, dove fu più tenace la resistenza contro i nazi-fascisti. Nonostante il ruolo importantissimo che Tersilla Fenoglio Oppedisano ebbe nel conflitto, le venne vietato di partecipare alle sfilate che si svolsero dopo la Liberazione

Testimonianza tratta dall’intervista rilasciata nel 1976 raccolta in La resistenza taciuta. Dodici vite di partigiane piemontesi, di Anna Maria Buzzone e Rachele Farina.

(…)L’8 settembre io sono scesa a Alba e sono andata davanti alla caserma: ho visto i nostri soldati che consegnavano i fucili mentre i tedeschi ammucchiavano le armi all’interno del cortile; sono entrata, e ho visto che tenevano prigionieri i nostri. In quel momento è scattata la molla del patriottismo contro il tedesco in casa. L’indomani io e qualche altro ci siamo messi in mezzo alla strada tutto il giorno, a bloccare i camion carichi dei nostri soldati che arrivavano dalla Francia e volevano ritornare a casa loro, al Sud. Dicevamo: “Non andate giù, se no vi pigliano prigionieri e vi portano in Germania”. Quella era già Resistenza. La Resistenza è nata da lì.


Sono stata ancora un po’, qualche mese, senza far niente. Nell’inverno del ’43 son sorte nella Langa le prime bande partigiane di Martini Mauri. A Murazzano già se ne parlava come di un eroe leggendario. Quando ho sentito parlare di lui, delle prime formazioni, ho provato il fascino del ribelle, legato al Risorgimento italiano, in funzione antiaustriaca. In quel momento ho buttato a mare non la patria, non quello che Mussolini mi aveva insegnato: io ho buttato a mare Mussolini. Ho detto: “Qui bisogna fare qualche cosa: dobbiamo impegnarci; non possiamo stare a casa a far niente”.


 Andavamo a turno dagli industriali e dicevamo: “Mi manda il partigiano tal dei tali. Abbiamo bisogno che voi finanziate le formazioni. Allora, o ci date tanto oppure vengono giù e fanno saltare l’azienda”.


Sono andata da Liborio, da Miroglio, da Rizzoglio, quello del mulino. Loro, anche davanti a una ragazzina come me, avevano una paura folle! Io andavo da sola, con una borsa a tracolla, e avevo una paura folle anch’io.(…)

 

 

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