FENOGLIO TERSILLA
02/02/1924 SERRAVALLE
LANGHE (CUNEO)
ANDATA AVANTI 01/01/2004
Nome di battaglia “TROTTOLINA”
PARTIGIANO
C.DO 99° BRG. GARIBALDI. DIV LANGHE
Dal 01/08/1944 Al 07/06/1945
https://photos.app.goo.gl/n7qmr7pmv3suHniC6
“TROTTOLINA” Maestra FENOGLIO
OPPEDISANO TERSILLA del 1924 di Serravalle Langhe, raccontò alla Maestra MARIA
TRAVERSA CAVALLOTTO di Cerretto Langhe, che allorché decise di collaborare con i Partigiani era
studentessa al Collegio di Nizza Monferrato e per tenere i collegamenti con la
sede dei Garibaldini a Villa di Serravalle Langhe, percorreva a piedi, tutta la
Valle Belbo pur con grande disagio e pericolo. Chiese ai capi partigiani se
poteva indossare i pantaloni per i viaggi di trasferimento, ma questi le
consigliarono di non farlo poiché sarebbe stato più pericoloso in quanto una
donna con i pantaloni avrebbe immediatamente dato nell’occhio e individuata
come “Ribelle”. Così continuò i suoi viaggi vestita con la gonna sopportando
anche l’inclemenza della pioggia e della neve.
LORENZO
FENOGLIO COMANDANTE “RENZO”
RACCONTÒ DI “TROTTOLINA
<Ogni paese dell’alta Langa aveva i suoi tre o quattro partigiani in banda. Di Serravalle, in banda, eravamo io, Nandin, e Trottolina, unica donna. Lei con Margherita Vincenti iniziò l’attività partigiana svolgendo un lavoro di volantinaggio ad Alba. Si infiltrava tra i repubblichini, ascoltava i loro discorsi, i loro programmi, e riferiva. Nanni Latilla comandava il Raggruppamento Divisioni Langhe, e aveva come commissario politico Remo Guerra, un ex operaio, funzionario del Partito Comunista. Il lavoro di trottolina era quello della staffetta, teneva i collegamenti con la Langa e anche con Torino. Tutte le settimane partiva da Villa di Serravalle,
dove aveva la sede il nostro comando, e a piedi raggiungeva una cascina di Canelli. Da lì il plico proseguiva poi per il Monferrato. Quel lavoro di staffetta la entusiasmava perché l’obiettivo era un’umanità nuova, un mondo giusto, pulito.
Non
sentiva mai la fatica, anche se a volte tornava con i piedi che sanguinavano a
forza di camminare. Riusciva anche a vincere la paura, riusciva a mai
drammatizzare il rischio di finire un giorno o l’altro al muro, fucilata.
Quando rientrava al comando tutti la accoglievano con affetto, Remo Guerra la
abbracciava, Nanni Latilla si metteva sull’attenti e le faceva il saluto
militare...
Per noi non era una donna ma una sorella. Niente scherzi di cattivo gusto, non uno che la sfiorasse. Era circondata da un ambiente di famiglia. Un ex repubblichino, un calabrese, «Alioscia», che poi cadde prigioniero dei fascisti e venne fucilato, le diceva : <tu sei la nostra sorellina>.
Era
credente e tutte le sere diceva le preghiere e il Rosario, tutte le domeniche
andava a Messa e tutti, anche i comunisti rispettavano i suoi sentimenti
religiosi. Mi diceva: < sono uomini eccezionali i comunisti, ammiro
soprattutto la loro dirittura morale, la loro ossessione dell’ideale
dell’umanesimo. Sono sicura che con loro sono dalla parte giusta.>
Come me Trottolina aveva un
grande rispetto per i contadini perché avevamo capito che ci avevano sfamati, e
infatti non avemmo alcuna spia tra i contadini.
Come suggerisce il titolo di una
raccolta di storie di Partigiane piemontesi, la resistenza femminile in Italia
è in gran parte una "resistenza taciuta," che solo negli ultimi anni
ha cominciato ad affiorare. Per capire le ragioni di questo silenzio occorre
leggere il racconto-intervista di "Trottolina," una delle tante
staffette che assicuravano i contatti tra i vari distaccamenti partigiani
stanziati nelle Langhe, dove fu più tenace la resistenza contro i
nazi-fascisti. Nonostante il ruolo importantissimo che Tersilla Fenoglio
Oppedisano ebbe nel conflitto, le venne vietato di partecipare alle sfilate che
si svolsero dopo la Liberazione
Testimonianza tratta
dall’intervista rilasciata nel 1976 raccolta in La resistenza taciuta. Dodici vite di
partigiane piemontesi, di
Anna
Maria Buzzone e Rachele Farina.
(…)L’8 settembre io sono scesa a Alba e sono andata davanti alla
caserma: ho visto i nostri soldati che consegnavano i fucili mentre i tedeschi
ammucchiavano le armi all’interno del cortile; sono entrata, e ho visto che
tenevano prigionieri i nostri. In quel momento è scattata la molla del
patriottismo contro il tedesco in casa. L’indomani io e qualche altro ci siamo
messi in mezzo alla strada tutto il giorno, a bloccare i camion carichi dei
nostri soldati che arrivavano dalla Francia e volevano ritornare a casa loro,
al Sud. Dicevamo: “Non andate giù, se no vi pigliano prigionieri e vi portano
in Germania”. Quella era già Resistenza. La Resistenza è nata da lì.
Sono stata ancora un po’, qualche mese, senza far niente. Nell’inverno del ’43
son sorte nella Langa le prime bande partigiane di Martini Mauri. A Murazzano
già se ne parlava come di un eroe leggendario. Quando ho sentito parlare di
lui, delle prime formazioni, ho provato il fascino del ribelle, legato al
Risorgimento italiano, in funzione antiaustriaca. In quel momento ho buttato a
mare non la patria, non quello che Mussolini mi aveva insegnato: io ho buttato
a mare Mussolini. Ho detto: “Qui bisogna fare qualche cosa: dobbiamo
impegnarci; non possiamo stare a casa a far niente”.
Andavamo a turno dagli industriali e
dicevamo: “Mi manda il partigiano tal dei tali. Abbiamo bisogno che voi
finanziate le formazioni. Allora, o ci date tanto oppure vengono giù e fanno
saltare l’azienda”.
Sono andata da Liborio, da Miroglio, da Rizzoglio, quello del mulino. Loro,
anche davanti a una ragazzina come me, avevano una paura folle! Io andavo da
sola, con una borsa a tracolla, e avevo una paura folle anch’io.(…)
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