domenica 17 dicembre 2023

DESTEFANIS ERNESTO MONTELUPO ALBESE 1921

 









         DESTEFANIS ERNESTO Montelupo 1921 

           In guerra dal 1° gennaio 1941 al 1945

Feci domanda per essere arruolato nei Carabinieri. Partii il primo gennaio 1941. Fui per alcuni giorni ad Alessandria poi alla Caserma “Cernaia” di Torino e fu in quel periodo che tutte le reclute io  compreso, ci ammalammo di Parotite ”Orecchioni”. Inviati in convalescenza a casa si salvammo da un bombardamento(11 GENNAIO 1941 TRE MORTI 13 Gennaio 1 morto) che colpì proprio la Caserma, sventrò parte della costruzione dal tetto alle cantine. Rientrati a Torino fui inviato in una stazione di Carabinieri a Varzi (Pavia), vi rimasi fino a Luglio quindi ci cambiarono la divisa e vestiti in “Grigio-verde” perché in zona di guerra fummo destinati in Montenegro. Mobilitato con l’11° Battaglione Carabinieri in Montenegro. Fummo 135 Carabinieri inviati in sostituzione di altri 135 morti, uccisi dai partigiani “cetnici”.

( partigiani jugoslavi appartenenti all'Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavia di ispirazione comunista;

Forze collaborazioniste con l'Asse cetnici, monarchici nazionalisti filo-serbi, ufficialmente nemici dell'Asse ma concretamente collaboranti con gli italiani

Sbarcati a Durazzo piantammo le tende su di una “Sternija”(selciato) e nella notte furono allagate da un temporale. Trascorremmo così la notte seduti sullo zaino valigia. Marciammo dal mattino fino a mezzanotte e raggiungemmo Cettigne( fu la capitale del Montenegro fino alla Grande Guerra). Con grande rischio procedemmo tra continue raffiche dei partigiani e raggiungemmo Podgorica l’attuale capitale. Noi carabinieri fummo sistemati in coda ad un’autocolonna di circa 40 camion e per difenderci dalle mitraglie avevamo solo dei “moschetti” !Tuttavia arrivammo a destinazione, a quasi 2000 m. e faceva un freddo terribile. Rimanemmo lassù sistemati in baracche di legno insieme a una compagnia di Alpini, una della Fanteria e una dell’Artiglieria. Dalle montagne attorno sparavano alle baracche e ci costringevano ad uscire e a rimanere in fossi da noi stessi realizzati per proteggerci dai proiettili. Per due mesi nessuno si tolse l’elmetto per dormire! Si seppe che nello spostamento effettuato per raggiungere quel posto l’autocolonna aveva subito un’imboscata e ben 32 autocarri erano finiti nei sottostanti burroni. I camion furono assaliti da moltissime persone, ribelli, donne ,bambini che razziarono i camion, uccisero le scorte formate di 9 o 10 soldati e gli autisti e furono fatti precipitare insieme ai mezzi, se ne salvò soltanto uno. Fui inviato in licenza per 15 giorni, poi dovetti tornare a Bari da dove dopo un mese( intanto arrivò l’8 Settembre 1943 e l’Armistizio!)  salpai nuovamente per Antivari.

LA PRIGIONIA

https://youtu.be/LM85Q-NCdU8        Destefanis Ernesto Montelupo 1921  

                                                                           Preso Prigioniero

Qui si seppe che Mussolini era “andato giù” ! Sono ancora “furente” poiché i graduati, capitani e Colonnelli decisero di far consegnare le armi! Il ridicolo fu che si consegnarono ad una ventina di tedeschi, quando gli Alpini e l’artiglieria avrebbero potuto annientare quei pochi “crucchi”!

“CI FECERO GIRARE E FATICARE TALMENTE TANTO CHE NON SO  COME FACCIO AD ESSERE ANCORA QUI!”

Invece vennero le “camicie nere” e ci caricarono su un treno, poi con un camion fummo trasportati in Jugoslavia ad un piccolo aeroporto. Da prigionieri ci fecero dormire per terra senza coperte e quando iniziò a nevicare ci obbligarono a pestare la neve sulla pista(con scarpe che valevano niente!) e a spingere gli aerei trimotori, quando questi partivano lo spostamento d’aria ci faceva( andé tuti ar bale an’aria!) cadere tutti. Questo lavoro proseguì per due mesi poi fummo trasportati in un luogo dove impiegammo otto giorni per arrivare. Vi erano temperature glaciali,(- 30° e più) se si buttava un secchio d’acqua questa gelava prima di raggiungere il terreno! Eravamo al confine con la Russia! Arrivammo ad una stazione dove il treno si fermò alcune ore poi inspiegabilmente, ripartì tornando indietro e ci condussero in Germania sistemandoci io e altri 13 in una baracca dislocata in una riva isolata, sotto vi era il deposito carburanti più grande della Germania. Fortunatamente la zona non fu mai bombardata e noi fummo prigionieri a lavorare lungo la ferrovia.

 

In quella valle del Deposito Carburanti non vennero a bombardare fino al 1945, poichè era ben mimetizzata. Quando fu individuato il sito lo ridussero ad un campo arato.

Ricordo le corse che facevamo per scappare. Bisognava correre per due chilometri al fine di allontanarsi dall’obiettivo degli aerei. Una volta vidi cadermi una bomba a non più di 15 m di distanza! Mi gettai in un fosso benchè ci fosse dell’acqua e attesi di comprendere se ero ferito o no! A quel punto ripresi a correre per allontanarmi sempre più dalla morte. Dopo otto giorni dall’ultimo bombardamento sentimmo dei fragori continui che segnalavano gli interventi della 7a armata americana che dopo 24 ore di fuoco continuo, ridusse quelle zone abitate ad un cumulo di macerie e di morti. <jera manch pì in gat viv!>( non c’era più un gatto vivo!). I tedeschi sistemarono le armate lungo le rive del Danubio pensando il fiume fosse una difesa insormontabile, invece Russi e americani bombardarono con un fuoco continuo e li eliminarono tutti. Non so quanti soldati morti,  vidi lungo quel fiume!

Quando i soldati americani arrivarono da noi chiesero chi fossimo e rispondemmo: “prigionieri italiani” che cosa dobbiamo fare?> dissero in italiano essendo “Italo -americani,: Andate a casa!

 

SULLA VIA DI CASA

 

Non ce lo facemmo ripetere due volte. Cercammo nelle vallette isolate e trovammo alcune “camionette””neuve èd trinca!” (Nuove) con solo i vetri infranti a causa dei bombardamenti. Ne rabboccammo una, con olio e benzina, di cui ce n’era a volontà nel deposito, e provammo ad avviare il mezzo. Dopo qualche tentativo riuscimmo a farlo partire. Occorse un po’ di pratica nella guida, in quanto su quattordici di noi non vi era uno che avesse la patente. Quando ci sentimmo Pronti!, <ALÉ!,verso casa!> Grande euforia, ma ad un posto di blocco, i francesi, ci fermarono e requisito il mezzo ci dissero che potevamo andare ma a piedi. Litigammo un po’, poi siccome erano armati e coi francesi non correva buon sangue per la guerra di Francia!, ci allontanammo un po’ e attendemmo che se ne andassero, tanto il mezzo non sarebbero stati in grado di farlo partire!

Fu così! Quando se ne andarono , noi riprendemmo il camion e tra paesi e città ridotte in macerie, con una desolazione spaventosa arrivammo a Insbruck. Qui, gli inglesi ci fermarono e ci rinchiusero in un campo con altri diecimila sbandati. Rimanemmo solo due giorni, ma non ci diedero nulla da mangiare. Noi avevamo già una fame arretrata, per cui ci ingegnammo di cercare qualcosa. Scoprimmo un campo con ancora delle patate, cominciammo a raspare e saltarono fuori “mach di patatin! Ma meglio di niente! Li mettemmo in una bronssa! (Pentola) e una volta cotti ci “togliemmo la più grossa!” Dopo due giorni, arrivarono dei pullman che ci condussero a Milano in un altro campo , dove con “brusca e striglia” ci ripulirono e disinfettarono, ci diedero una camicia e un pantalone puliti. Fummo liberi di prendere un treno! Tanta era la gioia di poter tornare a casa che salimmo sul primo treno in partenza, peccato che andava a Genova anziché a Torino! Ma “ fà istèss”, da Genova andammo poi a Torino. 

Ci salutammo con quello di Pamparato e Poggio di Neive che dopo la guerra cercai ma non trovai più e continuai il mio viaggio verso Alba. A Mussotto scesi dal treno e andai a prendere il traghetto poiché il ponte era interrotto. Venne notte e mi trovai stanchissimo in Corso Langhe, vidi una luce accesa e mi feci coraggio, bussai e chiesi di dormire sotto il porticato poichè tornavo dalla Germania e non ce la facevo più.

Questi fu gentilissimo, mi rifocillò e poi mi fece dormire sul sofà che aveva in cucina. Al mattino ringraziai e raggiunsi Montelupo.

Dopo qualche giorno mi presentai alla Caserma d Alessandria per avere indicazioni sul da fare, in quanto la guerra non era ancora finita ed io ero ancora un Carabiniere in servizio!

DA ALESSANDRIA DESTINATO A SALICETO

Ad Alessandria fui destinato alla Stazione Carabinieri di Saliceto, qui trovai la caserma inagibile perchè bombardata e si dormiva nel teatro. Ogni mattina, dovevo recarmi a piedi a Ceva a ritirare la posta. Erano venti chilometri tra l’andata e il ritorno e cosa più disagevole dovevo percorrere la galleria di 4 km. Completamente al buio. Non avevo una torcia o un lanternin e c’era il rischio che qualcuno mi desse una botta in testa e Così sia!

Un ‘altra volta, il Brigadiere Comandante mi disse che dovevo andare “ di pattuglia” da solo sulla strada per Camerana. Lo guardai negli occhi e gli dissi: < ho pensato che non ci vado!> Mi chiese il motivo è gli risposi che visto che lui da Comandante non andava, non sarei andato neppure io! Aggiunsi che avevo salvato la pelle in Montenegro e Germania e non intendevo andarmi a far ammazzare in una pattuglia notturna! Il Brigadiere non insistette, poichè sapeva che era pericoloso, e finì così. A quei tempi vi erano ancora i Partigiani e ogni notte da quelle parti uccidevano qualcuno! Tenni duro fino a Ottobre e mi congedai come fece la maggior parte dei miei compagni dell’11° Carabinieri.

 

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