DESTEFANIS ERNESTO Montelupo 1921
In guerra dal 1° gennaio 1941 al 1945
Feci domanda per essere arruolato nei Carabinieri. Partii
il primo gennaio 1941. Fui per alcuni giorni ad Alessandria poi alla Caserma “Cernaia”
di Torino e fu in quel periodo che tutte le reclute io compreso, ci ammalammo di Parotite ”Orecchioni”.
Inviati in convalescenza a casa si salvammo da un bombardamento(11 GENNAIO 1941
TRE MORTI 13 Gennaio 1 morto) che colpì proprio la Caserma, sventrò parte della
costruzione dal tetto alle cantine. Rientrati a Torino fui inviato in una
stazione di Carabinieri a Varzi (Pavia), vi rimasi fino a Luglio quindi ci
cambiarono la divisa e vestiti in “Grigio-verde” perché in zona di guerra fummo
destinati in Montenegro. Mobilitato
con l’11° Battaglione Carabinieri in Montenegro. Fummo 135 Carabinieri inviati
in sostituzione di altri 135 morti, uccisi dai partigiani “cetnici”.
( partigiani
jugoslavi appartenenti
all'Esercito
Popolare di Liberazione Jugoslavia di ispirazione comunista;
Forze collaborazioniste con l'Asse i cetnici, monarchici nazionalisti filo-serbi, ufficialmente nemici dell'Asse ma concretamente collaboranti con gli italiani
Sbarcati a Durazzo piantammo le tende su di una “Sternija”(selciato) e nella notte furono allagate da un temporale. Trascorremmo così la notte seduti sullo zaino valigia. Marciammo dal mattino fino a mezzanotte e raggiungemmo Cettigne( fu la capitale del Montenegro fino alla Grande Guerra). Con grande rischio procedemmo tra continue raffiche dei partigiani e raggiungemmo Podgorica l’attuale capitale. Noi carabinieri fummo sistemati in coda ad un’autocolonna di circa 40 camion e per difenderci dalle mitraglie avevamo solo dei “moschetti” !Tuttavia arrivammo a destinazione, a quasi 2000 m. e faceva un freddo terribile. Rimanemmo lassù sistemati in baracche di legno insieme a una compagnia di Alpini, una della Fanteria e una dell’Artiglieria. Dalle montagne attorno sparavano alle baracche e ci costringevano ad uscire e a rimanere in fossi da noi stessi realizzati per proteggerci dai proiettili. Per due mesi nessuno si tolse l’elmetto per dormire! Si seppe che nello spostamento effettuato per raggiungere quel posto l’autocolonna aveva subito un’imboscata e ben 32 autocarri erano finiti nei sottostanti burroni. I camion furono assaliti da moltissime persone, ribelli, donne ,bambini che razziarono i camion, uccisero le scorte formate di 9 o 10 soldati e gli autisti e furono fatti precipitare insieme ai mezzi, se ne salvò soltanto uno. Fui inviato in licenza per 15 giorni, poi dovetti tornare a Bari da dove dopo un mese( intanto arrivò l’8 Settembre 1943 e l’Armistizio!) salpai nuovamente per Antivari.
LA
PRIGIONIA
https://youtu.be/LM85Q-NCdU8 Destefanis Ernesto Montelupo 1921
Preso Prigioniero
Qui
si seppe che Mussolini era “andato giù” ! Sono ancora “furente” poiché i
graduati, capitani e Colonnelli decisero di far consegnare le armi! Il ridicolo
fu che si consegnarono ad una ventina di tedeschi, quando gli Alpini e
l’artiglieria avrebbero potuto annientare quei pochi “crucchi”!
“CI FECERO GIRARE E
FATICARE TALMENTE TANTO CHE NON SO COME
FACCIO AD ESSERE ANCORA QUI!”
Invece vennero le “camicie nere”
e ci caricarono su un treno, poi con un camion fummo trasportati in Jugoslavia
ad un piccolo aeroporto. Da prigionieri ci fecero dormire per terra senza
coperte e quando iniziò a nevicare ci obbligarono a pestare la neve sulla pista(con
scarpe che valevano niente!) e a spingere gli aerei trimotori, quando questi
partivano lo spostamento d’aria ci faceva( andé tuti ar bale an’aria!) cadere
tutti. Questo lavoro proseguì per due mesi poi fummo trasportati in un luogo
dove impiegammo otto giorni per arrivare. Vi erano temperature glaciali,(- 30°
e più) se si buttava un secchio d’acqua questa gelava prima di raggiungere il
terreno! Eravamo al confine con la Russia! Arrivammo ad una stazione dove il
treno si fermò alcune ore poi inspiegabilmente, ripartì tornando indietro e ci
condussero in Germania sistemandoci io e altri 13 in una baracca dislocata in
una riva isolata, sotto vi era il deposito carburanti più grande della Germania.
Fortunatamente la zona non fu mai bombardata e noi fummo prigionieri a lavorare
lungo la ferrovia.
In quella valle del Deposito Carburanti non vennero a bombardare fino al
1945, poichè era ben mimetizzata. Quando fu individuato il sito lo ridussero ad
un campo arato.
Ricordo le corse che facevamo per scappare. Bisognava correre per due chilometri
al fine di allontanarsi dall’obiettivo degli aerei. Una volta vidi cadermi una
bomba a non più di 15 m di distanza! Mi gettai in un fosso benchè ci fosse
dell’acqua e attesi di comprendere se ero ferito o no! A quel punto ripresi a
correre per allontanarmi sempre più dalla morte. Dopo otto giorni dall’ultimo
bombardamento sentimmo dei fragori continui che segnalavano gli interventi
della 7a armata americana che dopo 24 ore di fuoco continuo, ridusse quelle
zone abitate ad un cumulo di macerie e di morti. <jera manch pì in gat viv!>(
non c’era più un gatto vivo!). I tedeschi sistemarono le armate lungo le rive
del Danubio pensando il fiume fosse una difesa insormontabile, invece Russi e
americani bombardarono con un fuoco continuo e li eliminarono tutti. Non so
quanti soldati morti, vidi lungo quel
fiume!
Quando i soldati americani arrivarono da noi chiesero chi fossimo e
rispondemmo: “prigionieri italiani” che cosa dobbiamo fare?> dissero in
italiano essendo “Italo -americani,: Andate a casa!
SULLA VIA DI CASA
Non ce lo facemmo ripetere due volte. Cercammo nelle vallette isolate e
trovammo alcune “camionette””neuve èd trinca!” (Nuove) con solo i vetri
infranti a causa dei bombardamenti. Ne rabboccammo una, con olio e benzina, di
cui ce n’era a volontà nel deposito, e provammo ad avviare il mezzo. Dopo
qualche tentativo riuscimmo a farlo partire. Occorse un po’ di pratica nella
guida, in quanto su quattordici di noi non vi era uno che avesse la patente.
Quando ci sentimmo Pronti!, <ALÉ!,verso casa!> Grande euforia, ma ad un
posto di blocco, i francesi, ci fermarono e requisito il mezzo ci dissero che
potevamo andare ma a piedi. Litigammo un po’, poi siccome erano armati e coi
francesi non correva buon sangue per la guerra di Francia!, ci allontanammo un
po’ e attendemmo che se ne andassero, tanto il mezzo non sarebbero stati in
grado di farlo partire!
Fu così! Quando se ne andarono , noi riprendemmo il camion e tra paesi e
città ridotte in macerie, con una desolazione spaventosa arrivammo a Insbruck.
Qui, gli inglesi ci fermarono e ci rinchiusero in un campo con altri diecimila
sbandati. Rimanemmo solo due giorni, ma non ci diedero nulla da mangiare. Noi
avevamo già una fame arretrata, per cui ci ingegnammo di cercare qualcosa.
Scoprimmo un campo con ancora delle patate, cominciammo a raspare e saltarono
fuori “mach di patatin! Ma meglio di niente! Li mettemmo in una bronssa!
(Pentola) e una volta cotti ci “togliemmo la più grossa!” Dopo due giorni,
arrivarono dei pullman che ci condussero a Milano in un altro campo , dove con
“brusca e striglia” ci ripulirono e disinfettarono, ci diedero una camicia e un
pantalone puliti. Fummo liberi di prendere un treno! Tanta era la gioia di
poter tornare a casa che salimmo sul primo treno in partenza, peccato che
andava a Genova anziché a Torino! Ma “ fà istèss”, da Genova andammo poi a
Torino.
Ci salutammo con quello di Pamparato e Poggio di Neive che dopo la
guerra cercai ma non trovai più e continuai il mio viaggio verso Alba. A
Mussotto scesi dal treno e andai a prendere il traghetto poiché il ponte era
interrotto. Venne notte e mi trovai stanchissimo in Corso Langhe, vidi una luce
accesa e mi feci coraggio, bussai e chiesi di dormire sotto il porticato poichè
tornavo dalla Germania e non ce la facevo più.
Questi fu gentilissimo, mi rifocillò e poi mi fece dormire sul sofà che
aveva in cucina. Al mattino ringraziai e raggiunsi Montelupo.
Dopo qualche giorno mi presentai alla Caserma d Alessandria per avere
indicazioni sul da fare, in quanto la guerra non era ancora finita ed io ero
ancora un Carabiniere in servizio!
DA ALESSANDRIA DESTINATO A SALICETO
Ad Alessandria fui destinato alla Stazione Carabinieri di Saliceto, qui
trovai la caserma inagibile perchè bombardata e si dormiva nel teatro. Ogni
mattina, dovevo recarmi a piedi a Ceva a ritirare la posta. Erano venti
chilometri tra l’andata e il ritorno e cosa più disagevole dovevo percorrere la
galleria di 4 km. Completamente al buio. Non avevo una torcia o un lanternin e
c’era il rischio che qualcuno mi desse una botta in testa e Così sia!
Un ‘altra volta, il Brigadiere Comandante mi disse che dovevo andare “
di pattuglia” da solo sulla strada per Camerana. Lo guardai negli occhi e gli
dissi: < ho pensato che non ci vado!> Mi chiese il motivo è gli risposi
che visto che lui da Comandante non andava, non sarei andato neppure io!
Aggiunsi che avevo salvato la pelle in Montenegro e Germania e non intendevo
andarmi a far ammazzare in una pattuglia notturna! Il Brigadiere non
insistette, poichè sapeva che era pericoloso, e finì così. A quei tempi vi
erano ancora i Partigiani e ogni notte da quelle parti uccidevano qualcuno!
Tenni duro fino a Ottobre e mi congedai come fece la maggior parte dei miei
compagni dell’11° Carabinieri.
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