sabato 30 dicembre 2023

MO MARGHERITA "MEGHI" LEQUIO BERRIA 1925 +2022

 





A VALDIVILLA
                  ANTONIO LOMBARDO 
                                                             SIMONA COLONNA


 MEGHI OFFRE RIVISTA LANGHE AL PRES, NAPOLITANO



                   MEGHI CON DONATO BOSCA 
                   ALLA CASA DI RIPOSO DA EMMA MONTANARO




https://youtu.be/tL1ZfHhlvkA            


MO  MARGHERITA 22/02/1923  LEQUIO BERRIA -              

                                          ALBA 21/11/2022  

RESIDENZA LOCALITA' CASCINA GALLO - LEQUIO BERRIA - SARTA Nome di battaglia MEGHI  PARTIGIANO  2° DIV LANGHE

Prima formazione 6° BRG BELBO Dal 15/06/1944 Al 07/06/1945

 

 "Meghi" soprannominata “la Partigiana in bicicletta” aveva ricordi indelebili della sua attiva partecipazione alla guerra partigiana:

<Ricordo quella triste giornata del giugno 1944 a Lequio quando arrivarono da Alba due autocarri pieni di fascisti RAP armati fino ai denti e iniziarono a sparare ai partigiani per ucciderli tutti. Non potrò mai dimenticare quei giovani ragazzi così barbaramente trucidat. Quando li vidi così straziati  rimasi con gli occhi ed il cuore pieni di orrore.Quei fascisti non erano soldati , ma assassini e nemici dell’Italia; e dovevano quindi essere combattuti con ogni nostro mezzo. Nella notte non chiusi occhio;pensai che anch’io avrei potuto e dovuto aiutare i partigiani anche senza prendere armi in mano.Io sentivo che potevo combattere il nemico andando in mezzo a loro per spiare ogni loro gesto, ed informaredi quanto erano armati e quanti erano, quali azioni stavano preparando e se arrivavano rinforzi, Così avrei potuto salvare vite umane  e case dalle fiamme. Entrai così a far parte della Compagnia Comando e ne divenni Staffetta, Donna partigiana. Iniziai ad operare ad Alba, poi passai a Santo Stefano Belbo.Una sera venni fermata mentre uscivo da Santo Stefano  per raggiungere Castino. Un uomo mi puntò una pistola e mi accusò di essere una spia dei fascisti. Io capii subito che era un tedesco e gli dissi che ero una sartina di Campetto e gli mostrai il centimetro ed il libretto delle misure. Per quattro ore si finse un partigiano slavo, ma alla fine mi disse che era un tedesco dello spionaggio segreto e mi credeva una spia dei partigiani. Voleva portarmi in caserma,ma riuscii a convincerlo piagnucolando, di lasciarmi andare a casa poiché mia mamma era preoccupatae mio fratello era prigioniero in Germania. Così mi lasciò andare ed arrivata verso le 11 di sera a Castino sotto un temporale violento. Poli e compagni erano tutti preoccupati e Pinin il papà di Poli mi cedette il suo sacco a pelo per dormire. Dopo questo fatto dovetti cambiare base e andai a Cairo,Savona e Piana Crixia. Percorrevo quei posti tutti in salita un po’ a piedi con la bicicletta in spalla e poco pedalando.Con il grande rastrellamento del novembre ’44 andai a spiare i fascisti che stavano sopra il ponte di Campetto e il giorno dopo andai a Cravanzana per far portare inella chiesetta i partigiani uccisi. In quel mentre arrivarono nuovamente i fascisti e tedeschi e mi trovai in mezzo ad una grande sparatoria. Dalì nella notte andai con altri alla Lunetta di Mombarcaro e dilì fui mandata con un piccolo gruppo verso la montagna. Per guadare il Tanaro dovemmo creare dlle passerelle con dei tronchi poiché i ponti erano tutti sorvegliati. Viaggiavo tutto il giorno in bicicletta, dalle montagne alle Langhe ed alla sera portavo le informazioni a Poli e compagni.. Un giorno, ai primi di Dicembre, fui mandata a portare ordini alla “ Missione inglese del Colonnello Stevens e del Maggiore Ballard, erano tra Murazzano e Belvedere. Al mattino, quando stavo tornando vidi una colonna di nazifascisti che scendeva da Murazzano, allora tornai di corsa dal Colonnello e li guidai prima a nascondersi in un vallone profondo poi a notte inoltrata  li feci risalire e nonostante loro volessero andare da “Aceto” il Comandante (Furio Aceto, generale di Divisione e comandante partigiano, 1921 2020.Dopo aver partecipato alla Difesa di Roma nel settembre 1943, entrò nella Resistenza: partigiano in Val Grana e Val Corsaglia, comandante di unità in Valle Stura di Demonte, in Val Pesio e Val Corsaglia, nelle Langhe, nell’astigiano e in Val Bormida, fino alla liberazione di Savona.) i li condussi in salvo a Lunetta di Mombarcaro da Bogliolo. Al mattino ripartii per Pamparato a portare ordino da parte del com. Bogliolo.

Il 7 dicembre venni fermata a San Michele di Mondovì dai militi del ten. Rizzo del presidio repubblicano. Questi mi disse subito che mi avrebbe fatta fucilare. Mi portarono in Caserma e mi accusarono di essere una spia dei “Ribelli”. Mi interrogarono a lungo ma io non feci alcun nome e mi giustificai dicendo che ero andata in montagna per non morire di fame a prendere castagne. Mi perquisirono ma non trovarono i messaggi che avevo nascosti sotto i plantari delle scarpe. Dopo due ore mi spintonarono in piazza dicendomi che mi avrebbero fucilata. Mi fecero rasare i capelli e mi fecero fare il giro della piazza con i fucili puntati, ricordo ancora il freddo di quelle canne di fucile. Alla sera mi caricarono su di una camionetta e mi condussero a Ceva dal Languasco che mi offrì molti soldi e cercò di spaventarmi dicendomi che se non collaboravo con lui sarei finita a marcire in carcere. Mi fece andare verso Mombasiglio, Lisio e Viola per espormi ai partigiani, ma quando fui a Viola mollai la bicicletta e pregando la Madonna Immacolata e piangendo percorsi sentieri scoscesi e dopo aver camminato tanto raggiunsi i miei compagni partigiani a Frabosa Soprana. Anche qui mi trovai in mezzo a rastrellamenti e così una notte tornai nelle Langhe. Qualche giorno dopo alla Pedaggera di Ceva cademmo in un’altra imboscata. Anche in questo caso scappai in mezzo ad una gran sparatoria e pur con una caviglia slogata giunsi a Saliceto. Mi travestii da vecchia con uno scialle in testa ed un bastone e riuscii a farmi ospitare alla cainonica per otto giorni. Il giorno di Natale del 1944 lo trascorsi in un solaio presso Monesiglio. Quando mi ricongiunsi con Poli mi fece arrivare da Torino una parrucca nera che mi servì fino alla Liberazione. A Torino entrai in testa alla colonna degli uomini della II DIVISIONE LANGHE, portavo una bandiera più grande di me. Dopo la Liberazione tornai a casa senza odio per nessuno. La vita riprese, ma la mia famiglia aveva subito la perdita del mio unico fratello trucidato dai tedeschi in prigionia. Questo dolore me  lo porto per sempre.>



FELICE MARINO               NANO ORESTE                 MEGHI

NANO ORESTE                      MEGHI             RENATO SALVETTI

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