martedì 8 agosto 2023

 




RIVETTI SILVANA Il papà ILARIO Aviatore e Deportato 



Ilario RIVETTI Neive 1922 : Aviere Scelto Motorista 22 Gruppo 362 Squadriglia

Arma: Aeronautica

Data cattura: 12-09-1943

Liberato il 12 Aprile 1945. RIENTRO 02-08-1945

Luogo internamento: Stalag III C 

Luogo internamento: Stalag IX C

 

Mio papà fu l’ ultimo figlio di 7, 3 femmine e 4 maschi. Per quanto riguarda i maschi : il più vecchio, zio Giuseppe ( Pinotu) non ha dovuto arruolarsi perchè erano già in guerra gli altri 3 fratelli e cioè mio papà, zio Mario ( il papà di Didi ed Alberto) e zio Pierino, 14 Marzo 1917, arruolato in fanteria e morto per fuoco amico  nell'Aprile ‘45.



Papà Ilario fin da piccolo era appassionato del volo, osservava a lungo volare gli uccelli e correva sull' aia, nella casa natale del Gallo ( frazione di Neive, sulla strada per Mango ) quando sentiva il rumore di un aereo.

A 18 anni si  arruolò come volontario nell'aviazione  e, mentre finiva a Milano il corso di aviere motorista, iniziò a guerra, a cui partecipò seguendo gli spostamenti del 22° gruppo caccia dell'aereonautica militare.

Durante il  corso teorico a Milano i suoi insegnanti  pensavano  che avesse conseguito un diploma di scuola superiore e stentavano a credere che i suoi studi fossero terminati in 5 elementare.

Lui ci raccontò che un giorno , entrando in classe prima del professore, vide un suo compito come primo, sopra la pila degli altri compiti e impulsivamente lo mise in mezzo.... per non so quale paura. In realtà  era in cima perchè era il migliore.

Durante il periodo ‘40- ‘43 il 22° gruppo caccia si spostò a Tirana in Albania , in Polonia, e a Stalino in Ucraina, allora facente parte dell'Unione sovietica.

 

Di quest'ultima missione ci raccontò un episodio riguardante la difficoltà di trovare il campo di atterraggio in mezzo alle  vaste pianure bianche di neve e che la popolazione locale non era ostile, ed anzi in più di una occasione  gli diede del pane. 

Lui conservò un quaderno , in cui c'erano delle frasi in tedesco ed in russo. Con certezza ricordo : Ia nie pugnemaiu = non capisco.

Il suo compito, durante questo periodo di guerra,  fu la manutenzione degli aerei caccia, per cui non fu mai impegnato in azioni militari dirette, di questo era contento ed affermava che non aveva mai sparato e ucciso nessuno .  Tra una campagna militare e l'altra, ebbe una vacanza-premio

di una settimana a Santa Margherita Ligure.

DOPO L’OTTO SETTEMBRE

Durante l'armistizio del Settembre 43 si trovava in Sud Italia e nello sbandamento generale, senza più ordini precisi,  decise di tornare a casa prendendo un treno che fu però fermato e perquisito dai tedeschi a Bologna. Essendo militare, gli avevano fatto la proposta di collaborare con loro in Italia , in caso contrario sarebbe stato deportato in Germania, cosa che avvenne per lui e molti altri catturati su quel treno.

In Germania restò  per 1-2 settimane in un campo di smistamento, potrebbe essere Stalag III C, poi definitivamente, fino alla liberazione, in un campo di lavoro a Stadtilm, piccolo paesino della Turingia, Stalag IX C. In quel paese c'erano circa 1000 prigionieri di varie nazionalità, ma non so se tutti lavoravano nella fabbrica meccanica di cui in  breve lui divenne il capo officina e il solo addetto alla lavorazione ad una macchina meccanica speciale. Forse un tornio. Lui era molto preciso e aveva fatto sul muro il contorno delle chiavi che usava, in ordine crescente, in modo da trovarle subito, ricevendo i complimenti persino dai tedeschi.

Alcuni giovani tedeschi del paese lavoravano nella stessa fabbrica  e lui fece amicizia con uno di questi, Hans Shade, continuata anche dopo la fine della guerra.



Di quel periodo lui raccontava che  aveva sofferto la fame più che il freddo e che a volte era talmente debole che riusciva con difficoltà a salire sul letto a castello del dormitorio e a volte scambiava , di nascosto , con la popolazione locale,  pezzi di legno che c'erano in fabbrica con pezzi di pane.

 

INTERNATO MILITARE

Penso che, pur prigionieri, avessero un qualche tipo  di libertà, dopo le ore lavorative, sennò sarebbe difficile da spiegare ll fatto che mio papà avesse una "fidanzata " tedesca, che pare fosse molto bella , tanto che i suoi compagni di prigionia l'avevano battezzata la "V 1", dal nome di nuovi missili  (V1 e V2)   costruiti a quel tempo dai tedeschi.    Lui le aveva promesso che sarebbe ritornato a Stadtilm  per farla poi venire in Italia...

Quando andammo a Stadtilm nel 1986 a far visita ad Hans Shade sapemmo che la donna era morta in giovane età, forse di cancro al seno e andammo al cimitero a vedere la sua tomba.

Un altro episodio che fa intuire una qualche libertà è il seguente:  una sera, rientrando nel campo di prigionia c'era di guardia un tedesco di una certa età, ubriaco, 

che gli chiese  di esibire i documenti... in mezzo ai quali aveva un foglio in cui aveva disegnato aerei sovietici ( con falce e martello) che bombardavano aerei tedeschi (con la svastica) , che cadevano.. Il tedesco, bestemmiando e urlando, gli puntò la pistola alla testa, ma in quel momento passava una donna a cui questo tedesco si mise a raccontare l'accaduto e questa, anche dai gesti, (che mio papà in quel momento capiva più che le parole), lo convinse a lasciar perdere, che tanto la guerra stava per finire.. Lui era convinto che  questa donna gli avesse salvato la vita!

 Negli ultimi giorni  di prigionia, quando si capiva che truppe alleate si stavano avvicinando, i prigionieri avevano paura di rappresaglia da parte tedesca , che però lì non ci fu. A entrare nel paese e a liberare i prigionieri furono truppe americane. 

Mio papà era colpito dal fatto che erano puliti, rasati, sorridenti  e che distribuivano cioccolato e sigarette.

Il paese di Stadtilm (= città sul fiume Ilm)  si è poi venuto a trovare nella Germania Est che visitammo nel 1986, 3 anni prima della caduta del muro di Berlino.

Il ritorno di mio papà a Neive, felice di essere vivo e che la guerra fosse finita, fu funestato dalla notizia della morte del fratello Pierino

 

Aggiungo che mentre era in Germania non sapeva nulla dei campi di sterminio. Avendone avuto notizia dopo, ce ne ha più volte parlato, e andando in Germania nel 1986 andammo a visitare Dachau.

 


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