lunedì 14 agosto 2023

Negro Giovanni JEAN DELLA VAL VARAITA NEIVE 1925

 


<Nel 1941, avevo 16 anni e con altri amici siamo andati a salutare i soldati, ve ne erano anche di Neive. Quella notte partivano per il fronte russo. La propaganda diceva che andavano a vincere. Questi giovani lasciavano i loro paesi molto demotivati perché erano delusi per dover lasciare le loro famiglie, il lavoro e le belle colline, né si spiegavano il perché di una guerra inutile e devastante. La gente, nonostante la propaganda del regime, non condivideva una simile decisione, e mam mano che passavano i mesi le convinzioni diventavano conferme dai racconti dei soldati mandati in licenza per malattia che arrivavano da quelle regioni.Anche le  lettere dal fronte, nonostante la censura e le frasi di circostanza confermavano e trasmettevano alle famiglie preoccupazioni e timori. Io, nonostante la mia giovane età ebbi la fortuna di crescere in un ambiente e in una famiglia che mi hanno aiutato nonostante, i forti tentativi del fascismo di indottrinare i giovani, a pensare con la mia testa e a capire che quanto stava avvenendo era assurdo e nulla aveva a che fare con il tanto propagandato “amore per la patria”.Anche se le informazioni erano a senso unico, in quegli anni ho letto tanti libri che mi hanno permesso di avere ide controcorrente e mi hanno preparato ad avere delle motivazioni che in seguito mi hanno condotto a lottare e a rischiare la vita per il ritorno della Libertà.I nostri soldati in Russia hanno sempre onorato i valori morali inculcati dalla famiglia, quali ad esempio il rispetto della persona, la dignità umana e a differenza delle “camicie nere”, non si sono macchiati di gravi crimini verso la popolazione locale, e così ,i contadini russi come   riconoscenza hanno dimostrato grande umanità verso i nostri Alpini ,Fanti ,Bersaglieri che erano mal armati,mal vestiti, mal organizzati. Non si può dimenticare, anche durante la fase della ritirata, il tradimento degli alleati tedeschi. Tra i tanti episodi basta riportare la testimonianza del Reduce Alfredo Boella di Pallareto di Neive a proposito del compaesano Mentore Borello, schiacciato perché intralciava la manovra di un loro carro armato. Ripensando a quegli anni ealle tragiche conseguenze di quel conflitto mi sento in dovere di dire a tutti voi giovani che oggi avete la possibilità di parlare, di confrontarvi e di riflettere sulla brutalità che una guerra può portare, di impegnarvi sempre a difendere la Pace, un bene grande grande.

https://youtu.be/qhDpQJGyFV4 

https://youtu.be/cTuQVrX1uh0

DISCORSO AI RAGAZZI ALLA CANOVA


     

  Giovanni alla Canova ricordo Caduti

Giovanni  Negro fu catturato dai nazi-fascisti e inviato in un campo di lavoro in Germania. Al suo ritorno si dedicò per far conoscere ai giovani delle scuole, i sacrifici dei  Partigiani e il nome dei caduti che diedero la loro vita per la democrazia,per la libertà, per il progresso e per la giustizia sociale. In un Intervento di fronte agli allievi dell’Istituto Comprensivo Beppe Fenoglio di Neive che avevano raggiunto il Saccello della Canova di Neive per rendere onore ai Partigiani Caduti, Giovanni “Negrito” elencò i caduti con voce commossa.

Dacasto Carlo Alberto 181° Brigata Garibaldi Caduto a Melle in Val Varaita

Boella Natale prigioniero dei tedeschi 8/9/1943 Caduto a Marsiglia

Morra Valerio II Divisione Langhe caduto ad Alba

Scagliola Romano Carabiniere medaglia d’argento al valor militare caduto ad Alba

Massucco Adolfo 162° Brigata Garibaldi Lager di Mauthausen

Bindello Luigi “Pitros” II Div. Langhe caduto a Benevello

Giachino Giuseppe Brigata Matteotti caduto a Castagnole Lanze

Bongiovanni Luigi 6° settore S.A.P. Torino

Masoero Costantino 6° divisione Garibaldi caduto in Jugoslavia

Rivetti Pierino

Vacca Giuseppe Sap caduto a Torino

Molinaris Ottavio II Div. Langhe caduto alla Canova di Neive

Pistone Evasio II Div. Langhe caduto alla Canova di Neive

Tibaldi Enrico II Div. Langhe caduto alla Canova di Neive

             Lorenzo II Div. Langhe caduto alla Canova di Neive

Civili caduti a causa dei bombardamenti del 30 03 1945 a Neive

Balbo Teresa Vedova Levi

Cavallo Giuseppe

Ferrero Giulio

Toso Pietro




Esterina Negro (sorella del Partigiano Giovanni.)

https://youtu.be/cTuQVrX1uh0

dall' opuscolo Neive 50° della Liberazione 1945 1995

L' ESEMPIO ANTIFASCISTA DI Mamma e Papà !

 La mamma, di San Rocco Seno d’Elvio, nel 1935, anno dell’ aggressione fascista all’Etiopia, non ebbe nessun timore a criticare aspramente l’intervento fascista e trovò la simpatia, di tutta o quasi, la popolazione contadina.

Per quanto riguarda papà, socialista dal 1915/18, il responsabile fascista di quella frazione, fece in modo di fargli chiudere l’Osteria per un certo periodo di giorni come azione intimidatoria. A Neive, poi, negli anni ’40 in casa nostra nella grande cantina ogni tanto si davano convegno alcune persone antifasciste e papà offriva loro uno spuntino della sua prelibata salsiccia e del suo ottimo Dolcetto. A Neive in San Sebastiano era di stanza un Reparto di Fanteria che era adibito alla guardia delle gallerie della ferrovia che da Neive porta ad Alba(1912-1943). L’otto settembre ‘43 all’armistizio nostro padre Carlo raccolse subito numerosi fucili, munizioni e bombe a mano gettate via dai soldati che sbandavano. Alcuni di questi soldati di origine slovena già il 25 luglio 1943 quando appresero della caduta di Mussolini fecero festa con papà. Sotterrò le armi in un angolo del nostro cortile. Tutta la famiglia l’8 settembre aiutò moltissimi soldati che provenivano dalla Francia e cercavano abiti civili ed altro aiuto. La mamma diceva:< gitomiè che cò noi n’oma un an Fransa> aiutiamoli che anche noi ne abbiamo uno in Francia.

Ricordiamo come nostro fratello Giovanni ricevuta la cartolina fu costretto a presentarsi al Distretto e poi fu inviato in Francia a Tolone con centinaia di ragazzi del 1925 e per tutto il tempo che rimasero in Francia non fu data loro nessuna divisa.

Tornò dalla prima prigionia molto stanco e depresso con una brutta malattia polmonare.

Dopo alcuni giorni di riposo raccolse l’invito di papà ad organizzarsi per intraprendere la lotta contro i nazifascisti.

Si trovarono ancora altre armi e costituì la prima Banda partigiana dela zona di Neive ad orientamento socialista. Erano i primi giorni dell’ottobre ’43. Giovanni fu il responsabile di una squadra di Ribelli composta da 19 giovani. Nell’ottobre ’43 vennero in San Sebastiano ad accordarsi con Giovanni anche Piero Balbo ”Poli e “Moretto” in Motocicletta..

ESTERINA: Era il 20 giugno ’44 e da un po’ di tempo non avevamo notizie di Giovanni. Mentre mi recavo ad Alba come Staffetta , seppi che vi era stato uno scontro a fuoco tra partigiani ed SS a Pertinace; e nel contempo appresi della cattura da parte nemica di un Partigiano. Incontrai mia zia Maddalena e seppi che era stato catturato mio fratello.

Lo trovammo in uno stato pietoso per le percosse subite con il suo compagno Bindello Luigi alla Caserma Govone piena di “nazisti”. Giovanni era riuscito ad inghiottire il tesserino da Partigiano mentre il compagno Luigi non era riuscito.

Luigi fu fucilato a Benevello, Giovanni fu portato ad Asti, poi a Torino e deportato nel campo di Zwickau da dove tornò gravemente invalido per le brutalità subite.

Il Comitato di Liberazione di Neive che aveva giurisdizione sui paesi vicini, fu fondato dal padre Carlo con l’appoggio di Don Boffa alla fine di ottobre 1943 ed era composto da CARLO NEGRO, DON FRANCESCO BOFFA,MARIA DA CASTO, BATTISTA CAPRA E DALLA MAMMA DEL PARTIGIANO CADUTO CARLO ALBERTO DA CASTO.

Il giorno della Festa della Madonna l’8 dicembre 1944 vi fu un grosso rastrellamento che impegnò centinaia di nazifascisti in tutte le Langhe.I Partigiani resistettero pur con poche munizioni, malvestiti infreddoliti ed affamati. Parecchi furono catturati sulle colline. Improvvisamente i fascisti si recarono a casa nostra e papà Carlo non fece in tempo a fuggire. Fu brutalmente catturato poiché trovarono in casa segni del passaggio dei partigiani: munizioni e un telefono da campo.

Papà, ricorda Esterina, fu trascinato tra sputi ed urla, nel Palazzo del conte Riccardi Candiani  di Neive. Io avevo solo sedici anni e lo torturarono in mia presenza per fargli rivelare i nomi dei Comandanti Partigiani, quelli del C.L.N. dove erano nascoste le armi e chi sosteneva i Partigiani. Papà non parlò, anche se venne picchiato in modo crudele. Fu terribile, non lo dimenticherò mai più!

Il mattino seguente i nazifascisti andarono via da Neive portandosi dietro mio papà e numerosi Partigiani e civili   con molti oggetti di valore razziati nelle case. Io rimasi tutta la notte davanti al Castello in attesa e all’all’alba ricordo che un ufficiale guardandomi con ironia mi disse: < Esterina, carogna di una carogna dopo questo lo dirai ancora ai giovani di andare nei Partigiani?> Poco dopo quando la lunga colonna iniziò il suo cammino mio papà che non si reggeva in piedi svenne al Rondò di Neive e Maria Da Casto che era con me gli fece un’ iniezione per il cuore ma papà non reagì. A questo punto il comandante fascista decise di lasciarlo sul mucchio di pietre dove era riverso. Per loro era morto.

La nostra famiglia pagò duramente per la cacciata dei nazifascisti; nostro fratello tornò dalla Germania duramente provato, papà non si riprese soffrendo sino alla sua morte, noi due sorelle e la mamma fummo talmente scosse e provate da tante emozioni da risentirne per molti anni.


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