MAESTRA ANNA BOELLA PRESSENDA
RICORDO DI QUEL 16 AGOSTO 1944 ALLA CANOVA di Neive
Partigiano Maestro Pressenda "PINO"
MAESTRA ANNA BOELLA PRESSENDA
RICORDO DI QUEL 16 AGOSTO 1944 ALLA CANOVA di Neive
< I Partigiani si sono
affermati, ma si fa più serrata ed insistente l’opposizione dei nazifascisti.
È IL 16 AGOSTO 1944. Nella splendida mattina,
un silenzio insolito si nota in tutto il versante sud est di fronte al paese…L’atmosfera è tesa e si sparge
la voce che tutt’intornosi sono appostate delle brigate nere.
Le forze repubblichine
affluiscono a raggera da tutte le strade per convergere in quella zona ed
accerchiare i partigiani.
Bisogna fare qualcosa per
sbarrare la strada alle autoblindo.le nostre armi leggere servirebbero solo a
far fresco contro quei bolidi corazzati, afferma uno dei capi.
Preparare alcune cariche di
plastico, è l’ordine che viene dato e subito messo in atto.L’esplosivo dalla
carica micidiale viene manipolato dai guastatori e le mine vengono fatte
brillare all’arrivo della colonna. Non una foglia si è mossa, non il minimo
rumore fino allo scoppio,. La strada è interrotta, i mezzi sono bloccati e
l’avanzata è per il momento arrestata. Il fragoroso boato ha dato inizio al combattimento.
Successivamente si accendono accaniti scontri in più punti, che provocano
un’incessante sparatoria che martella le colline. Sono raffiche interminabili,
laceranti scoppi di mortaio, cui fanno eco i colpi isolati, sparati , forse
solo per far rumore.. Due sono le formazioni attaccate(dei Matteotti e dei
Badogliani, che dapprima agiscono separatamente, i primi sulle colline più ad
Ovest dove sembrano resistere all’attacco… poi, venuto il momento, spariscono
come per incanto….
I Badogliani, dopo il
susseguirsi dei precedenti movimenti, ricevono l’ordine di ritirarsi sulle
colline più scartate, ad Est della zona seminata di repubblichini, per poter
sfuggire ad un eventuale insostenibile attacco, Ma ecco che dal paese un gruppo
di aggressori, nuovi e freschi, raggiunge anche queste colline fino a poco
tempo prima del tutto sicure.
Sono le prime ore del
pomeriggi…Piombati in quel silenzio, dopo aver percorso a piedi la breve
salita(abbastanza lunga però da farli bollire per il gran caldo), i repubblichini
battono i pugni contro la nostra porta. – Aprite, vogliamo da bere!- Una porta
si apre per prima.
-Entrate!- invita un uomo-
Ecco del vino del migliore-
-No , sa di ribelli, risponde
un brutto ceffo scagliando
Il bicchiere per terra.
-I ribelli – chiede ancora-
sono passati di qui?
I due aprono la finestra e ,
come i cani da posta che abbaiano avvistando la preda, indicano il luogo dove
si sono nascosti i partigiani. Un colpo sulla spalla per ringraziamento alle
spie che non si muovono e volgono gli occhi ambigui verso il nemico che esce
soddisfatto.
Subito dopo i repubblichini,
preso di mira il bersaglio indicato iniziano a sparare all’impazzata, spazzando
ogni palmo di terra. I partigiani si sentono crivellare di ferite. Uno muore
subito, un altro con entrambe le gambe ferite, si trascina in disparte, ma non
sa esattamente se voglia andare a morire lontano da quell’inferno o se deve
tentare di salvarsi.
Gli altri due chiedono
soccorso, gridano con la forza della disperazione.Il volto del più giovane, dall’aspetto
ancora infantile, è l’espressione del terrore, che fa chiedere pietà ai propri
assassini; invoca la mamma che non lo lasci morire.
Attirati da quelle grida, i
fascisti, da veri cacciatori, li cercano come si cerca la selvaggina ferita che
ripara chissà dove per istinto di conservazione e lascia le sue impronte di
sangue.
In realtà i repubblichini che
dalla collina si precipitano a valle, sembrano degli avvoltoi nell’atto di
piombare sulla preda e fanno di peggio, perché sfogano tutta la rabbia, tutta
la crudeltà che può esistere su questo mondo, sulle povere vittime.
Compiuta questa barbarie, si
recano alla “Casa bianca” e chiedono da bere, commentando il loro operato con
frasi che è meglio non ripetere.
Appena questi uomini si sono
allontanati,”Parin” esce di casa ed attorno al vecchietto ci sono tutti, le sue
ragazze ed i vicini di casa. Non si fanno commenti: -Andiamo! E tutti partono
alla ricerca di quei poveri corpi.
Li trovano quasi a pezzi, li
ricompongono e li trasportano su per i sentieri con una slitta da fieno
trainata da un bue….Il triste carico scivola sull’erba coi corpi ancora caldi,
sotto gli occhi di alcune persone con la schiena curva come se ne sentissero
tutto il peso, combattute tra il desiderio di nascondersi e quello di accompagnarli.
Intanto si è fatta sera.
Giunto presso la casa dove c’è uno stagno, una di quelle grosse pozzanghere che
non mancano mai vicino alle case di campagna e che è senz’acqua per la siccità,
pensano che potrebbe essere un ottimo nascondiglio per i corpi dei caduti. Li
scaricano, li depongono sul fondo, nell’ombra e li coprono ancora con delle
frasche. Qui dovrebbero rimanere per tutta la notte o fino a quando sarà
possibile trasportarli a destinazione. Ma per compiere il macabro quadro, anche
il tempo infierisce su tutti questi poveri corpi e , durante la notte, per la
pioggia lo stagno si riempie d’acqua.>
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