giovedì 3 ottobre 2024

GIACONE MENTORIN 1927 TREISO TRIFORAO

 






            GIACONE MENTORIN TREISO 1927


 

                  

 

GIACONE CARLO                GIACHINO VIRGINIA      

                                                          1892 1936

 

In famiglia eravamo sette figli e mamma e papà. Mamma morì nel 1936 a 44 anni. Era la sorella di Giusto detto”Cassù” grande “triforao” di Coazzolo e di Minin e Gegnin.

MAMMA SI SPAVENTÒ

La mia mamma morì in seguito ad alcuni spaventi. Avvenne che papà vendette un bue e incassò 1000 Lire. Quei soldi li teneva in casa. Un giorno che la mamma era sola in casa vennero dei malviventi che le intimarono di aprire o avrebbero ucciso lei e il cane che raspava alla porta. Lei prontamente sali nella camera sopra e avvisò mio padre che era al lavoro dietro nel campo. Il padre corse urlando e sparò alcuni colpi con la carabina da caccia, e uno zio urlò di farli andare da lui che li avrebbe sistemati. I ladri a quel punto fuggirono e non si fecero più vedere, ma la mamma a causa di tutto quel trambusto rimase emotivamente provata.

Successero altri fatti che impressionarono mamma.

Dei vicini per la nascita di due bambini, chiamavano l’ostetrica che si faceva accompagnare dal marito che aveva la Balilla. Questo era un tipaccio e mentre la moglie faceva nascere i bimbi lui rovistava per la casa e rubava i soldi. La donna, al terzo parto si organizzò e si mise la pistola sotto il cuscino. Quando l’uomo entrò in camera per prendere il danaro lei gli sparò e lo uccise. In un’altra occasione un mio fratello chiamò un coetaneo, vicino di casa a vedere una pistola che aveva trovato sulla Balilla di un signore e inavvertitamente fece partire il colpo uccidendo il bambino. L’uomo della Balilla accorse allo sparo e visto il bambino morto, prese la sua pistola e la lanciò nella riva dove vi è ora la nuova casa. Io lo vidi e lo dissi ai carabinieri e così l’uomo fu accusato per aver lasciata incustodita l’arma. Anche mio padre ebbe delle grane ma poi fu prosciolto. Comunque mia madre per tutti sti fatti e indebolita da otto parti in dieci anni cominciò a non mangiare più e non fu più serena. Morì a soli 44 anni  nel 1936 quando Io avevo solo 9 anni.

Fui cresciuto dal babbo e dai fratelli e sorelle.


Papà Carlin col sacco di pane

Ricordo che si viveva tre famiglie con i nonni. Noi eravamo 9 e zii e cugini erano otto e 10. Si viveva tutti insieme in quella vecchia casa in pietra e si andava d’accordo. Quello che diceva il “vèj” nonno, andava bene per tutti. Vi erano due donne che cucinavano per una quarantina di persone.

Avevamo poco da mangiare e mangiavamo pan e toma, pan e broz o pan e cognà. Altro non avevamo. Tutti i giorni papà andava a comprare 4 chili di pane e un etto o due di salame cotto poi si preparava la polenta e mia sorella ci dava mezza fetta di salame a testa con la polenta.

Quando avevamo qualche toma in più le portavamo a vendere ad Alba. A volte si portava un pollo, o una gallina ed un coniglio e con i soldi ricavati si acquistavano due etti di acciughe e qualche peperone “marinà” da cucinare con un coniglio. Finchè non arrivavano a Giugno i soldi della vendita dei Cochèt (bozzoli), ne producevamo un “Miria o due” dieci o venti chili, non avevamo altri soldi. Si andava alla bottega e si acquistava solo o sale o zucchero, altro niente.

 

 

A SCUOLA

Quando eravamo bambini andavamo a scuola a piedi e ci trovavamo cammin facendo 40, 50 bambini. Ai miei tempi vi era fino alla quinta, ma io frequentai solo fino alla terza.

I MIEI FRATELLI E SORELLE

Il più grande dei fratelli era del 1917, partecipò a tutte le campagne di guerra e tornò dalla Russia molto scosso. Morì nella vigna a 72 , colpito da un fulmine. Poi vi era un fratello del 1919 e una sorella del 1923, uno del ’24, io del 1927, una sorella del 1931 e una del 1933. Mamma partorì il suo primo figlio nel 1916 quando papà era in guerra del 15 /18 ma per la fame e la malattia visse solo sei mesi.

LE ” VIJÀ ” VEGLIE

Alla sera, non avendo altri svaghi, si facevano le Vijà. Si andava dai vicini, o loro venivano da noi e c’era chi giocava a carte, chi faceva la maglia, chi intrecciava gorèt per realizzare cestini, cavagn e gorbon e chi raccontava storie.

 

LA STORIA DELLE ROCCHE DEI SETTE FRATELLI

Qui vicino ci sono le Rocche dei sette fratelli e nelle vijà ho sentito raccontare la storia della loro origine: Cinquecento e più anni fa al posto delle rocche vi era un grande campo di proprietà di una donna di Benevello. Questa aveva sette figli e li mandò a lavorare nel campo. La “serventa” donna di servizio, portò loro da mangiare “pane e aglio”, gli uomini chiesero perché non c’era il salame e la donna rispose che si doveva fare “vigiglia” perché si era in Quaresima. Quelli cominciarono a protestare e a bestemmiare, intanto passò una processione e questi siccome erano vestiti da lavoro non poterono partecipare ed anzi continuarono a inveire e a bestemmiare. Quando calò la notte giunse anche un forte temporale che fece sprofondare la terra creando le rocche. I sette fratelli furono inghiottiti dalle voragini, la serventa che aveva fatto il segno di croce e pregato rimase sulla “Bricola segreta” quel piccolo ripiano a forma di “cadrega” sedia ed ebbe solo una gamba rotta. Lei e il cane si salvarono. Il cane si fece niente e riuscì a risalire, lei si trascinò sul piano e urlando si fece salvare da contadini che la portarono a Benevello, poi a causa del tetano morì. Dei sette fratelli non si seppe più nulla e anni dopo un uomo recuperò delle ossa umane forse di uno dei fratelli. Da allora le rocche furono chiamate dei 7 fratelli. Quando io ero piccolo, nel 1935 circa ricordo le rocche ancora prive di alberi e vegetazione!

                                    

   https://youtu.be/5iPji69F8SQ 

RACCONTI DI MASCHE

Mio padre raccontava che a volte usciva di casa e vedeva capre e pecore nel suo orto. Là vicino abitava una vecchia che aveva le pecore e allora lui le chiedeva se erano sue. La donna gli diceva di prendergliele, ma lui non riusciva mai ad afferrarle perché ste bestie ogni volta che lui era vicino per afferrarle si allontanavano di 20 metri. La vecchia grignava! Rideva e gli diceva: deridendolo. <non sei riuscito a prenderle!>

Lui diceva: ma jelo èr masche!?

Quelle capre erano la vecchia che si traformava in capre! Travajavò con ès mesté lì! Lavoravano con quelle magie Lì!

LA SCOMMESSA DELLA MASCA

Una volta fecero una scommessa su chi avesse avuto il coraggio di andare di notte nel Cimitero  a piantare una croce di ferro. Una, che dicevano fosse una Masca, per dimostrare che era più forte della Paura, si recò nel Cimitero a piantare la croce. Successe però che al buio non si accorse di avere incastrato la punta di ferro nella sua veste lunga. Sentendosi trattenuta, si prese paura e le prese (in corp!) un infarto, e la trovarono morta.

Mio padre parlava sempre di ste masche e diceva che avevano i ”Libri” per effettuare magie.


 


 


 

 

 

 

 

 

IL PERIODO DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

Nel 1944 io avevo sedici diciassette anni ma ero “quarentin” (piccolo di statura) e dicevo loro che avevo solo nove anni, loro ci credevano e così giravo senza problemi, mentre i miei fratelli, più grandi si nascondevano per timore di essere catturati dai fascisti e dai tedeschi. Io li informavo quando i fascisti se ne andavano e così loro potevano rientrare a casa. Mi ricordo di un giovane di Alba che venne a nascondersi nelle “rocche” qua attorno. Però qualcuno fece una “soffiata” ai nazifascisti che così vennero e lo presero nei boschi e lo legarono per i piedi ad un auto, lo trascinarono fin dove adesso c’è il Pilone del Canta. Ricordo che venne un suo fratello più giovane a portargli da mangiare ed aveva due “miche ‘d pan” e qualche mela o portigai “aranci”, lo trovò morto e urlava: “mama r’an massaro!”. Andammo anche noi a vederlo e aveva gli occhi “sbarà”(spalancati), gli avevano sparato un colpo in bocca per finirlo.

In un’altra occasione i miei fratelli, ne avevo tre e tre sorelle, si nascosero nelle rocche verso Trezzo Tinella e dissero a me e ad altri ragazzi di procurare qualcosa da mangiare e portarglielo. Noi andammo alla cascina del Canta dove vi era la madre di due giovani nascosti che ci diede del pollo ed altro da portare, ma appena fummo fuori dall’aia giunsero i fascisti che si fecero consegnare tutto e andò bene che ci lasciarono andare. Quella volta fecero razzie di tutto nelle cascine, e non se ne andarono che a sera. Noi non potemmo portare nulla ai giovani nascosti e così rimasero tutto il giorno senza mangiare e nascosti nei nascondigli dove si faceva fatica a respirare.

Venivano sovente qui sulla collina alla ricerca dei giovani di leva o dei partigiani. Una volta io ero lì sotto che pascolavo le pecore e loro arrivarono e piazzata la mitragliatrice iniziarono a sparare il direzione delle “roche dij Parod”. I nazifascisti sapendo che le Rocche potevano essere buoni nascondigli per i renitenti alla leva e i partigiani, piazzavano la mitragliatrice e sparavano. Fortunatamente non vi era più nessuno nascosto in quelle rocche oppure avevano realizzato delle buche o crotin più sicuri.

Ogni tanto i Partigiani venivano a casa nostra e mentre mangiavano chiedevano a mio padre Carlin: “Cosa ci consigli, tu che hai partecipato alla Grande Guerra, come dobbiamo fare per vincere la guerra?” Lui pacatamente: “ Per evitare rappresaglie qui da noi, non sparate a questi fascisti e tedeschi che poi uccidono noi e ci incendiano le case! Ma dovete uccidere quello che li manda, il capo, dovete uccidere Mussolini!” Infatti quando lo fecero fuori la guerra finì.

 

…mi ricordo del Partigiano Lino d’an Bossania, Pinotin Gavarin, Renato Zoppi e ancora il Comandante Paolo Farinetti del 1922 che fu ferito ad una gamba il 15 aprile 1945 , ma i suoi compagni lo salvarono. C’era anche “Teresa” che era una Farinetti 

 FARINETTI  TERESA 15/12/1895  BARBARESCO 

Nome di battaglia “TERESA”  PATRIOTA  21° BRG MATTEOTTI

Seconda formazione 21° BRG MATTEOTTI Dal 15/12/1944 Al 07/06/1945

PELAZZA  BARTOLOMEO  15/01/1920  TREZZO TINELLA 

ARTIGLIERIA  SOLDATO 

Nome di battaglia LINO 

Prima formazione FORM GARIBALDI Dal 08/10/1943 Al 30/03/1944

PARTIGIANO Dal 08/10/1943 Al 31/01/1945

Seconda formazione FORM AUT Dal 31/03/1944 Al 15/12/1944

Grado conseguito VICE COM.TE BRG Dal 31/01/1945 Al 07/06/1945

Terza formazione 21° BRG MATTEOTTI Dal 16/12/1944 Al 07/06/1945

GAVARINO  GIUSEPPE 26/02/1923  TREZZO TINELLA 

CONTADINO 

FANTERIA SOLDATO 

Nome di battaglia “PINUTIN”  PARTIGIANO  21° BRG MATTEOTTI

Prima formazione AUTONOME Dal 01/01/1944 Al 15/12/1944

Grado conseguito PARTIGIANO Dal 01/01/1944 Al 15/12/1944

Grado conseguito PARTIGIANO Dal 16/12/1944 Al 07/06/1945

FENOCCHIO  ANTONIO 07/12/1920  TREZZO TINELLA 

CONTADINO 

Arma FANTERIA  SOLDATO 

Nome di battaglia “OSCAR”  PARTIGIANO  21° BRG MATTEOTTI

Prima formazione AUTONOME Dal 27/11/1943 Al 15/12/1944

Grado conseguito PARTIGIANO Dal 27/11/1943 Al 15/12/1944

Seconda formazione 21° BRG MATTEOTTI Dal 16/12/1944 Al 07/06/1945

Grado conseguito PARTIGIANO Dal 16/12/1944 Al 07/06/1945

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Io e i mie fratelli non ci sposammo, le mie sorelle si sposarono. Non so se abbiamo fatto bene , io a novant’anni sono da solo con i miei cani, mah, il destino ha voluto così. Ho ereditato da mio padre la passione dell’andare per tartufi e a novant’anni vado ancora nei boschi con i cani. Ogni tanto mi viene in mente che l’invidia anche tra triforao può far fare cattiverie e mi viene un po’ di paura. Nel 1984 vendetti un tartufo che un mio amico di Magliano non riusciva a vendere, un altro triforao invidioso che io trovassi e vendessi tartufi più grandi dei suoi mi fece morire la cagnetta LILA eccezionale di sei anni. Son sicuro che fu lui perché da sciocco lo confidò a uno che me lo riferì. Io lo avevo dubitato perché lo avevo visto girare in un boschetto dove andavo io.


 

Ma bè, io addestrai alri cani e mi presi belle soddisfazioni, quasi come mio padre e barba Giusto.

                                            

                               



 

 


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