lunedì 14 ottobre 2024

DRAGO ALDO TREZZO TINELLA 1932

 


          DRAGO ALDO TRIFORAO con l'amico Carlo


                                 https://youtu.be/yEVSh0lz-QA      

 

ALDO DRAGO : l’intrepido Trifolao, dagli 8 agli 80 anni con più di duemila cani!”costumà” Addestrati.

Sono quasi settant’ anni che vado per tartufi, ho iniziato verso gli otto anni con mio padre quando si abitava ai Bordin di Treiso e devo dire che di “ trifore è rò rancane!” (di tartufi ne ho trovati!). La salute mi ha sempre accompagnato e ancora adesso, che ho ottant’anni, se qualcuno volesse fare una scommessa a chi arriva prima, a piedi, da qui (Val Tinella) fino a Mango sarei disponibile. Però non trovo nessuno! Forse han “pao èd pèrde”(hanno paura di perdere!). Una ventina di anni fa eravamo al Sergentin (cascina di Val Tinella) si faceva ancora “ra rosa a poé” (il gruppo a potare), eravamo in ventitre, qualcuno lanciò la scommessa a chi riusciva a portare due sacchi di guano da 50 chili dalla Cascina èd Gori al cortile del Sergentin e ritorno. Accettammo la sfida in una decina ed io che ero il più anziano completai il percorso degli ottocento metri con il quintale in spalla, mentre gli altri li persero per strada. La scommessa consisteva in una cena che mi fu offerta in Pertinace.

Duemila cani “costimà”addestrati da tartufi

Ho addestrato cani per dei Tedeschi, per gente di Tortona ,Vercelli e ultimamente per un gruppo del Sud Africa e uno della Norvegia.

Non vi svelerò il segreto per addestrare i cani ma vi dirò soltanto che “mi ai can èi veui bèn!” (io ai cani voglio bene!),parlo con loro e loro mi ascoltano. Basti dire che non ne ho mai perso uno. Purtroppo me ne hanno ucciso alcuni con il boccone avvelenato e ho persino pianto.

          Na trifora grossa pèi d’na mica èd pan!


                

Quella notte Lila annusò davanti a me, diede due raspate e si fermò, mi guardò e io le dissi “ a rè fora neh!?”,diede un’altra raspata e si rannicchiò ai miei piedi, allora mi inginocchiai e tolsi un po’ di sabbia con le mani per una superficie di venti centimetri, ne scalfii un pezzo e assaggiai, era proprio un tartufo. Non usai “èr sapin”(lo zappino), feci un buco molto grande ed estrassi “na bianca”(una trifola bianca)di un chilo e due etti. La vendetti al Commendator Ponzio.

          Tante soddisfazioni ma anche molti rischi.


Una mattina, era dalle otto di sera che giravo, incontrai due cacciatori, uno di questi fece un salto per scendere uno scalino di terra ma gli partì il colpo: non aveva la sicura! La rosa di pallini mi investì, ma devo ringraziare il giubbotto bagnato che aveva rallentato i pallini. Ne ho ancora sottopelle, ma lo spavento fu grande poiché sputavo sangue. I due cacciatori subito mi accompagnarono al Pronto soccorso e il Dottor Bubbio con la sua esperienza ci tranquillizzò. Spiegò che il giubbotto mi aveva salvato ma un pallino mi aveva centrato la faccia cicatrizzando la ferita esterna e lacerando l’interno della bocca. Infatti avevo una ferita nella guancia interna. Mi andò bene e son qui a raccontarlo! Dopo l’antitetanica mi accompagnò a casa mio fratello e ripartIi per tartufi preoccupando non poco il cacciatore che venuto a vedere come stavo non mi trovò a casa. Sgridò mia moglie perché mi aveva lasciato andare, “ah o rè sagrinasse bèn!”(ah era molto addolorato) per non avermi trovato! Come risarcimento per il danno procuratomi, mi avrebbe fatto assumere da Miroglio o alla Ferrero, ma non avendo la macchina e non essendoci la comodità della “corriera” rimasi a fare il contadino. Certo se avessi accettato il posto in fabbrica ora avrei una pensione ben più alta di quella dei Coltivatori, ma non avrei più trovato tanti tartufi!

Posti da cinghiali

Due anni fa mi è successa bella. Andai nello Rian (rocca) dei "Parod", che è proprio impervia. C’era tutto un “bossoré”(intrico di rovi e bossi) con il sentiero dei cinghiali, questa cagnetta novella “Lila” entrò nel sentiero, lo risalì per un po’ e tornò scodinzolando. Capìi che aveva annusato il tartufo e mi infilai con lei nel tunnel procedendo tutto piegato,quando fummo sul posto lei raspò e la fermai. Ubbidì come sempre e estrassi un bel tartufo di un etto. Il problema era uscire da quell’intrico, pensai un attimo e non trovai altra soluzione che proseguire nel sentiero dei cinghiali finchè sbucai alla località Parodi con la cagnetta che mi seguiva. Impiegai un’ora faticando ma il tartufo l’avevamo trovato.

 

 

Èr sogn ‘n trà carzà!( un sonnellino nella carreggiata)

Una sera, verso le nove arrivai ai Toninèt e i cani del cortile si misero ad abbaiare. Avevo già trovato i tartufi e non avevo piacere di farmi vedere, così, mi accucciai con la cagnetta nella fossa che aveva creato il carro e attesi che i cani si zittissero. Mi addormentai e quando riaprii gli occhi il prato attorno a me non era più verde bensì bianco “èd bruna”(di brina), non portavo l’orologio ma compresi che stava facendo giorno. Attraversai il Tinella e mi avviai verso i Barich per passare nella rocca di Neviglie, molto buona da tartufi. Neanche quella volta non presi il raffreddore!

La frana mi scoprì i tartufi

Dopo una settimana di pioggia, neppure le raccomandazioni di mia moglie mi trattennero dall’uscire con Zor, il mio cane, per andare nella rocca èd Rivaerta. Attraversai il Tinella che gonfio d’acqua, se sbagliavo la pietra mi avrebbe trascinato fino a Neive. Mentre a metà della rocca tiravo fuori un tartufo che Zor aveva fiutato sulla sponda vicino all’acqua, mi cade un ramo sulla schiena e il cane era agitato. Alzo gli occhi e vedo che si era staccata una frana grande come una casa che si portava dietro pini pietre e terra. Con un balzo ci riparammo sulla costa, appena in tempo per evitare di essere travolti. Certo ci fu lo “sbaruv!”, ma risalìi la rocca e proprio dove si era staccata la frana trovai più di chilo di tartufi.

 

Tartufi e pesci

Sempre in quell’anno, nella settimana di Natale, volli andare nei miei “Reu”, ma, tornando, per non farmi vedere da quelli del Sergentin, decisi di tenere il sentiero del Tinella. C’era il ghiaccio sul bordo del torrente e nonostante fosse ancora buio, con la Superpila(pila da trifolao),vidi un bel pesce che sgusciava sotto una pietra. Alzai la pietra e con grande sorpresa ne trovai altri otto dentro una piccola pozza, erano “Quaiastr” (cavedani) di tre, quattro etti l’uno. Li infilai nella tasca “cassadora”(posta dietro la schiena) e uscii dall’acqua bagnato fino alla pancia, con Zor che mi guardava stupito. Svuotai i gambali, mi tolsi le calze e mi avviai verso casa con il mio bottino di tartufi e pesci, il campanile di Trezzo batteva le otto.


 



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