LA MIA FAMIGLIA
Mio padre è Luigi e andò in
guerra nel 1915/18, Quando tornò sposò mia Mamma Cavallo Maria. Da loro
nascemmo mio fratello Giuseppe del 1921, mia sorella Paola, ed io del 1936
MIO FRATELLO CAVALLO GIUSEPPE
Mio fratello
era del 1921 e raccontò che dopo la Campagna di Francia, e quella
Greco-albanese fu preso prigioniero e deportato in Germania come prigioniero.
Lo facevano lavorare in una miniera dove per accedervi bisognava attraversare
un corso d’acqua. Obbligavano lui e i suoi compagni a guadare il fiume
immergendosi fino al petto e poi a lavorare tutto il giorno in miniera con gli
abiti bagnati. Giuseppe si ammalò e perse la funzionalità di un polmone. Al
termine della guerra rimase degente in Ospedale a Verona per parecchi mesi e
poi fu trasferito a Gallarate vicino a Milano. Rientrò a casa solo dopo
diciotto mesi di ospedale ma non ebbe lunga vita, morì a 59 anni.
DA MANOVALE E DA PAJARIN
Quando
avevo quindici sedici anni con Mario ‘d Fantin e Dolfo ‘d r’Ere si andava da
manovali in Valle Talloria a “fé i rot” (fossati a scasso) nei filari” . Con la
vanga realizzavamo un fosso con due vangate (60 /70 cm.) e gettavamo la terra
nel fosso del filare precedente e coprivamo il letame che portavamo con la
“Sivera” (barella di bastoni o assette). Il padrone che aveva già un trattore, portava
il letame all’inizio del filare. Quanta fatica e freddo! Rimanemmo tre
settimane e si era già ai Santi, ricordo una brina terribile. Si dormiva nella
stalla, anche se non era “salute” poichè si respirava con sette o otto bestie e
a rischio di essere calpestati. Al mattino presto, il padrone arrivava per
“ciadlé èr bestie” ( dar da mangiare e pulire) e così noi eravamo costretti ad
uscire e a riprendere il lavoro. Con i soldi guadagnati con quel lavoro mi
acquistai la “vestimenta” Il vestito per andare alla Visita di Leva. Acquistai
la stoffa e l’abito su misura me lo cucì Defabri Mario che faceva il sarto ed è
il padre di Tiziana, Wilma ed Ugo.
Quando
si andava alla Visita si faceva gran festa! Noi eravamo 13 “coscritti” e roma
fara andé(abbiamo fatto festa) quattro giorni!
Prima
di andare a lavorare alla Ferrero lavorai da manovale e da Pajarin dietro la
machina da batè èr gran!(Trebbiatrice)
Mio
padre aveva quindici giornate di terreni ma 8 giornate erano rive! E possedeva
due mucche e un vitello. Andai perciò da Servitò a tre giorni la settimana o a
tempo pieno. Non mi piaceva andare solo a tre giorni poiché mi lasciavano i
lavori più pesanti! Iniziai poi a fare il Pajarin, io Mario e Vincenzo Sobrero
eravamo al Servizio del Mancin del Ricca. Partivamo a piedi e la domenica
pomeriggio andavamo a prendere la Corriera alla Pedaggera, poi da Ricca, il
padre dei Rinaldi dell’olio con una Balilla trasformata in camioncino ci
portava a Sommariva Perno ed arrivavamo verso le 20,00 e siccome a luglio vi
erano ancora almeno due ore di giorno, si andava in un ‘Osteria dove faceva
preparare un grande Grilèt di insalata
di pomodori e una fettina di gorgonzola per lui e noi cinque Pajarin si
bevevano due bottiglie, poi si dormiva un po’ e al mattino presto si iniziava .
Si effettuavano tanti “piazzamenti” e ci si doveva spostare tante volte per
trebbiare dieci o venti o trenta sacchi di grano. Ricordo che il “mancin”
urlava tantissimo per farci far presto! Si lavorava tutta la settimana e al
sabato il Rinaldi ci veniva a prelevare a Sommariva o a Corneliano e ci portava
qui in Piazza a Cerretto. Si arrivava che era mezzanotte. Quella vita la
facemmo per tre o quattro settimane per
tre anni. Poi cambiammo padrone perché il Mancin ci pagava solo mille lire al
giorno. Io e Mario ci sistemammo da uno di Monforte che ci pagava mille e
trecento Lire per settanta giorni. Si andava anche nelle cascine di Corneliano.
Una volta a causa di uno che fumava prese fuoco la macchina dalla postazione
del “bateur” dove si immettevano i covoni dopo averli liberati della tortagna.
Fortunatamente eravamo in un campo e siamo riusciti a spegnere rapidamente il
fuoco!
Con
il trattore “testa calda” e la macchina terminavamo la stagione alle cascine di
“Arbi” quasi a Montezemolo. Era un lavoro duro, ma da giovani ci si divertiva.
Si mangiava bene perché ogni famiglia ci preparava dei buoni pranzi con due o
tre antipasti , pasta asciutta e secondo. Se il piazzamento durava solo nel
pomeriggio ci passavano cena e preparavano “ra mnestra dèr bate èr gran”. Era di brodo di
carne o di gallina con pasta fatta in casa o tortellini, pezzi di fegatini di
pollo, cuore e “pera” (duroni), cresta del gallo verdure e conserva. Era speciale, il Mancin
ed altri ci mettevano un bicchiere di vino!
Certo che ci si stancava poiché iniziavi verso le tre di mattina e terminavi che era
mezzanotte, ma il lavoro variava e con i cambi ci si riposava un po’.
SCHERZO
DI MARIO
Una
volta Mario ci fece un bello scherzo: Al suo turno di riposo si allontanò un
po’ dall’aia per non avere tanta polvere e si andò a coricare sotto un albero e
si addormentò. Su cinque si ruotava e per dieci sacchi uno era al riposo e poi
doveva rientrare. Quando terminò il suo turno di riposo lo cercammo ma non ci
fu verso di trovarlo e così terminammo tra noi senza riposo. Lui si svegliò al
mattino successivo. Il proprietario della macchina, di nome Ernesto gli fece
una bella ramanzina, ma ormai lui si era riposato e noi avevamo svolto doppio
lavoro! Cambiai ancora un datore di lavoro, era di Perno e si chiamava Giacomo
Destefanis.
Quando
nel 1961 morì mia mamma Maria, rimanemmo io mio padre Luigi e il fratello
Giuseppe che essendo Mutilato ebbe un lavoro in municipio. Mia sorella Paola si
era sposata l’anno prima e mio cognato mi trovò il lavoro alla Ferrero dove lui
era autista del pullman che trasportava gli operai da Montà d’Alba. E così
entrai alla Ferrero e vi rimasi per trentotto anni finchè andai in pensione.
Ero
proprio mal messo, pensa che non avevo neppure una bici per raggiungere
Albaretto dove veniva il pullman a prenderci. Per un po’ me la feci prestare dal
cugino Angelo, e la legavo ad un albero perché temevo la rubassero!
La
prima volta che arrivarono i tedeschi a Cerretto Langhe era una Domenica sera
(16 Gennaio 1944 conferma di Castagnotti Amedeo, Secco Carlo di Arguello, )
verso le 21,30 22,00. I giovani del paese furono avvisati e fuggirono tutti a
nascondersi. Anche le ragazze si nascosero poiché era giunta l’informazione che
tagliavano loro i capelli e le violentavano. Anche mia sorella Paola, del 1925
si nascose con le sue amiche alla Cascina “Paròd” di Proglio il padre di Gina,
Emma,Pina,Giovanni e Luigi (prigioniero,Caduto in Germania.). Anche mio padre
Luigi che a quel tempo aveva solo una cinquantina d’anni andò a nascondersi nel
Cimitero vecchio, mio fratello Giuseppe era già prigioniero in Germania.
Ricordo che rimanemmo soltanto io di nove anni e mia mamma Maria. I soldati
tedeschi piombarono in casa nostra e occuparono la cucina a piano terreno
stendendo i materassi. A me, terrorizzato al vedere quei sessanta uomini
armati, tolsero il materasso su cui
stavo dormendo. Io molto impaurito non mi staccavo dalla gonna di mia madre.
Molti tedeschi si misero a dormire nella nostra cucina altri gironzolavano per
il paese. Più tardi, verso le 23,30, 24,00, ne arrivarono altri e chiesero a
mia madre una padella per cuocere dei salamini che avevano negli zaini.
Nel
frattempo, siccome mio padre dal suo nascondiglio non sentiva più rumori,
decise di fare il giro largo dal “Borgàt” e non trovando nessuno giunse fin
sotto casa nostra. Sentì che c’era gente che mangiava e togliendosi gli zoccoli
fece finta di essersi svegliato da poco ed entrò. I militari continuarono a
mangiare e a “batajé” (vociare nella loro lingua) senza dirgli nulla. Mio padre
scese in cantina e portò un fiasco di vino che mise sul tavolo. I tedeschi
ringraziarono e continuarono la loro cena.
Rimasero
fino al mattino, poi presero in ostaggio “Gusto Defabri” il papà di Luciano e
zio di Clara e si fecero “guidare”, obbligandolo in testa, verso Cravanzana. A
quel tempo lo “stradone”(provinciale) non c’era ancora e vi era una “carraia”.
Mi rimase impresso il rumore e la massa di uomini che scendeva verso il Belbo!,
inquadrati per 4 la testa dello squadrone era da “r’Ere e gli ultimi erano
ancora qui.
Quando
questi se ne andarono, noi “marajon” (ragazzi) andammo a curiosare poiché, dove
ora abita Mariulin il meccanico stazionarono per qualche giorno quattro carri
armati. Avevano le bocche da fuoco che puntavano verso Feisoglio e verso
Cravanzana.
Un
altro ricordo è di quando venne un Partigiano che voleva nascondersi nelle
nostre cantine. Mio padre lo seguì e gli intimò di saltare dalla finestra. Se
fossero venuti i tedeschi e avessero trovato un Partigiano avrebbero incendiato
casa e fienile come era successo al Bricco da Bertino dove distrussero casa e
fienile. Anche da “Loùizèt dove vi era una casa utilizzata dai Partigiani i
nazifascisti appiccarono il fuoco, ma non fu distrutta. Sempre in
quell’occasione diedero alle fiamme anche la casa con Tabaccheria e osteria di
Pedaggera di Filomena. Incendiarono anche la cascina in località ”Guardian”
poiché avevano trovato nascosto un partigiano.
Durante
quei rastrellamenti, i tedeschi arrestarono alcuni uomini del paese e li
portarono a Ceva per interrogarli. Presero Augusto d’r’Ere,, Beppe Gelori del
1924 e Dolfo dèr Borgat padre di Beppe Valeria Fiorenza e Giorgio.
DEFABRI LORENZO
" BILINO" FRATELLO di De FABRI LORENZO
Il
primo personaggio di cui voglio raccontare è il nonno di Clara. Il suo nome è
Defabri Lorenzo, era una “Maznà dr’ospidal” un trovatello adottato dalla
famiglia Broccardo genitori di Amabile detto”Bilino” qui di Cerretto Langhe. Lorenzo
era il gestore della Tabaccheria che era nella casa lì di fronte, degli Abbate.
Fino a pochi anni fa vi era ancora la scritta SALI E TABACCHI in blu. Un giorno
decise di far sbancare il tratto di rocca dove siamo ora, che collegava il
Castello all’Asilo. Non vi era né la strada né questa casa che fece poi
costruire. Per andare in Castello la strada era quella che c’è dietro al bed
and breackfast. Qui c’era la rocca alta dieci metri come il pezzo esistente!
Lui era del 1874 e avrà avuto vent’anni o venticinque quando decise di
abbattere sto pezzo di Rocca. Assunse un po’ di manovali a lavorare con piccone
e carriola. A quei tempi vi erano tanti giovani che avevano poca campagna se
non addirittura niente e quindi lavoravano come manovali per guadagnarsi il
pane, Lorenzo oltre alla Tabaccheria
aveva una bottega e forno nella casa dove ora c’è il bed and breackfast e cuoceva il pane. Si lavorò cinque o sei
anni per sbancare questa rocca e la terra la portarono tutta nel versante che
guarda Arguello( dove oggi io ho l’orto) con le carriole o con carretti
trainati da bestie. Fu un imprenditore lungimirante poiché volle e realizzò
l’idea di creare uno spazio per costruire una casa e spostare il negozio. Lui
nacque a Monforte ma non volle conoscere sua madre che venne a cercarlo. Fu
risoluto, si dice le abbia detto: <Non ti voglio vedere, mi hai abbandonato
ed ora non ti accetto più!> Si sposò con Agostina Sobrero ed ebbero una
bimba di nome Clelia che morì di Tifo a soli sei anni e sei figli: Giuseppe,
Luigi, Augusto, Carlo, Mario e Roberto.
Lorenzo
molto intraprendente , ogni settimana con il carro e due cavalli andava a
Savona a effettuare commerci di alimentari e di utensili da cucina. Piatti,
posate e pentolame. Dai paesi vicini, Arguello, Serravalle e altri venivano ad
acquistare da lui ciò che serviva. Commerciava anche in uova, tome, agnelli e
pollame e si diceva che anche sua madre di Monforte fosse commerciante dello
stesso genere.
BAGNASCO
DEI QUATTRO MULINI
Bagnasco,
padre di Andrea e nonno di Flavia e Grazia anche lui “Venturin” fu un
imprenditore di Mulini a pietra. Realizzò un primo mulino a pietra in località
“Cavallotti” di Cerretto, in seguito mise in funzione il mulino dei Tre Cunei
ed ancora mise in funzione un Mulino a Serravalle Langhe. Infine andò a Cervere
e avviò un altro mulino. Proprio in questo mulino ebbe un incidente sul lavoro
e morì!
Il
figlio Andrea tenne per anni il negozio di alimentari a Cerretto e commerciava
in nocciole, agnelli ,ecc.
RINALDI
FILIPPO
Rinaldi
Filippo fu un grande “Mirador” Muratore, lo ricordo che a piedi, armato solo di
martello e cazzuola, si recava al lavoro. Se fosse vissuto ai giorni nostri
sarebbe sicuramente un grande architetto. Realizzò, da solo delle case che
imprese albesi non seppero terminare.
PIETRO GORGIANI “GUARDIAN”
“Guardian”
era il padre di Onorina della cascina “Erè”. Il suo nome era Gorgiani Pietro ed
era anche lui un “Trovatello”
Era il
Becchino del paese “sotrao”. Si racconta che nonostante fosse una persona molto
forte, una volta gli successe un fatto che lo spaventò molto!
Tornò
dal lavoro nella vigna che era sera e disse alla moglie: <Pinota vach
ancora a sotré col mort> (Pinota vado
ancora a seppellire quel morto). Andò al Cimitero, scavò la fossa e intanto
venne buio. Entrò nella Camera Mortuaria e da solo sollevò la cassa per andarla
a deporre nella fossa, ma girandosi fece chiudere la porta. Che si apriva solo
da fuori! Fu costretto a rimanere un po’ di ore chiuso là dentro al buio ed
ammise di aver provato paura.
A
Pietro, i tedeschi bruciarono il fienile poiché avevano trovato tracce del
pernottamento di uno o più partigiani.
RICORDO
DI “MOSCHIN”
Mosca detto “Moschin”, era un personaggio caratteristico.
Viveva con suo padre e poi da solo quando il padre morì. Andava a lavorare alla
fornace di Monforte, poi quando questa chiuse svolgeva lavori da manovale. Alla
sera veniva all’Osteria da Carolina ed aveva sempre una sciarpa rossa avvolta
al collo.
Era un abile giocatore da Bresca(Briscola) e Marchè o ré( CARTÉ.)
Giocava solo “testa a testa” Traficon, maneggiava rapidamente le carte e
vinceva sempre lui, si giocava solo per come premio un caffè o cinque
caramelle.
Una volta mise un pezzo di pollo in una pentola a cuocere e
andò all’osteria. Qualcuno entrò in casa che lasciava sempre aperta e al posto
del pollo mise un pezzo di legno. Quando tornò verso mezzanotte, al chiarore
del fuoco del fornèl con una forchetta toccò per vedere se era cotto, sentì
duro e andò a coricarsi lasciando la pentola sul fuoco tutta la notte. Al
mattino nuovamente toccò senza guardare e riaccese il fuoco, lasciò la pentola
sul fuoco commentando: ‘ss polastr o rè ancora dur paid in toch èd bosch! Stò
pollo è ancora duro come un pezzo di legno!) Andò al lavoro e lo lasciò tutto
il giorno. Alla sera finalmente guardò e capì che gli avevano fatto uno
scherzo.
https://youtu.be/Jg4rtd4b7TY Cavallo Italo ricordo
delle donne
SCHERZO AD ADELAIDE DELLA “BÈRTA”
Alla
Cascina Bérta viveva una donna anziana di nome Adelaide, una volta invitò mia
madre e tutte le donne anziane come lei forse a “taconè” Rammendare, e per
invitarle disse che avrebbe fatto cuocere il gallo e così a mezzanotte
avrebbero bevuto una tazza di brodo e mangiato un pezzo insieme. Mio padre,
Cina ‘d Leo e altre che sapevano che andavano, verso le ventitrè entrarono
nella cucina e senza farsi vedere, presero il gallo e misero nella pentola un
mattone. Vennero a mangiarselo in paese e la povera Adelaide quando fu ora di
servire il gallo trovò solo più il brodo. Si dice che comunque Adelaide e le
sue amiche dopo il primo stupore riuscirono a scherzarci su!
RÀ
PARTIJA A FIRÈ RÀ LANA (INCONTRO A FILARE)
Le
donne si riunivano da noi o in altre cascine per filare la lana che sarebbe
servita per realizzare Caossèt, corpèt, majè, bérte. Mi ricordo che molte volte
arrivavano alle cinque di mattina e si riunivano nella stalla che era il posto
più caldo, poi per pranzo si spostavano in cucina a mangiare i cizi o un pollo
o una fetta di salame. Le rivedo, ognuna con la loro Roca: c’era mia madre Maria, Cesarina,Fina, Leone Felicina,
Albertina detta Beta che erdr’ospidal(trovatella) Ernesta, Borello Teresina,
Corinta Cavallo la bisnonna di Clara ed altre ancora. Mentre lavoravano
cantavano vecchi canti ed io e altri bambini ci incantavamo ad ascoltare quei
bei motivi e le loro voci.
RÒ “SCARPÈNTON DIJ GIÒLÌ (Rà rissa, rà Masca)
Alla cascina Giòlì, abitava una donna
anziana di nome Angiolina che aveva una gran capigliatura riccia e spettinata.
Le avevano affibbiato parecchi “stranòm” soprannomi: Rà rissa, rà masca, ro
scarpènton dij Giòlì.
CAMIOT DI MONFORTE
Qui in paese veniva anche Camiòt di
Monforte , dedito alla compra-vendita di animali tome ,uova. Era imprevedibile
e commetteva gesti che lo resero leggendario: una volta aveva due maialini da
latte grandi quanto conigli e non riuscì a venderli, forse un po’ bevuto, li
sbattè contro il muro della bottega uccidendoli, un’altra volta venne a vendere
delle tome e a una donna che gli disse che non le comprava perché poco
stagionate, Camiòt, per dimostrare che erano asciutte ne fece rotolare due o
tre in piazza sprecandole!
Una volta, per una scommessa e per
dimostrare che era un “mascon” gettò il portafogli con i soldi nella stufa di
quattro piazze accesa, meno male che qualcuno si affrettò a tirarlo via dal
fuoco. Non sapeva né leggere né scrivere ma guidava la macchina e una volta a
Pedaggera lo fermarono i Carabinieri, lui, mentre il maresciallo gli diceva :
<Patente e libretto> scese dall’auto si gettò la giacca in spalla e
rispose mentrE si avviava a piedi: èr librèt o rè antèr cassiot, rà patente reu
mai avura, tenive ra machina e lò chi jè ansuma!.
Camiot a Roddino Trattoria la Miniera
FOTO Beppe Fenocchio
QUANTI
BAMBINI A CERRETTO NEGLI ANNI 40!
Si
parlava con Luciano e Clara e si ricordavano quanti bambini giocavano in piazza
fino a non molti anni fa. A me son
tornati in mente quanti eravamo i nati del 1936. Eravamo 13 maschi e cinque
femmine. Oggi ne nasce uno ogni dieci anni. Si giocava alla sera nella piazza
ed in confronto al gruppo di quindici anni fa che erano già molti, una
quindicina, quando ero bambino io a giocare a Tingolo saremo stati quattro o
cinque gruppi da quindici.
Alle “Ere
un gruppo, dalla valle del Roman e da me un altro gruppo e ancora qui in
piazza, da Fantin, alla Capletta, al Bricco. Era tutto un vociare di “maraje”
bambini
IL
GIOCO DEL “TINGOLO”
Questo
era il gioco che si faceva nelle sere in piazza. Praticamente il gioco del
“Nascondino” Un bambino veniva scelto per contare al muro fino a trenta o
sessanta mentre i compagni si andavano a nascondere, poi girava a cercare e quando scopriva qualcuno
andava a toccare il muro urlando Tingolo. Così facevano quei bambini che
riuscivano ad arrivare prima al muro. L’ultimo scoperto diventava quello che
avrebbe dovuto cercare nel gioco successivo.
RICORDO
DEI MAESTRI E MAESTRE
Ricordo
il maestro Bracco che veniva da Sinio. Molto severo, molte volte mi chiuse con
altri nella scuola, per punirmi perché non avevamo svolto il compito.Era il
fratello del marito di Pina.
Venne
anche un maestro da Monchiero, che avendo un “tichio” (tic facciale) suscitava
la nostra curiosità e smorfie, nascostamente neh!
La
maestra della prima elementare fu Lubatti Gina e veniva da Carrù, abitava da
Pinot.
Quando
iniziai l’Asilo verso il 1940 era da due anni che lo avevano aperto qui a
Cerretto.Fu il primo paese qui dei dintorni che ebbe l’asilo. Ricordo le suore
e tantissimi bambini, poiché ne portavano anche da Serravalle Langhe. Già in
quei tempi era Parroco Don Ravina che aveva l’abitudine di dire sempre “oh
santa paz” oh santa pace!
IL
PERIODO DEL “FASCIO”
Negli
anni del “fascio” , io e mio fratello partecipavamo alle esercitazioni che si tenevano il “SABATO FASCISTA” vestiti
con la divisa e le “bandoliere incrociate!. I più piccoli eravamo chiamati
Balilla e ci facevano marciare qui in piazza, Guai se scartavi o sbagliavi! I
più grandi adavano a Serravalle.
Ci
dirigeva un ”fascistone” che adesso è già morto. Ci obbligavano a salutare
urlando “w il duce A NOI!”
STORIA DI UN FATTO DI “MASCHE”
Il nonno di Clara raccontò che una volta
mentre scendeva per la strada del Belbo, improvvisamente gli apparve una
“Caréra” in mezzo alla strada, aveva i cerchie occupava tutta la strada! Lui
faceva anche il muratore ed aveva sempre il martello al seguito, lo estrasse e
disse: <sa che ij tir ana poch i cérc! ( batto i cerchi affinchè siano meno
lenti) e diede qualche martellata sui cerchi. Il giorno dopo dissero che una
donna che dicevano fosse una “masca” era tutta livida alle braccia e al volto
come avesse subito delle martellate. <Elo vèì ò rèlo in borèi!? >Sarà
vero o sarà una storia?
A me raccontarono questo!
ITALO HA RICORDATO
CASCINE E LOCALITÀ DI CERRETTO LANGHE
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