BONA SECCO ILVA
Pace Maria detta (Maìna) e Robaldo Giuseppe bisnonni di Ilva ebbero 16 figli, 3 maschi e 13 femmine.
Una sola
morì in tenera età. La nonna CRISTINA raccontò a Ilva che morì durante la notte
soffocata da un rigurgito o forse perché in troppi per un unico letto.
ILVA
raccontò a Beppe
< Dormivano
in cinque o sei per ”berlecia”, tre alla cima e tre al fondo. La nonna
ricordava quasi tutti i nomi dei fratelli e sorelle: Cristina del 1898 ( mia
nonna) , Lidia, Giuseppina, Angelina, Carolina, Agostina……..Un fratello di nome
Nigi e due sorelle più grandi emigrarono America. Di una di queste si seppe che
fece fortuna ma fu derubata e assassinata, il suo corpo non fu ritrovato, forse
gettato in mare.
Durante
la seconda guerra mondiale una sorella della nonna fu uccisa nel corso di un
bombardamento, e il fratello Cesare fu ucciso da personaggi che si facevano
passare per partigiani.
Nonna amava ricordare quando la madre stava per
partorire: “Noi pì cite e pì cit, venivamo allontanati da casa con uno
stratagemma, ci dicevano di andare a cercare altri bimbi e di guardare sotto i
cavoli o in qualche tronco di vecchi gelsi che avevano delle cavità. Noi
ubbidienti raggiungevamo i campi di
cavoli e le piante ‘d mo gelso) e speranzosi di trovare una bimba o un bimbo
scavavamo a mani nude fino a farci sanguinare le dita. Tornavamo soltanto
quando udivamo il vagito di un fratellino! Jero propi fole neh! (eravamo
proprio sciocche!)”
L’ASSAGGIO
DEL CAFFE’
La nonna
assaggiò il caffè per la prima volta in occasione di un parto della sua mamma.
Per
quell' evento si preparava il caffè nella Napoletana per offrirne alla
partoriente e lo si lasciava sul fuoco della stufa. La nonna approfittò
dell'assenza di altre persone e si portò alla bocca il beccuccio della
caffettiera e ne bevve un gran sorso per capire che sapore avesse la bevanda.
Si scottò talmente le labbra che rimase una settimana senza riuscire a mangiare
nulla. Per non essere punita non disse l'accaduto a nessuno! Raccontava che
quando tutta la numerosa famiglia era riunita a tavola nessuno parlava: is
sentiva voré èr mosche! Si sentivano volare le mosche!
In
famiglia vi erano tre " cuéfe" veli da Chiesa e così tre Ragazze
andavano alla Messa "bassa" e tre alla Messa "Granda"
perché senza velo non si entrava in Chiesa! Ricordava che a scuola andava solo
poche volte d' inverno, quando nevicava, perché doveva lavorare! Andò solo per
due anni e tuttavia imparò a leggere, a scrivere e a fare di conto.
Un giorno
una mia zia, sua figlia, le disse che a Cravanzana era morto il tal dei tali.
In seguito le portò il Bollettino parrocchiale e lei leggendo le parole:
"è tornato alla casa del Padre..." Si arrabbiò con la zia e le spiegò
che se il defunto era tornato alla casa d'infanzia non era certo morto!"
Durante
l'estate da bambine e ragazze correvano tutti scalzi, anche nelle
"stubie" (campi di grano con spuntoni di spighe) e i piedi non
pativano nulla perché "faità" robusti. Per l'inverno il padre andava
alla fiera di Cravanzana e portava a casa un sacco di zoccole di varie misure,
sempre abbondanti, lo versava al centro della camera e Ognuno se ne prendeva un
paio scegliendo le più adatte.
Ai suoi
tempi il cibo consisteva per lo più in polenta e castagne essiccate nello
"scau" essiccatoio. La carne si mangiava solo nel caso fosse morto
accidentalmente un animale. Se trovavano dei "puciu" nespole o
ciliegie ne facevano delle scorpacciate. Se riuscivano a catturarli mangiavano
anche gli uccellini. Questo finché si era a casa, perché quando si andava da
"manuere" (lavoranti) bisognava solo pensare al lavoro. La nonna era
una di queste poiché era forte come un uomo e arava, falciava, dava zolfo e
verderame al pari degli uomini.
Quando si
sposò andò a vivere al Mulino di Arguello. Per il viaggio di nozze esternò il
desiderio di andare a vedere il mare, ma il suocero la stroncò dicendole:
"baica Bèrb!" (Guarda Belbo)!
Il primo
giorno dopo le nozze (dopo aver lavorato come e con gli uomini) si sedette a
tavola con gli uomini ed il suocero le ricordò che dopo una settimana dalle
nozze non avrebbe più preso posto a tavola con loro, ma avrebbe mangiato con la
ciotola in mano in un angolo o su un davanzale! Lei dal giorno successivo non
si sedette più a tavola.
Aveva invece un bel ricordo della suocera che paziente le aveva insegnato tanto dei lavori di casa, a cucinare, a fare i tajarin ecc. L' unico lavoro che non le andava era "filare" . Raccontava che quando il marito le chiese perché non filasse come le altre donne lei gli ruppe la "Ruca" in testa e da quella volta più nessuno si azzardò a chiederle di Filare la lana!
DA L'ANELLO FORTE DI NUTO REVELLI
PROGLIO FILIPPO BEVIONE SECONDINA
Intervista
di ILVA BONA a PROGLIO GIUSEPPINA
PROGLIO LUIGI, NATO
L’11 GENNAIO 1924 A CERRETTO LANGHE
DA BEVIONE SECONDINA E
FILIPPO Contadino
FFAA Regie (soldato
Internato)
Div. Alpina CUNEENSE 1°
Rgt
DECEDUTO IL 22 DICEMBRE
1944 Branbauer(D)
Luogo Sepoltura: LUNEN
- 'KOMMUNALFRIEDHOF'
Traslato e SEPOLTO A
FRANCOFORTE SUL MENO (GERMANIA) -
CIMITERO MILITARE
ITALIANO D'ONORE
RIQUADRO N - FILA 8 -
TOMBA 27. FONTI: 1A, 1B
Cerretto Langhe 29
NOVEMBRE 2015
Intervista raccolta da
Bona Ilva
Giuseppina Proglio
classe 1926
Sorella dell’Alpino
Proglio Luigi classe 1924
Come era composta la
tua famiglia?
La famiglia era
composta da Papà Filippo, mamma,
Bevione Secondina e da
sei figli: Giovanni del 1913,
Maria del 1920, Teresa
detta Gina(per via della “bella
Gigogin”del 1922, Luigi
del 1924(caduto in guerra), io:
Giuseppina del 1926, e
Emma del 1930.
Si viveva a Cerretto
alla Cascina “Paroldo”, sita sopra
il Belbo.
Com’era Luigi di
aspetto?
Luigi era un bel
ragazzo: biondo, alto, amava
scherzare e nei tratti
e nel carattere assomigliava ad
Emma. Era spericolato
con la bicicletta che il fratello
Giovanni gli
imprestava, però, fuori dal suo ambiente
rivelava una grande
timidezza.
Amava prendere in giro
la sorella Gina che aveva un
debole per Dario Pace.
Quando quest’ultimo partì per
la guerra mio fratello
Luigi trasformò un canzone degli
Alpini in un motivo
scherzoso per mettere in
imbarazzo Gina:
<Sopra i monti che
Pace o farìa,
scriverà alla sua Gina
le manderà una stella
alpina
per farla piangere e
sospirar.
Quando è partito
soldato, dove l’hanno mandato?
È andato a Cuneo negli
Alpini, ha fatto i campi a
Pamparato. Mio fratello
Giovanni è l’ultimo della
famiglia che lo vide
vivo. Lo andò a salutare ai campi
prima che partisse per
il Brennero. Mio nipote Piero
mi raccontò che suo
padre Giovanni gli portò dei
viveri, tra cui una
torta. Ricorda anche che Suo fratello
Luigi era un po’
schizzinoso nel mangiare e faceva
fatica a nutrirsi con
il cibo che veniva fornito durante il
servizio militare. Il
giorno che Giovanni gli fece visita,
Luigi mangiò tutta la
roba di casa e stette male, allora
mio fratello rimase con
lui finchè non smaltì
l’indigestione.
Quando lo hanno preso
prigioniero?
Lo hanno preso
prigioniero mentre stendeva i fili del
telefono. Ci fu
l’Armistizio l’8 Settembre e Mario
Bonardo, che abitava al
“Ghecc” di Cerretto ed era
Alpino con lui, lo andò
a chiamare perché scappasse,
ma lui si rifiutò di
fuggire con gli altri e disse testuali
parole:<Nessuno mi
ha ordinato di fuggire> Così fu
catturato e deportato
in Germania. Fu inviato a
lavorare in miniera,
con lui vi era l’Alpino Pace Dario e
Beppe………, figlio di
Eugenia della Cappelletta di
Cerretto(Beppe e il
padre esercitavano il mestiere di
Norcini (massachrin) in
paese.
Beppe raccontò che
Luigi, durante la prigionia, soffrì
moltissimo, mangiava
pochissimo e si debilitò molto
ammalandosi. Diceva
sempre che non ce l’avrebbe
fatta a sopravvivere e
che non sarebbe tornato a
casa. I miei famigliari
gli mandavano dei pacchi con
dentro cioccolato,
grissini secchi, formaggio
stagionato e vestiario
con tabacco e cartine. Questi
pacchi li spediva Gina
da Alba. Avendo saputo che
venivano controllati
dalla censura, si ricorreva a dei
sotterfugi per poter
inviare poche notizie, si
srotolavano le cartine
e si scrivevano informazioni
della famiglia, (ad
esempio gli fu comunicata la nascita
della nipote Anna
nell’aprile del 1944) queste
venivano nuovamente
posizionate nel pacchettino
originale in modo che
lui, quando preparava le
sigarette , potesse
leggerle.
Chi vi disse che era
morto?
Venne Beppe di Eugenia
a comunicarci la sua morte,
riferì che i pacchi
arrivavano, ma lui, malato, non
riusciva più a mangiare
e le cibarie le distribuiva ad
altri. In seguito
arrivò la comunicazione ufficiale del
decesso.
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