TESTIMONE DELLA MEMORIA GIULIO
PASTURA
‘ D J'AMBREUZ DI BRICCO DI NEIVE.
Nato in “casa” il 30 aprile
1933 da Teresa Masoero del 1905 (Sorella di Riccardo “d’rà stofa”(negozio di
tessuti) 1921 dei “Tecc”) e Giuseppe del
1900.
Il nonno paterno non lo
conobbe perché morì colpito da un fulmine mentre era dalla finestra. La nonna
paterna era dei Marasso dei Balluri
Giulio ha raccontato con
lucidità di quel 16 agosto 1944 sulla collina della collina della Canova.
Giulio: in famiglia eravamo mamma papà e sei figli.
Io ero il terzogenito, avevo 10 anni e quel giorno, era un Mercoledì, andai,
come ogni settimana a "cheuze" cuocere il pane al forno di Bricco di
Neive. Portavo, con la carriola, la pasta che mia madre aveva preparato. Non so
più perché, forse a causa del forno non pronto, ci volle tutta la mattina e
alcune ore del pomeriggio. Per tutta la mattina, mentre aspettavo si era
sentito "sciopaté" sparare dalle parti di Mango, ma siccome in quei
tempi eravamo abituati a sentire sparare non ci feci caso. Mi avviai con il mio
carico di pane e quando fui sulla "Serra" trovai il primo "posto di blocco di fascisti.
Vi era già a terra un Partigiano ferito e tutto insanguinato.(Gordon). Mi
perquisirono e guardarono se sotto il pane avevo delle armi. Non trovando nulla
mi fecero segno di andare. Ogni tanto mi giravo a guardare quel povero giovane
ma procedevo rapido perché non vedevo l'ora di arrivare a casa. Con tutti quei
fascisti armati, dovetti ancora subire un controllo ad un secondo posto di
blocco. Poi, per evitare tutti quei
militari, c’era la strada piena di militi e mezzi, imboccai una scorciatoia che
chiamavamo "strà cita" . Quando arrivai a J'Ambreuz dove c’erano due
cortili, uno rivolto alla strada e uno verso il bosco, trovai una
mitragliatrice ancora piazzata che puntava verso il bosco. Era quella che aveva
ucciso
Pistone Evasio (Taurus), Vogliolo
Lorenzo (Enzo),
(Molinaris Ottavio
(Negus), e ferito gravemente Molinaris Teresio "Stambecco".
Il
Partigiano Enrico Tibaldi (Gordon) fu fucilato là sotto un albero
di ciliegie, proprio in Serra Boella
E pensare che la figlia del
mio Maestro Bormida ( padre di Raffaele e del Professore Emanuele) supplicò
quei fascisti di non ucciderlo, disse loro: <...è un bravo ragazzo non
ammazzatelo!). Ma questi non le diedero retta e lo uccisero. Il Maestro Bormida
ed il Parroco don Monticone, con un carro e dei buoi portarono Tibaldi al
Cimitero, e “Stambecco” <che era “ an tèr ro> località delle querce>,
in ospedale ad Alba da dove uscì comunque paralizzato. Ricordo, che dopo la
guerra, venne tutti gli anni, fino al ’75 quando morì, al Bricco per ricordare
i partigiani Caduti. Veniva con una moto col sidecar, anche se non aveva l’uso
delle gambe. Invece, morirono giovani sia il Maestro che il Parroco.
TILIO INTERROGATO DAI REPUBLICAN
Quel 16 agosto dopo aver
deviato nella Strà cita arrivai al Secondo posto di blocco. Nuovamente mi
rivoltarono la cesta del pane e mi perquisirono per vedere se avessi delle
armi. Nei pressi vidi Tilio, un manovale ed un altra persona legati schiena
contro schiena. Furono poi fatti andare a piedi, al comando Repubblicano di
Alba, da dove furono poi rilasciati. Anni dopo, da pensionati, seduti sulla
panchina sotto gli ippocastani, Tilio mi disse che al comando fu interrogato e
volevano sapere se conosceva dei Partigiani. Lui disse che certo ne conosceva
ma non li aveva mai più visti. Lo maltrattarono un po' e gli misero paura, poi
gli dissero di tornare a casa.
I PARTIGIANI NOSTRI AMICI
Certo che tutti conoscevamo
dei Partigiani, anche noi bambini sapevamo chi era Partigiano. Là sulla Serra
dopo la cascina di Traversa vi era un bel piano da dove si spaziava su tutta la
piana e i partigiani avevano una base. Una volta, tornando da scuola, trovammo
un Partigiano di guardia, non piemontese, che ci insegnò a smontare una bomba
di quelle col manico. Pensa te, noi di 10 11 anni imparammo a smontare una
bomba!
Erano tempi dove le armi
venivano usate troppo facilmente, e anche se i genitori ci dicevano di non
soffermarci a parlare nè con repubblicano nè con Partigiani, noi eravamo
incuriositi.
Andavamo a scuola a Bricco e
in tempo di guerra, cambiavamo maestro o maestra a seconda se vi era pericolo
dei repubblicani. Il Maestro Bormida era con la famiglia nella scuola e se
c’era allarme lui e i figli Raffaele ed Emanuele(che poi divenne Professore e
Provveditore in Africa) si nascondevano e ci lasciavano con le figlie. Una
volta che ci fu pericolo di un rastrellamento ci mandarono a casa prima e noi ,
felici passammo nelle “sarzere” (località dei salici).
I DUE FRIULANI
Al primo posto di blocco vidi anche i due
friulanI, marito e moglie che furono poi fucilati dai partigiani perché
ritenuti "spie". I due vivevano in una casa che avevano avuto da
"Valetta", lavoravano un po' di terra e andavano a lavorare alla
Fornace di Negro. Io ne ho un buon ricordo.
In linea d'aria abitavamo a
150 m. Era una coppia di lavoratori. Una volta persi una "feja"
pecora, lui la trovò che pascolava dalle sue parti e se la portò a casa, poi,
appena seppe che era la mia me la riportò. Fummo perplessi quando i partigiani
vennero a prenderli e li accusarono di aver fatto la "spia". Li
portarono in Langa e non li vedemmo più.
Si seppe che volevano giustiziare solo lei perché ritenuta colpevole, ma lui
disse: <Se uccidete lei ammazzate anche me! >e così dopo aver fatto loro
preparare le fosse, furono fucilati entrambi. Questo produceva la guerra!
Un altro che fu ucciso dai partigiani perché ritenuto una spia fu
RIVELLA MARIO DI PIETRO GEROLAMO
CASTAGNOLE LANZE (AT) 14/06/1899
NEIVE (CN/I) Commerciante
Luogo di morte: NEIVE (CN/I) il 15/07/1944
Aveva combattuto nella guerra del 1915/18
I BOMBARDAMENTI SU NEIVE
Nel 1944 avevo 11 anni e mi
piaceva scendere a Neive per curiosare. Quando mio padre venne al Silo
dell'Ammasso, lo seguii e vi trovai tante persone accorse ad ascoltare cosa
avrebbero detto i partigiani. Ve ne era infatti uno che disse che avrebbero aperto il portone e i contadini avrebbero
potuto riprendersi il grano che gli era stato fatto consegnare. Tutti ne
caricarono anche su carri, ma mio padre riuscì a malapena prenderne mezzo caco.
Anzi faticò a portarlo a casa! Ricordo che vi fu chi ne approfittò per
prenderne tanto! Uniche aveva un Ciabòt lá vicino lo riempì! Noi producevamo
poco grano e siccome eravamo in otto in famiglia nonne avevamo a sufficienza
per tutto l' anno .Un'annata dovemmo acquistarne e lo pagammo 28.000 lire al
quintale! Eh c'era chi se ne approfittava!
Il Silo fu poi bombardato, ma ormai il grano lo avevano portato via
tutto! Ricordo bene quando vedemmo arrivare da Castagnole l'aereo che sganciò
la bomba e centrò in pieno la costruzione dell'Ammasso.Fu l'11 Settembre '44.
Poi bombardarono di nuovo
dalla galleria ferroviaria e noi tornavamo
da una funzione in Chiesa perché si era nella settimana Santa. Ci
trovammo nella "strá cita" e ci riparammo in un "crotin"
piccola grotta che c'è ancora adesso! Quella volta rimasero uccisi la mamma di
Romano Levi, il padre di Merico Toso Pietro e altri due. Andò bene che non
centrarono l' imboccatura della galleria perché sarebbe stata una strage, tante
persone sentendo arrivare l'aereo, uscendo dalla Chiesa corsero a rifugiarsi
proprio nella galleria.
MAINERDO
LUIGI
BOMBARDAMENTO
AL SILO E IN PALLARETO
Nel 1944 (l’11 settembre
secondo Oscar Pressenda) vennero sganciate alcune bombe da parecchi aerei che
demolirono il Silo (dove poi ci fu il Consorzio) adibito ad “AMMASSO” DEL GRANO
e una che cadde sulla strada per Castagnole Lanze al bivio di Pallareto,
provocò la morte dei cavalli che trainavano un carro di un forestiero che
transitava in quel momento. Luigi non seppe dire se il “cartoné” si fosse salvato.
La sua testimonianza è rafforzata dalle parole annotate nel DIARIO ALBESE
1944 1945 di Oscar Pressenda :….In complesso l’11 settembre è stata una delle
giornate più attive nel nostro cielo, ove crediamo siano passati da 12 a 16
aeroplani tutti leggeri. Pare che siano state mitragliate e sganciate una
ventina di bombe presso Neive (Stazione) nonché tra Neive, Trezzo e Castagnole:
nessun morto, per quanto si sappia ora. Le bombe sarebbero cadute nella
mattinata; si pensa che vi fosse una colonna nazifascista, poiché la Stazione
di Neive non è così importante da venir considerata obiettivo militare. Pare che
10 bombe siano cadute presso Castagnole.”
Tornando al grano , una mia
cugina aveva sposato un panettiere che aveva una panetteria ad Asti, ben,
questo si stufò di tribolare ad avere grano per la farina e di avere sempre i
controlli della Polizia Annonaria (ORDAN che fu poi Guardia Municipale a Neive)
emigrò in Argentina. Qualcuno per procurargli del grano attraversava il
torrente Tinella di notte col camion e glielo portava fino al Tosone correndo
dei bei rischi.
I FORNI Al Bricco vi erano vi erano due forni dove
tutti si portava a cuocere la pasta. Si pagava al fornaio un tanto al chilo.
Noi si andava una volta la settimana. Andai anche parecchie volte al forno che
era al mulino sul Tinella. Nel periodo della guerra era fornaio e mugnaio un
Burello della Canova, poi vennero i Rosso di Carlin. A Neive vi erano altri
forni sia a Borgonuovo che a Rondò e nel Capoluogo e borgate.
Ai tempi della guerra vi era
una grande confusione. Tra repubblicani, partigiani, spie, usurai e
profittatori, le nostre famiglie di contadini erano le più penalizzate. Quando
arrivarono anche i nazisti i timori aumentarono. Tanti fatti furono
inspiegabili ed io cercai di farmi spiegare quando terminò la guerra. Seppi che
con la tessera del fascio vi erano tutte le porte aperte, che vi fu un generale
fascista che si oppose alla decisione
dei nazisti di dare le fiamme a Neive e ancora comunicò a Pasquin, il padre di
Zino che avrebbero effettuato un rastrellamento e gli disse di avvisare i
giovani di nascondersi. Sono tutte cose che ho saputo anni dopo la fine della
guerra. Ebbi modo di conoscere alcune persone
che furono arrestate e deportate in Germania.Vennero a lavorare da me
Bianco Giovanni ed un altro che arrestati a Bricco patirono la deportazione e
la prigionia, ed ebbero la vita segnata da quei soprusi. Guarene della località
"Arossa" raccontò di aver visto morire di stenti, in prigionia, il
padre di Giulio di Trezzo Tinella. Queste che ho raccontate sono storie che non
ho mai dimenticate ed ho visto e udite. Mi dispiace leggere sulla Gazzetta
d'Alba che nè la politica di dx nè
quella di sx ha saputo realizzare una società capace di vivere in Pace.
LA NONNA MI RACCONTÒ
La nonna mi raccontò che Nonno
Ambreuz,quando si recò a far la corte a lei ai Balluri, rischiò di essere
picchiato. Dovette dormire nascosto nel paese perché a quei tempi non si poteva
sposare una ragazza di una borgata che non fosse la tua. Lui però, riuscì a
portarla via, anche perché lei acconsentì!
Eh sì, ho saputo che anche i
giovani di Coazzolo facevano “correre” quelli che da fuori volevano “ parleje a
na fija”! ( Far la corte).
ANCHE I BAMBINI AL LAVORO
In quei tempi lavoravamo anche
noi bambini per aiutare in famiglia. Si andava davanti ai buoi, al pascolo, si
puliva la stalla, si andava a procurare rà feuja le foglie per nutrire i"
bigat".
Mia sorella, più grande, non
aveva ancora vent’anni e si mise ad allevare i bigat. Si andava a “scarvè” raccogliere rami di gelso
e si preparavano parecchie "pontà" sulla cascina.
Occorreva proteggerli dal
freddo e dalla pioggia, e nutrirli con foglie di “mo” (Gelso) asciutte, altrimenti
si ammalavano e non producevano i "cochèt" bozzoli da portare a
vendere. A san Marco 25 aprile, le donne si mettevano”an sèn” in seno il
sacchettino con i semi dei bachi, così da scaldarli e favorire la
“schiusa, poi si mettevano sulle pontà (palchi) finchè non producevano
il bozzolo.
A giugno a San Pietro li
portavamo al mercato ed erano i primi soldi che entravano in famiglia. Una
volta vi erano tanti "Mu" Gelsi, ora non ce ne sono quasi più. Anzi
ho visto in televisione che da qualche parte hanno impiantato i gelsi per
raccogliere le more bianche o nere e produrre marmellate!
Bei tempi quando arrivava la
macchina a trebbiare, con tutto il suo seguito di Pajarin! Effettuavano il
piazzamento nel cortile e collegavano con le pulegge la trebbia al testa calda.
A noi bambini piaceva rincorrerci in quel polverone
e rumore. Portavamo da bere, acqua, mentre lavoravano, ma qualche giovane ci
sfidava e ci metteva alla prova: se t'em porti in bicel èd vin èt lass campé rà
mèss>allora noi si correva in cantina e si tornava con una bottiglia di
picheta! Li fregavamo così, ma loro ridevano una volta! C'era allegria che
continuava col pranzo dei piatti per la grande occasione: raviore, èr gal à ra
cassadora e 'r bonèt. Anche a sfojè rà mejra o jera bèl. Si cantava e raccontava e poi si
ballava. Quando iniziai ad andare da foricc(aiutante dei muratori) , dopo aver
sfojá fino a tardi, al mattino avevo sonno Sul lavoro jera "
andormì!" Lento! E ricordo che il muratore Cichin Marcarin, che abitava ar
Pont do diao e poi al Littorio, mentre usava il pennello e la calce mi lanciava
schizzi in faccia per "svegliarmi"! Ma anche quello è stato utile.
Iniziai da foricc nel 1947 e poi dopo il soldato mi misi per "mè
cont" ed ho lavorato fino al 2010 come impresario per sessantacinque anni.
Quando in un incidente mi tagliai il
pollice della mano ci fu chi mi disse che non avrei più potuto lavorare, io
invece iniziai a costruire condomini. La mia idea è sempre stata che se hai
voglia puoi fare tutto. Lo dissi già ad uno che aveva assunto un ragazzo a
vangare per fè passé! Mi disse, vedi quello là non è capace! Io ribadii! O n'ha
nèn veuja! Non ha voglia, altrimenti imparerebbe! E mi diede ragione. Se c'è la
volontà si impara a fare tutto.
MIO COGNATO IN U.R.S.S.
Mio cognato Mario Vacca del “Prinsi”,
l'8 Dicembre ‘44, quando avvenne il rastrellamento a Neive Castagnole e Bricco,
rimase due notti nascosto nel solaio del campanile di Neive Alto. Lui ed altri furono tenuti nascosti dal parroco Don
Bollano. Questi poi spiegò al Comandante fascista che aveva due giovani che
erano venuti a Messa ed ora volevano tornare a casa. Lo pregò di non far loro
del male, poiché erano tornati dall'Urss dove avevano già combattuto e patito
la fame e il freddo.
Mario era tornato
dall'U.r.s.s. e raccontava che mentre attendeva con altri di essere rimpatriato
successe che un suo compagno, Barbero di Valdivilla, al mercato di Gomel riuscí a prendere un pezzo di carne e
nasconderlo sotto la mantellina. Quando giá pregustava come avrebbe mangiato
quella carne con i compagni, fu avvisato che stava per partire il treno che
avrebbe portato i feriti come lui in Italia .Rientrò in fretta alla stazione e
riuscì a salire sul treno ma dovette mollare la carne. Per tutto il viaggio
ebbero solo qualche " galletta" da mangiare e lui raccontò sempre del
dispiacere di non aver potuto gustare quel pezzo di carne
. Sempre
l'8 Dicembre '44, io fui invitato da mio padrino Ambrozin, siccome il sette era stato il suo onomastico
Sant'Ambrogio. Ricordo che vennero a
pranzo anche due tedeschi. I nazifascisti erano passati nelle famiglie e si
erano fermati a mangiare un po’ da tutti. A casa nostra, avendo visto che erano
già in sette od otto non si fermarono e presero solo un salame.
A proposito di salami , da
noi venne il Partigiano Mato! E ce li portò via! Non so come fece a sapere
dove li tenevamo,ma salì nella camera sopra e se li prese. Purtroppo i partigiani
come lui non lasciarono un buon ricordo!
Ci furono quelli che persero la vita e quelli che furono solo dei birbanti!
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