martedì 25 febbraio 2025

PASTURA GIULIO NEIVE 1933

 


TESTIMONE DELLA MEMORIA GIULIO PASTURA

          ‘ D J'AMBREUZ DI BRICCO DI NEIVE.

                            

 

Nato in “casa” il 30 aprile 1933 da Teresa Masoero del 1905 (Sorella di Riccardo “d’rà stofa”(negozio di tessuti) 1921 dei “Tecc”)  e Giuseppe del 1900.

                 


Il nonno paterno non lo conobbe perché morì colpito da un fulmine mentre era dalla finestra. La nonna paterna era dei Marasso dei Balluri

Giulio ha raccontato con lucidità di quel 16 agosto 1944 sulla collina della collina della Canova.

Giulio:   in famiglia eravamo mamma papà e sei figli. Io ero il terzogenito, avevo 10 anni e quel giorno, era un Mercoledì, andai, come ogni settimana a "cheuze" cuocere il pane al forno di Bricco di Neive. Portavo, con la carriola, la pasta che mia madre aveva preparato. Non so più perché, forse a causa del forno non pronto, ci volle tutta la mattina e alcune ore del pomeriggio. Per tutta la mattina, mentre aspettavo si era sentito "sciopaté" sparare dalle parti di Mango, ma siccome in quei tempi eravamo abituati a sentire sparare non ci feci caso. Mi avviai con il mio carico di pane e quando fui sulla "Serra" trovai  il primo "posto di blocco di fascisti. Vi era già a terra un Partigiano ferito e tutto insanguinato.(Gordon). Mi perquisirono e guardarono se sotto il pane avevo delle armi. Non trovando nulla mi fecero segno di andare. Ogni tanto mi giravo a guardare quel povero giovane ma procedevo rapido perché non vedevo l'ora di arrivare a casa. Con tutti quei fascisti armati, dovetti ancora subire un controllo ad un secondo posto di blocco. Poi,  per evitare tutti quei militari, c’era la strada piena di militi e mezzi, imboccai una scorciatoia che chiamavamo "strà cita" . Quando arrivai a J'Ambreuz dove c’erano due cortili, uno rivolto alla strada e uno verso il bosco, trovai una mitragliatrice ancora piazzata che puntava verso il bosco. Era quella che aveva ucciso

    



                                

Pistone Evasio (Taurus),        Vogliolo Lorenzo (Enzo), 

                            

 (Molinaris Ottavio (Negus), e ferito gravemente Molinaris Teresio "Stambecco".

                      


                         


 


Il Partigiano Enrico Tibaldi (Gordon) fu fucilato là sotto un albero di ciliegie, proprio in Serra Boella

                                               


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E pensare che la figlia del mio Maestro Bormida ( padre di Raffaele e del Professore Emanuele) supplicò quei fascisti di non ucciderlo, disse loro: <...è un bravo ragazzo non ammazzatelo!). Ma questi non le diedero retta e lo uccisero. Il Maestro Bormida ed il Parroco don Monticone, con un carro e dei buoi portarono Tibaldi al Cimitero, e “Stambecco” <che era “ an tèr ro> località delle querce>, in ospedale ad Alba da dove uscì comunque paralizzato. Ricordo, che dopo la guerra, venne tutti gli anni, fino al ’75 quando morì, al Bricco per ricordare i partigiani Caduti. Veniva con una moto col sidecar, anche se non aveva l’uso delle gambe. Invece, morirono giovani sia il Maestro che il Parroco.

       TILIO INTERROGATO DAI REPUBLICAN

Quel 16 agosto dopo aver deviato nella Strà cita arrivai al Secondo posto di blocco. Nuovamente mi rivoltarono la cesta del pane e mi perquisirono per vedere se avessi delle armi. Nei pressi vidi Tilio, un manovale ed un altra persona legati schiena contro schiena. Furono poi fatti andare a piedi, al comando Repubblicano di Alba, da dove furono poi rilasciati. Anni dopo, da pensionati, seduti sulla panchina sotto gli ippocastani, Tilio mi disse che al comando fu interrogato e volevano sapere se conosceva dei Partigiani. Lui disse che certo ne conosceva ma non li aveva mai più visti. Lo maltrattarono un po' e gli misero paura, poi gli dissero di tornare a casa.

I PARTIGIANI NOSTRI AMICI

Certo che tutti conoscevamo dei Partigiani, anche noi bambini sapevamo chi era Partigiano. Là sulla Serra dopo la cascina di Traversa vi era un bel piano da dove si spaziava su tutta la piana e i partigiani avevano una base. Una volta, tornando da scuola, trovammo un Partigiano di guardia, non piemontese, che ci insegnò a smontare una bomba di quelle col manico. Pensa te, noi di 10 11 anni imparammo a smontare una bomba!

Erano tempi dove le armi venivano usate troppo facilmente, e anche se i genitori ci dicevano di non soffermarci a parlare nè con repubblicano nè con Partigiani, noi eravamo incuriositi.

Andavamo a scuola a Bricco e in tempo di guerra, cambiavamo maestro o maestra a seconda se vi era pericolo dei repubblicani. Il Maestro Bormida era con la famiglia nella scuola e se c’era allarme lui e i figli Raffaele ed Emanuele(che poi divenne Professore e Provveditore in Africa) si nascondevano e ci lasciavano con le figlie. Una volta che ci fu pericolo di un rastrellamento ci mandarono a casa prima e noi , felici passammo nelle “sarzere” (località dei salici).

 

I DUE FRIULANI

 Al primo posto di blocco vidi anche i due friulanI, marito e moglie che furono poi fucilati dai partigiani perché ritenuti "spie". I due vivevano in una casa che avevano avuto da "Valetta", lavoravano un po' di terra e andavano a lavorare alla Fornace di Negro. Io ne ho un buon ricordo.

In linea d'aria abitavamo a 150 m. Era una coppia di lavoratori. Una volta persi una "feja" pecora, lui la trovò che pascolava dalle sue parti e se la portò a casa, poi, appena seppe che era la mia me la riportò. Fummo perplessi quando i partigiani vennero a prenderli e li accusarono di aver fatto la "spia". Li portarono in Langa e non li  vedemmo più. Si seppe che volevano giustiziare solo lei perché ritenuta colpevole, ma lui disse: <Se uccidete lei ammazzate anche me! >e così dopo aver fatto loro preparare le fosse, furono fucilati entrambi. Questo produceva la guerra!

Un altro che fu ucciso dai partigiani perché ritenuto una spia fu


RIVELLA MARIO DI PIETRO GEROLAMO

CASTAGNOLE LANZE (AT) 14/06/1899

NEIVE (CN/I) Commerciante

Luogo di morte: NEIVE (CN/I) il 15/07/1944

Aveva combattuto nella guerra del 1915/18 

                                                    

 

                 I BOMBARDAMENTI SU NEIVE


Nel 1944 avevo 11 anni e mi piaceva scendere a Neive per curiosare. Quando mio padre venne al Silo dell'Ammasso, lo seguii e vi trovai tante persone accorse ad ascoltare cosa avrebbero detto i partigiani. Ve ne era infatti uno che disse che avrebbero  aperto il portone e i contadini avrebbero potuto riprendersi il grano che gli era stato fatto consegnare. Tutti ne caricarono anche su carri, ma mio padre riuscì a malapena prenderne mezzo caco. Anzi faticò a portarlo a casa! Ricordo che vi fu chi ne approfittò per prenderne tanto! Uniche aveva un Ciabòt lá vicino lo riempì! Noi producevamo poco grano e siccome eravamo in otto in famiglia nonne avevamo a sufficienza per tutto l' anno .Un'annata dovemmo acquistarne e lo pagammo 28.000 lire al quintale! Eh c'era chi se ne approfittava!  Il Silo fu poi bombardato, ma ormai il grano lo avevano portato via tutto! Ricordo bene quando vedemmo arrivare da Castagnole l'aereo che sganciò la bomba e centrò in pieno la costruzione dell'Ammasso.Fu l'11 Settembre '44.

Poi bombardarono di nuovo dalla galleria ferroviaria e noi tornavamo  da una funzione in Chiesa perché si era nella settimana Santa. Ci trovammo nella "strá cita" e ci riparammo in un "crotin" piccola grotta che c'è ancora adesso! Quella volta rimasero uccisi la mamma di Romano Levi, il padre di Merico Toso Pietro e altri due. Andò bene che non centrarono l' imboccatura della galleria perché sarebbe stata una strage, tante persone sentendo arrivare l'aereo, uscendo dalla Chiesa corsero a rifugiarsi proprio nella galleria.

 

MAINERDO LUIGI

BOMBARDAMENTO AL SILO E IN PALLARETO

Nel 1944 (l’11 settembre secondo Oscar Pressenda) vennero sganciate alcune bombe da parecchi aerei che demolirono il Silo (dove poi ci fu il Consorzio) adibito ad “AMMASSO” DEL GRANO e una che cadde sulla strada per Castagnole Lanze al bivio di Pallareto, provocò la morte dei cavalli che trainavano un carro di un forestiero che transitava in quel momento. Luigi non seppe dire se il “cartoné” si fosse salvato. La sua testimonianza è rafforzata dalle parole annotate nel DIARIO ALBESE 1944 1945 di Oscar Pressenda :….In complesso l’11 settembre è stata una delle giornate più attive nel nostro cielo, ove crediamo siano passati da 12 a 16 aeroplani tutti leggeri. Pare che siano state mitragliate e sganciate una ventina di bombe presso Neive (Stazione) nonché tra Neive, Trezzo e Castagnole: nessun morto, per quanto si sappia ora. Le bombe sarebbero cadute nella mattinata; si pensa che vi fosse una colonna nazifascista, poiché la Stazione di Neive non è così importante da venir considerata obiettivo militare. Pare che 10 bombe siano cadute presso Castagnole.”

 

Tornando al grano , una mia cugina aveva sposato un panettiere che aveva una panetteria ad Asti, ben, questo si stufò di tribolare ad avere grano per la farina e di avere sempre i controlli della Polizia Annonaria (ORDAN che fu poi Guardia Municipale a Neive) emigrò in Argentina. Qualcuno per procurargli del grano attraversava il torrente Tinella di notte col camion e glielo portava fino al Tosone correndo dei bei rischi.

 

I FORNI   Al Bricco vi erano vi erano due forni dove tutti si portava a cuocere la pasta. Si pagava al fornaio un tanto al chilo. Noi si andava una volta la settimana. Andai anche parecchie volte al forno che era al mulino sul Tinella. Nel periodo della guerra era fornaio e mugnaio un Burello della Canova, poi vennero i Rosso di Carlin. A Neive vi erano altri forni sia a Borgonuovo che a Rondò e nel Capoluogo e borgate.

 

 

Ai tempi della guerra vi era una grande confusione. Tra repubblicani, partigiani, spie, usurai e profittatori, le nostre famiglie di contadini erano le più penalizzate. Quando arrivarono anche i nazisti i timori aumentarono. Tanti fatti furono inspiegabili ed io cercai di farmi spiegare quando terminò la guerra. Seppi che con la tessera del fascio vi erano tutte le porte aperte, che vi fu un generale fascista  che si oppose alla decisione dei nazisti di dare le fiamme a Neive e ancora comunicò a Pasquin, il padre di Zino che avrebbero effettuato un rastrellamento e gli disse di avvisare i giovani di nascondersi. Sono tutte cose che ho saputo anni dopo la fine della guerra. Ebbi modo di conoscere alcune persone  che furono arrestate e deportate in Germania.Vennero a lavorare da me Bianco Giovanni ed un altro che arrestati a Bricco patirono la deportazione e la prigionia, ed ebbero la vita segnata da quei soprusi. Guarene della località "Arossa" raccontò di aver visto morire di stenti, in prigionia, il padre di Giulio di Trezzo Tinella. Queste che ho raccontate sono storie che non ho mai dimenticate ed ho visto e udite. Mi dispiace leggere sulla Gazzetta d'Alba che  nè la politica di dx nè quella di sx ha saputo realizzare una società capace di vivere in Pace.

 

 

LA NONNA MI RACCONTÒ

La nonna mi raccontò che Nonno Ambreuz,quando si recò a far la corte a lei ai Balluri, rischiò di essere picchiato. Dovette dormire nascosto nel paese perché a quei tempi non si poteva sposare una ragazza di una borgata che non fosse la tua. Lui però, riuscì a portarla via, anche perché lei acconsentì!

Eh sì, ho saputo che anche i giovani di Coazzolo facevano “correre” quelli che da fuori volevano “ parleje a na fija”! ( Far la corte).

 

ANCHE I BAMBINI AL LAVORO

In quei tempi lavoravamo anche noi bambini per aiutare in famiglia. Si andava davanti ai buoi, al pascolo, si puliva la stalla, si andava a procurare rà feuja le foglie per nutrire i" bigat".

Mia sorella, più grande, non aveva ancora vent’anni e si mise ad allevare i bigat.  Si andava a “scarvè” raccogliere rami di gelso e si preparavano parecchie "pontà" sulla cascina.

Occorreva proteggerli dal freddo e dalla pioggia, e nutrirli con foglie di “mo” (Gelso) asciutte, altrimenti si ammalavano e non producevano i "cochèt" bozzoli da portare a vendere. A san Marco 25 aprile, le donne si mettevano”an sèn” in seno il sacchettino con i semi dei bachi, così da scaldarli e favorire la “schiusa, poi si mettevano sulle pontà (palchi) finchè non producevano il bozzolo.

A giugno a San Pietro li portavamo al mercato ed erano i primi soldi che entravano in famiglia. Una volta vi erano tanti "Mu" Gelsi, ora non ce ne sono quasi più. Anzi ho visto in televisione che da qualche parte hanno impiantato i gelsi per raccogliere le more bianche o nere e produrre marmellate!

  

 


 


 

Bei tempi quando arrivava la macchina a trebbiare, con tutto il suo seguito di Pajarin! Effettuavano il piazzamento nel cortile e collegavano con le pulegge la trebbia al testa calda.

 

 A noi bambini piaceva rincorrerci in quel polverone e rumore. Portavamo da bere, acqua, mentre lavoravano, ma qualche giovane ci sfidava e ci metteva alla prova: se t'em porti in bicel èd vin èt lass campé rà mèss>allora noi si correva in cantina e si tornava con una bottiglia di picheta! Li fregavamo così, ma loro ridevano una volta! C'era allegria che continuava col pranzo dei piatti per la grande occasione: raviore, èr gal à ra cassadora e 'r bonèt. Anche a sfojè rà mejra o jera  bèl. Si cantava e raccontava e poi si ballava. Quando iniziai ad andare da foricc(aiutante dei muratori) , dopo aver sfojá fino a tardi, al mattino avevo sonno Sul lavoro jera " andormì!" Lento! E ricordo che il muratore Cichin Marcarin, che abitava ar Pont do diao e poi al Littorio, mentre usava il pennello e la calce mi lanciava schizzi in faccia per "svegliarmi"! Ma anche quello è stato utile. Iniziai da foricc nel 1947 e poi dopo il soldato mi misi per "mè cont" ed ho lavorato fino al 2010 come impresario per sessantacinque anni. Quando in un  incidente mi tagliai il pollice della mano ci fu chi mi disse che non avrei più potuto lavorare, io invece iniziai a costruire condomini. La mia idea è sempre stata che se hai voglia puoi fare tutto. Lo dissi già ad uno che aveva assunto un ragazzo a vangare per fè passé! Mi disse, vedi quello là non è capace! Io ribadii! O n'ha nèn veuja! Non ha voglia, altrimenti imparerebbe! E mi diede ragione. Se c'è la volontà si impara a fare tutto.

MIO COGNATO IN U.R.S.S.


                                            VACCA MARIO 1918

Mio cognato Mario Vacca del “Prinsi”, l'8 Dicembre ‘44, quando avvenne il rastrellamento a Neive Castagnole e Bricco, rimase due notti nascosto nel solaio del campanile di Neive Alto. Lui ed  altri furono tenuti nascosti dal parroco Don Bollano. Questi poi spiegò al Comandante fascista che aveva due giovani che erano venuti a Messa ed ora volevano tornare a casa. Lo pregò di non far loro del male, poiché erano tornati dall'Urss dove avevano già combattuto e patito la fame e il freddo.

Mario era tornato dall'U.r.s.s. e raccontava che mentre attendeva con altri di essere rimpatriato successe che un suo compagno, Barbero di Valdivilla,  al mercato di Gomel  riuscí a prendere un pezzo di carne e nasconderlo sotto la mantellina. Quando giá pregustava come avrebbe mangiato quella carne con i compagni, fu avvisato che stava per partire il treno che avrebbe portato i feriti come lui in Italia .Rientrò in fretta alla stazione e riuscì a salire sul treno ma dovette mollare la carne. Per tutto il viaggio ebbero solo qualche " galletta" da mangiare e lui raccontò sempre del dispiacere di non aver potuto gustare quel pezzo di carne

. Sempre l'8 Dicembre '44, io fui invitato da mio padrino Ambrozin, siccome il  sette era stato il suo onomastico Sant'Ambrogio. Ricordo che vennero  a pranzo anche due tedeschi. I nazifascisti erano passati nelle famiglie e si erano fermati a mangiare un po’ da tutti. A casa nostra, avendo visto che erano già in sette od otto non si fermarono e presero solo un salame.

A proposito di salami , da noi  venne il Partigiano Mato!  E ce li portò via! Non so come fece a sapere dove li tenevamo,ma salì nella camera sopra e se li prese. Purtroppo i partigiani come lui non lasciarono  un buon ricordo! Ci furono quelli che persero la vita e quelli che furono solo dei birbanti!


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