giovedì 6 febbraio 2025

PAGLIARINO PEPPINO TREZZO TINELLA 1927

 



             PAGLIARINO GIUSEPPE 1927

    PEPPINO      DIJ’AIMASS TREZZO TINELLA 





               FAMIGLIA DI PAOLINA E ANGELO

Io sono Pagliarino Giuseppe, ma tutti mi conoscono come Peppino degli “Aimassi”. Sono nato nella camera qui sopra  nel 1927. In famiglia eravamo: il nonno materno, mamma, papà e due sorelle.

A me è sempre piaciuto stare qui. Andai a scuola a Trezzo Tinella e frequentai fino alla quarta Elementare. Si andava a piedi, percorrendo sentieri e strade sterrate per circa tre mesi con gli zoccoli.Se pioveva ci prendevamo un ombrello e se pioveva quando si tornava ci bagnavamo e quando si era a casa ci cambiavamo! Fino agli anni cinquanta nella borgata Aimassi vi erano ben cinque famiglie. Una era la nostra, quella di mio nonno, l’altra era quella del fratello di mio nonno. Si abitava in questa lunga casa divisa dalla scala che era condivisa per salire alle stanze da letto. Vi erano inoltre tre famiglie di Mezzadri, una del fratello di mio nonno e due che abitavano nella casa oltre la strada. Ora è completamente disabitata e di proprietà di Stella di Coazzolo.

Questa casa la acquistarono nel 1919 mio nonno e suo fratello che provenivano da san Donato. Mia mamma fece tre anni di scuola e poi venne ad abitare qui. Era la prima di quattro sorelle e sposò mio padre che proveniva da Canelli. Come si diceva, mio padre< ò rà tacò èr capèl ao ciò!> ( ha attaccato il cappello al chiodo) e visse qui finchè mancò nel 1976.

SQUADRA PARTIGIANI GL ALLO “RIONDINO”

Nella cascina qui sopra allo “RIONDINO” a Marzo Aprile 1944 arrivò la Squadra del Partigiani di Giustizia e Libertà comandata da Libero Porcari. Mio papà mi disse che a quel tempo, Libero o Partigiano Beni, era Tenente degli Alpini, poi diventò Generale. La formazione era di una ventina di uomini. Rimasero qui tutta l’estate e nel periodo che furono qui ricevettero due Lanci dagli Alleati. Avvennero in due sere consecutive e ci chiesero di collaborare con loro. Andammo su e furono accesi tanti mucchietti di paglia che formavano una zeta lunga 50/60 metri. Quando giunse l’ora fu ordinato di accendere i fuochi mentre Libero con un grosso faro faceva dei segnali. Arrivò l’aereo dalla valle e dopo un giro o due sganciò tutti sti paracadute. Ci avevano detto di preparare due buoi con il Rabèl(slitta) per andare a caricare i bidoni. Toccò a mio padre e al vicino l’incarico di andare a recuperarli. Fecero il giro e in dieci minuti tornarono con il carico e lo portarono allo Riondino.

La sera successiva vi fu un altro lancio e a me e al vicino che aveva 10 anni più di me, era del 1917 ed era un personaggio di due metri di altezza, chiesero di andare ad appostarci all’imbocco della strada sulla provinciale, affinchè pattugliassimo e non lasciassimo passare nessuno. Temevano che Partigaiani di altri gruppi, stanziati alla Langa, o ai Fiori( i Matteotti e in altri posti vicini approfittassero per venire a sottrarre qualche bidone.Ci diedero un Moschetto ciascuno e si andò a pattugliare .La sera prima i lanci caddero tutti vicino, invece la secona sera furono “sbardajà” sparpagliati e ne scesero perfino alcuni nelle rive lontane della località “Feisseu”. Impiegarono più tempo a recuperarli e solo verso le tre o le quattro di mattina ci segnalarono di rientrare.

Avevano occupato delle camere della lunga casa dello Riondino e non ci diedero mai nessun problema. Certo ogni tanto chiedevano una gallina o qualcosa da mangiare, ma noi glielo davamo ben volentieri. Rimasero fino all’Autunno poi se ne andarono.

Veramente un problema ce lo lasciarono. Noi della Borgata ci eravamo costruiti un Nascondiglio che passava sotto la strada e permetteva di uscire verso lo rian. I partigiani quando scoprirono quel tunnel ce lo riempirono di bidoni dei lanci. Per noi fu un duplice rischio. Primo perché non avevamo più dove scappare in caso di emergenza. Ma soprattutto se i “fenomeni repubblican di Alba “ avessero scoperto quel materiale potevano bruciarci tutto! Ma andò bene, un giorno decisero di andare via. Svuotarono il nascondiglio, chiesero a mio padre e ad un altro in fondo alla collina di attaccare i buoi al carro e caricarono tutto. Partirono una sera per andare al Bricco Avene al confine con Mango e Valdivilla. Non passarono per la strada più breve cioè dal Pilone del Chiarla e Mango ma scesero a Neive per risalire da Coazzolo e Valdivilla, così con i carri tornarono al mattino successivo.

Il comandante dei Partigiani, un giorno, chiese alle donne di preparare da cena per 27 partigiani. Era una Domenica pomeriggio e stavamo giocando a pallapugno. Le donne e i capofamiglia si parlarono e organizzarono cosa preparare. Si mangiò tutti insieme nella nostra cucina. Dopo la cena si avvicinò a me un giovane partigiano meridionale e mi chiese che nome aveva la nostra borgata. Libero sentì e gli chiese perché volesse saperlo. Questi gli disse che era per scriverlo su di un quadernetto delle memorie. Il comandante si fece dare il quaderno e lo sfogliò, poi gli disse: <Non va bene perché se questo quaderno cade nelle mani dei fascisti, loro risalgono a queste famiglie e creano grandi problemi!> Mentre diceva ciò, si avvicinò alla stufa accesa, alzò il coperchio e vi lasciò cadere il quaderno. Il partigiano cominciò a sbraitare e a dire che non ne poteva più e a inveire contro Libero. Questi lo lasciò sfogare , poi battè un pugno sul tavolo e disse che era ora di andare a riposare nella stalla. Sarebbero ripartiti alle 4 di mattina. Questo avvenne prima che si trasferissero al Bricco Avene.

Noi non avemmo mai problemi, né ricevemmo rastrellamenti. Invece poco distante, alla borgata “Fiori” a cento metri dalla Chiesetta fu bruciata completamente una casa che era stata utilizzata dai partigiani del gruppo “Matteotti”. , Il Vescovo Luigi Maria Grassi, che cercava prigionieri da scambiare con persone imprigionate da Gagliardi e Rossi.venne a parlare con Farinetti, proprio lì in quel Ciabot.

Un giorno d’estate vennero i nazifascisti e lo distrussero completamente.


CIARDI  GIUSEPPE  30/01/1924  NAPOLI

Professione ATTORE

FANTERIA   CAPORALE

Nome di battaglia TOTO' 

PATRIOTA  Formazione 6° BRG BELBO 2° DIV LANGHE Dal 01/03/1945 Al 07/06/1945

        Giuseppe Ciardi del 1924 , essendo  del primo scaglione di leva, fu arruolato nei primi mesi del 1943 e inviato ad Alba alla Caserma "Govone".

Dopo l’8 Settembre 1943, sarà stato il nove o il dieci, arrivò qui da noi. Giuseppe era del 1924 ed era riuscito a fuggire dalla Caserma di Alba. Scongiurò i miei di nasconderlo e a mio padre che gli chiese perché non andava con i Partigiani disse piagnucolando che non gli piacevano le armi e che voleva solo lavorare in cambio di un po’ di cibo o anche solo degli avanzi nostri. Mia nonna disse a mio padre : <finchè abbiamo del pane per i cani possiamo mantenere anche lui!> E così rimase con noi dal Settembre ’43 fino alla fine del ’44. Gli ultimi mesi del periodo della guerra andò poi con i Partigiani di SAN DONATO

Aiutava nei lavori di campagna, anche se non era capace poiché a Napoli svolgeva il lavoro di barista, però si impegnava e “oi ra bitava tuta! E peu ancò an poch!

Al termine della guerra ritornò a Napoli ma tutti gli anni in Primavera veniva a trascorrere qualche giorno da noi, e io e la mia famiglia andammo da lui una decina di volte. Io scendevo in inverno quando il lavoro in campagna era fermo. Giuseppe si sposò ma non ebbe figli, si arruolò nella Polizia Marittima e faceva servizio sulle navi. Quando io mi recavo a casa sua lui si prendeva una settimana di ferie e mi faceva conoscere Napoli. Mantenemmo rapporti finchè 3 o 4 anni fa la moglie ci comunicò che “o jera mancà!”(era morto). In segno di riconoscenza ci lasciò una medaglia con il Maschio Angioino e dietro i nomi di mio nonno e mia nonna.

                


                  FERRERO SECONDIN DÒ CIABOTÉ 

                     


Secondin Sarto e Barbiere viveva con la moglie che proveniva da Cappelletto, nella casa a Trezzo dove adesso abita Sandri. Andai anch’io a fami preparare pantaloni e giacca. Assumeva anche ragazze ad imparare il mestiere di Sarta. La Domenica svolgeva anche attività di Barbiere. Tagliava soprattutto i capelli, poiché la gente di campagna si arrangiava a rasarsi la barba. Ricordo che mio papà aveva una cassetta, che conservo ancora, con dentro due macchinette per capelli, forbice pettine e spazzola. Tagliava i capelli a tutti quelli della borgata e si accontentava di 10 centesimi, mentre Secondin richiedeva una lira! Le persone risparmiavano e lui diceva: < èm vagn da fumè!> MI guadagno da fumare( fumava un pacchetto di sigarette alla settimana neh!).

Secondin aveva invece il suo bel lavoro a Trezzo, dove ai tempi prima della guerra contava più di 1000 abitanti!

          I FENOCCHIO DI TREZZO TINELLA

Io ho conosciuto Pinoto Fnoj ( Giuseppe Fenocchio) che fu Podestà al tempo del fascio e padre di Onorina e Felice. La moglie era Pierina. La sorella Marieta sposò Revello della Salumeria Panetteria di Neive.

Ricordo bene Gepin Fnoj, era il messo Comunale ed il più temuto di Trezzo. Era un tipo severo e incuteva un certo timore. Aveva due baffoni ed emetteva un Brrr! Con le labbra per farsi obbedire. Anche in Chiesa, teneva l’ordine e se c’era chi parlava li invitava ad andare fuori, e se erano marajott li prendeva per il colletto e con un calcio in culo li sbatteva fuori! Noi ragazzi si giocava a Riga o a Cioca con i”sod” e facevamo attenzione che non arrivasse Gepin , perché lui prendeva i soldi e li portava nell’Elemosine in Chiesa.

Fu il padre di Gioanin e Gepina che sposò Scavino. Gioanin prese il suo posto come Messo Comunale.

Fui amico con Ernesto Fenocchio fratello di Tonin. Quando veniva a Trezzo da Benevello si fermava sempre a far due parole. Era figlio di Quinto che conobbi.

Conobbi anche i Fenocchio di Bossania, genitori di Gioacchino ucciso dal Camposanto insieme a Luigi Patetta. Che morte insensata!

CHI ANDÒ IN AMERICA

Qui sopra alla Cascina Riondino abitava un vecchio soprannominato l’Americano, proprio perché era stato in America. Anche i cognati di mio nonno erano emigrati in America e finchè ci fui lui in vita si scrivevano due o tre volte all’anno, poi non scrissero più.

PARTIGIANI

Dei partigiani conobbi anche Lino Pelassa, un omone alto e giusto. Andai a scuola con Sacco Maggiore

 

 

Quando dopo le scuole, avrei potuto anche facilmente trovare un lavoro diverso dal contadino, non lo feci perché non mi andava di lasciare papà e mamma da soli. Si lavorava la campagna e nella stalla tenevamo i buoi, tre mucche e sette otto vitelli. Finchè non arrivò il trattore utilizzammo buoi e mucche. La nostra produzione era orientata all’uva Moscato e alle nocciole. Già a quei tempi producevamo 25 /30 quintali di nocciole all’anno.

Partii militare nel 1951 e svolsi il Servizio nei Bersaglieri rimanendo sempre in Toscana.

 


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