MARGHERITA MILANO ALLARIO nasce
nel 1920 alla cascina “Ross” di Bonvicino. La mamma GROSSO (Maria Giuseppina) Marieta era del 1883, il papà
Edoardo del 1881. La famiglia era composta dal papà Edoardo, mamma, nonno e
nonna Carolina (Taide) del 1958 e loro due figlie Gemma del 1913 e Margherita
del 1920. Margherita ricorda che andava al pascolo con pecore e mucche e
bisognava fare attenzione affinchè non andassero nei poderi dei vicini o nei
“bozoré” cespugli di rovi. Dice che da ragazza il papà le faceva andare a “sarì
ra meira” a sarchiare la meliga la disposizione era : primo il papà, poi la
mamma, la sorella e lei.” Piaumo quatr sorch e faumo andé, fozonaumo!” Si
prendevano quattro solchi e si lavorava, eravamo efficienti e veloci!
Papà Edoardo partecipò alla
Guerra Europea del 1915/18 nonostante avesse già moglie e una bimba.
GIOVANNI ALLARIO
< quasi tutte le sere,
quando avevo 10/12 anni dicevo al nonno materno Edoardo Milano: <Sa, parloma
an poch dra guèra?>(DAI , PARLIAMO UN PO' DELLA GUERRA?)
Il nonno Edoardo (Parin) raccontava della guerra del ‘15 /’18 e ricordava le battaglie del Monte Santo, Monte Nero, Castagnevitza
Margherita: In questa foto ci
sono anch’io! Avevo 10 anni ed ero “Piccola italiana”, vi erano i “Balilla” e
poi gli “Avanguardista” avevamo un Maestro si chiamava Grignolo.
MARGHERITA: <Mio zio Grosso
Giovanni, fratello di mia mamma, morì a Milano il 19 maggio 1917 a causa di
ferite riportate in combattimento. Conservo di lui una foto e una lettera che gli
scrisse una sua cugina Giordano Annetta e che forse non ebbe risposta. Mia
nonna, avendo saputo che era ricoverato all’Ospedale di Milano, se ne partì da
sola per andarlo a salutare un’ultima volta!
Carissimo cugino
Ci ha fatto molto piacere
sentire che sei in buona salute e che sei ancora all’ospedale. Fintanto che ti
lasciano lì va proprio sempre bene, ed è proprio una fortuna d’avere come dici
che il tuo reggimento è in prima linea. Caro cugino fatti dunque coraggio, sta
sempre allegro che Dio ti provvederà fortuna fino alla fine e speriamo che non
tarderai tanto a venire in licenza. Ci rincresce anche a noi che non puoi
passare quella convalescenza a casa, ma che cosa farci, bisogna aver pazienza,
è meglio così che peggio.. Speriamo in Dio che metterà rimedio e avrà termine
questa guerra da poterci dinuovo tutti riunirci. Finora a Bonvicino va ancora
bene e non ci è restato nessuno. Son già venuti in licenza ad agosto, Giovanni,
Rocca, Bracco Giovanni, Altare Emilio,Fresia Marciano. Riguardo al mio cognato
è da qualche giorno che ha scritto e di salute sta bene, è sempre al Fronte in
Trincea e speriamo che non tarderà tanto a venire in licenza anche lui.
Caro cugino fatti dunque
coraggio e sta sempre bene come noi tutti al presente e i tuoi di casa. Stanno
tutti bene e si fanno coraggio. Oggi è passata la tua sorella Bettina venuta da
noi per cucire un vestito a tua madre e mi dice di farti tanti saluti. Caro
cugino, altro non mi resta che di salutarti di vivo cuore da parte di noi tutti
indistintamente e ricevi un bacio dai miei bambini e ricordati sempre di noi e
noi facciamo altrettanto di te. Non passiamo un momento senza pensare a te e
sperare in Dio sempre.
Addio addio, ti saluto
caramente e ricevi un bacio e una stretta di mano dalla tua cugina GIORDANO
ANNETTA
Margherita: ricordo di un
Partigiano che chiamavano “Lulù”. I nazisti lo cercavano e lui si diceva si
fosse appeso un cartello con su scritto: VADO IN CERCA DI LULÙ!
I NAZIFASCISTI A BONVICINO
Margherita: una volta vennero
i nazifascisti a Bonvicino e volevano dare fuoco al paese. Grazie al Parroco
Don Nalino Bartolomeo originario di Mondovì. Il Comandante tedesco desistette
dall’intenzione. Il parroco lo pregò in tutti i modi e questi se ne andarono.
Non ricordo se fosse la stessa volta che poi uccisero la “fidanzata” di Lulù.
La presero in seguito ad una “soffiata” e le rasarono i capelli a zero, poi con
una bomba la fecero “saltare”.
QUARTARA CAROLINA GIOVANNA DI GIUSEPPE
TORINO il 23/08/1901
Commerciante
BONVICINO (CN/I) il 30/07/1944
Quando i Partigiani spararono
su Bonvicino dalla Lovera, noi ci riparammo nella cantina e sentivamo i
proiettili che passavano sopra la nostra casa. Fu in quell’occasione che i
tedeschi uccisero un uomo che lavorava in un campo e presero in ostaggio il
Maestro Rocca. Poi lo lasciarono tornare a casa. Un tale Montanaro Giuseppe che si era sposato a
Bonvicino ma era di Bossolasco fu ucciso dai Nazifascisti proprio a Bossolasco.
Giovanni: fecero andare ad
assistere tutti gli scolari e sotto i loro occhi lo massacrarono di botte e poi
dopo avergli fatto scavare la fossa lo uccisero.
MONTANARO GIUSEPPE DI MICHELE
BOSSOLASCO il 05/04/1918
Contadino
Luogo di morte: BOSSOLASCO (CN/I) il 15/07/1944
GIOVANNI:
LA MORTE DEL PARTIGIANO “GIGETTO”
GIGETTO si era
aggregato al gruppo, della 48° BRG 14° DIV GARIBALDI, il Mercoledì
15 Novembre 1944, IL 17 NOVEMBRE, DUE GIORNI DOPO durante uno scontro a fuoco
con i nazifascisti fu colpito al ventre. Mio padre raccontava che Carlo, per la
sua età era alto e proprio per questo fu colpito. Infatti un suo compagno “pi
citinòt” più piccolo e rimasto abbassato fu colpito all’elmetto da due
proiettili e non rimase ferito.
Gigetto ,
dopo aver urlato e agonizzato per tutta la notte, fu portato di notte su un
carretto, fino alla Chiesa dei battuti di Bonvicino da Altare Carlo “Partigiano FRUTTO”. Qui spirò e venne sepolto nel
Cimitero di Bonvicino dove riposa tuttora. Aveva solo 15 anni!
MILANO CARLO di Orzo Carlotta e di Giuseppe 09/04/1929
BONVICINO (CUNEO)
BONVICINO
Nome di battaglia "GIGETTO" CADUTO
14° DIV GARIBALDI
Margherita sposò Aldo Allario
del 1913
Allario Aldo di Angela Viglierchio e Giovanni
Amica “montenegrina” che si innamorò di Aldo.
Mio Padre ALLARIO ALDO non svolse il servizio militare di leva poiché
aveva già tre fratelli sotto le armi però fu chiamato alle armi nel 1936 e
ritornò nel 1947.
Mamma MARGHERITA: <Lo
lasciarono venire a casa un mese poi per 5 anni non lo videro più. Non trovò
più il padre, la madre ed una cognata.>
GIOVANNI : Aveva sei congedi
poiché dopo ogni “ campagna di guerra” veniva congedato e richiamato. Rimase
otto mesi a Bari in attesa di partire per l’Africa, nel frattempo la guerra
terminò e fu congedato, richiamato alle armi effettuò le Campagne di guerra in
Grecia-Albania, Croazia e Montenegro. L’otto settembre fu preso prigioniero dai
tedeschi in Jugoslavia, in seguito fu preso prigioniero dai soldati slavi di
Tito e riuscì a tornare a casa a febbraio del 1947 e non sapeva neppure che la
guerra fosse finita. La figlia Marina ricorda che raccontava di un’altra
disavventura. Prigioniero dei tedeschi fu condotto al confine con l’Ungheria a
piedi patendo sete e fame. Disse che bevevano l’acqua nelle orme che lasciavano
i cavalli delle guardie. In questa situazione si trovarono in tre compaesani di
Murazzano. Un compagno si ammalò e il padre e un altro lo portarono
sorreggendolo per circa 700 chilometri.
GROSSO FELICE MAGGIORINO Paternità: MARCELLINO MURAZZANO (CN/I) il
10/05/1916 Operaio SOLDATO C.DO XIV CORPO ARMATA CXIV BTG MITRAGLIERI POSIZIONE BELGRADO (YU) il 29/01/1946 |
Non lo lasciarono poiché chi
si fermava veniva “finito” con un colpo di pistola! Nonostante l’aiuto che gli
prestarono il compagno morì a causa della ”pleurite” e rimase in terra
straniera. Quando ritornarono sui loro passi furono presi prigionieri dai
“Titini”. Gli slavi li rinchiusero in un grande campo e dopo averli denudati
diedero loro per coprirsi due sacchi di juta. I più intraprendenti riuscirono a
realizzare pantaloni e casacca per proteggersi dal freddo, la maggior parte
perì di freddo e fame.
Della prigionia in Jugoslavia
ricordava che I sopravvissuti
furono, rispetto ai 24.000 militari degli organici delle Divisioni
"Venezia" e "Taurinense" alla data dell'8 settembre 1943, solo 3.500.
In Italia rientrarono con
quelle “divise”, sbarcarono ad Ancona e ricevettero un abito ciascuno, da lì
ognuno rientrò a casa per conto suo.
MARGHERITA
Mio marito partì per la guerra
nel 1936 e ritornò nel 1947. Quando tornò giunse alla Caserma dei Carabinieri
di Dogliani. Siccome era sera volevano si fermasse lì a dormire, ma lui preferì
camminare tutta la notte ed arrivare a Murazzano alla casa paterna.
GIOVANNI: Arrivò che era
ancora buio e bussò. I fratelli chiesero chi fosse e lui rispose: <sono Aldo>, ma
questi, diffidenti poiché giravano molti malfattori, chiesero:< Aldo chi?> E
solo dopo altre precisazioni lo riconobbero. Era una famiglia patriarcale con
parecchi fratelli e sorelle e vi era una nipote nata nel 1934 che per un bel po’
di tempo lo ritenne uno sconosciuto poiché lo aveva visto da piccolina e basta.
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