martedì 10 ottobre 2023

ROSSELLO RENZO ROCCHETTA BELBO 1924 PERTIGIANO "FOCO"

 

ROSSELLO RENZO ROCCHETTA BELBO 1924





Alla Commemorazione dell’Eccidio della Canova di Neive tra i partigiani presenti fui attratto da un omino che mi incuriosì per la sua semplicità e vigoria. Gli chiesi di che paese fosse e mi rispose: “èd Rochetta”. Alla richiesta se potevo andare a farmi raccontare un po’ della sua storia , con un sorriso mi disse “sì sì, ma ciamomie a mia nora e mè fieù!” (Sì sì ma chiediamo a mia nuora e mio figlio). Compresi che avevo contattato un personaggio che mi avrebbe insegnato molto. Anche i figli acconsentirono e quando ad Agosto mi presentai fu un bell’incontro. Andai a cercare Renzo nell’orto. La nuora mi spiegò che il lavoro era il suo passatempo e che avrebbe raccontato volentieri della sua gioventù. Fin dalle prime battute capIi che raccontava non per fregiarsi ma per onorare i suoi coetanei e commilitoni che più sfortunati di lui avevano avuto una vita meno facile.

Insomma Renzo fu un Partigiano che svolse il suo compito perché suo padre e sua madre gli avevano insegnato che quando è necessario bisogna anche saper affrontare il pericolo. Durante il racconto, più volte mi rivelò con parole e gesti la naturalezza del suo operato di giovane militare e partigiano e mi fece comprendere che fu grazie a giovani come lui che si realizzò una grande epopea e che è necessario rendere noti questi racconti di vita affinchè non vadano persi insegnamenti importanti. Nel dare a lui la parola ricordo che è comunque indescrivibile l’emozione che ti trasmettono persone di grande semplicità ma di fondamentale importanza per la nostra crescita morale e civile. Grazie Foco

 




Rossello Renzo Nome di battaglia “Foco” classe 1924

Da Alba Caserma Govone a Saluzzo e poi Staffetta per Poli e Pinin

https://youtu.be/SO4NUejFCQk                              

Nato nel 1924, fui arruolato nel vecchio esercito in Fanteria il 28 Agosto 1943 e non essendo abile per tutti i servizi fui inviato al deposito di Alba. Alla Caserma Govone arrivarono ben tremila reclute che, con l’otto Settembre furono tenute come prigionieri finchè non arrivarono i Tedeschi. Duemilacinquecento furono inviati in Germania e altri cinquecento,tra i quali io, fummo destinati a svuotare i magazzini della Caserma. Dopo tre giorni senza mangiare studiai il da farsi e andai a nascondermi, poi sfruttando “er rigosiglio”(caos) sgattaiolai fuori. Devo ringraziare quattro ragazze di Alba che insieme a tutta la popolazione fecero di tutto per salvare i giovani militari. Quando decisi di scappare, in divisa, perché avevo portato a casa gli abiti borghesi, due ragazze intrattenevano la guardia e altre due mi fecero segno che era ora di uscire. Andò bene, ma rischiai molto poiché le SS(guardie tedesche) avevano l’ordine di sparare mirando al cervello e cervelletto così da “fete sté sèc”(ucciderti sul colpo). Nei pochi giorni che rimasi dentro fui costretto a portare cadaveri di soldati sulla letamaia della scuderia e ce n’era una catasta eh!

A quei tempi la porta carraia della caserma dava sul buco della fornace dove adesso c’è Piazza Cristo Re e io, presa quella scorciatoia, trovai mio fratello che era venuto a portarmi gli abiti, così mi cambiai i vestiti e scampai la Germania. Una volta a casa avevo preso talmente in odio i fascisti e i tedeschi che diventai staffetta per Pinin Balbo e per Poli. Avevo anche l’esempio di mio padre che collaborava con i partigiani informandoli sui movimenti dei nazifascisti eh!. Una volta a Castino arrivò un’autocolonna di tedeschi e avevano messo un posto di blocco, mio padre si presentò alla barriera e alla guardia tedesca che gli chiedeva dove andasse rispose in Piemotese: “vagh a piémè in poch èd pan”(Vado a prendermi un po’ di pane) la guardia non capì e gli disse di parlare italiano, lui disse “se ‘t capisi nèn r’italian vèn nèn a fé o soldà an Italia”(se non capisci l’italiano non venire a fare il soldato in Italia.) lo scortarono fino al forno ma lui intanto aveva potuto vedere quanti erano. Diceva sempre: “ah mì ro nèn pao, ro fat 4 agn èd guera!”(ah io non ho paura,ho fatto 4 anni di guerra!)

A me successe che andavo a esplorare verso Cossano e fui fermato da una pattuglia, mi chiesero cosa facevo e io pronto: “vagh a consgneme”(vado a consegnarmi). Per i giovani del 1924 c’era la possibilità di consegnarsi in caserma onde evitare di essere denunciati come renitenti alla leva.

Andò bene che non avevo armi né tessera e così mi portarono al distretto di Alessandria. Scendendo dal treno incontrai un mio vicino di casa di Perletto che aveva studiato da prete, e gli confidai cos’era successo e che intendevo farmi mandare in una caserma in Val Casotto per collaborare con i Partigiani di Mauri, questo mi consigliò di non andare in Val Casotto poiché Mauri stava preparando gli assalti alle caserme per recuperare armi e potevo rischiare la vita se mi trovavano con la divisa dell’Esercito. Ascoltai il suo consiglio e rimasi ad Alessandria in ospedale dove con il mio modo di fare “disponibile” fui preso a benvolere da un Capitano medico che mi mandò a Saluzzo ad aiutare i militari mutilati. Anche qui ebbi modo di passare informazioni ai gruppi partigiani e intanto venivo a casa in permesso e mi tenevo in contatto con Pinin Balbo. Dopo tre mesi a Saluzzo ebbi una Licenza di sette giorni e..” devo ancora vogme adèss, son pi nèn tornà!”(Devono ancora vedermi adesso, non sono più tornato.)

Mi nascosi per un po’ di giorni presso una mia zia a San Giorgio Scarampi che viveva da sola con i proventi della “Tessera” e per questo mio padre mi portava da mangiare.

      


Dopo un po’ di tempo tornai alla mia squadra Partigiana che aveva come Capo un certo  "Sgancia" di origini siciliane.

GRISAFI  GIUSEPPE  09/09/1921  PALERMO (PALERMO) - ITALIA Cittadinanza ITA

 PERITO ELETTROTECNICO 

FANTERIA Reparto BERSAGLIERI
MARESCIALLO 

Reparto RSI 101° BERSAGLIERI DEPOSITO Grado conseguito  Dal 04/05/1944 Al 01/08/1944

Nome di battaglia SGANCIA 

Ultima formazione 2° DIV LANGHE

2° DIV LANGHE Dal 01/11/1943 Al 01/01/1944

COMANDANTE PLOTONE Dal 01/08/1944 Al 07/06/1945 

Ripresi i miei giri tra Mango, San Donato, Cortemilia, Vesime e secondo gli ordini portavo messaggi nei vari comandi. Quando a Rocchetta si insediò la commissione inglese feci la spola tra Rocchetta e San Donato dove c’era il comando di Poli. Non entrai mai nell’ufficio di Poli poiché non volevo essere a conoscenza di informazioni che ,qualora mi avessero catturato avrei potuto rivelare. Perché bisogna dire che “lor iavo i sistemi per fété parlé”! (Loro avevano i metodi per farti parlare!) Ricordo che presero una staffetta come me a Mango. Questi aveva dei documenti e non volle parlare, ben, lo legarono alla Jepp e lo trascinarono fino a San Donato facendolo a pezzi. Non mi fidavo neppure delle staffette ragazze poiché avevo sentito che delle donne erano riuscite a carpire la parola d’ordine a un “betè di partigiano di Perletto” e poi avendolo riferito ai Fascisti ne fecero uccidere sette! Per questi motivi agii sempre con molta cautela .

Il mio incarico era portare messaggi e ordini ai vari comandi e tuttavia viaggiavo armato con il Novantuno rimodernato, due caricatori nelle giberne e due bombe Sipe che avevamo ricevuto con i lanci degli americani. Fortunatamente non ho mai dovuto sparare ma in alcune occasioni mi spaventai veramente. Una volta, stavo salendo a San Donato per incarico della Commissione Inglese, quando a metà strada, nel bosco, sentìi parlare e non capivo che lingua, allora mi liberai delle armi che nascosi e quando compresi che erano Francesi con lo zaino affardellato che salivano a San Donato provenienti da Vesime, mi tranquillizzai e tornai a riprendere il mio armamentario.

Nei miei ricordi che vanno sfumando, rimangono personaggi come Pinin Balbo che era Esattore a Cossano e amico di mio padre perché entrambi combattenti della guerra del ’15. Io seguivo sempre mio padre e li sentivo parlare della guerra e compresi che pur odiando le armi bisognava prendere posizione. Conobbi anche “Miliano” “Romolo” (Carrero Giuseppe 1925) “Rosamunda”(Bertero Pietro 1925, Giorgio(Adriano Balbo) “Napoleon”( Carle Pietro Torino 1914 un Trovatello di Cossano e soprattutto ebbi a che fare con Poli Piero Balbo.

Ho sempre odiato le armi, ma erano tempi in cui venivano usate con grande facilità e pur avendo a cuore la mia e altrui vita in parecchi casi vidi da vicino il rischio di uccidere o essere fatto fuori.

Quando eravamo di pattuglia a Canelli eravamo una squadra di Azzurri "Badogliani" e una di Rossi "Garibaldini" e ricordo che per sicurezza andai ad accordarmi sulla parola d’ordine con Rocca il comandante dei Garibaldini perché avevo compreso che si poteva sparare con troppa facilità. In un’altra situazione, intimai l’alto là a una persona che veniva verso il posto di blocco e non si fermava, poi nuovamente “alto là chi va là” e questo procedeva. Fortunatamente non sparai, era un militare sbandato che andava verso casa e io lo capii, ma quando gli fui vicino gli dissi che poteva ringraziare che di pattuglia c’ero io, perché chiunque altro lo avrebbe fatto secco! Ci voleva buonsenso e umanità ma in quei momenti là era complicato!

MIO PADRE FERMATO DAI NAZISTI

https://youtu.be/Xvktz5n-Fv8 

Nel 43/’44 mio padre Carlo aveva sessantatre anni e avendo partecipato alla guerra del ‘15/’18, anche lui “ò podiva nèn voghè i tedèsch!” non sopportava i nazisti. Collaborava con il gruppo dei Partigiani di Rocchetta Belbo e quando serviva, girava a prendere informazioni. Una volta c’erano i tedeschi a Castino , e lui andò, quando fu sulla strada del paese, fu fermato al posto di blocco da una guardia armata che puntandogli il fucile gli chiese dove andasse. Mio padre, che capiva un po’ di tedesco gli rispose in piemontese: <a vagh à pième an poch èd pan> la guardia spintonandolo con l’arma gli disse: < ich verstehe nicht  (non capisco)> e lui < se’t capissi nèn r’italian vèn nèn an Italia!> e si avviò continuando a parlare in piemontese < mi reu nèn pao, reu fat quattr agn èd guèra! Io non ho paura,ho fatto quattro anni di guerra!> Due guardie lo seguirono fino in piazza dal panettiere e lui, quando ebbe visto quanti mezzi e uomini c’erano e parlato con il panettiere se ne tornò sui suoi passi sempre scortato dai soldati e riportò le informazioni.

                              


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