martedì 3 ottobre 2023

ALUTTO GIOVANNI SERG. MAG. BARBARESCO 1916

 


 

 ALPINO Sergente maggiore GIOVANNI ALUTTO DI BARBARESCO 1916

di OLIMPIA Prandi

2° reggimento Divisione  Cuneense, Battaglione Borgo San Dalmazzo.

REDUCE della Campagna di Russia 1942/'43



               Scuola Media Neive 17 11 2017

 

https://youtu.be/TErQARd7CBY

Da 14 a 18 anni a Priocca Barbaresco Barolo da servo di campagna

https://youtu.be/7WbwQMYwulo 

DA CUNEO AL DONETZ AL DON

https://youtu.be/MKfXV_MNaTE

NEL RIPIEGAMENTO LE TRE DIVISIONI

https://youtu.be/J-wT9F3-b94

REDUCE DI RUSSIA I MULI IL TENENTE MEINERO CARLO CAVALLOTTO

https://youtu.be/Zzpha4sbRP8

LA CUNEENSE DIVISIONE MARTIRE


Stazione Cuneo Gesso Memoriale della Divisione Cuneense 1 Ottobre 2023

DA 14 A 18 ANNI DA SERVO DI CAMPAGNA

Nato a Barbaresco, con la famiglia ci trasferimmo prima a Treiso sempre da mezzadri, poi non so perché mio padre andò ad abitare ad Alba in due camere e un cortile. Quando ebbi 13/14 anni fui mandato da Servitò. 

I primi due anni fui “sistemato” a Priocca. Ricordo che si faceva tanto lavoro e quando mettevo il pane nella minestra. I padroni mi chiedevano perché mettessi il pane, e io dicevo:<perché ho fame!> e la risposta spiega come vivevo.

Poi fui spostato a Barbaresco da uno zio, ma il sistema era sempre, tanto lavoro e poco mangiare.

A 17 anni andai da servo a Barolo presso una famiglia  che aveva già la macchina a quei tempi, così mi illusi di essere trattato meglio. Ma non fu così, poiché dovevo lavorare tantissimo nelle vigne e nella stalla fino al sabato e la Domenica dovevo fare da “Baby sitter ai due figli dei padroni mentre loro in macchina andavano al Cinema ad Alba o a Bra. Dopo neppure un anno dissi che andavo a far visita ai miei e devono ancora vedermi tornare adesso. Scappai perché stanco di quella vita!

La chiamata di leva per il servizio militare fu la salvezza. 

Quando poi fui richiamato, le cose cambiarono e con la guerra i timori per la vita aumentarono.

 Nel 1941 facemmo i campi invernali nelle valli cuneesi. Arrivò la Primavera del 1942 e “voci di gavetta” cominciarono a sussurrare che si sarebbe andati in Russia. Non vi erano ordini né preparazioni ma era nell’aria. Si formarono nuovi reparti, ed ecco che giunse l’ordine di andare in Russia.

Nel mio Battaglione eravamo tutti giovani Langaroli di Barbaresco, Neive, Castagnole, Mango Santo Stefano Belbo e fino a Bossolasco.  A luglio Venerdì 26 1942 pertimmo dalla Stazione di Cuneo “Gesso”.

 


In totale furono 52 le tradotte che trasportarono i 17.460 uomini della Divisione sul Don al comando del Generale  Emilio Battisti .

Il treno e i vagoni che trasportavano noi del Battaglione Borgo San Dalmazzo, giunti a Verona, deviarono verso Goriza e Piedicolle. Viaggiavamo su dei vagoni bestiame ma non trovai pesante il lungo viaggio, poiché attraversammo dei bei territori che incuriosivano noi giovani contadini che non avevamo mai visto altro che le nostre campagne e montagne.

Dopo 13 giorni di viaggio ci mettemmo in marcia per andare sul Caucaso ma fummo poi schierati sulle rive del fiume Don.

Procedemmo a piedi con marce di circa 20/30 chilometri. Avevamo i muli ed eravamo sempre alla ricerca di acqua per loro e per noi, ma di acqua in quei territori non ce n’era e neppure alberi che facessero ombra. Arrivammo sul Don

Il19 agosto la Cuneense fu inviata verso Starobil’s’k e nella giornata dell’8 settembre, fu affidato alla gestione del Corpo d’armata alpino il settore posto a sinistra dell’ARMIR, sito tra Novo Kalitwa e Pawlowsk.

La Cuneense si schierò tra il 19 e il 20 del mese all’estrema destra del settore. Dall’11 dicembre si ebbero i primi contrattacchi dei russi, sino al grande sfondamento del 17 dicembre 1942, quando le colonne corazzate sovietiche penetrarono nel settore a destra della Cuneense, aprendo una falla tra Novo Kalitwa e la valle del Bogutscha

La nostra postazione era in alto rispetto al fiume per cui era un ”fronte stabile” poiché mezzi e uomini russi non potevano risalire facilmente il dirupo sul Don, tuttavia avemmo dei morti poiché pattuglie russe attraversavano il fiume e ci attaccavano! Un altro grande problema fu la mancanza d’acqua. Ce la portavano dalle cucine, con i muli, e la tenevamo nelle borracce!

 

DA AGOSTO 1942 A GENNAIO 1943

A Gennaio 1943 finii in ospedale a Gomel. Noi non sapevamo che era iniziato il ripiegamento , ed io feci una “figuraccia” con il Capitano medico. Gli chiesi quando ci avrebbero riportati in Italia, e lui testualmente mi disse: <Sei scemo o lo fai? Non lo sai che tutte le truppe stanno ripiegando e sono accerchiati?> In Ospedale non era trapelato nulla e per un po’ di giorni soffrii in silenzio ed amareggiato per aver fatto quella domanda.

Quando verso fine gennaio iniziarono ad arrivare gli sbandati a centinaia capimmo che era successo un disastro.

Del mio Battaglione su 45 UFFICIALI ne è TORNATO UNO, 


Don Francesco Testa cappellano militare del battaglione Borgo San Dalmazzo, reduce dalla prigionia in Russia dopo la ritirata dal Don, decorato con medaglia d'argento al valore militare fu rimpatriato dai russi dopo essere stato fatto prigioniero e tornò con i piedi congelati. Di sessantacinque Sottufficiali tornammo in otto, dei militari di truppa su più di 1300 ne tornarono solo circa trecento.

 

 

quadro Archivio Franco Cavallotto figlio del Reduce Alpino Carlo

I MULI E IL TENENTE MEINERO

Alpino Carlo Cavallotto e muli della Colonna Meinero

Voglio ancora ricordare quanto furono importanti i Muli durante la Campagna di Russia e nel Ripiegamento.

 I muli furono fondamentali per portare il pane ,l’acqua e il vino, quando c’era, dalle cucine al fronte e patirono anche loro quanto gli Alpini, il freddo, la fame e i rischi della guerra. I muli in sovrannumero, furono tenuti lontani dal Fronte. Quando iniziò la Ritirata Il Tenente Meinero Maurizio di Cuneo comprese che occorreva formare una Colonna per salvare  uomini e muli.

La colonna partita da Rowenki il 16 gennaio 1943,  prima di essere trasportata in Italia, percorrerà a piedi circa 1.600 chilometri in 56 giorni di marcia, 63 se includiamo i giorni di sosta.

 

LA NEVE E LE SOFFERENZE NEL RIPIEGAMENTO

Quando vi fu lo sbandamento, la divisione Julia e la Cuneense seguirono percorsi diversi dalla Tridentina Nella battaglia di Nowo Postojalowka,

GENERALE BATTISTI  “Il giorno 20 gennaio, per rompere lo sbarramento nemico … furono impiegati … quattro battaglioni alpini che andarono quasi completamente distrutti.”

Nel durissimo scontro, vennero praticamente annientati i battaglioni alpini Saluzzo, Ceva, Borgo S. Dalmazzo, Dronero e Mondovì

Fu  l’unica battaglia combattuta sul fronte orientale esclusivamente da truppe italiane, senza il concorso, seppur minimo, di reparti o mezzi corazzati alleati e durata circa trenta ore, la Divisione Alpina Cuneense venne praticamente distrutta, anche se il calvario dei superstiti che continuarono ad avanzare combattendo, si concluderà solo il 27 gennaio 1943, quando la cattura del Generale Battisti e degli ufficiali al suo comando, decretò la fine della grande unità.

Chi seguì la Tridentina quando arrivò a Nikolajewka il 26 GENNAIO 1943 riuscì a passare

  https://youtu.be/_OG6AU1uNJU     testimonianza ALPINO CAPRA CARLO

Già dalle prime ore del mattino, la colonna formata dalle truppe italiane in ritirata, cui erano aggregati diversi reparti delle altre potenze dell'Asse (specialmente tedeschi e ungheresi), venne fatta oggetto di un bombardamento da parte di quattro aerei dell'Armata Rossa.

Alla Tridentina, l'unica delle divisioni italiane ancora in grado di combattere, fu assegnato il compito di iniziare l'assalto al villaggio. Particolarmente significative durante questo attacco furono le azioni dei battaglioni "Vestone", "Verona", "Valchiese" e "Tirano". Malgrado lo sbandamento, che sarebbe stato comprensibile per delle truppe in ritirata, gli italiani riuscirono a sostenere lo scontro con i sovietici, maggiormente dotati di armi pesanti ed artiglieria.

In serata si unì alle forze all'attacco il "Battaglione Edolo", contribuendo allo sforzo degli altri uomini della "Tridentina", guidati dal generale Luigi Reverberi, e riuscendo così ad aprire un varco fra le linee sovietiche, grazie all'impiego dell'unico carro armato tedesco ancora utilizzabile ed alla disperata lotta per sfuggire all'accerchiamento.

 

Chi riuscì a passare dovette ancora lottare con il gelo e la neve, la fame e la sete. Procedettero nella neve asciutta (40/50cm.) che messa nel gavettino e riscaldata non dava che poche gocce d’acqua.

 

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