CARMINE
ANGELO 1925 Calosso d’Asti
RADIOTECNICO
NOME DI BATTAGLIA "JOHN"
PARTIGIANO 2° DIV LANGHE
Dal 01/07/1944 Al 07/06/1945
Nel 1943,
a diciotto anni lavoravo già con mio padre che aveva aperto il negozio in via
Mazzini a Torino. Si approssimava il momento di essere arruolato e io non avevo
intenzione di fare il militare, per cui avevo già tentato di inserirmi nella
Polizia, nei vigili del fuoco, nella Croce Rossa, ma non prendevano più
nessuno.
Un giorno, capitò in negozio un Capitano
tedesco, che parlava benissimo italiano, con una radio da riparare. Mi disse
che gli eravamo stati indicati come bravi riparatori e mi chiese di sistemargli
la radio, io inserii la spina e compresi che era una stupidaggine. Gli dissi di
tornare il giorno successivo che l’avrei riparata, intanto mi feci coraggio e
gli dissi che il mese prossimo sarei stato chiamato alle armi e per la mia
famiglia sarebbe stato un grosso problema. Lui mi ascoltò e mi guardò severo,
poi: < sappia che in Germania a 16 anni i ragazzi sono già sotto le
armi!> ed io < comprendo, ma io non è che non voglio effettuare il
Servizio Militare, vorrei solo poter rimanere in zona per aiutare mio
padre.> Lui, sempre guardandomi fisso negli occhi:< …mi interesserò del
caso>. Se ne andò e tornò il giorno dopo a ritirare la radio che funzionava
perfettamente, mi disse che per me non si poteva fare nulla poiché il personale
specializzato era tutto tedesco e al completo. Io gli dissi che sarei stato
disponibile per qualunque attività e quando gli dissi che ero fornito di
patenti di terzo grado per mezzi a benzina e nafta mi chiese di andare con lui
agli Alti Comandi in via Galileo Ferraris dove viste le mie patenti mi
assunsero immediatamente nell’Organizzazione Todt.(L’Organizzazione Todt era in origine una enorme impresa di
costruzioni fondata in Germania negli anni Trenta dall’ing. Fritz
Todt. Con la guerra, assunse caratteristiche belliche: costruzione di
installazioni militari, riparazione di danni da bombardamenti, costruzione di
vie di comunicazioni strategiche, fortificazioni ecc.Divenne cioè il più grande
cantiere edile della seconda guerra mondiale, e, insieme, una grande macchina
per lo sfruttamento di risorse materiali e umane: milioni di individui
rastrellati nell'Europa occupata furono obbligati al lavoro coatto, sia
attraverso la leva militare di classi abili, sia tramite la mobilitazione
civile che coinvolse uomini, donne e ragazzi.Dopo la morte di Todt in un
incidente aereo, la direzione dell’Organizzazione passò ad Albert Speer,
l’architetto del regime nazista.)
Fui tenuto al lavoro nelle Officine degli alti Comandi e un mese
dopo ero già diventato ”Mester autofachman”(Capo offficina meccanico), ero ben
retribuito e tornavo a casa a dormire e mangiare. Svolgevo il mio lavoro di
Autista e intanto trascorse un anno.
Avvenne lo sbarco degli
americani in Sicilia, e a Santo Stefano Belbo era sorto il primo nucleo di “Ribelli”
con “Poli” e Pinin”. Io e la mia famiglia non conoscevamo Poli che aveva 9 anni
in più di me ed era entrato giovane in Marina, ma conoscevamo molto bene il
padre che lavorava all’esattoria di Santo Stefano Belbo. Conoscevamo anche il
padre di Balbo Adriano”Giorgio” che svolgeva attività di Dentista a Santo
Stefano, Asti e Torino e che fu arrestato dai tedeschi e poi liberato grazie ad
uno scambio di prigionieri.
Con la formazione del gruppo a Santo Stefano, lasciai la Todt e
raggiunsi i “ribelli” di Poli. Certo che inizialmente, a soli 19 anni non
comprendevo bene gli obiettivi dei Partigiani, ma con l’aiuto di Poli e degli
altri mi inserii bene. Con un po’ di incoscienza giovanile e un po’ di
esperienza contribuii ad effettuare degli interventi che furono utili per la
Liberazione.
LA TRAGICA CORSA DA Montà d’Alba a Canale
Nel primo periodo in cui ero con i Partigiani facevo già l’autista. Poli mi disse che occorreva
portare due prigionieri Tedeschi ad Asti per effettuare uno scambio. Accompagnato
dal tenente Carletto (MORELLI CARLO
06/03/1921) ci recammo ad Asti per effettuare lo scambio
con mio zio, il Dottor Balbo (padre di Adriano). Andammo con il 1100, avevamo
appuntamento con una pattuglia di militari della Repubblica, prima del ponte
sul Tanaro. Ci scortarono fino alla casa Littoria dove il Tenente Carletto con
i due prigionieri tedeschi salì sopra in ufficio e io attesi dalla macchina.
Ero un po’ preoccupato poiché i repubblicani mi osservavano e pareva mi
dicessero: “una volta o l’altra ti prendiamo!” tuttavia non successe nulla.
Dopo mezz’ora Carletto scese e mi disse che i tedeschi li avevano presi ma lo
scambio non poteva avvenire poiché il dott. Balbo era ancora a Torino. Il
Tenente chiese di farsi scortare fuori Asti per poi andare ad effettuare una
visita ai partigiani del distaccamento di San Rocco di Montà. Colà, trovammo
altri partigiani, anche loro con un 1100, che venivano via e mi proposero di
effettuare una gara su chi arrivava prima a Canale. Io avevo già la fama di uno
che andava veloce in macchina! Accettai la sfida e partimmo, fui subito in
testa e gli altri mi inseguivano. Senonché, quando fummo a circa due km. da
Canale, ad un ponticello un sobbalzo mi fece saltare via il filo della calotta
e la macchina si fermò. Sapevo di cosa si trattava e quindi saltai subito giù
ma intanto che io effettuavo la riparazione, l’altra auto mi superò. Ripresi l’inseguimento,
ed ero a circa duecento metri, ma quando fummo nel rettilineo prima di entrare
in Canale vedemmo spuntare due 38Spa color coloniale che si misero a sparare e
falciarono i cinque Partigiani della prima auto. Prontamente inchiodai, con un
testacoda cambiai direzione e tornai a San Rocco. Solo verso sera ripartimmo e
attraversando sul traghetto del porto di Barbaresco rientrammo poi a Castino.
MORETTO "HANS"
Per far
comprendere quanto fossimo incoscienti e vivessimo il rischio con leggerezza,
racconterò di un’azione che compiemmo io, Moretto, Hans e altri due.
HANS HENRICH II DIV. LANGHE5°BRG.BELBO.
CADUTO A LEQUIO BERRIA IL 29 GIUGNO 1944
Necessitavano due tedeschi da utilizzare per uno scambio
di prigionieri. L’unica soluzione era andare a Bistagno dove i tedeschi avevano
un distaccamento con i repubblicani e prelevarne una coppia. Io come autista,
Moretto e altri due con divisa tedesca, Hans come Capitano ci recammo con la
Opel con targa tedesca nella caserma di Bistagno. Entrammo nel cortile mentre
stavano distribuendo il rancio. Ci fermammo nei pressi di due militari tedeschi
con la gavetta in mano, scese Hans che con un ordine secco in tedesco, intimò
ai due di salire. Questi posarono le gavette, scattarono come due molle e
salirono in auto. Furono immobilizzati dai tre che attendevano ed io ripartii
velocemente verso Castino. Con i due catturati si effettuò uno scambio e fu
possibile liberare due nostri partigiani
IL RECUPERO DI UNA BOMBA
Nel 1944, quando si seppe che i nazifascisti stavano
preparando il grande “rastrellamento nelle Langhe”, noi ribelli eravamo alla
“Lodola” di Castino. Mi chiamò Poli e mi disse che per ritardare l’arrivo dei
tedeschi occorreva far saltare il ponte di Borgomale – Campetto, perciò di
andare da Moscon, il nostro Capo guastatore e accordarmi per far saltare il
ponte la sera dopo. Al mattino del giorno successivo mi recai allo Scorrone di
Castino da Renato Moscone e gli riferii la decisione di Poli. Moscon, però, mi
spiegò che aveva soltanto due chili di plastico che aveva recuperato dai lanci
degli inglesi e che solo con quello non si faceva nulla. A quel punto chiesi se
poteva servire una bomba inesplosa. Alla sua risposta affermativa gli dissi che
l’avrei recuperata io. Avevo saputo che presso la stazione ferroviaria di
Castagnole Lanze vi era una bomba che non era esplosa e subito mi attivai per
andarla a recuperare con 5 o 6 compagni. Partimmo con il camion TRE-RO Lancia e
mi presentai al Capo Stazione di Castagnole Lanze che mi mostrò dove era la
bomba. Quando gli dissi che intendevo portarla via si preoccupò e mi chiese di
dargli il tempo di evacuare la sua famiglia che alloggiava nella stazione
stessa. Attesi una mezz’ora e intanto studiai come fare per rimuovere da quel
buco l’ordigno. Togliemmo un po’ di terra che la ricopriva e l’agganciai con il
verricello del camion e la trascinai nei pressi della gru a manovella che si
usava in stazione per caricare i vagoni e la sollevai in modo da poterci andare
sotto con il pianale, quindi la fermammo con dei pezzi di legno e fummo pronti
a partire. Per il viaggio di ritorno eravamo rimasti solo in due, gli altri
cinque si avviarono a piedi e mi dissero che ero pazzo. Io avevo fatto questo
ragionamento: <Se la bomba di 250 kg non è esplosa cadendo da mille metri,
vuoi che esploda proprio adesso solamente a trascinarla?> Probabilmente oggi
non lo rifarei! Ma a diciannove anni avevo un’altra visione della vita.
Partimmo e lentamente arrivai allo Scorrone dove ci
attendeva Renato “Moscon”, visionò l’ordigno e mi chiese se l’avevo
disinnescato. Alla mia risposta negativa arretrarono tutti e Renato esclamò:
<Dio bono John, vuoi farci morire tutti da giovani!? > Si attivò subito e
con martelletto e punzone, con grande cautela svitò la spoletta ed estrasse il
detonatore, impiegando una buona mezz’ora. Tolta la spoletta e detonatore che
risultò grande come un “Pintone da vino” la trasportammo a Borgomale, qui
scavammo una buca e sistemammo la bomba inserimmo il plastico che avevamo e
bagnando il terreno attorno la ricoprimmo, inserimmo la miccia e tutto fu
pronto. Dopo aver comunicato ai responsabili del paese affinchè avvisassero i
paesani di aprire le finestre e di stare pronti alla deflagrazione, Moscon si
disse pronto ad accendere la miccia. Io chiesi di darmi il tempo di spostare il
camion al riparo, e così feci, portandolo lontano due curve sotto. L’esplosione
fu enorme, provocò una grande buca nella strada con smottamento di terra a
valle e a monte. Quando arrivarono i tedeschi tribolarono parecchio a passare
con i mezzi e si fecero aiutare dai paesani con i buoi.
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