sabato 30 marzo 2024

MOSSIO NANDO 6 9 1909 BOSIA

 




MOSSIO LUIGI BOSIA 1843

DI MONTANARO CRISTINA E DI GIUSEPPE

MORTO A BOSIA 18 03 1916 REG. LANO 36

 

RETTEGNO GIUSTINA DI FRANCESCO

 

 

 

MOSSIO FERDINANDO BOSIA 1868 DI RETTEGNO GIUSTINA E DI LUIGI  ANNI 25 (1843)

 

 

MOSSIO LUIGIA DOMENICA BOSIA 26 APRILE 1880 DI RETTEGNO GIUSTINA E LUIGI

MORTA A TORINO L’8 01 1975

 

 

MOSSIO FERDINANDO FRANCESCO BOSIA 1889 VIA PROVINCIALE 20 DI RETTEGNO GIUSTINA E LUIGI (A. 46 1843

UNITO IN MATRIMONIO CON SCAVINO FRANCESCA COSTANTINA DI FU MORAGLIO TERESA E GIUSEPPE A BOSIA 2 06 1920

MORTO IL 23 05 1957 A MONTELUPO ALBESE

 


 

 

 

MOSSIO FILIPPO BOSIA 25 09 1872 DI RETTEGNO GIUSTINA E DI LUIGI(1843) DI GIUSEPPE VIVENTE1823?

 REG. FOSSATO FERRERO

 

 

MOSSIO FORTUNATA CELESTINA VIA PROVINCIALE 20 BOSIA 1883 DI RETTEGNO GIUSTINA LUIGIA E DI LUIGI

 TESTIMONI

SAFFIRIO ZEFFERINO DI A. 25 FLEBOTOMO

 VOLA FRANCESCO  DI A. 33 FALEGNAME

 

 

MOSSIO GABRIELE GIOVANNI BOSIA  LOC. LANO 16 03 1886 DI RETTEGNO GIUSTINA E DI LUIGI 1843

UNITO IN MATRIMONIO A LEQUIO BERRIA CON BORELLO ANGELA( DELLA FU COSTA TERESA E DI LUIGI) CON ATTO 10 03 1921


FIGLIO MOSSIO LUIGI BOSIA 31 10 1921

FIGLIA MOSSIO EMMA BOSIA  1923

FIGLIO MOSSIO ERIO 1922

 

 

MOSSIO VIRGINIA CRISTINA BOSIA 1875 DI RETTEGNO GIUSTINA E LUIGI

 

 

 

MOSSIO FELICE COSTANTINO BOSIA 17 02 1870 DI RETTEGNO GIUSTINA E DI LUIGI (1853) DI GIUSEPPE(VIVENTE)

Nell’atto di nascita si scopre che RETTEGNO GIUSTINA è FIGLIA DI FRANCESCO

-        CHE ABITANO IN LOCALITA’ “LANO” DI BOSIA

-        CHE I DUE TESTIMONI SONO VOLA FILIPPO DI 44 ANNI (1826) (DEL FU FRANCESCO) AGRICOLTORE

E SAFFIRIO COSTANTINO DI ANNI 21 (1849) (MAESTRO ELEMENTARE ) DI FRANCESCO (SEGRETARIO COMUNALE)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FAMIGLIA MOSSIO DELLA BOSIA CASCINA” BSOL”

 

PADRE: LUIGI                      MADRE: GIUSTINA  

                                                                                       

FIGLI: FELICE(MIO PADRE),FERDINANDO(Mè PARIN),GABRIEL(PADRE DI SuorEmma),

FRANCESCHIN (PADRE DEI MOSSIO DI RODELLO),

LUIGIA,

CELESTINA.

Mossio Felice nacque a Bosia nel 1870, si sposò con mia madre Porro Paola( Feisoglio 1884) nel 1905.


Generarono: Luigi(1907),Ferdinando(1909),Marcellina(1911),Pietro(1913),Aurelia(1917),

Annibale(1922)Disperso in Russia Caduto Battaglia Nikolajewka DECORATO CON CROCE DI GUERRA

 

 


 

 


 


 

 


 

 Nel 1914, mio padre, Felice si trasferì da masoè (mezzadro) con mia madre, presso la cascina”Maian” e vi rimase fino al 1920 , quando si sistemò alla cascina Langa fino al 1924. Le altre sistemazioni furono alla cascina Viarascio e quindi nel paese di Bosia alla cascina del Fré. Nel 1930, mentre ero militare si trasferirono alla Cascina Masseria di Arguello.

 

Vrava andé a sfojé ra meira!

 VOLEVO ANDARE A SFOGLIARE LA MELIGA

Mi ricordo che una volta, avrò avuto circa tre anni, loro dovevano andare a “sfoijé ra meira” dai vicini e io volevo anche andare .Le tentarono tutte per convincermi a rimanere con mio fratello Luigi: andarono a prendermi ”in pom” una mela ,”der noz”delle noci,ma io non mi capacitavo. Infine “mè pare u rà ficamie” mio padre mi ha sculacciato, e così mi ha convinto!

 

M’entrava nèn ra stoira ed Roma!!

NON RIUSCIVO A IMPARARE LA STORIA DI ROMA

Del periodo della scuola ricordo che una volta mi avevano dato da studiare la storia di Roma e “a m’entrava nen! Non riuscivo ad impararla!., così decisi di non andare a scuola e andai a nascondermi nella vigna fino a mezzogiorno. Destino volle che mio padre incontrasse la maestra che gli chiese perché non ero a scuola e lui stupito mi attese a casa con la cinghia dietro la schiena e dopo avermi chiesto perché avevo marinato la scuola mi fornì una dose di cinghiate sul sedere. Da quella volta non mancai più da scuola!! Anzi, presi in terza mio fratello Luigi, che era più grande di 2 anni! Lo bocciarono due volte!!

Fu la prima e ultima volta che mi picchiò. Mio padre mi voleva un gran bene, anche perché io lo seguivo molto. La mamma mi mandava con lui all’Osto(osteria) perché “chiel o beiviva an poch!”Lui beveva un po’! Con gli amici faceva la partita a tresette ed erano capaci di bersi una bottiglia ciascuno! Poi, “bele cioch”(ubriaco) se non lo accompagnavo a casa non riusciva a rientrare.

 

Dvan ai beu DAVANTI AI BUOI


 A quel tempo ,1917,si usava così, appena terminate le scuole mio padre mi mandò da servitò alla Cascina Bsol a Bosia dal “Cé” (nonno Luigi) per fare il garzone davanti ai buoi ( “er tocao” “dvan ai beu”)  Mio padre se ne era andato dalla famiglia a 14 anni per fare il servitò, in seguito mise su famiglia e prese prima la cascina Majan e poi la Cascina Langa da masoé (mezzadro).

 

R’infruensa Spagnola L’INFLUENZA SPAGNOLA

Fu il periodo dell’epidemia di influenza Spagnola. Mia madre venne a chiamarmi con lo scialle sulle spalle (con er scialèt ansre spole a rè vnime a ciamè) poiché mio padre e il fratello erano a letto febbricitanti. Fortunatamente,nella mia famiglia nessuno morì di Spagnola. Quella volta venne il medico che girava tra Cerretto Arguello Bosia Benevello Borgomale tutto con il calesse a cavallo e mi diede un passaggio fino al mulino di Campetto poiché avevamo finito la farina.Mi caricarono un sacchetto da undici chili di grano e così andai a farlo macinare.

 

 

Gistò da servitò incarico “ tocào”:

SISTEMATO DA SERVO

 

Quando ebbi 16 anni, nel 1925 ,mio padre “o rà gistane da servitò” ci ha sistemati da garzoni,io a Costepomo( da Letizia zia di Suor Emma) e Vigin(Luigi) a Castino. Quando Luigi mi accompagnò, andai di buon passo fino ad Arguello, poi vedendo Bosia così lontana tornai indietro e ci volle tanta pazienza da parte di mio fratello a convincermi. Con le lacrime agli occhi mi disse: < se torniamo a csa “on fèrta tuti doi! Se torniamo a casa ci picchia tutti e due!”

Guadagnavo 320 Lire all’anno ma rimasi un mese e poi dopo Natale,con la scusa di tornare a prendermi degli abiti scappai e neppure accompagnato dal papà non volli rimanere. Soffrivo la malinconia di casa(magonava!),ero troppo distante. Tornando, mio padre mi disse:”Tant et giust da n’atra part, a cà et ten nèn!” Tanto ti sistemo da un’altra parte,a casa non ti tengo. “E o ra fà parèi!”E ha fatto così!

Mi sistemò presso una famiglia di Borgomale alla Cascina Priosa. Erano solo”chiel e chila” (lui e lei) e andavo davanti ai buoi con lui o al pascolo con lei ,e a sboré ra feuja per i bigat (a raccogliere le foglie di gelso per i bachi da seta).Lui era un po’ sbrajasson(irascibile),ma lei mi voleva proprio bene e di nascosto dal marito mi dava r’euv sbatù (l’uovo sbattuto) o da cuché! ( da bere ancor caldo).Un po’ per lei e un pò perché dalla Priosa vedevo La Bosia, rimasi volentieri per un anno.  

 

 

Er papà o fàva er ghirbine (Il papà fabbricava le ceste)

https://youtu.be/4dxW20O4okI              NANDO MOSSIO 1909 2004 IMPAGLIATORE CON FOGLIE DI MELIGA


Mio padre sapeva fare tutti i mestieri, dal minusié ar caglié ar saroné ar cadreghè (falegname, calzolaio, carraio, impagliatore di sedie. Inoltre era bravissimo nel fabbricare le GHIRBINE ed doi mani – er toalete. Faceva cuocere i pali “BROPE” di castagno nel forno,quindi si sedeva su una panca che aveva un pedale per fermare la bropa e con il coltello a due manici pelava i pali e otteneva gli “SCROS” (CORTECCE). O TAJAVA QUATR E QUATR OT SCROS e o ‘ncaminàva a ‘ntersé er fond ( iniziava a intrecciare il fondo).Poi metteva quattro assette e “o tessiva i scros come fé na sesta” fino al bordo dove inseriva due manici di salice curvati. Mi sembra di vederlo mentre lavora. Aveva “na vos fausa ma o cantova:Rosin Rosin campme giù er ciavin che veui avni a dorme ansém a tì” .( aveva una voce stridula ma lavorava e cantava:Rosin Rosin buttami il chiavino che voglio venire a dormirti vicino!)

CI TRASFERIMMO AD ARGUELLO


Nel ‘38/’39 quando morì il papà noi combinammo di trasferirci ad Arguello alla Cascina Masseria. Nel 1939 sposai Marina dei Giamesi e nel 1940 avemmo il primo figlio, Carlo. Tutto filava tranquillo nonostante la guerra e i republican, quando mi arrivò la Cartolina Precetto per la “ Mobilitazione per motivi di guerra” Era a Dicembre 1942, Marina aveva partorito da poco Lucia, ma non ci fu nulla da fare, dovetti partire e fui mandato a Fiume a pattugliare sul confine jugoslavo. Ricordo che di notte si vedevano i treni che favo èr spluve! Facevano scintille sui binari!



Fortunatamente riuscirono a procurarmi le carte per la Licenza Agricola e a Maggio ’43 fui mandato a casa in congedo illimitato

.

 

I PARTIGIANI CI PRESERO IL MAIALE APPENNA MACELLATO!

 

Mi ricordo che nell’inverno del  ’44 avevamo ucciso il maiale. Eravamo alla Masseria di Arguello. Venne Augusto ‘d Pianfré a gistéro (a fare i salami).Stavo mangianda r’oiròt, ii ruva er partigian Moreto con otri tre.Mangio e beivo con noi, dop er Moreto om dis: Bèica Nando, e rò ra squadra a ra Srea(Cerretta) e antria che ei porteisa da mangé. Mi rò dije slarganda i bras: Lasme in bon e pijte sa part ed crin da Gisté A jera ra part der padron!(Con er Moreto soma sempre andò d’acordi).(Stavamo mangiando r’oriòt ,e arrivò il Partigiano Moretto con altri tre,mangiano e bevono con noi. Poi mi dice,:guarda Nando,ho la squadra alla Cerretta e dovrei portare loro da mangiare.Io gli ho detto:Lasciami una ricevuta  e prenditi la parte di maiale ancora da lavorare.Era la parte del padrone! (con il Moretto siamo sempre andati d’accordo). Pensa che in Primavera un conoscente di Cerretta mi disse che sgelata la neve aveva trovato mezzo maiale che i partigiani avevano lasciato perché costretti a fuggire per l’arrivo dei nazifascisti.  

 

Pinin er mascon birichin PININ IL “MASCONE “ SCHERZOSO

Una volta caricai il carro di” scros ed pin” da portare al panettiere di Cravanzana. R’ava na bela caria ed fas de scros(avevo un bel carico di fascine di cortecce). Mi avviai dalla Cascina Langa e quando fui a cinquecento metri un gatto attraversò la strada e senza spaventare i buoi ra carà a ré anversase. Strano,perché i buoi non si erano spaventati e il carico era ben sistemato! Inizio a ricaricare le fascine, quando da una riva appare Pinin ,un vecchietto che viveva da solo in un Ciabòt(casotto).Mi salutò e mi aiutò a caricare.Tirai bene le corde e ripartii. Feci tre o quattrocento metri e”te lì natr gat” (ecco un altro gatto) e si rovesciano nuovamente le fascine.Sacramentando un po’ mi rimetto a caricare ed ecco dinuovo arrivare Pinin che mi aiuta. Aveva tutte le mani insanguinate eppure continuò ad aiutarmi. Per fera curta, e rò anversa ra carà quatr vote prima ed rivè a Cravansana e sempre Pinin o rà gitame a cariè.(Per farla corta,ho rovesciato il carico quattro volte prima di arrivare a Cravanzana, e sempre Pinin mi ha aiutato a caricare.)

Quando arrivai dal panettiere gli raccontai l’accaduto e lui mi confermò che Pinin o jera in mascon Birichin ) Ma mi e rava già mangiò ra feuja!(Pinin era una masca scherzosa. Ma a me era già venuto il dubbio)

 

Quella mattina del 20 Giugno1944 venni ad Alba con “er padron dra cassina dra Masseria Monsù Vigna.

Lui commerciava in caffè e doveva passare al Bar Coraglia in piazza Savona. Arrivando da Corso Italia avevo visto una moto spinta da due giovani e chissà perché dissi “Son doi partigian”. Uno aveva una giacca lunga. Mentre pensavo quello, arrivarono in piazza una macchina e un camion e io dissi a Monsù Vigna:” Andoma co rè ora”, non feci in tempo a ripeterlo che dalla macchina scesero dei tipi armati che ci squadrarono per poi andare qualcuno verso l’officina di Gamberani e qualcuno sotto i portici di piazza Savona.

Seppi in seguito che avevano arrestato Pitros, un partigiano di Neive e lo avevano prima massacrato di “ patéle” nella Caserma “Govone” poi trascinato per le vie di Alba per farlo vedere alla popolazione e infine lo avevano fucilato a Benevello.

Mentre tornavo a casa pensavo a quanti giovani erano già morti e quanti ne sarebbero ancora stati uccisi da una parte e dall’altra, senza contare quelli che erano stati dispersi in Russia per una guerra che nessuno aveva voluto .

 

 

GARZONI DI CAMPAGNA : Beppe Sivorin




Quando rimasi solo a lavorare la campagna della Masseria, presi dei manoà, Manovali. Uno era mio nipote Beppe, figlio di Marcellina mia sorella. Già da giovane Beppe, detto Sivorin, al lavoro preferiva far baldoria, cantare, fischiare e suonare. Successe tante volte che andasse in festa e pur con le raccomandazioni affinchè tornasse per  il Lunedì in quanto o c’era da falciare i prati o da tajé èr gran lui tornava, se andava bene il martedì  e stanco, ogni occasione era buona per dormire.

Dopo l’ennesima sgridata gli intimai di rimandarlo  a casa, ma lui da buon attore mi faceva delle scene con lacrime per impietosirmi. Sempre cedevo e gli dicevo che sarebbe stata l’ultima volta. Una volta mi fece veramente innervosire. Si portò in festa a Lequio anche un altro manovale ed io non vedendoli arrivare né al lunedì né al mertedì mi dovetti arrangiare da solo a falciare a mano. Dovetti alzarmi alle quattro e lavorare tutto il giorno senza fermarmi neppure a mangiare. Mangiai al mattino prima di partire, un po’ di polenta e bagna cada scaldata sulla stufa e poi feci cena quando tornai. Fu quella volta che andai a parlare con Monssù Vigna.

 

 

 

 


 

 

Nel 1948, stanco di tribolare a lavorare da solo e mal servito dai servitò, decisi di accogliere la proposta di Monsù Vigna e mi trasferii ad Alba e andai a lavorare come “tostatore “ di caffè alla Brasilera. Stetti pochi mesi in affitto da Francone Luigi poi trovai due camere al “Bonòm”. Rilevammo anche la piccola bottega di alimentari che facevano andare avanti Marina e Lucia.

In seguito acquistammo con Giaco Deltetto un pezzo di casa nel loro cortile sempre al “Bonom”.

 



Nessun commento:

Posta un commento