Di CORNAGLIA
DOMENICA (di Anna e Felice) di DOMENICO (di Margherita e Sebastiano)
nato a
SOMMARIVA DEL BOSCO il 6/6/1915
Soldato
Divisione Alpina Cuneense
IV Rgt. Artiglieria
31/1/1943
Fronte Russo
chiamato
alle armi nel 4° Regg.Art:alpina-gruppo Mondovì il 16 Aprile 1936.
Il
3 Aprile 1937 è inviato in congedo illimitato.
Il
17 Agosto 1939 viene richiamato alle armi per esigenze eccezionali e aggiunto
al 4° Regg.Art.Alpina
L’8
Febbraio 1940 è inviato in Lic. Straordinaria
Il
16 Maggio 1940 è richiamato alle armi e mobilitato in territorio dichiarato in
stato di Guerra.
L’11
Giugno 1940 parte per l’Albania(si imbarca il 20 Ottobre a Bari sul Piroscafo
Piemonte e il 30 sbarca a Valona).
Il
12 Giugno 1941 ritorna in Italia con il Piroscafo Puccini e sbarca a Brindisi.
Il
21 Giugno 1942 è inviato in Russia.
Scrive
alla sorella Anna , alla mamma e ai fratelli nel periodo tra il 25 Settembre e
il 25 Ottobre 1942.
Il
1°Marzo 1943 viene dichiarato disperso nei fatti d’armi svoltisi in Russia.
Il
1° Giugno 1943 la dichiarazione di irreperibilità è rilasciata dall’Uff.
Mobilitazione del 4° regg.Alpina
Borri
Sebastiano è il primogenito di Domenico detto Mini e di Cornaglia Domenica,
nasce il 6 Giugno 1915 a Sommariva del Bosco e avrà dei fratellini che
nasceranno nel 1919 Felice, 1921 Anna, 1924 Mario, 1925 Luigi.
Il padre,
Mini era della discendenza dei Trèdì soprannominati così poiché il “Cé”(il
nonno) si tagliò due dita con la “faussia”(falce messoria).
Domenica Cornaglia Mamma di Bastianin Menica Cornaglia, la mamma, andava come “serventa”(donna
di servizio) dai marchesi al castello di Sommariva e Mini continuava il lavoro
di “Cartoné”. Fu richiamato militare per la guerra del ’15/’18 e fu preso
Prigioniero. Fintosi morto fu lasciato nel mucchio dei cadaveri con un compagno
ferito. Con uno stratagemma prese in spalla il compare e passò davanti alle
guardie salvando sé stesso e l’amico. Non ricevette decorazioni ma ebbe la
riconoscenza a vita dell’amico, ogni volta che si trovavano all’Osteria, Masin
si faceva raccontare come lo aveva salvato e gli offriva da bere. Mini:”l’on
daje in pugn per andurmilo”(gli diedi un pugno per addormentarlo) perché
strillava e aveva paura e avrebbe rovinato la fuga. All’osteria, Mini, ci stava
volentieri e anche troppo, raccontava la nonna Menica. Lei lo conobbe prima che
andasse militare di leva ed era un bel giovane gran lavoratore e sempre in
viaggio col “Tombarèl” o con il “Carton”. Quando tornò dalla Calabria dopo il
terremoto del 1908 aveva già iniziato a bere ed era cambiato, aveva visto
troppi cadaveri e raccontava di aver già subito dei vaccini e trasfusioni di
sangue che gli facevano avere incubi e visioni. Da gran lavoratore che era
divenne gran frequentatore di osterie. Anna, la figlia, lo andava a prendere
dall’osteria e con lei tornava a casa cantando. Se andava Bastianin, non tornava
e una volta a casa spaccava tutto ”o r’ava èr vin gram” (aveva il vino
cattivo). Il rapporto con Bastianin era conflittuale, il figlio lo sgridava e
lui ci rimaneva male, così, vergognandosi e per difendersi faceva il matto.
Aveva dei momenti in cui era simpatico e anche consapevole di aver maturato un
caratteraccio ma con i figli e la moglie era terribile. Alle processioni, quasi
per espiare le sue colpe portava la croce grande e procedeva scalzo e
incatenato ma dopo la bevuta di rito era nuovamente l’ubriacone che sragionava.
crebbe
con gli insegnamenti dei nonni e imparò a rispettare il padre e a giustificare
le sue intemperanze, ma visse addolorato per avere un padre abbrutito dal vino
e incapace ad aiutare la moglie a crescere i propri figli.
Bastianin terminata la terza elementare andò dai nonni e zii come “Vachè”(vaccaro), ma appena potè, andò da garzone di panetteria. Quella sarebbe stata la sua professione “Panaté” e anche il fratello Felice e la sorella Anna lo avrebbero aiutato nel forno e in panetteria. A 18 anni aveva già una buona esperienza ma continuò da garzone fino al 1936 quando partì militare. Fu arruolato nel 4° Regg.Artiglieria Alpina gruppo Mondovì e rimase come fornaio fino al 3 aprile 1937 e inviato in Congedo illimitato. Appena torna a casa inizia a far progetti, intanto che si raggranellano un po’ di soldini per aiutare la mamma che pur di non far sfigurare la famiglia va a lavorare in campagna e dalla Marchesa. Il padre ha sempre dei comportamenti incomprensibili e ora frequenta anche delle donne che gli mangiano i pochi soldi che riesce a guadagnare. Su di lui non bisogna contare, viene persino ad esigere il sacco di grano o di granturco che mamma Menica e riuscita a produrre nelle terre dei Pralot avute in eredità da nonno Bastian.
Nel 1938
con l’aiuto di Magna Cichina si va a rilevare un forno a Verduno. L’idea è
quella di avviare la panetteria con Anna e la zia in negozio in attesa che
Felice assolto il servizio militare entri a collaborare nel Pastin(laboratorio
del forno). Si lavora, Verduno è un buon paese, la gente va a cuocere ma si
vende anche pane e “galuperie”(dolci-golosità).
Limpio racconta
“Ritrovai Bastianin a Verduno”
Il 25
Giugno del 1938 passai a Verduno e vidi un’insegna di Panetteria che sapeva di
nuovo. Attratto dal profumo del pane appena sfornato legai il Biond all’anello
drà pila d’r’ara dèr mèrcà( all’anello della pila dell’ala del mercato). Con me
arrivò uno che mi disse chiamarsi Redento. Era piccolo biondo, capelli
all’umberta e due occhi chiarissimi con cilia bianche e doi pomin ross(Guance
rosse), spingeva una carretta con due
ghirbine. O jera ‘n ciaciarètt! (Uno che parlava molto!) Vèn a cheuse,bèica che
bela pasta(vengo a cuocere,guarda che bella pasta),sollevò la tela bianca e mi
mostrò la pasta già alvà (Lievitata), abbiamo èr panaté neuv e sua soréla nà
bela panatéra, na brunota marca leon!!! aggiunse sottovoce quasi a confidarmi
un segreto. Redento andò nel pastino e spaventò i canarini della gabbietta sul
tronco che fungeva da panca.
Io entrai
nella Bottega del pane, boia faoss! Aveva ragione Redento, una bella brunetta
stava sistemando dèr biove e di micon sfarinà , <Bondì>-disse rivolgendo lo sguardo,mi affrettai a gaveme
èr capèl e a ravviarmi con la mano i capelli schiacciati e risposi al saluto
ambajà (abbagliato) dalla bellezza di quella ragazza. Aveva la coda di cavallo
che raccoglieva i capelli neri ondulati, la carnagione olivastra la rendeva
attraente e il sorriso leggero interessante. Le chiesi una biova e lei :< l’alo in sachèt che èi la buto ‘n
drinta> (Ha un sacchetto? Così gliela metto dentro). Le porsi il sacchetto
che mamma Tina aveva cucito ripiegando due fazzolettoni di tela blu a quadri,
si chiudeva con un bindèll (una fettuccia) e lo usavamo solo per il pane.
<Veul
d’aot ?(Vuole altro?) Si accorse che non le toglievo gli occhi di dosso e
arrossì leggermente,<ch’ame scusa, ch’am daga ‘dcò due tirole crocante!(Mi
scusi,mi dia anche due pani lunghi croccanti.> Rispose:< Sì sì son bìn
cheuite.> (Sì sì son ben cotte).
Incuriosito
per la sua parlata le chiesi di dove fosse e seppi che era di Sommariva del
Bosco nella pianura, il mio dubbio fu confermato. Ero stato in Africa da
militare e avevo un compagno di Sommariva col quale riuscimmo a tornare con un
po’ di fortuna, il suo nome era Borri Bastianin. Glielo dissi e lei: L’è mé
fratèl ,l’è ‘ntèl pastin ! è mio fratello è nel pastino.Lo chiamò e incredulo
fece babola dalla porta e: oh diaolèri cò ‘t fasi sì Limpio? Era trascorso un
anno da quando riuscimmo a tornare dall’Africa e poi fummo congedati. Ci
abbracciammo e mi accompagnò dove aveva il forno. Siediti Limpio che devo
preparare il pane per Redento. Era il Matot che avevo conosciuto fuori, mi
salutò come un vecchio amico e riprese a far fischiettare i canarini. Bastianin
riprese a posare le pagnotte sull’asse con la tela ,aveva una rapidità che già
conoscevo per averlo visto lavorare nel forno a Ualaddaie. Mentre si muoveva
veloce tra le assi posate su cavalletti : ‘tlo pii ‘n cafè ? o, prima foma
colassion ,mi l’è da doi bot dè stanot che scorat (è dalle due di stanotte che
corro) però sono contento perché lavoro per me. Mi piaceva sentirlo parlare,
con la cadenza Turinèisa e il raccontare
gioioso esprimeva felicità e la trasmetteva. Venne Magna Cichina e ci presentò
:
Chiel l’è
Limpio ,soma stà soldà ansèma, e chila l’è magna Cichina ,la sorela d’la mama
l’è la nostra banchéra e socia in affari, sènsa chila saria pà riéssì a dorbe
sa panetteria! (Lui è Limpio,siamo stati soldati insieme,e lei è zia
Franceschina.la sorella della mamma,è la nostra banchiera e socia in
affari,senza di lei non sarei riuscito ad aprire il forno.
Era una bella Signora con i capelli chiari
raccolti in un chignon e un vestito signorile
che frusciava quando si muoveva. L’on gità ‘s matèt parèi fon co cheicòs mì.(Ho aiutato stò
ragazzo,così faccio qualcosa anch’io Bastianin mi aveva raccontato che magna
Cichina era rimasta vedova giovane e non aveva figli.
Corse a
guardare nel forno dallo spioncino e rapido prese la pala per sfornare. Aprì
entrambe le parti della porta di ghisa e con gesti morbidi ma felini estrasse
sei biove robie (ramate ,ben cotte) e fumanti. Per qualche momento non parlò
più,concentrato a manovrare la pala riempì la prima ghirbina di Redento che
attirato dal profumo era rientrato per assistere alla sfornatura, con le
piccole mani dietro la schiena si pose a debita distanza e assistette in
silenzio al rito lanciandomi qualche occhiata come a dire : Che bravo e che
abilità !
Il
religioso silenzio si mantenne per la successiva infornata di tirole,erano
tutte lunghe uguali e gemelle anche nella somatica dovuta alla lievitazione al
pezzo ,il taglio aveva prodotto leggere onde e increspature. Bastianin le
scopriva e riverente con due mani ,quasi trattenendo il respiro le spostava e
incolonnava sulla pala lunga. Redento interruppe il silenzio e con la sua voce
stridula : èiro beutti quandi er brèn? Intendeva la crusca per far scorrere i pezzi . Era così rapido
che il gesto per spargere il brènn sulla pala era sfuggito a Redento. Io
l’avevo notato e risposi per Bastianin” o ra bitòro sta tranquil!Senza parlare
Bastianin prese una pessià (Pizzico) di crusca sul tavolaccio e tra uno
spostamento di una tirola e l’altra la spantiò (sparse) sullo spazio rimanente
gettando un’occhiata di intesa a Dento . Questi sorrise felice e tornò a
seguire le mani e i piedi del fornaio in quei gesti che ti rapivano e
incantavano. Quando ebbe infornato, Dento sospirò.
Bastianin andò al “gaross”(bigoncio di legno)
dell’acqua e si diede una sciacquata al viso e si asciugò ravviandosi i capelli , risistemò la bustina bianca da
panaté e fregandosi le mani ci invitò a prendere la fetta di pane con il
formaggio ammorbidito dal calore. Il grammofono suonava una canzone di Gigli
”Mamma” , negli occhi di Bastianin lessi
la gioia di vivere e l’emozione mista a felicità per l’essere con gli amici.
Chiamò la zia e la sorellina e brindammo con un Pelaverga che aveva il profumo
dei fiori e sapeva di spezie. Redento salì su di un sacco e disse “viva j’amis
e viva èr forn èd Bastianin.” Quasi a presagire il richiamo alle armi Bastianin
sommessamente : “Speroma che la salute e la guèra an lassa andé avanti” e andò
a girare il disco che riprese a suonare “Una furtiva lacrima”.
Ad Agosto
del 1939 ci incontrammo nuovamente, io e Bastianin, questa volta non nel Pastin ma in Caserma al 4°
Reggimento Alpini con la qualifica di “conducenti”. Fummo insieme in Albania,
insieme in Russia. Vidi ancora Bastianin “ballare” per infornare e sfornare, lo
vidi “ballare “ in un Isba di Rossosch al suono di un’armonica, poi sentìi solo
più cantare “mamma”, era Bastianin . Ci perdemmo in una distesa bianca come la
farina, mi risvegliai,
la ragazza russa ballava da sola, aveva gli occhi di Annetta.
Il 10 agosto 1939 fu una data che
lasciò il segno nella famiglia Trèdì. Bastianin era uscito a guardare le
stelle, dalla porta del Pastin di Verduno vide alcune stelle cadenti e sorrise
pensando alla scaramanzia dei desideri. Ne aveva espressi tanti in cuor suo ma
l’importante era procedere bene nel lavoro e pensò a Maria di Barge compagna di
lavoro di Anna, doveva decidersi ad esprimerle il suo sentimento. Erano le
quattro di mattina e la compagnia del fuoco, del forno e dei canarini gli
rendevano meno faticosa la notte.
Arrivarono presto alcune donne a
cuocere e iniziò la giornata scherzando con qualcuna che gli chiedeva quando
avrebbe preso moglie. Era solito dire che aveva troppe donne che lo coccolavano
e lo facevano ballare per decidersi a sposarne una. Ma quella mattina, iniziata
con tanti auspici di gioia, serenità e allegria, verso Mezzogiorno, con
l’arrivo di Luigi, il fratello più giovane, si trasformò in un terremoto che
avrebbe cambiato la vita di Bastianin, Annetta e Zia Cichina, unitamente al
paese di Verduno che avrebbe dovuto trovare un altro Panaté. Luigi recava un
telegramma con la dicitura “ Borri Sebastiano è richiamato alle armi per
esigenze eccezionali ai sensi del foglio n°9863. Deve presentarsi al Distretto
per aggregarsi al 4° Reggimento Artiglieria alpina di Mondovì il giorno 21
Agosto 1939”. Per sdrammatizzare, e consolare la sorellina Bastianin disse: “oh
bin, von a fé an poche éd ferie!”(oh bene vado a fare un po’ di ferie!)
Nel giro di pochi giorni
smantellarono la panetteria e consegnarono le chiavi e la licenza del forno in
Comune.
Bastianin andò dai Carabinieri per
informarsi meglio circa il richiamo alle armi, ma quando vide la ressa davanti
alla caserma capì che tutto era chiaro, Mussolini ne aveva combinata un’altra
delle sue. Vide parecchi padri di famiglia che protestavano perché dovevano
abbandonare moglie e figli per tornare a “servire la Patria”. Loro avevano già
servito la patria e soprattutto non volevano andare in guerra.
Non ci fu nulla da fare. Si salutò la
famiglia in lacrime, si depose l’abito nuovo da “borghese” e si partì.
LETTERE DI BASTIANIN
Dintorni
di Valona 06 Febbraio 1941
Carissimo
fratello Felice, giungo a te con questo povero scritto, sono Sebastiano nella
foto vestito in borghese. Ti faccio sapere che sono in ottima salute come spero
di te. Mi ha fatto piacere ricevere la tua cara lettera con la foto che mi ha
fatto contento. Hai fatto bene a “cimentare”(riprenderlo) padre e avete fatto
bene a comprare la radio. Ah se potessi farvi avere mie notizie via radio! Ah
se potessi parlarti a voce ,avrei tante cose da raccontarti! I Greci mi hanno
preso una volta e io sono fuggito però ho perso tutto il mio corredo e zaino. Ma è andata bene,ora i miei
superiori mi daranno nuovamente tutto. Forse adesso faremo parte della
Divisione Julia ,per ora l’indirizzo è sempre il solito fino a nuovi ordini.
Cosa mi rincresce “dispiace” è che sono morti dei miei amici di Sommariva:
Tista, Perot, il Borgno,il Naco e altri ancora!
Abbiamo
pianto pensando ai loro genitori! Ci facciamo coraggio,tutto passerà. Io
comunque sono sempre contento e fiero di combattere. Caro Felice ,non
preoccuparti per me che io per ora sono fuori pericolo e tutto mi è ancora a
favore. Qua tutti i santi giorni piove e quando al mattino esco dalla tenda e
prendo le scarpe sono piene di acqua! Ci sarà anche fango attaccato a queste
pagine! Compatiscimi per il mal scritto ma sto scrivendo sdraiato per terra. Guarderò se posso
scrivere da un po’ più comodo, e mi farò prendere una foto e te la invierò.
Capisco che sei preoccupato per me ma per ora non si può
esprimere questa idea (basta con sta guerra )Tutti i santi giorni arrivano
militari dall’Italia.
Che bello
se fossi stato a casa anche tu quando ero in licenza per 10 giorni, sì che ci saremmo divertiti!
Arriverà
anche quel beato giorno!
Capisco
che il Padre potrebbe anche scrivere ma ci vuole tempo e spero che almeno mi
pensi. Purtroppo questo è il suo carattere. Ti invierò qualche soldo perché a
me ne rimangono sempre piuttosto e spero
che li riceverai. Ritiro dalla naia 8Leh al giorno che sarebbero 10 Lire
Italiane e vedrò di inviarne qualcuno alla mamma e voglio sperare che se “padre”
lavora non li useranno e li terranno per
quando torno a casa se Dio vorrà. Così li useremo e faremo fare bella figura a
tutta la Famiglia. Se posso qua in Albania mangio bevo e fumo anche per non prendere la malaria, e cercherò di non fare
patire questo mio corpo per fare bella figura .Ti pare faccio bene? Caro Felice
cosa ne dici? Se Dio vuole verrà di nuovo il giorno che saremo nuovamente
insieme e potremo farci le confidenze! Che felicità per me! Lascio la penna con
(rincrescimento) dispiacere caro Felice
e mando una pioggia di baci sul tuo bel
viso ,saluti ai genitori , ai fratelli e a Annetta. Tuo affezionatissimo
fratello Sebastiano
Salve carissima sorella e mamma, vi rendo noto che ho
ricevuto questa mattina la lettera inviatami il giorno 13. Sono molto contento
che mi dite che state bene e pure io sto bene. Ho ricevuto altri vostri scritti
ma ero in marcia e non ho potuto rispondere subito. Ma state certi che le
vostre lettere non vanno perse e mi fa piacere di sentirvi sovente. Ho ricevuto
anche da Felice e ho saputo che anche lui sta bene. Sentite, finalmente proprio
oggi sono arrivato nel posto vicino al fronte. Mi trovo in un bel posticino
lontano dal pericolo, anche se sento il rombo del cannone. Carlo Strumia si
trova a quattro chilometri da qui, è poco che ci siamo visti e anche lui sta
bene. Bravi, cari miei, avete fatto benissimo a ritirarmi per bene il mio tanto
desiderato vestito da borghese. Così spero che al mio ritorno potrò indossarlo.
Sono anche contento che padre fa il bravo e che anzi vi lascia un po’ di
granoturco. Eh sì,cara sorellina, sarei felice di essere lì vicino a te ,e ti
sopporterei anche se mi facessi ben disperare. Lo so che abbiamo passato dei
bei giorni insieme ascoltando quella bella radio e che pure per me è un gran
desiderio di esserti di nuovo vicino, cara Anna e miei cari. In ogni modo
finirà. Io sono contento ugualmente anche se sono qua, lontano da voi tutti ma
ben vicino con il cuore e fiero di essere in gradi di affrontare qualsiasi
ostacolo. Senti cara sorella,se aspetti me ad uccidere l’oco, poi viene un
po’ duro! Ma si mangia lo stesso.
Ti ringrazio delle Benedizioni che mi mandi, ti
ricompenserò poi al mio ritorno. Pure io sono del tuo parere, che quando si
riceve posta da voi tutto è più fiorito. Il mio unico dispiacere è che non
posso più avere nessun divertimento, qui non so neppure quando è festa! Non ho
neppure fatto gli auguri a Maria di Paesana non sapendo se in questi mesi era
il suo Onomastico.
Stai contenta cara sorella e non lacrimare e se vuoi
pregare fai bene. Sono pure contento dell’immagine della Madonna che mi hai
inviato, la custodisco! Scusatemi ancora cara Anna e cara mamma se vi scrivo un
po’ male, ma sapete che mi manca la sedia e il tavolino. Domani nuovamente vi
parlerò ma ora devo smettere perché già viene notte e debbo ancora andare a
prendermi un po’ di paglia per dormirci sopra.
Ciao a tutti dal vostro Sebastiano. Pure sono contento di
te cara mamma che mi ricordi Ciau.
Carissima sorellina Anna e pure a te cara mamma, dopo un mio lungo silenzio eccomi di nuovo a voi con notizie che la mia salute è sempre stata più che ottima e così pretendo e auguro a tutti voi. Sentite cara sorellina e mamma, è da tempo che era mio desiderio di parlare un pochettino con voi che siete miei primi fedeli, ma la colpa non è tutta mia e ora ve lo spiegherò. A causa di tutti questi passi che ho fatto per andare avanti ed ora pure mi trovo indietro e ho perso lo zainetto dove tenevo la carta per scrivervi. Ed è per questo che mi trovavo sprovvisto di lettere per scrivervi. E siccome oggi ho ricevuto da te, e comprendimi, non solo uno scritto ma bensì tre: una da te una da Felice e una da Maria di Paesana. Siccome mi trovo molto indietro dal fronte e questi vostri scritti prima di venire a me se ne vanno alla Batteria. Come ora vedi cara Anna che ho cambiato indirizzo e così ero privo di vostre buone notizie. Mi fa molto piacere saper che a casa tutto sta funzionando bene e vi voglio dire alcune cose che so vi faranno piacere. Di nuovo mi trovo in un bellissimo paesetto dove questa gente Russa è ancora molto di cuore.
E così già ci siamo sistemati e questo è importante. Il mio Comandante mi ha preso in grazia e quando gli ho detto che ero panettiere, lui si è interessato e mi ha fatto avere un forno in questo bel paese ed ora sono già 15 giorni che preparo il pane per i soldati. Faccio come mi pare ed è come essere a lavorare per conto mio, nessuno mi dice niente. Lavoro da solo e non ho mai trovato un posto così piacevole. Il mio grande desiderio sarebbe di essere con voi, ma credetemi per star bene non mi sono mai trovato meglio di qua. Queste donne mi portano uova e miele e lavorando sono al caldo. D’ora in avanti spero di poter ottenere qualche foglio e busta per potervi scrivere più sovente. Se volete inviarmi un pacco, fatemi avere anche dell’inchiostro stilografico e qualche busta. Sappiate che sto bene e fatemi avere vostre notizie. Grazie cara Anna per tutte le lettere che hai incluso, in due c’era foglio e busta in un’altra francobolli e una medaglietta. Anche Felice dice che si trova bene e mi ha detto che vi invia Lire 500. Anch’io appena ci sarà miglior comodità vi invierò qualcosa. Sentite miei cari, se non li adoperate metteteli da parte al sicuro, così quando torniamo potremo tutti insieme camminare a testa dritta e ce ne freghiamo di tutti quei parenti ignoranti ed imbecilli.
All’atto della dichiarazione di guerra contro
la Francia il gruppo al comando del magg. Mariano Rossini è costituito dal
reparto comando, batterie 10^ - 11^ - 12^ , reparto munizioni e viveri.
Terminate le ostilità venne trasferito in Carnia
in Val Chiarzò.
Nel dicembre 1940 è in Albania al comando del
ten.col. Rossini e con il 1° reggimento alpini viene assegnato alla 9^ Armata
per poi passare al XXVI °corpo d’armata del generale Nasci. Viene impiegato
frazionato alle dipendenze delle divisioni “Tridentina” e “Parma”. La 10^ e 11^
batteria sono disposte nella zona Ermej-Vidani sulle pendici di destra di Val
Tomorezza , la 12^ batteria sulle pendici del Bregu i Math.
Nel marzo 1941 unitamente alla “Cuneense”
lascia la Val Tomorezza e prende parte all’offensiva contro la
Jugoslavia.
Terminate le ostilità dal porto di Durazzo
rientra in Italia nel mese di maggio.
Merita la medaglia di Bronzo al VM allo
stendardo del 4° reggimento artiglieria alpina.
Alla vigilia della partenza per la campagna di
Russia, il gruppo è dislocato:
- Comando e 11^ batteria – Mondovì
- 10^ e 12^ batteria – Villanova Mondovì
- Reparto munizioni e viveri – Magliano Alpi
L’11 agosto 1942 durante
il trasferimento in ferrovia, in territorio ucraino, tra Minsk e Gomel, una
tradotta sulla quale viaggia l’11^ batteria viene attaccata dai partigiani
russi. Nella sparatoria vengono feriti il capitano Rodolfo Berti e il sottotenente
Aldo De Michelis i quali hanno il triste privilegio del battesimo di fuoco
della “Cuneense”.
Il
16 dicembre 1942 con un pezzo tratto da ciascuna batteria del
“Mondovì” viene costituita la batteria “Villanova” assegnata in appoggio al
battaglione alpini “Pieve di Teco”.
Il 17 gennaio 1943 inizia il ripiegamento .
Il
19 ,il gruppo assieme al 1° reggimento è in testa alla colonna della
“Cuneense”. Nel pomeriggio avviene l’incontro coi reparti della “Julia”
sistemati a difesa dopo che un successo iniziale al kolkhoz di Nowo
Postojalowka si era tramutato in ritirata a seguito dell’intervento dei carri
armati russi.
Viene deciso di attaccare le posizioni nemiche
col battaglione “Ceva” appoggiato dal gruppo “Mondovì”.
Il giorno 20 inizia l’attacco che si protrae per
tutta la giornata. Vengono impiegati altri battaglioni e gruppi d’artiglieria
ma il concentramento di forze nemiche non permette di forzare la posizione.
I pezzi continuano a far fuoco contro i carri
sino a che non vengono tutti distrutti. Cadono tutti i comandanti di batteria
del gruppo “Mondovi”, cap.Anton Filippo Donini e cap. Giuseppe Cassone
della 10^, cap. Silvio Sibona della 11^ e cap. Alessandro Calanchi della 12^.
Numerosi sono gli atti d’eroismo, il cap. Sibona
della 11^ , il ten. Giulio Siragusa e il serg.maggiore Michele Filippi
della 10^ batteria meriteranno la Medaglia d’oro al Valor Militare alla
memoria.
Gli
artiglieri ormai senza pezzi combattono assieme agli alpini come fucilieri.
Nella
notte i pochi superstiti riescono ad attraversare le linee nemiche ed a
ricongiungersi con i resti della “Cuneense” il giorno 22. Dopo altri
combattimenti saranno fatti prigionieri nei pressi di Nikonorowka il giorno 27
gennaio 1943.
Parte
del reparto munizioni e viveri s’accodò alla colonna della “Tridentina” uscendo
dalla sacca.
Nel marzo 1943 i superstiti sono rimpatriati.
Merita la medaglia d’Oro al VM allo stendardo
del 4° reggimento artiglieria alpina.
Mini racconta:
Mio padre, Felice, era un uomo semplice e di grande fede.
Sicuramente lo ammiravo per la sua
laboriosità e rettitudine ma già da
bambino mi sentivo diverso da lui. Quando nonno Bastian si tagliò due dita con
la “faussia”, avevo dodici anni, eravamo nel 1900 e lo adoravo.I cavalli erano
all’ombra del grande “mo” (gelso) dei Pralòt e ogni tanto nitrivano perché
infastiditi da qualche tafano. Seguivo il nonno a debita distanza per non
essere nel raggio d’azione della falce e raccoglievo le spighe che gli sfuggivano.
A dire il vero non erano molte, ma lui mi voleva vicino e il padre mi aveva
incaricato di seguirlo. Gli piaceva il vino e che fosse buono e non bruschèt o
vinot. Nella bota’d cossa marchiata BB,Borri Bastian, provvedeva lui stesso a
mettere il vino “dla bonza bona”(della botte buona) poiché sapeva che Felice
avrebbe messo quello del botalin ancora allungato con acqua . Con il mazzolino
di spighe osservavo orgoglioso quel gesto ampio e flessuoso che il nonno
compieva e accompagnavo il suo canto ascoltando la musica che produceva la
falce nel taglio e il mannello cadendo; lo gettava con precisione a formare Ra cheuv-(il covone). Quando
fermava per legarla, poiché non voleva fomre antorna(donne attorno), di solito
era compito delle donne legare i mannelli- èr giavéle, posava la falce e senza
smettere di cantare si allungava, prendeva il gorèt(rami di salice), legava con
quel nodo che mi aveva insegnato e riprendendo il ritmo mi sorrideva e o tacava
n’atra cansson(iniziava un altro canto). Aveva un ampio repertorio che io avevo
ormai appreso, ma se potevo gli facevo cantare “Moretto” o “Morettina”.Allorché
la faussia era da moré(affilare), altra fermata, bevuta , recupero d’ra co dal
coé-(contenitore appeso alla cintura dei pantaloni), e nuovo gesto con musicale
accompagnamento. Questo rapiva i miei occhi e le orecchie mentre nonno
Bastian con maestrìa molava la lama e la
rendeva lucente e tagliente. Lisciandosi i baffi mi porgeva la falce e mi
invitava a sfiorare la lama dicendomi “s’a lè caoda a lè pronta a esse
eizà.”(Se è calda è pronta a essere usata.) Sfioravo con cautela ……..e provavo
a falciare un pugno di spighe,poi, sapendo qual era il mio compito restituivo
l’attrezzo, soddisfatto di aver espletato er mè travaj.
Il rito del taglio del grano procedette in armonia fino a
che il nonno mi mandò dai cavalli. Fermò il lavoro e bevve un sorso a
“Garganela” si asciugò i baffi e mi ordinò:”Mini, và a bèjve là a l’ombra e
dajne ‘d cò ai cavaj”(Mini vai a bere all’ombra e danne anche ai cavalli)Tron e
Losn erano la nostra coppia di cavalli e sembrava avessero capito, nitrirono
all’unisono.
Abbeverati i cavalli bevvi anch’io a garganella e mi
sbrodolai, mi rivolsi ridendo verso il nonno e notai che si era fermato e aveva
raggiunto il bordo del campo, al ritorno presso di lui vidi che il fazzoletto
non era più annodato al collo bensì fasciava la mano sinistra. Osservai un
laghetto rosso , ma non di vino, vicino a una cheuv -covone , nonno aveva già
ripreso il lavoro. Al termine del solco si fermò e si sedette, cosa strana per
lui, mi guardò coi suoi occhi chiari ma duri e mettendo il dito indice vicino
al naso per intimarmi silenzio mi mostrò, in segreto, svolgendo il fazzoletto
insanguinato, la mano sinistra .Mancavano due dita, “l’èi sotraje là-li ho
sotterrati là” indicandomi il bordo del campo e continuò “l’on disinfétaje col
piss e col vin, la feuja ‘d lapass a férma èl sang-la foglia di lapazio ferma
il sangue. Mi diede da pulire il coltello da innesto che aveva usato a
eliminare la pelle e mi fece segno di falciare , come nulla fosse accaduto.
Riprese a cantare con voce forte, intonò “noi vogliam Dio”.La cantava nei
momenti in cui voleva ringraziare il Signore .
Prendendomi la giavela-mannello mi guardò sorridendo e
sussurrò” da ancheui noi soma i “Tre dì!(da oggi noi siamo i Tredì!
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