venerdì 8 marzo 2024

TESIO FALLETTO MARIA TREZZO TINELLA 1916

 

               




        MARIA 'D FALET

                                                                                       mamma Luigia Morra

                            papà Giuseppe    

        

                                                   fratello Secondino

 

                                       marito Carlin


                                     TORRE DI TREZZO TINELLA

                                    CROLLATA IL 15 MARZO 1969

Maria, cara amica della Maestra Laneri Revello Maria, nacque a Trezzo nella Località Don Vero il 30 sett. 1916 da mamma Luigia Morra (di Francesca e Luigi) e da papà Giuseppe. Fu storica ed eroica “Portalettere” del dopoguerra.

Già la Maestra Laneri mi disse di recarmi ad intervistare Maria ‘d Falett, ma gli anni trascorsero, Maestra Maria ci lasciò ed io rimasi con il desiderio di ascoltare i ricordi di Maria ‘d Falett! Un giorno parlando con l’amico Giovanni che è sempre in contatto con Maria gli chiesi come stava e dove si trovava. Lui disse che abitava da sola dove abitò con Carlin e che le avrei fatto piacere di passare a salutarla. Organizzò per telefono un incontro e mi accompagnò con la sua figliola Anna Maria.

Dopo che Giovanni mi ebbe presentato, Maria mi tenne per un po’ la mano tra le sue e dicendo di sedermi sospirò: “ah qualcosa da raccontarti ce l’ho!”

< Quando ebbi sei anni iniziai le scuole  a Trezzo Tinella e mi rivedo con i “socrèt” ad effettuare il percorso dalla cascina denominata Don Vero poiché fu di proprietà del prete e poi acquistata da mio padre. Ricordo le compagne/i con i quali mi accompagnavo nel tragitto e cioè i vicini Rina, Neta, Cesco ma particolarmente ero amica di Pinota ‘d Monpian e di Emma e Maria Revello sorelle di Filippo.

Furono anni piacevoli e spensierati quelli della scuola, anche se quando si tornava a casa occorreva andare al pascolo ed aiutare in famiglia. Era comunque un divertimento e poi c’era l’attesa del sabato quando dalle cascine vicine venivano a “cheuze” (cuocere il pane) nel nostro forno.


Arrivavano col carro o anche solo con la carriola con la pasta, e al seguito vi erano i bambini con i quali si giocava in attesa che il pane fosse cotto. Anche loro bambini aiutavano a riporre le pagnotte nelle “panere” (ceste col coperchio) e pregustavano le “corniele”(panini con la cognà), “i canestrèi”(biscotti),

galucio e bamboline(panini a forma di galletto o di bambola, che le nonne e le mamme preparavano per farli star buoni!

La “Marina” la nonna e la mamma preparavano le tome e le andavano a vendere al mercato di Alba, Anche io, come altre bambine imparammo l’arte di produrre le robiole e quando fummo più grandi avemmo l’incarico di portarle a vendere al Mercato. Fu una responsabilità, dice Maria, che ci aiutò a crescere! Con i soldi realizzati si passava a comprare un’etto di caffè e poco zucchero che doveva essere sufficienti per lungo tempo ed utilizzati solo per gli anziani e nelle occasioni importanti.

Mi viene in mente che a differenza della mia famiglia ve ne erano che non possedevano nulla se non tanti figli! Giaco, ad esempio, andò in America e lasciò moglie e figli nella miseria. Vivevano del lavoro della mamma che faceva la “manoera” ( manovale di campagna) e dell’aiuto dei vicini. Quando il padre tornò dall’America , lo chiamavano l’americano ma non aveva fatto grandi risorse.

LA GUERRA

La guerra fu veramente “na rovina” una rovina, ricordo che i giovani partivano per l’Africa, l’Albania la Grecia, la Yugoslavia la Russia dove c’erano i fronti di guerra e ricordo i miei coetanei ed amici che non tornarono.

 

Carlo Abrigo del ’14 affondò sulla Nave Puccini il 2 Dicembre del ’42, Luigi Aimasso del 18 non tornò dalla Russia e così pure Mario Aimasso del ’12, Badellino Pietro suo coscritto morto in prigionia ad Ak Bulak Russia,

Boffa Celestino del ’17 affondò sulla nave “Firenze” nel 1940 mentre lo portavano in Albania.

Carlo Cirio del 1922 caduto (Disperso in Russia

Culasso Pietro del ’14 anche lui disperso in Russia

Filippo Fenocchio del ’21 disperso in Russia

Gioachino Fenocchio del ’23 Partigiano ucciso dagli stessi Partigiani con Patetta Luigi del ‘24

Gaiotti Angelo del ’14 disperso in Russia

I due fratelli Montanaro Felice del 17 Morì in prigionia a Tambow e Giulio del ’19 fu dato Disperso

Pelazza Filippo del ’12 era di Cappelletto e come Teresio  del’17 furono Dispersi nel gelo della Russia.

Revello Bartolomeo del ’13 Caduto in Russia,

Francesco Revello di Giovanni del ’14 affondato sulla Nave Galilea nel 1942

Saltetti luigi del 1925 Partigiano fu ucciso a Frabosa nel ‘44

Scavino Maggiorino del ’19  morì in prigionia in Russia ad Ak Bulak il 4 02 ‘43

Tesio Secondino il fratello di Maria del 1919 fu ucciso il 5 gennaio ’44 a Trezzo

Varaldo Giuseppe del ’13 Disperso in Russia

Vegetabile Alfredo  del 1923 morì sul Fronte Serbo in Yugoslavia il 24 07 1944

Li ricordo tutti, anche perché dopo la guerra diventai Portalettere (Postina) di Trezzo e vissi le tragedie delle mamme e dei padri delle famiglie che attendevano notizie dei figli o che le avevano già ricevute e quando mi vedevano arrivare mi confidavano pene e dolori.

NAZIFASCISTI E MUTI SEMINARONO TERRORE

Quando i giovani  scelsero di unirsi ai gruppi Partigiani il pericolo e la paura aumentarono poiché molto sovente arrivavano i ”muti” e i nazifascisti a cercare i Partigiani e i giovani di leva. Arrivavano e con la scusa di cercare i Partigiani entravano in casa, buttavano tutto per aria e razziavano quel che trovavano: oro, lingeria, salami, vino. Ricordo che con la mamma e la “marina” nonna  andammo dietro casa e sotterrammo un baule con parte della biancheria e oro di casa!

Erano brutali e arroganti e guai se trovavano tracce di Partigiani, bruciavano la casa e deportavano giovani e anziani .

Mio fratello Secondino del 1919  faceva il mugnaio in paese e fu ucciso dai nazifascisti il 5 Gennaio del 1944.

TESIO SECONDO 1919 TREZZO TINELLA DI LUIGIA MORRA E GIUSEPPE

MUGNAIO

CIVILE

TREZZO TINELLA 5 GENNAIO 1944

Rigo Maggiorino del 1913 fu Ucciso dai nazifascisti pochi giorni dopo il 9 Gennaio 1944

                  
MANZONE GIUSEPPE               MEINARDI CARLO

 Manzone Giuseppe del ’21 figlio di Dionigi il Moriné fu deportato e morì in prigionia in Germania! Sua sorella Ines, la Maestra, andò a Torino e a Bolzano per cercare di farlo liberare, ma non ci fu nulla da fare.

Meinardi Carlo del ’22 morì in prigionia in Germania come anche Luigi Revello del ’13 morto in Prigionia in Germania nel Gennaio del ‘45

Prunotto Milcare  di Luigi del ’11 ( o 21 per l’Archivio dei Partigiani) , era Partigiano e fu ucciso a Mango(SanDonato) il 19 Novembre del ‘44

Alessandria Francesco 1908 morì in prigionia a Wasungen in Germania nel ‘45

Una volta i nazifascisti arrivarono e mi trovarono che stendevo delle camicie a quadrettini, erano dei partigiani ai quali sovente lavavamo del vestiario. Mentre questi erano in casa io andai in fondo al cortile dove avevo steso i panni e gettai nell’orto quelle camicie che si capiva bene erano di uomini giovani e non certo di mio padre o di donne! Se le avessero viste sarebbero stati guai seri. A Trezzo incendiarono un ciabot dove presumevano vi fossero stati i partigiani!

Una sera arrivò nel cortile un estraneo che col fucile spingeva un altro uomo che sembrava intontito. Chiese di passare la notte sulla “travà”(fienile). Noi donne, cioè  mamma, marina ed io acconsentimmo a patto che al mattino se ne andassero. Non dormimmo tutta la notte e attendemmo il giorno per vedere se i due se ne fossero andati. Non vedendoli scendere né sentendo alcun rumore, presi coraggio e saii la scala a pioli che conduceva al fienile e cercai di capire se c’erano ancora oppure no, provai a chiamare sottovoce e nessuno rispose. Quasi mi tranquillizzai pensando non ci fosse più nessuno e salii per vedere meglio,  mi spaventai allorchè scoprii che vi era nel fieno l’uomo che alla sera aveva il fucile! Era immobile, mi guardai intorno e non vidi né l’altro uomo né il fucile, e avvicinandomi vidi che l’uomo aveva un foro in fronte. Pensai subito al da farsi e scesi per parlarne con la mamma e la nonna. Era pericoloso lasciare il morto sul fienile poiché se lo avessero trovato i “muti” o i nazifascisti avrebbero fatto mille domande e chissà cosa sarebbe successo. Pensai di andare a chiedere aiuto a Gepin Fnoj il messo comunale(classe 1876) poi ricordandomi del nostro amico Partigiano Lino, mi recai dalla Fnoja e lo cercai. Lo chiamai in disparte e gli spiegai tutto. Immediatamente venne con me e ci tranquillizzò. Mi disse di andare in casa e di guardare che non arrivasse qualcuno. Feci come aveva detto e dopo un po’ tornò in casa a dirci che era tutto a posto. Per non metterci in pericolo non ci rivelò cosa ne aveva fatto di quel cadavere e ci consigliò di non dire nulla a nessuno.

PELAZZA  BARTOLOMEO 15/01/1920  TREZZO TINELLA (CUNEO) -

NICHELINO - IMPIEGATO 

ESERCITO Arma ARTIGLIERIA 

Nome di battaglia LINO 

Prima formazione FORM GARIBALDI Dal 08/10/1943 Al 30/03/1944

Seconda formazione FORM AUT Dal 31/03/1944 Al 15/12/1944

Grado conseguito VICE COM.TE BRG Dal 31/01/1945 Al 07/06/1945

Terza formazione 21° BRG MATTEOTTI Dal 16/12/1944 Al 07/06/1945

 


DA POSTINA ero accompagnata da Carlin in auto e portavo il sacco con la posta alla stazione di Neive. Ritiravo l'altro sacco e tornavo a Trezzo in Ufficio. Dividevo la posta e partivo con la borsa a tracolla.

Col bello e con il cattivo tempo percorrevo a piedi tutto il territorio di competenza. Arrivavo nelle cascine e scambiavo qualche parola con madri che ricevevano notizie dei loro figli non tornati dalla guerra , oppure le attendevano.  A volte dovevo consegnare dei " "mortori" , perché avevo imparato a conoscere le buste, e subito speravo di non trovare nessuno e poterla lasciare sulla finestra. Il pensiero mi accompagnava per tutto il percorso, poi quando entravo nel cortile preparavo le parole. Eh sì, a volte quelle lettere che non avrei voluto mai consegnare dovevo portarle a Madri o padri al lavoro nelle vigne o nei campi e così la fatica era doppia. Poi, quando c'era la neve, e ne veniva tanta! Mi toccava " (scianchera) procedere in 30/40 cm. di neve fresca facendo attenzione a non bagnare la posta. Una volta in una stradina in discesa sono scivolata ed ho dovuto fare la "sghiarola" tenendo alta la borsa per non fare entrare neve.Al fondo della strada avevo sedere e schiena bagnati ma la posta era salva. Sorrisi, mi rialzai e terminai il giro.



          


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