MARIA 'D FALET
mamma Luigia Morra
papà Giuseppe
marito Carlin
CROLLATA IL 15 MARZO 1969
Maria,
cara amica della Maestra Laneri Revello Maria, nacque a Trezzo nella Località
Don Vero il 30 sett. 1916 da mamma Luigia Morra (di Francesca e Luigi) e da
papà Giuseppe. Fu storica ed eroica “Portalettere” del dopoguerra.
Già
la Maestra Laneri mi disse di recarmi ad intervistare Maria ‘d Falett, ma gli
anni trascorsero, Maestra Maria ci lasciò ed io rimasi con il desiderio di
ascoltare i ricordi di Maria ‘d Falett! Un giorno parlando con l’amico Giovanni
che è sempre in contatto con Maria gli chiesi come stava e dove si trovava. Lui
disse che abitava da sola dove abitò con Carlin e che le avrei fatto piacere di
passare a salutarla. Organizzò per telefono un incontro e mi accompagnò con la
sua figliola Anna Maria.
Dopo
che Giovanni mi ebbe presentato, Maria mi tenne per un po’ la mano tra le sue e
dicendo di sedermi sospirò: “ah qualcosa da raccontarti ce l’ho!”
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Quando ebbi sei anni iniziai le scuole a
Trezzo Tinella e mi rivedo con i “socrèt” ad effettuare il percorso dalla
cascina denominata Don Vero poiché fu di proprietà del prete e poi acquistata
da mio padre. Ricordo le compagne/i con i quali mi accompagnavo nel tragitto e
cioè i vicini Rina, Neta, Cesco ma particolarmente ero amica di Pinota ‘d
Monpian e di Emma e Maria Revello sorelle di Filippo.
Furono anni piacevoli e spensierati quelli della scuola, anche se quando si tornava a casa occorreva andare al pascolo ed aiutare in famiglia. Era comunque un divertimento e poi c’era l’attesa del sabato quando dalle cascine vicine venivano a “cheuze” (cuocere il pane) nel nostro forno.
Arrivavano col carro o anche solo con la carriola con la pasta, e al seguito vi erano i bambini con i quali si giocava in attesa che il pane fosse cotto.
galucio e bamboline(panini a forma di galletto o di bambola, che le nonne e le mamme preparavano per farli star buoni!
La
“Marina” la nonna e la mamma preparavano le tome e le andavano a vendere al mercato
di Alba, Anche io, come altre bambine imparammo l’arte di produrre le robiole e
quando fummo più grandi avemmo l’incarico di portarle a vendere al Mercato. Fu
una responsabilità, dice Maria, che ci aiutò a crescere! Con i soldi realizzati
si passava a comprare un’etto di caffè e poco zucchero che doveva essere
sufficienti per lungo tempo ed utilizzati solo per gli anziani e nelle
occasioni importanti.
Mi
viene in mente che a differenza della mia famiglia ve ne erano che non
possedevano nulla se non tanti figli! Giaco, ad esempio, andò in America e
lasciò moglie e figli nella miseria. Vivevano del lavoro della mamma che faceva
la “manoera” ( manovale di campagna) e dell’aiuto dei vicini. Quando il padre
tornò dall’America , lo chiamavano l’americano ma non aveva fatto grandi
risorse.
LA
GUERRA
La
guerra fu veramente “na rovina” una rovina, ricordo che i giovani partivano per
l’Africa, l’Albania la Grecia, la Yugoslavia la Russia dove c’erano i fronti di
guerra e ricordo i miei coetanei ed amici che non tornarono.
Carlo
Abrigo del ’14 affondò sulla Nave Puccini il 2 Dicembre del ’42, Luigi Aimasso
del 18 non tornò dalla Russia e così pure Mario Aimasso del ’12, Badellino
Pietro suo coscritto morto in prigionia ad Ak Bulak Russia,
Boffa
Celestino del ’17 affondò sulla nave “Firenze” nel 1940 mentre lo portavano in
Albania.
Carlo
Cirio del 1922 caduto (Disperso in Russia
Culasso
Pietro del ’14 anche lui disperso in Russia
Filippo
Fenocchio del ’21 disperso in Russia
Gioachino
Fenocchio del ’23 Partigiano ucciso dagli stessi Partigiani con Patetta Luigi
del ‘24
Gaiotti
Angelo del ’14 disperso in Russia
I
due fratelli Montanaro Felice del 17 Morì in prigionia a Tambow e Giulio del
’19 fu dato Disperso
Pelazza
Filippo del ’12 era di Cappelletto e come Teresio del’17 furono Dispersi nel gelo della Russia.
Revello
Bartolomeo del ’13 Caduto in Russia,
Francesco
Revello di Giovanni del ’14 affondato sulla Nave Galilea nel 1942
Saltetti
luigi del 1925 Partigiano fu ucciso a Frabosa nel ‘44
Scavino
Maggiorino del ’19 morì in prigionia in
Russia ad Ak Bulak il 4 02 ‘43
Tesio
Secondino il fratello di Maria del 1919 fu ucciso il 5 gennaio ’44 a Trezzo
Varaldo
Giuseppe del ’13 Disperso in Russia
Vegetabile
Alfredo del 1923 morì sul Fronte Serbo
in Yugoslavia il 24 07 1944
Li
ricordo tutti, anche perché dopo la guerra diventai Portalettere (Postina) di
Trezzo e vissi le tragedie delle mamme e dei padri delle famiglie che
attendevano notizie dei figli o che le avevano già ricevute e quando mi
vedevano arrivare mi confidavano pene e dolori.
NAZIFASCISTI
E MUTI SEMINARONO TERRORE
Quando
i giovani scelsero di unirsi ai gruppi
Partigiani il pericolo e la paura aumentarono poiché molto sovente arrivavano i
”muti” e i nazifascisti a cercare i Partigiani e i giovani di leva. Arrivavano
e con la scusa di cercare i Partigiani entravano in casa, buttavano tutto per
aria e razziavano quel che trovavano: oro, lingeria, salami, vino. Ricordo che
con la mamma e la “marina” nonna andammo
dietro casa e sotterrammo un baule con parte della biancheria e oro di casa!
Erano
brutali e arroganti e guai se trovavano tracce di Partigiani, bruciavano la
casa e deportavano giovani e anziani .
Mio
fratello Secondino del 1919 faceva
il mugnaio in paese e fu ucciso dai nazifascisti il 5 Gennaio del 1944.
TESIO
SECONDO 1919 TREZZO TINELLA DI LUIGIA MORRA E GIUSEPPE
MUGNAIO
CIVILE
TREZZO
TINELLA 5 GENNAIO 1944
Rigo
Maggiorino del 1913 fu Ucciso dai nazifascisti pochi giorni dopo il 9 Gennaio
1944
MANZONE GIUSEPPE MEINARDI CARLO
Manzone Giuseppe del ’21 figlio di Dionigi il
Moriné fu deportato e morì in prigionia in Germania! Sua sorella Ines, la
Maestra, andò a Torino e a Bolzano per cercare di farlo liberare, ma non ci fu
nulla da fare.
Meinardi
Carlo del ’22 morì in prigionia in Germania come anche Luigi Revello del ’13
morto in Prigionia in Germania nel Gennaio del ‘45
Prunotto
Milcare di Luigi del ’11 ( o 21 per
l’Archivio dei Partigiani) , era Partigiano e fu ucciso a Mango(SanDonato) il
19 Novembre del ‘44
Alessandria
Francesco 1908 morì in prigionia a Wasungen in Germania nel ‘45
Una
volta i nazifascisti arrivarono e mi trovarono che stendevo delle camicie a
quadrettini, erano dei partigiani ai quali sovente lavavamo del vestiario.
Mentre questi erano in casa io andai in fondo al cortile dove avevo steso i
panni e gettai nell’orto quelle camicie che si capiva bene erano di uomini
giovani e non certo di mio padre o di donne! Se le avessero viste sarebbero
stati guai seri. A Trezzo incendiarono un ciabot dove presumevano vi fossero
stati i partigiani!
Una
sera arrivò nel cortile un estraneo che col fucile spingeva un altro uomo che
sembrava intontito. Chiese di passare la notte sulla “travà”(fienile). Noi
donne, cioè mamma, marina ed io
acconsentimmo a patto che al mattino se ne andassero. Non dormimmo tutta la
notte e attendemmo il giorno per vedere se i due se ne fossero andati. Non
vedendoli scendere né sentendo alcun rumore, presi coraggio e saii la scala a
pioli che conduceva al fienile e cercai di capire se c’erano ancora oppure no,
provai a chiamare sottovoce e nessuno rispose. Quasi mi tranquillizzai pensando
non ci fosse più nessuno e salii per vedere meglio, mi spaventai allorchè scoprii che vi era nel
fieno l’uomo che alla sera aveva il fucile! Era immobile, mi guardai intorno e
non vidi né l’altro uomo né il fucile, e avvicinandomi vidi che l’uomo aveva un
foro in fronte. Pensai subito al da farsi e scesi per parlarne con la mamma e
la nonna. Era pericoloso lasciare il morto sul fienile poiché se lo avessero
trovato i “muti” o i nazifascisti avrebbero fatto mille domande e chissà cosa
sarebbe successo. Pensai di andare a chiedere aiuto a Gepin Fnoj il messo
comunale(classe 1876) poi ricordandomi del nostro amico Partigiano Lino, mi recai
dalla Fnoja e lo cercai. Lo chiamai in disparte e gli spiegai tutto.
Immediatamente venne con me e ci tranquillizzò. Mi disse di andare in casa e di
guardare che non arrivasse qualcuno. Feci come aveva detto e dopo un po’ tornò
in casa a dirci che era tutto a posto. Per non metterci in pericolo non ci
rivelò cosa ne aveva fatto di quel cadavere e ci consigliò di non dire nulla a
nessuno.
PELAZZA BARTOLOMEO 15/01/1920
TREZZO TINELLA (CUNEO) -
NICHELINO - IMPIEGATO
ESERCITO Arma ARTIGLIERIA
Nome di battaglia LINO
Prima formazione FORM
GARIBALDI Dal 08/10/1943 Al 30/03/1944
Seconda formazione FORM
AUT Dal 31/03/1944 Al 15/12/1944
Grado conseguito VICE COM.TE
BRG Dal 31/01/1945 Al 07/06/1945
Terza formazione 21° BRG MATTEOTTI Dal 16/12/1944 Al 07/06/1945
Col bello e con il cattivo
tempo percorrevo a piedi tutto il territorio di competenza. Arrivavo nelle
cascine e scambiavo qualche parola con madri che ricevevano notizie dei loro
figli non tornati dalla guerra , oppure le attendevano. A volte dovevo consegnare dei "
"mortori" , perché avevo imparato a conoscere le buste, e subito
speravo di non trovare nessuno e poterla lasciare sulla finestra. Il pensiero
mi accompagnava per tutto il percorso, poi quando entravo nel cortile preparavo
le parole. Eh sì, a volte quelle lettere che non avrei voluto mai consegnare
dovevo portarle a Madri o padri al lavoro nelle vigne o nei campi e così la
fatica era doppia. Poi, quando c'era la neve, e ne veniva tanta! Mi toccava
" (scianchera) procedere in 30/40 cm. di neve fresca facendo attenzione a
non bagnare la posta. Una volta in una stradina in discesa sono scivolata ed ho
dovuto fare la "sghiarola" tenendo alta la borsa per non fare entrare
neve.Al fondo della strada avevo sedere e schiena bagnati ma la posta era
salva. Sorrisi, mi rialzai e terminai il giro.
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