venerdì 22 marzo 2024

SECCO ALFREDO BOSIA 1932

 







Mamma Giuseppina 1902 Papà Giacinto "Cento" 1900 





                   CAVALIERE del lavoro

ALFREDO SECCO

DI GIUSEPPINA SCAVINO 1902 e

DI GIACINTO DETTO “Cento”1900

 nato a Bosia nel 1932

Io nacqui a Bosia e a due anni mio padre e mamma si trasferirono a Lequio Berria.

Mio papà era figlio di Pasqualina Conterno di Sinio e Clemente Secco della Fornace San Micé di Arguello.

 

 

PAPÀ E MAMMA SPOSI

Quando si sposò, papà andò ad abitare per un po' in Cantabusso di Arguello. Rimasero poco e con i due o tre fratelli che erano ancora alla Fornace si trasferirono da mezzadri in località “Ciòrgn” a Bosia. Papà lavorava anche da falegname e dopo due o tre anni ci trasferimmo a Lequio in una sola camera dove in seguito stabilirono il Consorzio. Era nel cortile del “Mirinè” o Còrt èd Chin ed era situata proprio attaccata alla casa della famiglia del mugnaio Gepin Cavalot Papà di mia moglie, di Filippo e Angela mia cognata.

Ricordo che papà lavorava fuori e dentro dove si mangiava e dormiva. Acquistò poi la casa dove abbiamo vissuto fino a prima di venire a Tre Cunei, ma ricordo che si viveva in due sole camere, e quando morì mia mamma abitavamo solo due camere perché il resto della casa era da riparare! Mi ricordo come adesso che prima di andare a scuola andavo con mia sorella e fratello a prendere alla fontana del “Cherpo” due secchi d’acqua. Si andava con il “bazo” ( bastone sagomato per la spalla).

Al Cherpo(Carpino) c’era una sorgente e il lavatoio dove tutte le donne si recavano a lavare. Al mattino vi erano già sette o otto donne che lavavano al lavatoio. In particolare ricordo Beltrandi Amalia che aveva bottega di stoffe dopol a Canonica e poi si trasferì davanti alla Chiesa. Lei faceva la lavandaia per il Medico Cardone e per tante altre famiglie. Una lavoratrice infaticabile. Me la ricordo con lenzuola in spalla e bucato nella cesta che scendeva al lavatoio.

Amalia detta Maiina era la suocera di Dèrico storico Cantoniere di Albaretto Torre. Lei era anche addetta ad accendere le quattro stufe delle aule scolastiche. Quando noi arrivavamo a scuola le stufe erano già accese e ognuno di noi bambini portava una “leggna”( pezzo di legno ) che serviva a far fuoco per il giorno. Tutte le mattine noi si arrivava con la legna sotto il braccio.

AL TEMPO DELLA GUERRA

Dal 1940  quando avevo otto anni, al ’45 ebbi modo di vere e vivere tanti fatti che si sono fissati nella mia mente. Vi erano i repubblican prepotenti che entravano nelle case e derubavano la gente, i partigiani che prendevano vitelli e pollame e li facevano cuocere nel cortile di Chin, l’annonaria faceva portare il grano nella Chiesa di San Rocco e le famiglie dovevano arrangiarsi con il pane della tessera.

Ti racconto un fatto successo a mio fratello Guido.

Nel periodo di guerra ad Alba affidavano cavalli a famiglie di campagna. Anche noi ne prendemmo uno che serviva a Guido per andare a lavorare a San Micè col carro. Un giorno, dei partigiani ce lo presero e lo lasciarono legato ad un pino sul bricco sopra San Micé. Nella notte strappò la corda che lo teneva legato e andò a Serravalle Langhe dal capannone dell’”ammasso”. Era d’inverno e vi era un gran gelo. Una famiglia di mezzadri, lo vide e lo mise nella stalla. Mio fratello venne a saperlo e si recò a chiedere a quei contadini se gli restituivano il cavallo. Questi dissero che non lo davano a nessuno perché chiunque avrebbe potuto reclamarne il possesso. Allora mio fratello chiese se poteva vederlo per vedere che “gest” faceva il cavallo, questi acconsentì e appena il cavallo vide mio fratello iniziò a nitrire di gioia . Il mezzadro vedendo la reazione del cavallo disse a Guido che poteva prenderlo, era chiaro che lo aveva riconosciuto.

DUE REPUBBLICANI E I PARTIGIANI

I partigiani presero due fascisti e li condussero per la strada che va in “Campé” lì li obbligarono a scavarsi la fossa e a mettersi dentro nudi. Spararono e se ne andarono. Uno lo uccisero, l’altro si finse morto e dopo si alzò e si recò dal medico Cardone che lo curò e gli indicò la strada per Alba.

UCCISIONE DI GAVARINO JOSEPH

Il 29 giugno 44 al Vignasso uccisero il figlio del maestro Gavarino Felice, Noè Lorenzo, e due o tre partigiani.

 

IL 12 FEBBRAIO 1945

 dopo un lancio che i partigiani avevano recuperato il giorno prima, arrivarono i repubblican e uccisero la maestra Capello, ferirono la Maestra Casetta e uccisero ben 5 partigiani.

Il dottor Cardone venne da mio padre e gli chiese di preparare le casse per i deceduti della sparatoria.Mio padre con l’aiuto di Modesto, un uomo che abitava nei pressi prepararono le semplici casse. Tornarnarono i nazifascisti e si fermarono davanti al laboratorio di mio padre. Presero me, mia sorella, mio padre, Modesto, mio zio Ceco di Dogliani e una ragazza che passava casualmente ed era apprendista sarta, ci misero al muro e volevano fucilarci perché avevamo preparato le casse. Arrivò dalla strada di fianco alla Chiesa il Dott. Cardone che vedendo sti armati e noi contro il muro, cominciò ad urlare. Spiegò che era il medico ed aveva ordinato lui di preparare le casse e disse. < se volete uccidere me fate pure, ma lasciate stare quelle persone che hanno solo lavorato!>

Sentendo quello sospesero la fucilazione, ma se non fosse arrivato il medico ci avrebbero uccisi tutti.

 

IL DOTTOR CARDONE

Era un Medico di una volta! Estate ed inverno lui portava pantaloni alla “zuava” e stivali di cuoio. Si recava da tutti quelli che venivano a chiedere la sua opera e lo accompagnavano dai malati. Presso molte famiglie povere, la maggioranza, non faceva pagare nulla. Era anche molto abile come Ostetrico e ricordo che purtroppo la gente si affidava di più alle Ostetriche donne! Nell’anno in cui morì di parto mia madre un’ostetrica  non di Lequio, ne lasciò morire tre: una che abitava da “Cirill” una del “Zèch” e rà mama ‘d Secondina. Ricordo che si diceva che Cardone, una volta che lo chiamarono dopo che una Levatriz aveva “pastissà” commentò: < mi chiamate ora che è morta?>

CONDINA LEVATRIZ BRAVISSIMA!

Un’ottima Levatrice di Lequio che “portò tante maznà, fu Condina che abitava an Castèl. Era una donnetta proprio in gamba e dicevano fosse meglio di un’ostetrica.

Mio padre per tutta la vita non dimenticò la morte di parto di sua moglie. Quando mia moglie doveva partorire venne un’ostetrica e mio padre disse: < se fate ancora entrare un’ostetrica qui non mi vedete più. Capimmo cosa voleva dire e il suo tormento e mia moglie fu portata alla Casa di Cura di Alba.

ERCOLE FRATELLO SARTO

Mio fratello Ercole del 1937, quando morì la mamma, andò da una zia di Dogliani che faceva la sarta. Imparò da lei il mestiere e divenne un abile sarto. In seguito andò a lavorare in una sartoria di Bra e conobbe una ragazza, sartina anche lei che aveva già due sorelle in Francia. Si sposarono e si trasferirono in Francia. Si trovava bene là ma per la festa di Lequio veniva sempre al paese e faceva le vacanze fermandosi un mese. Un anno, proprio qui, non si sentì bene, fu ricoverato in ospedale dove gli fu diagnosticato un tumore. Si era ad agosto, tornò in Francia e a dicembre morì ancora giovane.

NONNA PASQUALINA E NONNO CLEMENTINO

SECCO CLEMENTE ARGUELLO  02 08 1869 ARGUELLO 28 08 1928

CONTERNO PASQUALINA SINIO 27 03 1875 

ALBA 06 06 1967

              La nonna andò avanti a 92 anni, aveva avuto ben tredici figli. Mi ricordo bene di zio Teresio, Ernesto, mio padrino Fredo, Mabil,Vito morto in prigionia. Come in un sogno rivedo zio Vito che era venuto quando morì mia mamma, poi partì per la guerra e non lo vedemmo più.

Nonno Clementin morì a 51 anni e gli zii raccontavano di quando avevano la fornace. Avevano tagliato tutti i pini e realizzato dei buchi come forni. Dicevano che quando loro non ci fossero più sarebbero cresciuti nuovamente tutti gli alberi e se tu guardi è proprio così. Tutto attorno sopra la cascina è tornata la pineta.

          MIO PADRE “CENTO”

Mio padre fu un grande lavoratore e padre di famiglia. Tutte le mattine si avviava a piedi e andava in Baria a procurare un fascio di legna che portava a casa in spalla. Quando fui più grande, gli dicevo di lasciar perdere di fare quella faticaccia Lui mi rispondeva che era meglio procurare legna!

Quando mia mamma morì, a Gennaio del 1940, io avevo 8 anni, mia sorella Iride 10. Era verso mezzanotte, Papá, chiese a Cico di portarci alla Fornace di Arguello dagli zii e dalla nonna Pasqualina . Cico incaricò il figlio  Stefano (quello del 1919 che non tornò dalla guerra). * Stevo prese il Birocc e cavallo e ci avviammo. Quando fummo a San Micé finimmo nel fosso con una ruota poiché c'erano circa 20 cm.  di neve. Tribolò un po' facendo manovre e poi riuscí a rimettere il calesse in strada e a portarci alla cascina Fornace.

* BUSCA MARCO STEFANO di FRANCESCO

LEQUIO BERRIA  8 12 1919

DIV. ALPINA JULIA 8° RGT

DECEDUTO SUL

FRONTE RUSSO 20 GENNAIO 1943

La Divisione Alpina Julia,il 25 settembre si schierò sul Don tra Kuvschin e Karawut.

L'11 dicembre per arginare lo sfondamento da parte di forze russe la Julia si trasferì a Ivanovka, Selenyj Jar, Novo Kalitva, Komaroff.

Dal 16.12 sostituì in linea la Vicenza, alle dipendenze del JI C.A. Mantenne la posizione sul Don impegnandosi dal 19 al 31 dicembre assieme a forze tedesche. Le perdite per fatti di guerra e per le proibitive condizioni meteo furono molto elevate-

 Il 14 gennaio 1943  un nuovo attacco russo provocò il 15 gennaio lo sfondamento del fronte e la Julia fu costretta a forzare gli sbarramenti sovietici per raggiungere le retrovie. Attraverso Solowiew, Novo Postojalowaka, Novo Georgievvskij, i reparti superstiti raggiunsero infine Valuiki.

 

 

 

LA BELTRANDA “ AMALIA BELTRANDI” MAINA

La " Beltranda" era una donna infaticabile. Quando noi arrivavamo a scuola con il Pezzo di legna sotto il braccio e gli zoccoli ai piedi, lei aveva già acceso la stufa in classe, ed era già andata a sciacquare qualche panno al lavatoio del "cherpo" carpino. Quando aveva la bottega era  sempre disponibilissima a procurare tutto ciò che serviva alle donne del paese e dintorni. Si faceva portare ogni cosa che le richiedevano da Alba con la Corriera e alle donne diceva di non  preoccuparsi per il pagamento.Avrebbero pagato poco alla volta quando avessero potuto. Alle donne che andavano in bottega offriva sempre un caffè, le caffettiere erano sempre pronte.

SIBONA CANTORE PER ATTIRARE CLIENTI AL BANCO DI FONSO VINCENTI

 

 

BARBA NANDO

 Quando avevo 15, 16 anni mio zio Nando el 1919( papá di Germano) era il mio mito. Aveva fatto la guerra D'Africa ed era Reduce della  prigionia.  Lui passava a prendermi e insieme si andava in piazza per essere assunti per dei lavori in campagna. Una volta dovemmo  sistemare il fieno di un campo su " na carà! Io timidamente gli dissi che non potevo farcela così mingherlino come ero! Ma lui sicuro di sè mi disse di non preoccuparmi! Mi fece salire sul carro e mi porse per bene con il tridente il fieno, in modo che io dovessi solo sistemarlo. Il carico venne benissimo e il padrone, quando lo vide fu stupito e si complimentò con me, anche se il merito era in buona parte di Zio Nando.

 

Con mio padre diventai abile nel costruire soffitti in legno. Papá fu un ottimo maestro. Andai un po' a lavorare da un falegname a Roddi, ma imparai nulla poiché lá si facevano solo "biron" per l'assemblaggio di sedie ,tavoli ed altro. A quel tempo venivano usati al posto dei chiodi. Il padrone mi diede una coperta e mi disse di andare a dormire sulla cascina del vicino, che almeno aveva del fieno, anziché dormire il laboratorio! Così feci, ma al termine della settimana, quando mi pagò e vidi che i soldi bastavano appena per pagare la pensione dove mangiavo, me ne andai. Un amico mi disse che ad Alba cercavano falegnami. Mi presentai e mi chiesero se ero capace a posare pavimenti a scacchiera. Non ne avevo mai fatti ma dissi di sì. Guardai come iniziava dal centro camera un anziano e mi misi all' opera.avrei   dovuto realizzarne due.Quando ebbi finito mi presentai dal titolare e gli dissi che avevo terminato e se poteva pagarmi. Questi mi disse: < e ti chi sati? E tu chi sei?> Subito mi preoccupai, poi vedendo il lavoro fatto, mi pagò e mi assunse.

 

FONSO VINCENTI: Fonso era un abile commerciante. Andava col camion a Torino e riusciva a recuperare i materiali più disparati: teli mimetici, coperte militari, pantaloni, camicie e poi portava a vendere ai mercati e alle fiere. Una volta fece un carico con uno stock di scatole di lucido da scarpe. Avevano solo un po' di ruggine e ci riuní affinché lo aiutassimo a ripulirle!  Per richiamare l'attenzione degli acquirenti aveva chiesto ad un suo amico, ottimo cantore, di intonare qualche brano per poi proporre il materiale in vendita!  Attorno al suo banco aveva sempre tanta gente e sul totale quasi tutti compravano!

 

CICO E ZITA CON FIGLIO STEFANO

Cico Busca faceva il trasportatore, aveva due mule e i buoi. Portava ad Alba i Cochètt con la mula poi passava a Ricca a caricare la botte di acqua salata. Io e il figlio Stefano, che si ammazzò in bicicletta alla Buffarola quando aveva circa 24 anni, gli andavamo incontro con i buoi per “tachéjè trèna”.

Stefano era il più “pazzo” di noi! Pensa che il nostro divertimento consisteva nell’effettuare la discesa di Gasola con un birocin . Lui teneva una barra e alcuni di noi stavamo al sedile e prendendo velocità e spostando il peso nostro si volava pericolosamente con lui appeso!

Dopo la guerra, quando avevo già 15 o 16 anni con Stefano che aveva un 122 venimmo in festa ad Arguello, eravamo una trentina e lui che andava come un pazzo in quella stradina da asfaltare!

Stefano si ammazzò in bicicletta nel 1955. Ricordo che aveano montato il ballo a palchetto qui a TreCunei dove ora vi è la casa di Remo. A quel tempo c’era una cascina e vi era un cortile.Ci si radunò lì,noi ragazzi e ragazze e forse si fece qualche gara, fatto sta che Stefano partì con la sua bici e quando fu ai Cavalot investì due persone dèr Fontane che facevano i “Cuzinè” (cucinieri) ferendoli , lui fu portato in ospedale ad Alba ma non ci fu nulla da fare. Gli realizzai una bara bianca!

Era un simpaticone e “maznaron” (ragazzaccio). Sul ballo a palchetto gettava della polverina che faceva “grattare” e poi si faceva delle gran risate a vedere le persone che avevano prurito.

Aveva un cane che gli ubbidiva in tutto.  Gli ordinava di andare a prendere la legna e questo partiva e tornava col pezzo di legno per la stufa.

FAMIGLIA DI LIPO

I miei suoceri Gepin Cavallotto e Margherita, ebbero otto figli, 5 ragazze e 3 maschi venivano da in Borine, e fecero i mugnai nel cortile di Chin. Io e mio fratello conoscemmo le nostre spose fin da piccoli e quando morì mia mamma mia moglie allora ragazza preparava da mangiare anche per tutti noi.

BALLI E FESTE DI UN TEMPO

Un tempo si facevano delle belle feste! Qui a Lequio si ballava da Pierin che avevano un salone, oppure io andavo a Benevello dove c’era un salone. Per la musica bastava una fisarmonica e a volte vi era anche un clarinetto e un saxofono.

I balli a palchetto “andavo a r’incant”(all’asta) e chi offriva di più al Comune, aveva diritto a mettere il ballo. Mio cognato Lipo lo mise per trent’anni il palchetto davanti al mulino. Lo affittava da Talin Gennaro di Borgomale. Si ballava con la corda fissata al palo di mezzo. Ricorso si prendevano otto biglietti. Lipo tirava la corda e noi dto il biglietto iniziavamo il ballo, quando lui terminava il giro prendeva un altro biglietto. A volte per amicizia lasciava correre, ma più di otto dieci balli non si effettuavano.

A quei tempi i soldi erano pochi e quando avevi 20 Lire in tasca per andare in festa era già tanto. Si andava anche a ballare a Cravanzana a  piedi neh. Si scendeva in Aure e si attraversava Belbo e salivi in paese. In festa o mangiavi “la mica”(sanguiss) o ballavi! Queste erano le alternative. Ricordo che quando non avevo più soldi si guardava ballare e se qualcuno ti chiedeva perché non ballavi dicevi: <n’eu pì nèn veuja!>(non ho più voglia!)

IL PILASTRO DEL FASCIO

Nel 1945 un gruppo di antifascisti tra i quali il fabbro Gioanin Cagnasso, padre di Romolo l’idraulico e  Michel Destefanis padre di Nino d’an Beria abbatterono il pilastro con il fascio che era sul Castello e lo fecero rotolare in strada tra urla di evviva della gente.

Il “fré” era uno intelligente, produceva le prime macchine per dare il verderame, aveva depositato il brevetto ed andava a venderle ad Alba.

Ai tempi del fascio ricordo che vi era un Podestà, tale Tappa che il sabato indossava la camicia nera e con altri in divisa marciavano da in piazza fino alla Madonna. Anche noi bambini, da Balilla e le ragazzine da piccole italiane sfilavamo. Eravamo obbligati. Mio suocero, Gepi Cavalott, non volle più indossare la camicia nera e prendere la tessera ma fu obbligato con maniere forti. Ricordo invece un altro fatto in cui questo Tappa che si mise a urlare “Duce, Duce!” e fu messo in un angolo non so più da chi e malmenato!

Un altro personaggio di Lequio fu il Maestro Gavarino che fu Sindaco dopo la guerra e che teneva comizi dopo la Messa della Domenica. Mi pare fosse Candidato per essere eletto al Consiglio Provinciale.

Segretario com. Casetta 

Sindaco Maestro Gavarino FELICE

                       Leva Coscritti 1932


 

IL PADRE DI “GILIO” IL MESSO

Ho conosciuto il padre di Gilio il Messo Comunale di Lequio Berria, era Capocantoniere della provincia e lo rivedo con due manovali sulla strada.

Avevano una cesta ciascuno e raccoglievano la ghiaia nei fossi, poi la mettevano nei buchi della strada. Se trovavano qualche buca più grande prendevano una pietra e la spaccavano con una martellina e riparavano la buca. Questo era il duro lavoro che svolgevano.

RÀ TRÈINA

Ricordo quando i contadini portavano l’uva dentro i’arbi( navazza)sul carro fino in paese poi Cico con i buoi “oi tacava trèina” attaccava i buoi fino da Gazola, da lì staccava i buoi e scendevano in Alba.

 

 

 CADUTI 29 GIUGNO 1944

GAVARINO JOSEPH DI FELICE CANELLI (AT/I) il 14/03/1913

Professione :MEDICO

Qualifica: CVL Unità: VI DIV LANGHE

LEQUIO BERRIA (CN/I) il 29/06/1944

 

GALLIZIA  BENEDETTO GIUSEPPE DI MARCELLO 

12/05/1907  COSSANO BELBO (CUNEO) -

MECCANICO CORPO AUTOMOBILISTICO Reparto 33° AUTOCENTRO
Nome di battaglia GILERA  CADUTO  FORM MAURI

2° DIV LANGHE Dal 18/12/1943 Al 29/06/1944

 Caduto il 29/06/1944  LEQUIO BERRIA  CADUTO IN COMBATTIMENTO

 

NOE' LORENZO DI LUIGI LEQUIO BERRIA (CN/I) il 31/08/1915

Contadino CVL Unità: VI DIV LANGHE

LEQUIO BERRIA (CN/I) il 29/06/1944

 

 CADUTI 12 FEBBRAIO 1945

 

CAPELLO LUCIA di PAOLO CERESOLE D'ALBA (CN/I) il 07/02/1902

Insegnante CVL X DIV LANGHE 21^ BRG G. ALESSANDRIA

LEQUIO BERRIA (CN/I) il 12/02/1945

 

CAPRA ATTILIO di GIOVANNI DIANO D'ALBA (CN/I) il 28/09/1923

Operaio CVL X DIV LANGHE 21^ BRG G. ALESSANDRIA

LEQUIO BERRIA (CN/I) il 12/02/1945

 

GIACOSA NATALE di LUIGI ALBA (CN/I) il 06/12/1925

Contadino CVL X DIV LANGHE 21^ BRG G. ALESSANDRIA

 LEQUIO BERRIA (CN/I) il 12/02/1945

 

MORANDO CELESTINO di GIOVANNI ALBA (CN/I) il 21/07/1917

Operaio CVL X DIV LANGHE 21^ BRG G. ALESSANDRIA CAPOCANTONIERE.

LEQUIO BERRIA (CN/I) il 12/02/1945

NEGRO MICHELE DI EDOARDO ALBA (CN/I) il 12/08/1926

Operaio CVL X DIV LANGHE 21^ BRG G. ALESSANDRIA

LEQUIO BERRIA (CN/I) il 12/02/1945

OSCHIRI CARLO DI EGIDIO PEZZOLO VALLE UZZONE (CN/I) il 14/01/1922

Contadino CVL X DIV LANGHE 21^ BRG G. ALESSANDRIA

LEQUIO BERRIA (CN/I) il 12/02/1945

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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