mercoledì 3 aprile 2024

SANDRI AMABILE BENEVELLO 1920



 

 



                                    

 

 

 

 

     TESTIMONE DELLA MEMORIA


 Il  nonno si chiamava “Loizin” Sandri ed  era il primogenito di quattro fratelli. La sua famiglia viveva nella borgata denominata “ Sandrin”di Benevello, quando si sposò comprò un “Ciabot” in Località “Erba fresca” e si trasferì con la sua famiglia.

Il  padre, Giuseppe detto Condo,  era del 1890 e partecipò alla Grande Guerra come gli altri suoi due fratelli.

Sotto le armi rimase sei o sette anni. Fu richiamato e combattè sul Carso raggiungendo per meriti e anzianità il grado di Sergente.

 Rientrò alcuni mesi prima dei fratelli che furono prigionieri. Rientrato conobbe (un’arditera) un’ereditiera, mia madre Ferrero Carmela), e si “sposò nella roba”. Mia mamma aveva perso il padre di 40 anni ed era la più grande con tre fratelli e sorelline piccole, aveva 18 anni. Avevano una discreta cascina in Località “Coste” e avevano bisogno per tirare avanti di un uomo per i lavori. Si sposarono e papà rimase per sette anni da mezzadro-proprietario con la famiglia della suocera. Intanto il nonno Sandri divise la proprietà tra tutti i figli e figlie e a mio padre toccò un po’ di terra e due camere dove siamo ora.       

                             


                                                              

 

ALL’ACNA DI CENGIO

 

Dopo la guerra, mio zio andò a lavorare presso la fabbrica di Sostanze chimiche di Cengio. Una volta disse a mio padre che se voleva avrebbe fatto assumere anche lui. Subito, mio padre, un po' deluso dal lavoro di campagna decise di provare. Si recò a Cengio e si rese conto che non sarebbe stata la scelta giusta. Vide gli operai che uscivano dalla fabbrica ed erano tutti "gialli" in viso, si respirava un'aria maleodorante e si convinse che non valeva la pena andare a morire per qualche soldo in più! Disse: reù pi car meure an mez ar ronze ma con aria bona!> preferisco morire in mezzo ai rovi ma  con aria buona!> E così continuò a fare un po' di muratore e lavoro in campagna. Anche mio zio dopo un po' di anni di lavoro a Cengio, se ne andò a Torino dove si comprò una casetta che non si godette molto perchè morì per un tumore, forse procurato da quei gas e porcherie respirate all' ACNA!

 

 

 

 

IL PINO DEL “PILON”


Il pino all’incrocio della frazione Catoni di Lequio Berria è sicuramente “secolare”. Io ero bambino e mio padre raccontava che gli successe un fatto strano! Nei pressi del pino vi era un campo che il padre andò a “lavoré” (arare con “ra rivolta”(aratro) ed essendo giunta la sera e non avendo terminato lasciò l’attrezzo nel campo. Al mattino ritornò e non trovò l’aratro, guardandosi attorno, alzò gli occhi e lo vide sopra quel pino che era già alto com’è ora!

Chissà se qualche “masca” o qualche umano avesse realizzato lo scherzo! Fu un lavorone districare il”voltin dal Pino!

Dove c’è il Pino è località “Pilon” ma nemmeno mio padre ricorda ci fosse un Pilone votivo nei pressi!



Anche in località “Croce”, non si sa perché fu messa la croce! Io chiedevo al nonno e al padre ma non sapevano darmi risposta. Quando tornai dalla prigionia trovai la Croce marcita e caduta. Decisi di costruirne una e feci il piedestallo che vi è tuttora.

Ho sempre pensato che certi “simboli” se sono stati messi ci sarà stato un motivo e mi piace Onorare la Memoria di chi li costruì.

 

 

 

LA SCUOLA DI “MATELOTTI”

La scuola fu costruita che io ero bambino e ricordo che andai ad aiutare. Parteciparono tante persone della zona. Quando andai a scuola, nella nuova costruzione venne una maestra di Somano: Prassede. Sposò poi Ghistin ‘d Chin di Lequio Berria, ricordato perché fu un “giocatore di carte” !

 

Maestra Prassede Paolazzo Somano 1914 Lequio Berria 2014 e il Partigiano “Luigi”


A quel tempo le scuole iniziavano ad Ottobre, eravamo del ‘44 in piena guerra civile. Noi maestre e maestri eravamo obbligati ad avere la tessera del “fascio” e a portare,cucito sul grembiule nero o sulla giacca la “M” . Per me era l’ iniziale di Maestra/o, ma per molti altri ricordava il capo del fascismo. Quel Mattino ero arrivata di buon’ ora alla scuola di San Frontiniano di Arguello dove avevo avuto Incarico di insegnante. Avevo un buon passo e non temevo di far brutti incontri poichè ero conosciuta da tutti come la fomna’d monsù Cagnass! Passando per il sentiero della Rombada arrivavo rapidamente al Lavatoio dèr noz(delle noci) dove vi erano gli orti dei Secco del Bricco, quindi salivo al Bricco dove vi erano i Partigiani e attraverso la strada scendevo al Grop. Incontravo i miei piccoli allievi e allieve del Bricco, della Cerrata e del Grop che pascolavano le pecore e mi salutavano festosi dicendomi: as voghima dop signora maestra! E io: non tardate e non fatevi mangiare il libro dalla pecora!. Loro ridevano divertiti. Avrebbero portato a casa le pecore e sarebbero venuti a scuola dopo il pascolo mattutino. Quando iniziarono ad arrivare, io avevo già preparato le lezioni diversificate sui loro quadernini neri poichè erano di diverse età,ed ero già uscita ad attenderli. Da sotto il gelso li vedevo spuntare dal sentiero del “Fossà” e li riconoscevo ormai tutti e 35 anche se erano pochi i giorni di scuola trascorsi insieme. Nel primo gruppo, notai, vi era uno più grande col fucile a tracolla. Attesi che si avvicinassero al bivio e riconobbi un mio ex allievo di Lequio Berria. Pensai venisse a salutarmi, invece lui scese per la strada del Belbo che passa tuttora nella frazione Arditao proprio sotto San Frontiniano. Chiesi a Carlo del Bricco ed ebbi conferma che era “Luigi” ‘d Panfron. Carlo mi disse che andava a massé un “fascista”! Dissi ai bambini di entrare e chiesi a Carlo di andare alla Lavagna come capoclasse poichè io dovevo parlare con Luigi . Imboccai rapidamente la “sternija che porta al bivio del Brichètt e giunsi dalle case d’Arditao proprio mentre arrivava Luigi. Con le mani sui fianchi lo apostrofai chiedendogli:

<Non si viene più a salutare la tua maestra?>

Lui impacciato: < Sarei passato dopo, ora ho un ordine da assolvere!>

ed io < euh là! I comandi te li dà solo il tuo cervello e comunque prima vengono i sentimenti del cuore!> Mi guardò con due occhi pieni di luce, compresi che aveva capito. Mi sorrise e mi chiese se poteva venire a salutare i miei scolari. Certo che si gli risposi, e ci avviammo per la strada da cui era venuto, risalimmo ar “foss” dopo che Luigi ebbe nascosto il “moschetto” nel Crotin ( Piccola Grotta ancora oggi visibile) . Nella vigna del “fossà” strizzò l’occhio a Dolfo che astutamente gli chiese: èti pèrdì èr moschètt? (hai perso il moschetto?)Procedendo nella capezzagna arrivammo dal Mo(gelso) e Luigi si sfogò raccontandomi che Gavarin gli aveva ordinato di andare ad ammazzare un fascista a Cravanzana. Mi confidò che non ne era troppo convinto ma il Capo voleva metterlo alla prova. Io lo ascoltai in silenzio e quando terminò : < Luigi hai fatto la cosa migliore, chi siamo noi per togliere la vita ad un nostro simile?>

Mi guardò e: < devo dire una cosa ai ragazzi del Brich!> intendeva Carlo, Mario ed altri a cui aveva confidato dell’incarico
avuto. 


Carlo Secco Arguello 1936 ci confermò il racconto della Maestra!

Gli feci segno di entrare e salimmo i tre scalini che portavano alla piccola aula. I bambini furono stupiti al vederlo e tutti lo conoscevano. Rivolto a Carlo: < ho deciso che non vado ad uccidere nessuno ed ora torno a dirlo al mio capo.! E se non mi vuole più nel gruppo partigiano vuol dire che mi nasconderò> così fece e mi risulta che continuò a militare con Gavarin fino al termine della guerra. Seppi che il capo gli affidò spesso incarichi da porta ordini e gli disse: <Bravo hai deciso con la tua testa e per questo sei da ammirare!> Gavarin stesso mi incontrò a Lequio e mi fermò: <Brava maestra! Luigi o ra amprendì pì da chila che dao so comandant! (Brava maestra, Luigi ha imparato più da lei che dal suo Comandante!> 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

Amabile: partii soldato quando non avevo ancora vent’anni, ebbi abbastanza fortuna poiché svolsi tre anni di servizio Militare relativamente vicino a casa. Fui inquadrato nella Guardia di Frontiera e svolsi Servizio nelle Caserme di Vinadio, Sant’Anna di Vinadio e Colle della Lombarda. Il Corpo della Guardia di Frontiera era chiamato “Ra Vidoa”(la vedova), poiché aveva la divisa degli Alpini ma col cappello senza Penna! Certo, non avere la penna degli Alpini mi dispiaceva un po’, poi tutto passò!

Con l’otto Settembre , data che segnò l’inizio dello “Sbandamento” tornai a casa e come per tanti giovani, fu l’inizio di un periodo di paure per i Rastrellamenti operati dai nazifascisti.

Quando si capiva che arrivavano i repubblichini o i nazisti, si scappava e ci si nascondeva nei boschi o in nascondigli predisposti.

 

Il tredici Febbraio 1945 io e Massimo ‘d Pascol

mio vicino di casa, che combinazione vuole sia qui oggi a confermare, avendo avuto notizia del rastrellamento in atto su tutte le Langhe, con altri 4 o 5 giovani , salimmo sul brich dell’”Erba Fresca” per avvistare i nazifascisti e poi fuggire a nasconderci, ma non si fece in tempo, fummo colti di sorpresa (“pèid saràm” (come salami).Ci facemmo catturare come degli sciocchi!) Avremmo potuto nasconderci, come avevano fatto altre volte, ma”èr dèstin !”(il destino ) volle che ci piombassero addosso . Non ci perquisirono neppure, intimarono di alzare le mani, di incolonnarsi e di seguirli. Io e Massimo assistemmo impotenti all’arresto di molti altri giovani e meno giovani, tra i quali vi furono anche gli amici e vicini Oreste Sandri e Giacinto Gallesio che furono poi uccisi sullo stradale per Benevello. Il triste “Corteo” fu fatto avanzare fin sulla strada affinchè facesse da “Copertura” e infatti appena da Benevello partirono i colpi di alcuni “Folaton” “sconsiderati” Partigiani, per rappresaglia uccisero Giacinto e Oreste che collaboravano come Staffette con i Partigiani.

Con molti altri ci fecero procedere a piedi, prima fino a Diano e poi fino a Bra dove vi era la Caserma dei  nazifascisti. Alcuni, dopo interrogatori e grazie all’intervento delle famiglie, furono rilasciati e poterono ritornare a casa, io fui caricato su di un camion e trasportato a Torino, da dove con delle tradotte fui trasferito in Germania. Dapprima fui in un campo di concentramento a Dresda in Sassonia quindi  finii a Chemnitz.


 I prigionieri erano assegnati a vari Arbeitskommandos (distaccamenti di lavoro) per essere impiegati in varie aziende o nelle fattorie della zona. Il campo fu liberato dalle forze americane nel marzo 1945.

Il campo era presso la Friedrich-August Kaserme a Dresda, e nel Lager ricordo che conobbi le “cimici” che fastidiosissime mi procurarono terribili pruriti e irritazioni anche dolorose. La permanenza in quel campo durò solo qualche giorno ma fu sufficiente a farmi comprendere che la prigionia non sarebbe stata per nulla divertente  

                            

Dopo le foto, il libretto di lavoro e il numero di matricola fui portato a lavorare in una grande officina militare  dove si riparavano gli automezzi militari.

Sul posto di lavoro vi erano i militari con fucile e il cane che ti controllavano e se sgarravi erano botte, ma se svolgevi i tuoi compiti non succedeva nulla.  Lavoravo ad una “fossa” ed ero sempre sotto agli automezzi, mi usciva solo la testa! In quella grande officina, vi erano prigionieri italiani, francesi, cecoslovacchi e di altre nazionalità, ero con un francese che mi faceva da interprete essendo da più tempo prigioniero. Il mangiare era poco e ci si arrangiava rubacchiando qualche patata nei campi. Nei primi mesi di “prigionia” ,  con i miei compagni, ero libero di uscire e girare per il paese( che era come Alba) e si andava nelle osterie dove si beveva una birra e si mangiava una patata lessa! E quindi si rientrava al dormitorio. Negli ultimi mesi neppure le trattorie funzionavano, per timore dei bombardamenti e perché non avevano nulla da somministrare. Nonostante si facesse la “fame” mi abituai e non sentivo neppure più l’esigenza di mangiare, e comunque il peso corporeo si ridusse di una quindicina di chili!

I tedeschi  ci davano per il sostentamento due panini di segala alla settimana e dall’Italia arrivavano per essere distribuite le sigarette Tre stelle e Africa. Ricevevo due pacchetti di sigarette al mese, ma non fumavo e così le vendevo ai francesi che mi davano un chilo di pane ogni otto sigarette. Per effettuare questo scambio, io e altri andavamo di sera a raccogliere “èr ciche”(i mozziconi di sigarette) così da averne per il “commercio”!


Chemnitz 3 Dicembre 
Cara famiglia dopo il nostro lungo silenzio rivengo mandandovi la nostra buona salute. Ci troviamo sempre insieme io e fratello Luigi e anche Torchio, spero in voi tutti ottima salute. Non ci sarebbe alro piacere di vedere un vostro scritto. appena riceverete se vi è possibile ci manderete un pacco dper vestirci. maglie, mutande e qualcosa da mangiare e fumare. Qua il clima è assai freddo e noi abbiamo niente.

TORCHIO GIOVANNI -04-1915 Borgomale Cuneo

Caporale 2 Rgt.Alpini

CATTURA Fronte Italiano Data cattura 09-09-1943

Data rientro26-06-1945

Liberato il 21 aprile 1945.

Stalag XI B/ZKZ E poi  Mauthausen

Stalag XI B

Fu un campo per prigionieri di guerra tedesco, situato nei pressi di Fallinbostel, nella Bassa Sassonia.

Alla fine del 1940 erano lì internati circa 40 mila militari.

Solo 2.500 di loro erano però alloggiati nel campo; la maggioranza era invece stata assegnata a vari Arbeitskommandos (distaccamenti di lavoro) e impiegati in varie attività produttive (aziende agricole e industrie) presenti nella zona.


Noi in fabbrica bollavamo la carolina all’entrata e all’uscita e al termine della settimana ci davano una piccola “paga”. Io ho portato a casa dei soldi tedeschi che ho conservato. 

 


I FRANCESI RICEVEVANO PACCHI DA CASA

Cosa mi dispiaceva era che mentre i prigionieri francesi, che erano già da un anno in prigionia, ricevevano pacchi con cibo e vestiario da casa, noi italiani non abbiamo mai ricevuto nulla, nonostante da casa dicessero di aver spedito!

Quando finì la guerra ci incamminammo per venire a casa e dopo aver chiesto la direzione percorremmo una decina di chilometri orientandoci con l’autostrada. Poi gli americani ci fermarono e ci portarono in un capannone che era stata una fabbrica di munizioni. Avevano portato fuori tutti i macchinari e realizzato dormitorio e refettorio. Ci davano da mangiare e a noi abituati a quel poco pane nero, sembrava incredibile ricevere quei bei panini bianchi. Rimanemmo là circa un mese. Eravamo liberi di uscire e noi si andava a cercare qualcosa da mangiare: patate, frutta. Gli americani ce ne davano, ma non ci bastava. Purtroppo eravamo in una zona al confine con l'Austria e coltivavano solo patate, orzo, Segala e poca verdura. Si era in tanti e successero anche fatti brutti. Un nostro amico di Torino più anziano perché richiamato un giorno andò in un orto a prendere dell' insalata e rimase fulminato perché il proprietario aveva messo la corrente elettrica per impedire che gli rubassero l'insalata! Con la rugiada il nostro amico che aveva anche famiglia, rimase ucciso. Fu penoso e noi lo portammo in Chiesa e poi al Cimitero. Un'altra volta andammo in 4 o 5 a mangiare ciliegie da alcuni alberi. Uno di noi salì  sull'albero e ci buttava giù le ciliegie, quando ad un certo punto arrivò il proprietario urlando in tedesco e con un grande bastone. Noi che eravamo sotto fuggimmo allontanandoci, ma il giovane sopra l'albero non riuscì e dovette attendere un bel po' prima di escogitare un sistema per fuggire. Attese il momento propizio e si gettò sull'uomo che cadde e non riuscì a colpire il nostro amico che più rapido scappò nonostante le urla del tedesco.

I DEABATE.               

La famiglia DeAbate, da Torino, nel periodo della guerra si trasferì a Benevello, erano antifascisti e due dei fratelli organizzarono una Banda di partigiani. Durante la guerra ebbero anche una sorella che morì colpita da un proiettile.

  


DEABATE ARGENTINA DI CRISTINA E LUIGI

BENEVELLO (CN/I) il 24/05/1929

Scolaro

BENEVELLO (CN/I) il 25/11/1944



DEABATE LUIGI 0/09/1924 ALBA (CUNEO)

Nome di battaglia AUGUSTO

PARTIGIANO COM 6° DIV GARIBALDI

FORM AUT Dal 01/10/1943 Al 01/01/1944

COM 6° DIV GAR Dal 02/01/1944 Al 07/06/1945

UFF.ADD. AL COM Dal 02/01/1944 Al 07/06/1945

Luogo di deportazione GERMANIA Dal 07/04/1944 Al 10/06/1945

ARRESTO/DEPORTAZIONE

 

DEABATE CARLO 05/03/1919 ALBA (CN) -

AERONAUTICA

1^AVIERE DI GOVERNO

Nome di battaglia CARLO DI BENEVELLO PARTIGIANO COM 2° DIV LANGHE

Prima formazione COM 2° DIV LANGHE Dal 22/05/1944 Al 08/05/1945

 CAPO SQUADRA Dal 22/05/1944 Al 08/05/1945

 

La loro squadra ebbe per un po' la base in una casa disabitata qui sopra di noi all'"Erba fresca" e li aiutammo dando loro da mangiare. Certo, non erano tanto ben visti dai contadini perchè qualcuno dei loro partigiani rubacchiava anche!

Al termine della guerra per andare a Torino alla sfilata del 25 Aprile presero un Birocin( calesse) e il cavallo. Pensammo di non rivederlo più e invece dopo qualche settimana ci riconsegnarono tutto. 

         


MASSIMO “ ‘d PASCOL”      Noi avevamo un cavallo che era una meraviglia, sarà stato 90 miria 900kg. Era una "macchina da lavoro" docile e ubbidiente era mai stanco.Mio padre svolgeva attività di trasporto per conto terzi e trasportava due volte a settimana carichi di legname fino a 200 Miria ad Alba.

Andava anche a falciare per altri con la macchina, una delle prime qui da noi, e aveva adattato l'attacco ad un stanga per i buoi a due per il cavallo e questo lavorava che era un piacere vederlo! Quando i Partigiani vennero a farsi prestare il cavallo, mio padre lo diede a malincuore perché era proprio affezionato e perché temeva di non rivederlo più! Ben, lo riportarono ma da 90 Miria sarà ancora stato 30 Miria! Il padre lo curò e nutrì ma non fu più come prima! Quando prendemmo il  cingolino , uno dei primi in zona, il papà non perdeva occasione per rimpiangere il suo cavallo. Una volta piovve tanto e non riuscimmo a portare il cingolo da lá sotto casa al portico e da ignoranti, invece di coprirlo mettemmo uno straccio nel tubo di scappamento e così si rovinò il motore! Non so quante volte il padre ci disse:< r'aissu vù Er mè caval r'avriu portaro a cá! Avessimo ancora avuto il mio cavallo saremmo riusciti a trainarlo a casa!>

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