martedì 16 aprile 2024

SOMENZI ELIA ANNICCO (CREMONA) 1928

 


ELIA SOMENZI -MEGHI MO- DONATO BOSCA – SINDACO GIGI FERRO 16 AGOSTO 2012

https://umanitanova.org/elia-somenzi/

 

ELIA SOMENZI 1928 ANNICCO (Cremona)

Ciao Elia Buon viaggio e Buona Luce!

Ti conobbi alla Canova di Neive il 16 agosto 2012, ti diedi un passaggio in auto per tornare ad Alba e durante il tragitto mi raccontasti alcuni fatti della tua gioventù che mi rimasero impressi e per quello mi proposi di venire ad ascoltarti con più tempo. Tu mi desti il N. di telefono ma mi anticipasti, con molta umiltà, che mi avevi raccontato già tutto. In effetti, ricordo che parlasti ininterrottamente, narrando e commentando e mi dispiacque di doverti lasciare in via P. Ferrero ad Alba, avrei ancora voluto ascoltarti. Mi annotai, subito alcuni nomi e parole della tua Testimonianza "fiume" e le tenni per trascrivere, eccole ora le posto in tuo Ricordo e so che ti faranno piacere. Ti chiedo scusa per non aver trovato il modo di riascoltarti e di non aver scritto prima di te. Ti prometto che per quanto mi sarà possibile racconterò la tua Storia sia su Face Book e nelle scuole dov'è porterò i miei "video testimonianze"

Il NONNO, MILANO, DON BUSSA, SUOR ANGELICA, IL PADRE CON IL CAMION, EBREI, GIUDEI, BAMBINI IN SVIZZERA, TREVIGLIO, BOTTE, DIFFICOLTÀ A PERDONARE!...............

Grazie Elia, non presenzierò al tuo Funerale, ma ti ricorderò insieme a tutti I PARTIGIANI CHE HO CONOSCIUTO. BEPPE

<Ho avuto modo di conoscere il fascismo nel 1933. Avevo 5 anni. Allora abitavo ad Annicco, in provincia di Cremona. Avevo uno zio che aveva un’officina per macchine agricole e un giorno ero in cortile che giocavo ed ho visto arrivare I carabinieri, che allora portavano il cappello col pennacchio. Sono entrati nell’officina e ne sono usciti con un giovane di 19/20 anni ammanettato.Quando sono andati via sono corso da mio nonno e gli ho chiesto cosa aveva fatto quel ragazzo, se aveva rubato, se aveva ucciso qualcuno e lui mi ha risposto;< no, vedi, quel ragazzo lì una sera era a ballare, in una “balera”, sono entrati due carabiieri e lui ha fatto questa battuta: diga un scapelot a chel cappellon lì”, ed è stato denunciato come pericoloso sovversivo, contro stato, governo contro tutto ed è stato portato all’isola di Ponza, in mezzo ad altri antifascisti. Allora mio nonno ha cominciato a raccontarmi cos’era il fascismo e cos’era successo in quegli anni. Poi nel ’34, ci siamo trasferiti a Milano perchè mio padre ERMANNO SOMENZI(convinto antifascista) era ispettore di tutte le filande di Veneto, Lombardia e Piemonte. A Milano , mio padre è stato contattato da Don Bussa, il prete dell’Oratorio del rione Isola, quartiere popolare, primo perchè Don Bussa cercava posti di lavoro per I ragazzi /e del quartiere e poi si è cominciato a parlare del problema ebraico. Più che ebrei li chiamavano giudei, tant’è che uscivano le prime caricature di questi personaggi grassi e con il naso adunco.. Io ho fatto la prima elementare metà a Milano e metà a Treviglio.In quei tempi si faceva prima ,seconda e terza con la Maestra e qurta e quinta con il Maestro. Un giorno ho sentito le Maestre che dicevano: < noi che insegnamo il fascismo ai nostri ragazzi e poi invece quando vanno in quarta e quinta tutti quei maestri lì che sono dei socialisti distruggono il nostro lavoro> A quell’epoca non davo peso a quelle cose , poi finita la quinta mi sono iscritto all’Avviamento Professionale, ne’38/’39, però tutte le mattine passavo a salutare la maestra che mi aveva aiutato ad inserirmi nella comunità trevigliese quando ci eravamo trasferiti. Una mattina passando, ho visto che non c’era più e mi hanno detto: < ..è molto malata, non guarirà mai più>. Ho capito poi perchè non è mai più guarita, aveva una malattia che si chiamava”Mauthausen”!.Due Prof. dell’avviamento , la Prof. di francese e il Prof. di Scienze, anche loro si “ammalarono” di quella malattia lì, e poi mi spiegarono che erano ebrei.Diversi compagni di scuola sono spariti anche lorro nei campi di concentramento. Quello che a me ha fatto specie è che dicevano che nessuno sapeva di queste cose. Non è vero che non sapevano, per me fingevano di non sapere perchè quando ha cominciato a partire la prima tradotta da Milano, dal famoso binario 21, e nelle stazioni, dai finestrini buttavano biglietti per comunivare la loro destinazione, tanti li raccoglievano, li leggevano e li gettavano via!. E con il passar del tempo la faccenda si ingrandì: proprieari di appartamenti che venivano mandati via e gli appartamenti divenivano proprietà dei fascisti, negozi I cui proprietari ebrei sparivano e poi diventavano proprietari I fascisti, e così si arricchivano! Così adagio adagio siamo arrivati al punto delle Leggi razziali!. i

IO A TREVIGLIO

Treviglio era punto di riferimento delle varie stazioni, Milano-Brescia-Venezia, Milano -Treviglio Cremona, Milano-Treviglio -Bergamo. Iniziarono ad arrivare tanti ragazzi, militari che scappavano. Io e dei miei amici abbiamo fatto il giro di Treviglio e abbiamo raccolto tanto vestiario da fornire ai militari in fuga, così quando sono arrivati I nazisti hanno trovato solo divise e I militari vestiti in borghese erano fuggiti attraverso le campagne.

Quando cominciavano a passare le prime tradotte noi procurammo di far saltare I binari e così questi vagoni carichi di ebrei o di soldati italiani venivano messi sui binari morti. Io avevo delle amiche, allora si diceva “la davano via” “prostitute o  escort” (nome d’arte bellissimo, perchè frequentano certi personaggi. Io ho detto a queste ragazze che noi le avremmo pagate se si portavano via le sentinelle, se le portavano in campagna.Loro mi risposero: “ voi rischiate la vita, noi lo facciamo gratis”. Poi ho capito perchè lo facevano gratis: uriacavano le sentinelle e rubavano loro tutto, portafogli, orologi , catenine! Erano super! Sovente I ferrovieri ci fornivano degli attrezzi e così noi riuscivamo a scardinare I portelloni. Era una cosa impressionante vedere cosa trasportavano: erano tutte persone in piedi, perchè non potevano sedersi tanto erano stipati.. gente già morta a terra, soprattutto bambini di pochi mesi di un anno o due. Queste persone non scendevano, ci davano I loro bambini e ci dicevanodi salvare almeno I loro piccoli.. Da lì abbiamo iniziato a organizzarci, con Don Bussa e con mio padre, per portare questi bambini in Svizzera. Allora a Treviglio vi era la”CASA DEI VECCHIONI”, CHE ADESSO è LA casa di riposo. Era gestta da Suor Angelica che ci aiutava a nascondere I bambini. Da lì, avendo mio padre il permesso di trasportare I cascami della seta, la seta e I bozzoli, con un camion col motore a fuococioè a legna, caricavamo le balle creando una specie di corridoio dove nascondevamo I bambini e in questo modo si faceva il percorso. Don Bussa aveva preparato una casa delle vacanze per I bambini dell’Isola Serina nelle Valli Bergamasche, così a volte li portavamo lì, oppure da Treviglio li portavamo nel quartiere dell’Isola dove vi erano tante persone che li accoglievano in casa in attesa di poter andare in Svizzera, Quando era il momento opporuno, si partiva da Milano e attraverso Varese si andava a Cadegliano. Qui vi era una signora che aveva lavorato in filanda a Lavena e non lavorando più faceva la contadina. Lei aveva preparato nel fienile, in mezzo alle balle di fieno, un corridoio con dei giacigli dove metteva a riposare I bambini in attesa di portarli in Svizzera.

Io avevo avuto la fortuna di conoscere tutti I sentieri della guerra del 15/18 che mi aveva mostrato un signore anziano che viveva dei prodotti del bosco, Attraversavamo questi camminamenti, e d’accordo con un capo dei contrabbandieri e con dei pescatori avevamo appreso quale era il punto in cui loro andavano in Svizzera.Inoltre questo uomo ci diceva quando era il momento di portare I bambini verso la frontiera. In quegli anni, fino alla fine della guerra, su tutto il confine c’era una rete metallica alta 5 metri con dei campanelli, e bastava toccarla per farla suonare e richiamare le pattuglie.. Questi collaboratori andavano verso Luino, facevano suonare I campanelli così le pattuglie correvano verso Luino, che era a dieci km. lasciando sguarnita la rete dove passavamo noi attraverso l’apertura che avevano preparato loro. Si spostava una specie di cespuglio enorme, e sotto era stato scavato. In quel punto, il fiume Tresa che sfocia nel lago di Lugano, non aveva più il “letto” normale ma si allargava in tutta la campagna, quindi era bassissimo e si poteva passare a piedi, anche con bambini piccoli. C’erano dei camminamenti interrotti in cui si facevano 4 o 5 km tutti sotto terra.Sopra si sentivano I cani delle pattuglie naziste e fasciste  , che captavano la presenza di persone, ma non capivano dove fosse l’ingresso. Era un inferno sentire quei cani abbaiare.

I PRIMI CONTATTI CON EBREI

I primi contatti con gli ebrei furono tramite mio padre che li conosceva nelle Filande e poi con I contatti che aveva Don Bussa a Milano. Don Bussa cominciò a portarli a Serina e noi li portavamo sopra Porta Ceresio e di lì a Serpiano. Da Serpiano vi furo casi in cui qualcuno per prendere soldi dai nazifascisti li portò indietro e li fece arrestare! Invece le famiglie di confine li accettavano e proteggevano.

La prima accoglienza era a Treviglio nel “Ricovero dei vecchioni”; poi un’ altro luogo di accoglienza era a all’Isola, quartiere molto solidale con case di ringhiera. Nell’Isola non poteva entrare nessuno. Quando arrestarono don Bussa e fu portato in caserma dalle brigate nere, tutto il quartiere si presentò davanti alla caserma, e tieni conto che allora l’Isola era il quartiere della malavita milanese. Andarono tutti con un fiore in mano. All’Isola avevano tutti paura ad entrare, carabinieri e fascisti non sono mai entrati. Io all’Isola avevo tanti amici ed era pericoloso avvicinarsi ai miei amici perchè chi veniva da me con brutte intenzioni veniva fatto fuori.

Don Bussa 

https://it.gariwo.net/giusti/shoah-e-nazismo/don-eugenio-bussa-106.html 

Anche I contrabbandieri ci aiutarono sempre, oltre a portarci roba da mangiare dalla Svizzera, ci insegnarono percorsi che non esistevano su nessuna carta. Anche I pescatori non so quante volte ci salvarono dai rastrellamenti coprendoci con delle reti e su grandi barche ci portavano in Svizzera.  

LA RAGAZZINA CON L’OMBRELLO

Una sera , ai primi di marzo del ’44, mentre tornavo dalla Svizzera, è scoppiato un temporale e allora mi sono fermato sotto il portico di una villa, quando a un certo punto è uscita una ragazzina con l’ombrello e mi ha fatto entrare in casa. C’era il camino acceso, mi sono asciugato e poi mi ha chiesto se volevo qualcosa da bere, mi ha portato un bicchiere di Martini bianco. Quel Martini lì è rimasto l’aperitivo di tutta la mia vita….

Poi sono arrivati I genitori, lei ha spiegato loro chi ero e cosa avevo fatto e mi dissero di fermarmi a dormire per la notte. Era una famiglia ebrea scappata da Ferrara, poichè in quella città avevano già ucciso o deportato tantissimi ebrei. Io dissi lo che li avrei portati in Svizzera, ma il ppadre mi rispose che preferiva rimanere lì poichè si sentiva al sicuro in quanto nessuno li conosceva. Periodicamente passavo a salutarli quando andavo in Svizzera.

Si era cominciato con l’aiutare gli ebrei, ma dopo portammo in svizzera anche molti italiani antifascisti, quelli che non si erano presentati al proclama di Graziani, che erano scappati dall’esercito, renitenti.

DENUNCIATO E PICCHIATO

Ai primi di Luglio 1944 fui denunciato, perchè erano usciti I volantini in cui si promettevano 5000 Lire a chi denunciava gli ebrei o chi li aiutava. Fui preso dalla x Mas, volevano sapere dove avevo nascosto I bambini, mi diedero un sacco di botte, poi mi consegnaronoin mano al federale delle brigate nere di Bergamo  Resmini, questi era amico di Tremaglia, nostro benemerito ministro, e lì nuovamente presi così tante botte che non auguro a nessuno. Fui messo in prigione in attesa di essere deportato in Germania e lì incontrai quattro Anarchici di Carrara anche loro in attesa di essere deportati.

Siccome vi erano solo due carabinieri di guardia, attendemmo il momento opportuno e riuscimmo a fuggire. Da Treviglio andammo verso Serina dove c’era la casa di Don Bussa, poi andammo su al mio paese e ci sistemammo là. In questo modo eravamo in contatto con mio padre e quando c’erano bambini da portare in Svizzera eravamo pronti! Avevamo formato questo piccolo gruppo convinti che quando il gruppo Partigiano si ingrandiva vi er sempre dentro la spia.

 

 

INIZIO DEL PARTIGIANATO

La nostra attività fu questa fino a fine luglio ’44, poi iniziò l’attività di Partigiano. Peridicamente ci spostavamo perchè I contrabbandieri ci avevano consigliato di non battere sempre lo stesso passo. Erano sempre loro che ci portavano prodotti dalla Svizzera zucchero, caffè, pesce secco ed altro per il nostro sostentamento.

Ci consigliarono di spostarci al Ponte di Turbigo, sulla sponda piemontese del lago Maggiore, e anche lì come al mio paese avemmo parecchi scontri con i nazifascisti perchè era una zona molto controllata in quanto confinante con la Svizzera.

Poi la guerra non finì il 25 Aprile, si combattè ancora e in qualche posto fino a fine maggio, perchè la Wehrmacht ha mollato subito tutto, le SS no. La  Wehrmacht ci chiedeva il permesso di passare e ci consegnava le armi. Le SS non volevano mollare, a Milano si è combattuto fino a metà maggio. Poi c’erano I fanatici, a cui Mussolini aveva detto “ ci troviamo in Valtellina per rifare l’Italia”. I miei amici di Carrara sono andati verso casa loro, ed io sono andato a Milano, dov’erano I miei amici e abbiamo combattuto ancora. 

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