sabato 29 marzo 2025

GIACHINO BIANCOTTO ELSA 1930 COAZZOLO

                       GIACHINO BIANCOTTO MAESTRA ELSA


Nipote Gregorio Biancotto e Nonna Elsa

                       alla Canova di Neive

 


 Sindaco di Neive Ing.Gigi Ferro e la sua Maestra Elsa

 

 

GIACHINO BIANCOTTO ELSA COAZZOLO 1930

 

RICORDI

Abitavamo in nove nella casa della Osteria di Coazzolo, la nostra aia confinava con la casetta di tre piani del fornaio che erano in 7 in famiglia. Loro avevano solo il diritto di passaggio per accedere al “Gabinetto” che consisteva in una vasca con “na rairola per tenda”(un telo di juta come tenda) e veniva svuotata d’inverno. Si correva con un pezzo di carta o a volte con una foglia!!

 

Spojé ra mejra!

“se spoiava ra meira “(Si toglievano le foglie alle pannocchie di granoturco) e partecipavamo tutti. Era una festa! Le donne mettevano le pannocchie nel “faodarèt”grembiulino, gli uomini la lanciavano direttamente dentro l’arbi”(navazza) che poi lavato adeguatamente con acqua bollente e foglie di alloro di pesco ecc. avrebbe ospitato le uve che venivano

pigiate con i piedi.

 

 

                                 Maiolin Rivetti e nuora Ingrid

                                     FOTO MARCO RIVETTI

 

 

LA PULITURA DELLA MELIGA

Dopo aver pulita bene l’aia , mio papà la foderava con una melma di acqua e” Busa” (sterco di di mucca) Una volta essicata si provvedeva a rovesciare la meliga in grani , veniva scopata tutta in un mucchio e gli uomini con le pale o il Val (vaglio) di legno la lanciavano dall’altra parte dell’aia così si separava dalle briciole(pula).Questa serviva a preparare la “bèrnà” il “pastone” agli animali.

 

RICORDO DELLE SUORE

https://youtu.be/xBpAX5J1n0Q

 

Qui a Coazzolo abbiamo avuto la fortuna di avere una Signorina possidente che mise a disposizione la sua casa per fondare un asilo. La Congregazione delle suore del Cottolengo inviarono la Superiora che era Infermiera, Sr Lucia Maestra d’Asilo, Sr Beatrice era ricamatrice, Sr Margherita suonava molto bene il pianoforte e ci insegnava i canti di Natale e un’inserviente abile cuoca che ci preparava degli ottimi minestroni che emanavano un profumo meraviglioso di verdure ed erbe aromatiche. Questo Asilo fu frequentato da bambini che avevano già dieci anni più di me e poi funzionò ancora anni dopo di me finchè due Suorine morirono e furono sepolte nel nostro Cimitero. Una Suora fu richiamata alla casa Madre poiché anziana, ma dissero che piangeva perché non si adattava a non avere più i bimbi ai quali donare il suo servizio. Ricordo ancora le sue lezioncine: chiese a noi bimbe e bimbi: <perché la gallina canta?> e solo un bambino rispose. < perché ha fatto l’uovo!> e fu applaudito.

A Coazzolo funzionò a lungo la scuola con cinque classi e una cinquantina di allievi. Venivano tre Maestre. La Nappo che risiedeva a Mango, la Masengo di Castagnole Lanze e la Maestra Morone del ”Romanin”. Tutte ottime insegnanti e la Morone oltre ad insegnare a leggere e a scrivere insegnava “per la vita”. Sapeva infondere valori importanti che rimanevano impressi. L’esame di quinta si andava a sostenerlo a Castagnole Alto.

 

Dopo la materna e le elementari, mio fratello ,mia sorella ed io andammo a frequentare l’avviamento a Castagnole alto. Si andò per due anni a piedi ma fu un’esperienza bellissima. Per noi ragazze ci fu l’insegnamento di attività manuali importantissime quali . Cucito a mano e con la macchina, rammendo, rattoppo, ricamo. La nostra insegnante fu la Professoressa Garabello che ricordo sempre nelle Preghiere perche le sono veramente riconoscente per quanto mi insegnò.

Per i maschi vi era un signore anziano che insegnava “ agricoltura”: cioè a zappare a coltivare le viti cioè a innestare, a potare e tutte le altre attività inerenti.

Per i maschi quelle conoscenze erano già più naturali perché avevano i padri agricoltori, ma per noi quelle attività apprese furono determinanti per la vita. Le nostre mamme contadine non avevano tempo per apprendere e poi trasmetterci quelle attività. Dal mattino presto a sera tardi avevano lavoro con gli animali mucche, pecore, galline, conigli l’accensione delle stufe, il bucato, l’allevamento dei bachi da seta ed eran capaci solo a Taconé le lenzuola di canapa o i sacchi di juta e ancora lavori in campagna come supporto agli uomini. Non avevano tempo da dedicare alla crescita ed educazione dei figli. Mamma aveva frequentato la Sesta classe, ma la la maggior parte delle sue coetanee avevano frequentato la terza, se non addirittura erano analfabete come il mio papà.

 

 

 

                                    LA FILASTROCCA DELLA SETTIMANA      

                                   https://youtu.be/qSJWqUT67KQ      

                  

 


Insegnai a Santa Libera di Santo Stefano Belbo e andavo a piedi da Coazzolo. Fui in Pensione dalla famiglia Arfinengo. La mamma di Mario era una carissima amica e venne ancora a trovarmi quando abitai a Neive nell’alloggio della Maestra Molino. Quando ero da loro aveva il bimbo più piccolo che non andava a scuola e lei gli raccontava delle filastrocche che aveva imparato a sua volta da bambina. Io la ascoltavo e una la ricordo ancora.

lunedi piccin piccino

martedi un po’ più grandino

mercoledì succhiava il dito

giovedi ne fu pentito

venerdi mostrò il dentino

sabato le scarpette si allacciò

e domenica viaggiò

 

 

1951 INSEGNANTE A MATELOTTI di LEQUIO BERRIA

 

Insegnai alla scuola di Matelotti che era tra Benevello Lequio e Tre Cunei. Mi fermavo tutta la settimana poiché avevo lezione al mattino e al pomeriggio. La scuola era in una cascina. Sotto vi era la stalla con buoi e mucche e sopra con un divisore in legno la mia unica camera con letto e cucina e la grande aula che ospitava ben quarantadue scolari.Insegnai negli anni 1951/52 e non vi era ancora la corrente elettrica. La cascina era dei Carbone, famiglia che stava già bene, macellavano il maiale e mangiavano bene. Invece ricordo tante famiglie che mandavano i figli e alla pausa pranzo mangiavano “Pan e Noz” pane e noci. Dopo qualche anno che ero venuta via, costruirono una bella piccola scuola poiché il numero dei frequentanti era stabile. Venivano dalle cascine situate nei boschi attorno a Tre Cunei, Lequio e Benevello e ricordo portavano ognuno un pezzo di legno. La stufa era sempre accesa e ce n’era sempre in abbondanza, al punto che portai a casa della legna! Un altro particolare che ricordo è che quei ragazzi mi portavano i lavori che facevano alla sera nelle stalle, poiché non essendoci la luce avevano tanto tempo e realizzavano degli attrezzi in miniatura che mi lasciarono. Erano piccoli “scagnèt, sedioline , tavoli, panchette, erano proprio degli artisti.

 

 

 

                     1953 INSEGNANTE A GILBA

                      

 Michelino Fenocchio e Guido Biancotto



 La prima volta mi portò Guido con la Giardinetta che utilizzava per il suo lavoro di commerciante di vino. Mi portò il materasso poiché venivo a casa solo a Pasqua e Natale. Per andare a Gilba partivo a piedi da Coazzolo e venivo a Neive a prendere il treno per Alba, cambiavo e andavo a Saluzzo, da lì in pullman fino a Brossasco e da lì con un’ora e mezzo di mulattiera, a piedi raggiungevo Gilba.

A Gilba eravamo ben tre insegnanti: una a Gilba Chiesa dove vi era il Negozio la luce prodotta da una centralina ed il telefono, a Gilba Lantermini vi era una collega che aveva cinque classi, e a Gilba Bianchi vi erano ben due insegnanti. Io ero a Chiesa con Zita Prunotto, poi vi era Gilda Fissore di Bra Rina Cavallo di Alba figlia del Cartolaio che era dietro al Duomo e l’aveva rilevata dall’ebreo Vertamin. Ricordo bene quella Cartoleria poiché quando frequentavo scuola ad Alba, avendo la zia che abitava nei paraggi, mi servivo di quaderni e penne e pennini.

Quando fui in pensione tornai con Peppino ‘d Bastianin e sua moglie a vedere Gilba e vidi  già lo spopolamento. Non vi era più nessuno solo case e ciabòt vuoti. I montagnin costruivano tanti ricoveri in pietra per quando erano al pascolo oppure al lavoro. Neppure alla borgata Chiesa non vi era più nessuno. Già in quell’anno che io ero su il Prete si “spretò” e sposò una maestra e qundi se ne andò  e la curia non ne mise un altro. Pur con tanta neve i bambini venivano ugualmente a scuola. Noi maestre il giovedì, giorno di vacanza ne approfittavamo per fare bucato e mettere all’aperto coperte e lenzuola, ma ci incontravamo anche con le colleghe di “Lanternino e Bianchi. Eravamo in sei proprio affiatate e vivevamo con gioia quel nostro Esilio. I nostri alloggi erano rudimentali, poiché avevamo camere con i pavimenti di assi di legno con delle feritoie che lasciavano trasparire le “coibentazioni” realizzate con paglia e malta e che ospitavano famiglie di Ratin che squittivano ed a volte venivano a trovarci!Tuttavia noi eravamo felici e solo quando scendevamo per le vacanze di Natale e Pasqua ci rendevamo conto che eravamo in un “altro mondo” dove il tempo era scandito da tanta neve, lavoro e incontri nelle stalle.


Quando nell’autunno 1953 presi la “licenza Matrimoniale” che agganciai alle vacanze di Natale per non farmi sostituire troppo dalle colleghe, sul pullman da Brossasco incontrai un Tenente degli Alpini che mi chiese da dove arrivavo. Io gli spiegai che insegnavo a Gilba e lui si informò se si poteva andare in auto. Dicendo una bugia affermai che si andava comodamente, e lui che si informava per condurre i suoi Soldati per un Campo  mi prese in parola ed in Primavera lo organizzò. Senonchè quando furono sopra Brossasco scoprirono che avrebbero dovuto lasciare le Camionette e procedere per un’ora e mezza a piedi con le attrezzature in spalla. Tuttavia quando ripresi servizio trovai colleghe ragazzi e borghigiani che mi ringraziavano per aver pubblicizzato il territorio ed aver rallegrato la vita di Gilba con tutti quei soldati. Erano venuti a sistemare le loro tende ed avevano festeggiato e reso meno monotono lo scorrere del tempo in alta montagna. Alla sera ci si riuniva e si mangiava beveva e cantava! Io temevo solo di incontrare quel Tenente al quale avevo raccontato una frottola! L’incontro avvenne anni dopo a Pietraporzio quando andai con mio marito Guido che era di Aisone. Mi riconobbe e simpaticamente mi disse che lo avevo “fregato” raccontandogli di un buon accesso a Gilba. Tuttavia si rise ricordando che in fondo era stata una bella esperienza.

 In seguito insegnai con Don Taliano a Cappelletto di Trezzo Tinella, dove contadini venivano continuamente a chiedergli consigli per delle questioni e delle liti. Lui sempre disponibile collaborava per fungere da pacere e rasserenare gli animi.

Ho un bel ricordo dei preti e delle Suore che ho incontrato e che sono state degli importanti riferimenti educativi per famiglie ed anche per me.

 

                              I PARTIGIANI


I Partigiani che ho conosciuto erano giovani belli, allegri, avevano circa vent’anni o poco più. Vi erano parecchie formazioni. Badogliani, Garibaldini, Stella rossa, Giustizia e Libertà ed altre ancora. Nelle nostre zone dipendevano dai comandanti Mauri e Poli. Io ricordo la Formazione del Comandante Romano Scagliola “Diaz” della quale facevano parte per lo più giovani della zona di Neive, Bricco, Coazzolo, tra i quali vi era mio fratello Marien ”Tito”, i fratelli Rosso, Valerio Boella detto “Walter” che fu ucciso dai nazifascisti. Walter era nipote di Giovanni che fece costruire questo Sacello per Memoria delle generazioni future. Ricordo Luigi Bindello Partigiano Pitros che venne trucidato dai nazifascisti a Benevello., Giovanni Negro che ancora oggi è rappresentante dei Partigiani e nonno di Viola che voi conoscete. Erano tutti giovanotti che provenivano dalle colline di Canova, Calolglio, Bevioni e da altre zone.

 

Nella nostra casa vi era la formazione di partigiani albesi comandata da Bleck e Tarzan, mentre in una casa disabitata poco distante stanziava una formazione di tutti meridionali al comando di Franco Geraci.

 

GERACI LIBORIO  ANTONIO FRANCO 

24/12/1919  VICARI (PALERMO) -

UFFICIALE dell’ESERCITO  FANTERIA Reparto 7° RGT DIV PUSTERIA ALPINI

Grado conseguito SOTTOTEN.SPE Località GRECIA, ALBANIA 

RepartoRSI FANTERIA Grado conseguito  Dal 03/01/1944 Al 06/03/1944

Nome di battaglia FRANCO   2° DIV LANGHE 6° BRG BELBO

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                   

         GIACHINO  MARIO COAZZOLO 21/03/1924

           CONTADINO - MARINAIO a  POLA

                   Nome di battaglia TITO

         PARTIGIANO  Dal 15/02/1944 Al 07/06/1945

 


 

5/5/2019 Ivo Biancotto: Buongiorno Professore. Sono Ivo Biancotto. Mi ha dato il suo numero il nostro comune amico Mauro Versio, che vuole le mandi un mio discorso per il 25 aprile.

Ivo Biancotto: Avevo tredici anni ed ero ospite di mio zio Marien nome di battaglia Tito nella cascina di Rio Freddo. La sera si guardava la TV ancora in bianconero. Ad un certo punto in una tribuna politica comparve il faccione baffuto di Giorgio Almirante. Mio zio allora si alzò e andò nella stalla. Mia zia Rosa scuotendo la testa commento' : " Quando vede quella brutta faccia lì, si ricorda di avere lavoro nella stalla". Seguii lo zio nella stalla e gli chiesi perché. Mi rispose solo "Ha fatto del male a dei miei amici". Ero un ragazzino tredicenne, avevo appena finito di leggere i ventitré giorni della città di Alba ed ero intriso ancora dell'epopea fenogliana. Guardai il viso scarno dello zio e gli domandai: " Ma zio perché dopo la guerra non li avete uccisi tutti?". Mio zio non rispose e salì le scale per andare a dormire. La mattina dopo si faceva colazione insieme, le grosse tazze di latte con i wamar sulla linda tovaglia a scacchi rossi e bianchi. Mio zio mi guardò a lungo e poi si decise a darmi finalmente la risposta della sera prima.

" Sai, era quello che avrebbero fatto loro ... ".

La peggiore cosa che può farti il nemico è farti diventare come lui.Buon 25 Aprile

SINDACO IVO BIANCOTTO E SINDACO BALARELLO


ALLA CANOVA DI NEIVE

 

 

                          Giachino Marien "Tito"

 






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