mercoledì 12 marzo 2025

PLATEROTI BELTRANDI TERESA

 





 

PLATEROTI TERESA BELTRANDI

Nata a Delianuova (Reggio Calabria)  nell’Aspromonte nel 1951.

    

 La mia famiglia era composta di m
amma 1921, papà 1919 e sette fratelli. Ho conosciuto il nonno materno Paolo Chirico che fu CAVALIERE di Vittorio Veneto reduce ferito della guerra 1915/18.

A noi bambini mostrava il foro della pallottola che lo aveva colpito al ginocchio.

Andai poco a scuola  perché dovevo aiutare in famiglia, ad accudire i fratelli più piccoli e ad aiutare nella raccolta delle olive, dei pomodori e nella preparazione della salsa. Mi viene da ridere perché mamma mi mandava a scuola soltanto quando venivano consegnate le scarpe! C’era l’usanza di offrire le scarpe agli allievi che frequentavano la scuola, e la maestra si arrabbiava perché diceva che ero andata poco. Mamma spiegava che dovevo aiutare  a casa e riusciva ad impietosire l’insegnante che alla fine me le dava. La scuola era a Quarantano vicino a dove si abitava. La Maestra era severa e noi bambini dovevamo essere rispettosi e salutare sempre bene.

LA MIA FAMIGLIA

Anche se eravamo “mezzadri” non facemmo mai grandi ristrettezze. Certo, la carne la mangiavamo due volte all’anno, a Natale e a Pasqua, ma con cosa producevamo, olive pomodori frutta e verdura non si faceva la fame. Il pane lo preparavamo noi e lo andavamo a cuocere al forno una volta la settimana. Si facevano delle pagnotte grandi e delle forme con il buco (ciambelloni) che venivano conservati sul filo. Per noi bambini era una festa andare al forno e vedere e mangiare quel pane ancora caldo. Si facevano anche le frise croccanti sulle quali veniva messo olio di oliva e origano. Ricordo ancora i profumi e il sapore. A Pasqua si realizzavano dei dolci con la pasta del pane e l’uovo dentro e anche le Zeppole.

Mio papà aveva la mucca che teneva per il latte che veniva anche offerto alle famiglie dei vicini. Loro ricambiavano con altri prodotti che noi non avevamo. Una bella tradizione era quella della macellazione del maiale. Noi ne tenevamo due e quando li uccidevamo si andava dai vicini a offrire “la frittura”. Era usanza scambiarci salsiccia e salumi.

 

Ricordo che da bambina andavo in “colonia “ al mare e per noi che vivevamo in montagna era una bella vacanza anche di due mesi!

 

A Natale i doni non esistevano, poiché i genitori non avevano soldi per acquistarli ma noi ci divertivamo con le nocciole al posto delle palline di vetro e saltando la corda o giocando a “Campana”. Era divertente e ci accontentavamo.

 Poi crescendo si faceva qualche passeggiata in paese con le amiche.

 

Io venni a Lequio Berria dopo aver conosciuto e sposato, nel 1969,  Beltrandi Valerio del 1936. Lui venne accompagnato da un amico che si era già sposato con una donna del Sud.

I miei genitori mi lasciarono libera di scegliere se venire al Nord. Né mi forzarono né mi trattennero.

A quei tempi vennero giù in tanti accompagnati dal Bacialé(sensale), e si diceva che era perché le ragazze del posto “ non avevano voglia “ di lavorare in campagna e preferivano lavorare in fabbrica.

Io vidi due volte Valerio: al fidanzamento e poi al matrimonio. Venne giù con la macchina “Fiat 1300”

                                            

e la sera stessa del matrimonio partimmo per venire a Lequio Berria. Il viaggio per venire a Lequio fu lunghissimo, arrivammo alla sera del giorno successivo. Qui trovai inverni con tanta neve.

 

I miei genitori si raccomandarono con Valerio di trattarmi bene, giacchè avevo solo 17 anni. Certo  nei primi tempi fu difficile poiché non capivo il piemontese e non conoscevo nessuno, poi conobbi altre donne del Sud che vivevano già qui a Lequio Berria e tutto andò meglio. Valerio era via tutto il giorno con il camion ed io ero da sola, poi nacquero i tre figli( nel 70, 74, e 77) ed ebbi la compagnia. Ricordo che venivo a telefonare al centralino qui a Lequio e poi attendevo che avvisassero i miei a Delianuova. A volte veniva notte e non mi richiamavano e così provavo il giorno dopo.




Laggiù eravamo una famiglia numerosa ma non si socializzava con altre ragazze. Qui invece ci si trovava con altre donne del meridione e locali. Ricordo che ogni tanto si faceva un pranzo qui da “ Ambreuz” e si era in tanti.

 

I FRATELLI IN AUSTRALIA

Il mio fratello più grande nel 1965 “fu chiamato” si diceva così, dal suocere che era già emigrato in Australia. Andò con la famiglia e poi “chiamò anche l’altro fratello. Entrambi formarono famiglia là. Io, da sola, nel 2015 presi l’aereo e andai a trovarli in Australia. Impiegai 22 ore di viaggio con scalo a Dubai, dove per la prima volta vidi i grattacieli e gli abitanti arbi con i loro abiti caratteristici.

I miei fratelli erano andati in Nave ed avevano impiegato dei mesi.

Fu una bella esperienza il viaggio in Australia, poiché vidi mio fratello malato. Riuscì ancora a venire una volta in Italia e poi morì.

Ora ci sono ancora un fratello e le due famiglie che avrebbero piacere di venire in vacanza in Italia, ma le normative australiane per il Covid sono molto severe.

 

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