PLATEROTI TERESA BELTRANDI
Nata a Delianuova (Reggio
Calabria) nell’Aspromonte nel 1951.
La mia famiglia era composta di m
amma
1921, papà 1919 e sette fratelli. Ho conosciuto il nonno materno Paolo Chirico
che fu CAVALIERE di Vittorio Veneto reduce ferito della guerra 1915/18.
A noi bambini mostrava il foro
della pallottola che lo aveva colpito al ginocchio.
Andai poco a scuola perché dovevo aiutare in famiglia, ad accudire
i fratelli più piccoli e ad aiutare nella raccolta delle olive, dei pomodori e
nella preparazione della salsa. Mi viene da ridere perché mamma mi mandava a
scuola soltanto quando venivano consegnate le scarpe! C’era l’usanza di offrire
le scarpe agli allievi che frequentavano la scuola, e la maestra si arrabbiava
perché diceva che ero andata poco. Mamma spiegava che dovevo aiutare a casa e riusciva ad impietosire l’insegnante
che alla fine me le dava. La scuola era a Quarantano vicino a dove si
abitava. La Maestra era severa e noi bambini dovevamo essere rispettosi e
salutare sempre bene.
LA MIA FAMIGLIA
Anche se eravamo “mezzadri”
non facemmo mai grandi ristrettezze. Certo, la carne la mangiavamo due volte
all’anno, a Natale e a Pasqua, ma con cosa producevamo, olive pomodori frutta e
verdura non si faceva la fame. Il pane lo preparavamo noi e lo andavamo a
cuocere al forno una volta la settimana. Si facevano delle pagnotte grandi e delle
forme con il buco (ciambelloni) che venivano conservati sul filo. Per noi bambini
era una festa andare al forno e vedere e mangiare quel pane ancora caldo. Si
facevano anche le frise croccanti sulle quali veniva messo olio di oliva e
origano. Ricordo ancora i profumi e il sapore. A Pasqua si realizzavano dei
dolci con la pasta del pane e l’uovo dentro e anche le Zeppole.
Mio papà aveva la mucca che
teneva per il latte che veniva anche offerto alle famiglie dei vicini. Loro
ricambiavano con altri prodotti che noi non avevamo. Una bella tradizione era
quella della macellazione del maiale. Noi ne tenevamo due e quando li
uccidevamo si andava dai vicini a offrire “la frittura”. Era usanza scambiarci salsiccia
e salumi.
Ricordo che da bambina andavo
in “colonia “ al mare e per noi che vivevamo in montagna era una bella vacanza
anche di due mesi!
A Natale i doni non
esistevano, poiché i genitori non avevano soldi per acquistarli ma noi ci
divertivamo con le nocciole al posto delle palline di vetro e saltando la corda
o giocando a “Campana”. Era divertente e ci accontentavamo.
Poi crescendo si faceva qualche passeggiata in paese con le amiche.
Io venni a Lequio Berria dopo
aver conosciuto e sposato, nel 1969,
Beltrandi Valerio del 1936. Lui venne accompagnato da un amico che si
era già sposato con una donna del Sud.
I miei genitori mi lasciarono
libera di scegliere se venire al Nord. Né mi forzarono né mi trattennero.
A quei tempi vennero giù in
tanti accompagnati dal Bacialé(sensale), e si diceva che era perché le ragazze
del posto “ non avevano voglia “ di lavorare in campagna e preferivano lavorare
in fabbrica.
Io vidi due volte Valerio: al
fidanzamento e poi al matrimonio. Venne giù con la macchina “Fiat 1300”
e la sera stessa del
matrimonio partimmo per venire a Lequio Berria. Il viaggio per venire a Lequio
fu lunghissimo, arrivammo alla sera del giorno successivo. Qui trovai inverni
con tanta neve.
I miei genitori si raccomandarono con Valerio di trattarmi bene, giacchè avevo solo 17 anni. Certo nei primi tempi fu difficile poiché non capivo il piemontese e non conoscevo nessuno, poi conobbi altre donne del Sud che vivevano già qui a Lequio Berria e tutto andò meglio. Valerio era via tutto il giorno con il camion ed io ero da sola, poi nacquero i tre figli( nel 70, 74, e 77) ed ebbi la compagnia. Ricordo che venivo a telefonare al centralino qui a Lequio e poi attendevo che avvisassero i miei a Delianuova. A volte veniva notte e non mi richiamavano e così provavo il giorno dopo.
Laggiù eravamo una famiglia
numerosa ma non si socializzava con altre ragazze. Qui invece ci si trovava con
altre donne del meridione e locali. Ricordo che ogni tanto si faceva un pranzo
qui da “ Ambreuz” e si era in tanti.
I FRATELLI IN AUSTRALIA
Il mio fratello più grande nel
1965 “fu chiamato” si diceva così, dal suocere che era già emigrato in
Australia. Andò con la famiglia e poi “chiamò anche l’altro fratello. Entrambi
formarono famiglia là. Io, da sola, nel 2015 presi l’aereo e andai a trovarli
in Australia. Impiegai 22 ore di viaggio con scalo a Dubai, dove per la prima
volta vidi i grattacieli e gli abitanti arbi con i loro abiti caratteristici.
I miei fratelli erano andati
in Nave ed avevano impiegato dei mesi.
Fu una bella esperienza il
viaggio in Australia, poiché vidi mio fratello malato. Riuscì ancora a venire
una volta in Italia e poi morì.
Ora ci sono ancora un fratello
e le due famiglie che avrebbero piacere di venire in vacanza in Italia, ma le
normative australiane per il Covid sono molto severe.
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