martedì 27 febbraio 2024

CHIESA PIETRO 1923 BORGOMALE

 





Grazie a Daniela e Loredana che mi hanno permesso di conoscere PIETRO del 1923 un TESTIMONE DELLA MEMORIA “SUPER” con il quale abbiamo ONORATO la Memoria di Mamma Luigia Tieran, di Papà Sandrin 1885 Cavaliere di Vittorio Veneto e Combattente della Guerra d’Africa Infermiere del Corpo di Sanità Militare per dieci anni di Servizio Militare e Deceduto per Malattia contratta in Guerra, delle sorelle Elda, Adelaide, Maria,Rina e del fratello Giuseppe, del nonno che gestì il “Martinètt” di Rocchetta Belbo, dei Partigiani “Lepre,Mario, Gandolfo Celso(DECEDUTO a Mathausen), Sorano Elso(DECEDUTO a Mathausen),Deabate Carlo, dei Caduti del Giachinot: i tre Fratelli Rivera, Cane,Sandri,Bruno,Prunotto, degli amici Cavolo Dionigi, Bosio Mario, Eirale Giuseppe, Chiarle Federico Mario, di Gennaro Natale “Parold”e  delle sue sei figlie, e ancora delle sorelle Reggio Carlota(Castino Borgomale) e Talina(Castino Neive mamma di Gigi dèr Cafè). Buon Cammino Pierin e GRAZIE!  

FAMIGLIA CHIESA ALESSANDRO (SANDRIN) E  TIERAN LUIGIA

FIGLI :ELDA,ADELAIDE,MARIA, RINA(RININ) PIETRO(PIERINO), GIUSEPPE

                                https://youtu.be/ldpnMllBk2Y                    

Nato qui a Borgomale nel 1923, mia mamma era Tieran Luigia di origini francesi e suo padre aveva il “Martinètt” (fabbro che produceva “ziamènte”(attrezzi) per l’agricoltura) a Rocchetta Belbo. 

Mio padre di nome era Alessandro ma tutti lo chiamavano Sandrin, nato nel 1885 si sobbarcò dieci anni i guerra tra Africa e Guerra europea. Fu arruolato nella sanità di guerra e operò come infermiere negli Ospedali da campo. Quando tornò dal militare, qui a Borgomale lo chiamavano per ogni necessità medica e prima di andare dal dottore interpellavano “Sandrin”! Purtroppo morì nel 1943 a soli 58 anni per "Malattia contratta in Guerra" lasciando la mamma con noi 6 figli da crescere:  Elda, Adelaide, Maria,Rina, Giuseppe ed io. Morì ad Aprile, io ero sotto le armi da un mese, ebbi la licenza per il funerale e tornai subito ad Ivrea.

PARTII MILITARE

Avevo appena diciannove anni e con l’aspetto di un ragazzino fui chiamato alle armi nel 1943 a Marzo. Da Mondovì fui arruolato nella Fanteria “fantocc!” e inviato a Ivrea. In treno, intanto che con un mio compagno si andava a presentarci in caserma, fummo notati da due signore che erano di fronte nello stesso scompartimento. Videro i documenti militari che presentavamo al bigliettaio e stupite ci chiesero come mai così giovani andassimo al Servizio militare, si emozionarono e piangendo ci augurarono buona fortuna. All’otto Settembre ci fu l’Armistizio e dopo un po’ di giorni, il 17 Settembre, seguii anch’io la strada della fuga verso casa.

Una volta a casa, nonostante l’insistenza di molti amici che volevano mi aggregassi a qualche gruppo di Ribelli, io preferii rimanere con la mamma, le sorelle e il fratello e nascondermi appena vi era sentore dell’arrivo dei repubblichini o dei nazifascisti. Furono parecchi i rischi che corsi, ma fortunatamente andò sempre bene. La nostra casa, posta in fondo al paese permetteva di fuggire e in un attimo essere nella Berria o nei boschi.

I carabinieri e i repubblichini venivano ad affiggere i manifesti con la comunicazione per i renitenti o disertori, ma noi jé sciancavo! (Li strappavamo.)

PAROLDO  GIUSEPPE 14/12/1911  CASTINO BORGOMALE

CONTADINO

SOLDATO FANTERIA Reparto 2°RGT.ALPINI 
Nome di battaglia “LEPRE”  BENEMERITO

6° DIV GARIBALDI Dal 01/10/1943 Al 07/06/1945

 

Nel 1944 i repubblichini stanziati ad Alba giravano in continuazione a “rastrellare” noi giovani che eravamo di leva. Erano andati in Municipio e avevano gli elenchi. Arrivarono anche a casa nostra. Io mi ero nascosto, e così pure mio fratello e le mie sorelle. Trovarono soltanto mia madre e la sorellina più piccola “Rinin”. Chiesero di me, rovistarono per tutta la casa gettando per aria la biancheria e gli abiti degli armadi. Trovarono i miei pantaloni con portafoglio e documenti e presero i pochi soldi, lasciarono i documenti sul letto. Dissero a mia madre che se non diceva dove ero io avrebbero portato via lei. La mamma replicò che dopo che ero tornato dal militare non mi aveva più visto e li scongiurò di non impaurire ancora la piccola Rina che vedendo maltrattare la mamma piangeva disperata. Alle urla e pianti della bambina desistettero dall’idea di portare via la mamma e se ne andarono lasciando mamma e figlia terrorizzate. Io rimasi parecchi giorni nascosto, invece le sorelle più grandi e Giuseppe tornarono a consolare Rinin e mamma Luigia e a risistemare l’abitazione.

 

 

Una volta i nazifascisti arrivarono improvvisamente, io e Mario Bosio infilammo la porta del castello e salimmo fino al solaio nel sottotetto. Rimanemmo acquattati nel buio sperando non ci cercassero. Sentimmo voci e rumori di stivali che salivano la scala di legno, qualche sparo che fece dire a Mario: <Levr o rè andà!>(Lepre è stato ucciso). “Lepre” Paroldo Gepin del 1911, che era nei Partigiani, viveva da solo in due camere alla base del castello. Lui aveva già combattuto e senza scomporsi, alle domande dei militi aveva scrollato le spalle e fatto capire che non aveva visto nessuno.

Un militare salì fin dal solaio, e aperta la porta, fece due passi con l’arma spianata, sparò alcuni colpi nel buio e se ne andò. Noi eravamo nascosti, immobili dietro a una catasta di pietre lasciata dai muratori.

Quando i nazifascisti scesero, puntarono le armi verso “Levr” per impaurirlo, ma questi dal tavolo con il bicchiere in mano indicò le bottiglie di vino sul ripiano per far capire se avessero voluto bere un goccio con lui. Diedero un’occhiata al graduato che acconsentì, e allora misero i fucili a “spallarm” e sedettero sulle panche per bere. Noi rimanemmo nascosti finchè capimmo che se ne erano andati e scendemmo guardinghi. Trovammo Gepin che ci raccontò l’accaduto e sospirammo per lo scampato pericolo. Bevemmo alla sua salute e gli raccontammo che avevamo temuto lo avessero ucciso!

 

IL PARROCO DON CHIESA

 

Io, Mario e altri giovani, ci appostavamo per chiacchierare, nella piazza della Chiesa da dove si poteva vedere se arrivavano i nazifascisti. Una volta arrivò all’improvviso un camion di soldati tedeschi, Mario ed io entrammo in Chiesa e attraverso la porticina che dà accesso alla scala del campanile ci rifugiammo in cima al piano dove sono le campane. I militari avevano visto delle persone in piazza e non trovando nessuno andarono dal Parroco Don Chiesa e gli intimarono di guardare in chiesa se ci fosse qualcuno e farlo uscire altrimenti lo avrebbero ucciso. Questi tremante, venne e urlò dalla scala del campanile: < vnì giù chi voro masseme!> venite giù che vogliono uccidermi. Mario si fece alla botola e facendogli segno di non urlare, mostrandogli la pistola gli fece capire che gli avrebbe sparato e gli sussurrò: <s’oi diz che soma sì jè spar mi, coi diza chi jè gnun!>( se dice che siamo qui, le sparo io, dica che non c’è nessuno).Il Parroco, ancora più spaventato, uscì e riferì ai tedeschi che in chiesa non c’era nessuno. Questi girarono i tacchi e se ne andarono, quando dal campanile vedemmo allontanarsi il camion scendemmo anche noi e ritornammo ai nostri lavori.

 

 

IL NASCONDIGLIO ALLA VIGNA DELLA"DOTA"

Parecchie volte, io e mio fratello, mentre eravamo al lavoro nella vigne di fianco alla Cascina Dota dei Rigo, dovemmo correre a nasconderci perché avevamo visto che sullo stradone sotto la Madonna di Langa di Benevello stavano transitando i tedeschi. Avevamo realizzato un”crotin” dietro al muro sotto la strada e con un cunicolo uscivamo dalla parte opposta della strada e potevamo prendere per i boschi. L’entrata del nascondiglio era poi chiusa con un’asse e delle fascine.

I PARTIGIANI FECERO SALTARE IL PONTE

Era di Novembre e vennero i Partigiani di Castino Muscun e John con una bomba per far saltare il ponte e ritardare il passaggio dei nazifascisti che si era saputo, sarebbero transitati per Bergomale. Andammo anche noi giovani a dare una mano, poiché ci si rese conto che prima l’avrebbero fatto saltare e sarebbero andati via e meno problemi ci sarebbero stati per gli anziani del paese. Infatti quando fossero arrivati i tedeschi e avessero trovato il ponte distrutto comunque avrebbero incolpato i paesani, ma peggio sarebbe stato se avessero saputo che si aveva collaborato. Pertanto li aiutammo a preparare la buca per deporre la bomba, e una volta esplosa fuggimmo per i boschi e ci allontanammo nelle notte. Eravamo in parecchi e io dissi a Mario e mio fratello di separarci dal grosso del gruppo per dare meno nell’occhio. Passammo alla Lodola dove c’era il Comando partigiano e al Brich si unì a noi anche il mio amico Nigi Cavolo, padre di Angelo e Silvio (l’ attuale vigile Urbano di Castino). Quella volta rimanemmo due giorni nei boschi e arrivammo quasi fino a Millesimo.

NASCONDIGLIO NELLA CISTERNA DA CARLOTA

Dalla cascina di Carlota e Benito genitori di Mario vi era una cisterna per la raccolta dell’acqua che utilizzavamo come nascondiglio.

Si accedeva da una botola sulla quale si metteva una “caponera” (gabbia per conigli). Ricordo che ci nascondemmo dopo che avvenne la strage del “Topiné” dove furono trucidati i tre fratelli Rivera, Cane, Sandri, Bruno, Prunotto . Siccome non era più sicuro neppure nascondersi nei boschi poiché li setacciavano con i cani, scendemmo nella cisterna. Le mie sorelle ci portavano da mangiare e ce lo passavano da un foro che dava sull’esterno e serviva come presa d’aria. Un giorno sentimmo del trambusto sul pavimento sopra e sentimmo spostare la gabbia. Ci preoccupammo poiché si era detto di assolutamente non aprire la botola. Tra la paura e la scarsa ossigenazione dell’ambiente eravamo già tutti con un colorito giallastro e ci apprestavamo al peggio, quando sentimmo Nando ‘d Macaron che diceva: sévi anco’ viv?!(siete ancora vivi)?!, e ci spiegò che c’era un giovane partigiano che aveva chiesto a Carlota di scendere nella cisterna con Mario e gli altri giovani. Ci infuriammo molto e ci preoccupammo temendo fosse una spia, ma ormai era fatta e lo facemmo scendere. Lo interrogammo e lo spaventammo anche malmenandolo. Mario che era il più deciso gli disse che non doveva né tossire né parlare altrimenti avrebbe impiegato un secondo ad ammazzarlo. Questo piangeva e ci rassicurò che non era un traditore ma un partigiano e voleva solo essere al sicuro per salvare la pelle! Tutto andò bene e mi dispiacque di averlo maltrattato, ma erano tempi in cui non potevi fidarti di nessuno e noi sapemmo solo dopo che era veramente un partigiano.

STRAGE DEL “TOPINÉ”

Quando la Domenica 19 Novembre 1944 si seppe che i tedeschi erano a Manera, noi giovani decidemmo di nasconderci, ma come altre volte io e Mario scegliemmo di andare da soli e ci andò bene, invece i fratelli Rivera con Sandri, Cane, Bruno e Prunotto si nascosero tutti insieme e furono trovati e massacrati.

 

                        Cane             Prunotto


 

                             Fratelli Rivera

FUGA A CARNEVALE (CON LA FORCHETTA)

Un’ altra fuga la dovetti effettuare a Carnevale del 1945. La mamma aveva preparato”j’agnolot dèr plin”

Ed eravamo a tavola in attesa “ch’ai comodaissa”(li condisse). Sentimmo arrivare una macchina, guardai mio fratello e ancora prima di chiedere chi fossero, scattai in piedi e saltai dalla finestra che dava verso la Berria. Seguito da mio fratello misi gambe in spalla e senza girarmi non mi fermai finchè non fui al sicuro nel boschetto lungo il Berria. Ansimando mi accorsi di stringere qualcosa nella mano, era la forchetta che avevo pronta per gli agnolotti. Più tardi ricevemmo dei segnali che ci rassicuravano e allora tornammo a casa. La macchina era dei Partigiani. Mangiarono e bevvero poi se ne andarono. Mamma e sorelle ci scaldarono i “Plin” che avevano messi da parte e potemmo anche noi festeggiare Carnevale.

GENNARO NATALE DETTO “PAROLD”

Talin Gennaro, "Parold" fu l’albergatore, panettiere, macellaio, bottegaio e allestitore di balli a palchetto, ne aveva ben due che portava alle feste dei paesi qui intorno a Borgomale..

Quando arrivarono i tedeschi e si trovarono la strada interrotta a causa dell’esplosione della bomba portata da Muscun e John, si sistemarono nel paese di Borgomale, requisirono le stalle per i loro cavalli e chiesero a Talin di procurare dei buoi o animali per trasferire attraverso una strada ai emergenza materiali e automezzi oltre la grande buca. Parold, con pochi altri anziani dovette ubbidire agli ordini, poiché i tedeschi presero in ostaggio le sue sei figlie e parecchi altri giovani  tra i quali mio fratello che era un ragazzino e donne. Li tennero segregati dicendo che sarebbero stati deportati se il paese non avesse collaborato. Ultimato il passaggio di uomini e autocarri oltre Borgomale, il Capitano comandante della truppa tedesca volle ringraziare Talin per la collaborazione e gli chiese come poteva sdebitarsi. Parold, vedendo il nostro fratello Giuseppe che veniva condotto via dai militari gli chiese di liberare Giuseppe e gli spiegò che era l’unico sostegno della nostra famiglia orfana di padre. Il Capitano si impietosì e fece ritornare Giuseppe tra le braccia della piccola Rinin, di mamma Luigia, di Elda, Maria ed Adelaide. Rilasciò anche le sei figlie di Talin e altri.

Tuttavia in quel frangente misero sottosopra  il paese. A noi presero il maiale e liberarono la mucca per far spazio nella stalla, la trovammo giorni dopo nei campi.

 

Fornaro Giovanni Partigiano "Giovanni"

RICORDO DI FORNARO-GANDOLFO- SORANO

Fornaro Giovanni, di cui vi è una lapide sul muro del castello era un mio amico e venne a chiedermi di andare con lui nei Partigiani. Mi mostrò la pistola che aveva avuto in dotazione, ma non mi convinse. Garbatamente gli dissi che dovevo badare alla mia famiglia e preferivo cercare di lavorare per loro. Cadde a San Benedetto Belbo ( 20 11 1944) povero ragazzo!

Anche Gandolfo Celso Sorano Elso furono miei amici e vennero a chiedermi di entrare nei partigiani. Sia Celso che Elso furono catturati dai Tedeschi e Deportati prima a Santo Stefano dove furono visti per l’ultima volta sul camion e poi in Germania.

 

FORNARO GIOVANNI 

10/04/1927  PEZZOLO VALLE UZZONE-GORRINO 

Res. LOCALITA' CAMPETTO - BORGOMALE 

Nome di battaglia GIOVANNI  CADUTO  6° DIV GARIBALDI 16° BRG Dal 01/10/1943 Al 20/11/1944

PARTIGIANO Dal 01/10/1943 Al 20/11/1944

Caduto il 20/11/1944 nel Comune di SAN BENDETTO BELBO-PASSO BOSSOLA  

 

GANDOLFO  CELSO

2/06/1924  BORGOMALE 

MECCANICO AGGIUSTATORE 

ARTIGLIERIA Reparto 2°
SOLDATO 

Nome di battaglia CELSO  CADUTO 

6° DIV GARIBALDI Dal 09/09/1943 Al 27/04/1944

PARTIGIANO 

Caduto il 27/04/1944 nel Comune di MAUTHAUSEN  GERMANIA  DEPORTAZIONE

MAUTHAUSEN Dal  Al 27/04/1944

 

SORANO  ELSO 

BENEVELLO (CUNEO)

FANTERIA Reparto 2° RGT ALPINI  

Nome di battaglia ELSO Qualifica ottenuta CADUTO  6° DIV GARIBALDI

Prima formazione 6° DIV GARIBALDI Dal 09/09/1943 Al 03/03/1944

PARTIGIANO Dal 09/09/1943 Al 03/03/1944

Caduto il 03/03/1944 nel Comune di MAUTHAUSEN Provincia caduto GERMANIA Causa della morte DEPORTAZIONE

 Dal 09/09/1943 Al 03/03/1944

DECEDUTO A MAUTHAUSEN

 

RICORDI SPAVENTOSI Una volta io e mio fratello fuggimmo verso la Lodola per nasconderci e sfuggire ai nazifascisti. Si scappava e ci si muoveva di notte perché di giorno erano sparsi dovunque. Correndo, passammo alla Lodola dove c’era il Comando dei partigiani II Divisione Langhe di Poli, i Partigiani erano già andati via poiché i tedeschi li braccavano, e ricordo che passando in un campo là attorno, inciampammo in qualcosa che scoprimmo essere scarponi di cadaveri, ce n’erano parecchi! Si seppe che erano spie fucilate e sotterrate con le scarpe fuori affinchè fossero di monito per altri. Qualcuno disse invece che li sotterravano così affinchè i parenti li trovassero.

LE VEGLIE DAI PIAZZA

Ricordo che si andava a vijé a casa dei Piazza, c’era ancora il vecchio Michele che era stato Ragazzo del ‘99 combattente della Grande Guerra. Negli ultimi anni della sua vita, nelle sere d’inverno si andava appunto a vegliare per trascorrere la sera giocando a carte e cantandone alcune, prima si passava a salutare il “grande vecchio” e lo si ascoltava alternare canti di guerra a Lodi da Chiesa. Venne abbastanza anziano e lasciò un bel ricordo con i suoi racconti e canti.

Altri personaggi che possedevano grande capacità di intrattenere piccoli e  grandi con le loro “quinte” furono  Pace Gioanin che abitava qui vicino a noi e ancora vi era Cento Paroldo drà Veneria, parente del Partigiano Lepre di cui ho raccontato. Questi erano veramente abili nel raccontare storie paurose . Cento faceva paura già solo al vederlo: con la barba lunga e i baffoni, il naso bitorzoluto e gli occhi sporgenti era una maschera naturale. Veniva chiamato nelle case a raccontare le sue “quinte” e la gente si radunava per ascoltarlo. Veniva anche sovente da Talin all’osteria e narrava di Masche che entravano in casa o nella stalla e portavano via cose e persone senza che nessuno se ne accorgesse. Più nessuno fiatava poiché era bravo a creare una grande tensione aiutandosi con la mimica e i rumori di qualche collaboratore.

 

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