GIACHINO BIANCOTTO MAESTRA ELSA
alla Canova di Neive
Sindaco di Neive Ing.Gigi Ferro e la sua Maestra Elsa
GIACHINO BIANCOTTO ELSA COAZZOLO 1930
RICORDI
Abitavamo in nove nella casa della Osteria di
Coazzolo, la nostra aia confinava con la casetta di tre piani del fornaio che
erano in 7 in famiglia. Loro avevano solo il diritto di passaggio per accedere
al “Gabinetto” che consisteva in una vasca con “na rairola per tenda”(un telo
di juta come tenda) e veniva svuotata d’inverno. Si correva con un pezzo di
carta o a volte con una foglia!!
Spojé ra mejra!
“se spoiava ra meira “(Si toglievano le foglie
alle pannocchie di granoturco) e partecipavamo tutti. Era una festa! Le donne
mettevano le pannocchie nel “faodarèt”grembiulino, gli uomini la lanciavano
direttamente dentro l’arbi”(navazza) che poi lavato adeguatamente con acqua
bollente e foglie di alloro di pesco ecc. avrebbe ospitato le uve che venivano
pigiate con i piedi.
Maiolin Rivetti e nuora Ingrid
FOTO MARCO RIVETTI
LA PULITURA DELLA MELIGA
Dopo aver pulita bene l’aia , mio papà la
foderava con una melma di acqua e” Busa” (sterco di di mucca) Una volta
essicata si provvedeva a rovesciare la meliga in grani , veniva scopata tutta
in un mucchio e gli uomini con le pale o il Val (vaglio) di legno la lanciavano dall’altra parte
dell’aia così si separava dalle briciole(pula).Questa serviva a preparare la
“bèrnà” il “pastone” agli animali.
RICORDO DELLE SUORE
Qui a Coazzolo abbiamo avuto la fortuna di
avere una Signorina possidente che mise a disposizione la sua casa per fondare
un asilo. La Congregazione delle suore del Cottolengo inviarono la Superiora
che era Infermiera, Sr Lucia Maestra d’Asilo, Sr Beatrice era ricamatrice, Sr
Margherita suonava molto bene il pianoforte e ci insegnava i canti di Natale e
un’inserviente abile cuoca che ci preparava degli ottimi minestroni che
emanavano un profumo meraviglioso di verdure ed erbe aromatiche. Questo Asilo
fu frequentato da bambini che avevano già dieci anni più di me e poi funzionò
ancora anni dopo di me finchè due Suorine morirono e furono sepolte nel nostro
Cimitero. Una Suora fu richiamata alla casa Madre poiché anziana, ma dissero
che piangeva perché non si adattava a non avere più i bimbi ai quali donare il
suo servizio. Ricordo ancora le sue lezioncine: chiese a noi bimbe e bimbi:
<perché la gallina canta?> e solo un bambino rispose. < perché ha
fatto l’uovo!> e fu applaudito.
A Coazzolo funzionò a lungo la scuola con
cinque classi e una cinquantina di allievi. Venivano tre Maestre. La Nappo che
risiedeva a Mango, la Masengo di Castagnole Lanze e la Maestra Morone del
”Romanin”. Tutte ottime insegnanti e la Morone oltre ad insegnare a leggere e a
scrivere insegnava “per la vita”. Sapeva infondere valori importanti che
rimanevano impressi. L’esame di quinta si andava a sostenerlo a Castagnole
Alto.
Dopo la materna e le elementari, mio fratello
,mia sorella ed io andammo a frequentare l’avviamento a Castagnole alto. Si
andò per due anni a piedi ma fu un’esperienza bellissima. Per noi ragazze ci fu
l’insegnamento di attività manuali importantissime quali . Cucito a mano e con
la macchina, rammendo, rattoppo, ricamo. La nostra insegnante fu la
Professoressa Garabello che ricordo sempre nelle Preghiere perche le sono
veramente riconoscente per quanto mi insegnò.
Per i maschi vi era un signore anziano che
insegnava “ agricoltura”: cioè a zappare a coltivare le viti cioè a innestare,
a potare e tutte le altre attività inerenti.
Per i maschi quelle conoscenze erano già più
naturali perché avevano i padri agricoltori, ma per noi quelle attività apprese
furono determinanti per la vita. Le nostre mamme contadine non avevano tempo
per apprendere e poi trasmetterci quelle attività. Dal mattino presto a sera
tardi avevano lavoro con gli animali mucche, pecore, galline, conigli
l’accensione delle stufe, il bucato, l’allevamento dei bachi da seta ed eran
capaci solo a Taconé le lenzuola di canapa o i sacchi di juta e ancora lavori
in campagna come supporto agli uomini. Non avevano tempo da dedicare alla
crescita ed educazione dei figli. Mamma aveva frequentato la Sesta classe, ma
la la maggior parte delle sue coetanee avevano frequentato la terza, se non
addirittura erano analfabete come il mio papà.
LA FILASTROCCA DELLA SETTIMANA
Insegnai a Santa Libera di Santo Stefano Belbo
e andavo a piedi da Coazzolo. Fui in Pensione dalla famiglia Arfinengo. La mamma
di Mario era una carissima amica e venne ancora a trovarmi quando abitai a
Neive nell’alloggio della Maestra Molino. Quando ero da loro aveva il bimbo più
piccolo che non andava a scuola e lei gli raccontava delle filastrocche che
aveva imparato a sua volta da bambina. Io la ascoltavo e una la ricordo ancora.
lunedi piccin piccino
martedi un po’ più grandino
mercoledì succhiava il dito
giovedi ne fu pentito
venerdi mostrò il dentino
sabato le scarpette si allacciò
e domenica viaggiò
1951 INSEGNANTE A MATELOTTI di LEQUIO BERRIA
Insegnai alla scuola di Matelotti che era tra
Benevello Lequio e Tre Cunei. Mi fermavo tutta la settimana poiché avevo
lezione al mattino e al pomeriggio. La scuola era in una cascina. Sotto vi era
la stalla con buoi e mucche e sopra con un divisore in legno la mia unica
camera con letto e cucina e la grande aula che ospitava ben quarantadue
scolari.Insegnai negli anni 1951/52 e non vi era ancora la corrente elettrica.
La cascina era dei Carbone, famiglia che stava già bene, macellavano il maiale
e mangiavano bene. Invece ricordo tante famiglie che mandavano i figli e alla
pausa pranzo mangiavano “Pan e Noz” pane e noci. Dopo qualche anno che ero
venuta via, costruirono una bella piccola scuola poiché il numero dei
frequentanti era stabile. Venivano dalle cascine situate nei boschi attorno a
Tre Cunei, Lequio e Benevello e ricordo portavano ognuno un pezzo di legno. La
stufa era sempre accesa e ce n’era sempre in abbondanza, al punto che portai a
casa della legna! Un altro particolare che ricordo è che quei ragazzi mi
portavano i lavori che facevano alla sera nelle stalle, poiché non essendoci la
luce avevano tanto tempo e realizzavano degli attrezzi in miniatura che mi
lasciarono. Erano piccoli “scagnèt, sedioline , tavoli, panchette, erano
proprio degli artisti.
1953 INSEGNANTE A GILBA
La prima volta mi portò Guido con la Giardinetta che utilizzava per il suo lavoro di commerciante di vino. Mi portò il materasso poiché venivo a casa solo a Pasqua e Natale. Per andare a Gilba partivo a piedi da Coazzolo e venivo a Neive a prendere il treno per Alba, cambiavo e andavo a Saluzzo, da lì in pullman fino a Brossasco e da lì con un’ora e mezzo di mulattiera, a piedi raggiungevo Gilba.
A Gilba eravamo ben tre insegnanti: una a Gilba
Chiesa dove vi era il Negozio la luce prodotta da una centralina ed il
telefono, a Gilba Lantermini vi era una collega che aveva cinque classi, e a
Gilba Bianchi vi erano ben due insegnanti. Io ero a Chiesa con Zita Prunotto,
poi vi era Gilda Fissore di Bra Rina Cavallo di Alba figlia del Cartolaio che
era dietro al Duomo e l’aveva rilevata dall’ebreo Vertamin. Ricordo bene quella
Cartoleria poiché quando frequentavo scuola ad Alba, avendo la zia che abitava
nei paraggi, mi servivo di quaderni e penne e pennini.
Quando fui in pensione tornai con Peppino ‘d Bastianin e sua moglie a vedere Gilba e vidi già lo spopolamento. Non vi era più nessuno solo case e ciabòt vuoti. I montagnin costruivano tanti ricoveri in pietra per quando erano al pascolo oppure al lavoro. Neppure alla borgata Chiesa non vi era più nessuno. Già in quell’anno che io ero su il Prete si “spretò” e sposò una maestra e qundi se ne andò e la curia non ne mise un altro. Pur con tanta neve i bambini venivano ugualmente a scuola. Noi maestre il giovedì, giorno di vacanza ne approfittavamo per fare bucato e mettere all’aperto coperte e lenzuola, ma ci incontravamo anche con le colleghe di “Lanternino e Bianchi. Eravamo in sei proprio affiatate e vivevamo con gioia quel nostro Esilio. I nostri alloggi erano rudimentali, poiché avevamo camere con i pavimenti di assi di legno con delle feritoie che lasciavano trasparire le “coibentazioni” realizzate con paglia e malta e che ospitavano famiglie di Ratin che squittivano ed a volte venivano a trovarci!Tuttavia noi eravamo felici e solo quando scendevamo per le vacanze di Natale e Pasqua ci rendevamo conto che eravamo in un “altro mondo” dove il tempo era scandito da tanta neve, lavoro e incontri nelle stalle.
Quando nell’autunno 1953 presi la “licenza
Matrimoniale” che agganciai alle vacanze di Natale per non farmi sostituire
troppo dalle colleghe, sul pullman da Brossasco incontrai un Tenente degli
Alpini che mi chiese da dove arrivavo. Io gli spiegai che insegnavo a Gilba e
lui si informò se si poteva andare in auto. Dicendo una bugia affermai che si
andava comodamente, e lui che si informava per condurre i suoi Soldati per un
Campo mi prese in parola ed in Primavera
lo organizzò. Senonchè quando furono sopra Brossasco scoprirono che avrebbero
dovuto lasciare le Camionette e procedere per un’ora e mezza a piedi con le
attrezzature in spalla. Tuttavia quando ripresi servizio trovai colleghe
ragazzi e borghigiani che mi ringraziavano per aver pubblicizzato il territorio
ed aver rallegrato la vita di Gilba con tutti quei soldati. Erano venuti a
sistemare le loro tende ed avevano festeggiato e reso meno monotono lo scorrere
del tempo in alta montagna. Alla sera ci si riuniva e si mangiava beveva e
cantava! Io temevo solo di incontrare quel Tenente al quale avevo raccontato
una frottola! L’incontro avvenne anni dopo a Pietraporzio quando andai con mio
marito Guido che era di Aisone. Mi riconobbe e simpaticamente mi disse che lo
avevo “fregato” raccontandogli di un buon accesso a Gilba. Tuttavia si rise
ricordando che in fondo era stata una bella esperienza.
In seguito insegnai con Don Taliano a Cappelletto di Trezzo Tinella, dove contadini venivano continuamente a chiedergli consigli per delle questioni e delle liti. Lui sempre disponibile collaborava per fungere da pacere e rasserenare gli animi.
Ho un bel ricordo dei preti e delle Suore che
ho incontrato e che sono state degli importanti riferimenti educativi per
famiglie ed anche per me.
I PARTIGIANI
I Partigiani che ho conosciuto erano giovani
belli, allegri, avevano circa vent’anni o poco più. Vi erano parecchie
formazioni. Badogliani, Garibaldini, Stella rossa, Giustizia e Libertà ed altre
ancora. Nelle nostre zone dipendevano dai comandanti Mauri e Poli. Io ricordo
la Formazione del Comandante Romano Scagliola “Diaz” della quale facevano parte
per lo più giovani della zona di Neive, Bricco, Coazzolo, tra i quali vi era
mio fratello Marien ”Tito”, i fratelli Rosso, Valerio Boella detto “Walter” che
fu ucciso dai nazifascisti. Walter era nipote di Giovanni che fece costruire
questo Sacello per Memoria delle generazioni future. Ricordo Luigi Bindello
Partigiano Pitros che venne trucidato dai nazifascisti a Benevello., Giovanni
Negro che ancora oggi è rappresentante dei Partigiani e nonno di Viola che voi
conoscete. Erano tutti giovanotti che provenivano dalle colline di Canova,
Calolglio, Bevioni e da altre zone.
Nella nostra casa vi era la formazione di
partigiani albesi comandata da Bleck e Tarzan, mentre in una casa disabitata
poco distante stanziava una formazione di tutti meridionali al comando di Franco
Geraci.
GERACI LIBORIO ANTONIO
FRANCO
24/12/1919 VICARI (PALERMO) -
UFFICIALE dell’ESERCITO FANTERIA Reparto 7°
RGT DIV PUSTERIA ALPINI
Grado
conseguito SOTTOTEN.SPE Località GRECIA, ALBANIA
RepartoRSI FANTERIA Grado
conseguito Dal 03/01/1944 Al 06/03/1944
Nome di battaglia FRANCO 2°
DIV LANGHE 6° BRG BELBO
GIACHINO MARIO
COAZZOLO 21/03/1924
CONTADINO - MARINAIO a
POLA
Nome di battaglia TITO
PARTIGIANO Dal 15/02/1944 Al 07/06/1945
5/5/2019 Ivo Biancotto:
Buongiorno Professore. Sono Ivo Biancotto. Mi ha dato il suo numero il nostro
comune amico Mauro Versio, che vuole le mandi un mio discorso per il 25 aprile.
" Sai, era quello che avrebbero fatto loro ...
".
La peggiore cosa che può farti il nemico è farti
diventare come lui.Buon 25 Aprile
ALLA CANOVA DI NEIVE
Giachino Marien "Tito"